Civile
Voto agli immigrati. La questione alla Corte Costituzionale
Voto agli immigrati. La questione alla Corte Costituzionale
N. 83 RICORSO PER LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE 12 agosto 2004.
Ricorso per questione di legittimita’ costituzionale depositato in cancelleria il 12 agosto 2004 (del Presidente del Consiglio dei ministri) Statuto regionale – Regione Toscana – Previsione della promozione del diritto di voto agli immigrati – Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri – Denunciata violazione del principio di riserva ai cittadini dell’elettorato attivo – Violazione della sfera di competenza statale in materia elettorale – Indebita limitazione dei poteri d’iniziativa legislativa del Consiglio regionale. – Statuto Regione Toscana, approvato in prima deliberazione il 6 maggio 2004 e in seconda deliberazione il 19 luglio 2004, art. 3, comma 6. – Costituzione, artt. 48, 117, comma secondo, lett. f) e p), e 121. Statuto regionale – Regione Toscana – Famiglia – Previsione della tutela e valorizzazione della famiglia fondata sul matrimonio e del riconoscimento delle altre forme di convivenza – Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri – Denunciata violazione del limite dell’«armonia» con la costituzione degli statuti regionali – Violazione dei principi fondamentali – Lesione del principio di unita’ – Violazione del principio di uguaglianza – Lesione del principio di tutela della famiglia fondata sul matrimonio. – Statuto Regione Toscana, approvato in prima deliberazione il 6 maggio 2004 e in seconda deliberazione il 19 luglio 2004, art. 4, comma 1, lett. h). – Costituzione, artt. 2, 3, 5, 29 e 123. Statuto Regionale – Regione Toscana – Previsione quali finalita’ prioritarie della Regione, tra le altre, del rispetto dell’equilibrio ecologico, della tutela dell’ambiente e del patrimonio naturale, della conservazione delle biodiversita’, della formazione della cultura, del rispetto degli animali, della tutela e valorizzazione del patrimonio storico, artistico e paesaggistico – Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri – Denunciata violazione della sfera di competenza statale in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali – Violazione del principio della spettanza allo Stato della disciplina di forme d’intesa e coordinamento in materia di beni culturali. – Statuto Regione Toscana, approvato in prima deliberazione il 6 maggio 2004 e in seconda deliberazione il 19 luglio 2004, art. 4, lett. l) e m). – Costituzione, artt. 117, comma secondo, lett. s), e 118, comma terzo. Statuto regionale – Regione Toscana – Previsione della: a) valorizzazione dello sviluppo economico e di un contesto favorevole alla competitivita’ delle imprese, basato sull’innovazione e la formazione, nel rispetto dei principi di coesione sociale e di sostenibilita’ dell’ambiente; b) valorizzazione della liberta’ d’iniziativa economica pubblica e privata, del ruolo e della responsabilita’ delle imprese; c) promozione della cooperazione come strumento di democrazia economica e di sviluppo sociale – Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri – Denunciata violazione della sfera di competenza statale in materia di tutela della concorrenza e di ordinamento civile. – Statuto Regione Toscana, approvato in prima deliberazione il 6 maggio 2004 e in seconda deliberazione il 19 luglio 2004, art. 4, comma 1, lett. n), o) e p). – Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e), e l). Statuto regionale – Regione Toscana – Previsione dell’approvazione del programma di governo entro dieci giorni dalla sua illustrazione – Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri – Denunciata irragionevole e contraddittoria previsione, tra Presidente e Consiglio regionale, di un rapporto diverso da quello che consegue all’elezione a suffragio universale e diretto del vertice dell’esecutivo. – Statuto Regione Toscana, approvato in prima deliberazione il 6 maggio 2004 e in seconda deliberazione il 19 luglio 2004, art. 32, comma 2. – Costituzione, artt. 3 e 122, comma quinto. Statuto regionale – Regione Toscana – Diritto di accesso ai documenti della Regione senza obbligo di motivazione – Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri – Denunciata violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. – Statuto Regione Toscana, approvato in prima deliberazione il 6 maggio 2004 e in seconda deliberazione il 19 luglio 2004, art. 54, comma 1. – Costituzione, art. 97. Statuto regionale – Regione Toscana – Atti amministrativi meramente esecutivi – Obbligo di motivazione – Esclusione – Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri – Denunciata violazione del principio di uguaglianza per la diversa disciplina, su base regionale, di identiche situazioni – Incidenza sul diritto di difesa e sul principio di tutela giurisdizionale. – Statuto Regione Toscana, approvato in prima deliberazione il 6 maggio 2004 e in seconda deliberazione il 19 luglio 2004, art. 54, comma 3. – Costituzione, artt. 3, 24 e 113. Statuto regionale – Regione Toscana – Previsione della disciplina con legge regionale dei tributi, limitatamente ai profili coperti da riserva di legge, salva la potesta’ degli enti locali di istituirli – Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri – Denunciato superamento dei limiti dell’autonomia tributaria regionale, con apparente esclusione, tra l’altro, dell’autonomia tributaria degli enti locali. – Statuto Regione Toscana, approvato in prima deliberazione il 6 maggio 2004 e in seconda deliberazione il 19 luglio 2004, art. 64, comma 2. – Costituzione, art. 119. Statuto regionale – Regione Toscana – Previsione della partecipazione del consiglio e del governo regionale «nei modi previsti della legge», alla formazione ed attuazione degli atti comunitari nelle materie di competenza regionale – Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri – Denunciata violazione della sfera di competenza statale per l’apparente riferimento alla legge regionale, anziche’ a quella statale per la disciplina della partecipazione delle Regioni agli atti predetti. – Statuto Regione Toscana, approvato in prima deliberazione il 6 maggio 2004 e in seconda deliberazione il 19 luglio 2004, art. 70, comma 1. – Costituzione, art. 127, quinto comma. Statuto regionale – Regione Toscana – Referendum abrogativo di legge o regolamento regionale – Previsione dell’approvazione in caso di partecipazione alla votazione della maggioranza dei votanti nelle ultime elezioni regionali e di conseguimento della maggioranza dei voti validamente espressi – Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri – Denunciata irragionevolezza per il riferimento, ai fini della validita’ del referendum, non alla consistenza effettiva del corpo elettorale, bensi’ ad un dato casuale e contingente, privo di qualsiasi significativita’ – Violazione del principio costituzionale che impone per la validita’ del referendum la maggioranza degli aventi diritto. – Statuto Regione Toscana, approvato in prima deliberazione il 6 maggio 2004 e in seconda deliberazione il 19 luglio 2004, art. 75, comma 4. – Costituzione, art. 75. (GU n. 38 del 29-9-2004) Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in
Roma, via dei Portoghesi n. 12, e’ domiciliato nei confronti della
Regione Toscana, in persona del presidente della giunta regionale per
la dichiarazione di illegittimita’ costituzionale degli articoli 3,
comma 6; 4, comma 1 lettere h), l), m), n), o), p); 32, comma 2; 54,
comma 1 e 3; 63, comma 2; 64, comma 2; 70, comma 1; 75, comma 4,
dello Statuto della Regione Toscana, approvato in prima deliberazione
il 6 maggio 2004 ed in seconda deliberazione il 19 luglio 2004
pubblicato nel B.U.R. n. 27 del 26 luglio 2004, in relazione agli
articoli 2, 3, 5, 29 48, 24, 75, 97, 113, 114, 123, 117, secondo
comma, lettere e), f), i), l), p), s), terzo comma e sesto comma,
118, 121, 122, 123, 138 della Costituzione.
In data 26 luglio 2004 e’ stato pubblicato lo statuto della
Regione Toscana approvato in seconda deliberazione in data 19 luglio
2004.
Tale statuto, in conformita’ della delibera del Consiglio dei
ministri in data 3 agosto 2004, viene impugnato nelle sottoindicate
disposizioni.
1. – L’art. 3, comma 6, dello statuto prevede che la regione
promuova, nel rispetto dei principi costituzionali, il diritto di
voto agli immigrati.
La norma appare in contrasto con il principio costituzionale
enunciato nell’art. 48 Cost. – inerente ai rapporti politici – che
riserva ai cittadini l’elettorato attivo, e, finalisticamente, non
rispettosa delle attribuzioni costituzionali dello Stato, essendo
riservato al Parlamento nazionale il potere di revisione
costituzionale. Essa, sotto altro profilo, per quanto specificamente
attiene alla legislazione elettorale concernente gli organi statali e
degli enti locali, contrasta con le previsioni dell’art. 117, secondo
comma, lettere f) e p), Cost. che attribuiscono allo Stato la
potesta’ legislativa esclusiva nella relativa materia. Infine,
esorbitando dai confini propri dell’area normativa affidata alla
fonte statutaria, viene a costituire un limite ai poteri di
iniziativa legislativa del Consiglio, previsti dall’art. 121, secondo
comma, Cost. il cui esercizio deve rimanere alla responsabilita’
politica dell’organo anzidetto (cfr. art. 11, comma 6, dello stesso
statuto).
2. – Recita l’art. 4 dello statuto, rubricato «finalita’
principali»:
«La Regione persegue, tra le finalita’ prioritarie…
g) la tutela e la valorizzazione della famiglia fondata sul
matrimonio;
h) il riconoscimento delle altre forme di convivenza.».
La diversa formulazione delle due previsioni rende evidente che:
da un lato, non v’e’ una visione unificante ed una
considerazione di equivalenza della famiglia fondata sul matrimonio e
delle altre forme di convivenza;
dall’altro, all’istituzione matrimoniale, di cui e’ postulata
una dignita’ superiore in coerenza con la protezione diretta che essa
riceve dall’art. 29 Cost., e’ attribuita una considerazione
privilegiata essendo soltanto ad essa assicurate tutela e
valorizzazione; il che vale ad impegnare statutariamente la regione
ad agevolare la formazione e l’adempimento dei compiti della famiglia
fondata sul matrimonio, in quanto «stabile istituzione
sovraindividuale» (sent. 8/1996), attraverso appropriate misure
economiche di sostegno ed altre provvidenze.
Non puo’ peraltro ritenersi in armonia con la Costituzione – e
sarebbe comunque invasiva della competenza esclusiva statale in
materia di ordinamento civile – l’affermazione di riconoscimento
delle altre forme di convivenza, di ambigua genericita’ ed
indiscriminata estensione, in relazione alla quale non e’ dato
neppure comprendere quali siano i contenuti e gli effetti del
«riconoscimento» e se l’oggetto di questo vada oltre la convivenza
more uxorio, come rapporto di fatto tra uomo e donna, al quale
soltanto, e ad assai limitati effetti 1), gia’ sono ricollegate
dall’ordinamento generale alcune conseguenze giuridiche.
Un siffatto riconoscimento in termini generali, ancorche’
generici, potrebbe pur tuttavia costituire la base statutaria di
interventi normativi regionali per una disciplina specifica.
In particolare, fermo il rilievo che eventuali future previsioni
normative regionali inerenti al campo dei rapporti (personali e
patrimoniali) tra conviventi, al loro status ed ad una loro qualche
rilevanza pubblicistica – che non hanno con la regione un particolare
nesso territoriale e per i quali e’ evidente l’imprescindibile
esigenza di disciplina uniforme nell’intero territorio nazionale –
violerebbe comunque competenze esclusive dello Stato (in ipotesi
quelle sancite dall’art. 117, comma 2, lettere i) ed l), e comma 6),
l’attuale previsione statutaria di cui all’art. 4 lettera h), in
quanto intenda affermare qualcosa di diverso dal semplice rilievo
sociale e dalla conseguente giuridica dignita’ – nei limiti previsti
dalle leggi dello Stato – della convivenza tra uomo e donna fuori del
vincolo matrimoniale (quale espressione di libera determinazione
degli interessati e della loro quotidiana affectio) 2), ovvero
intenda affermare siffatti valori con riguardo ad unioni libere e
relazioni tra soggetti del medesimo sesso, risulta violativa
dell’art. 123 Cost., anche perche’ in contrasto con i vincolanti
punti di vista di principio assunti dalla Costituzione (sent. 8/1996)
e quindi non in armonia con essa (e con i principi generali
dell’ordinamento) in relazione a situazioni divergenti dal modello
del rapporto coniugale, estranee al contenuto delle garanzie di cui
all’art. 29 (inerenti ai contenuti ed agli scopi etico-sociali
dell’istituzione matrimoniale) e non suscettibili di riconduzione
nell’area di protezione dell’art. 2 Cost. E’ appena il caso di
ricordare, al riguardo, che (come rimarcato nelle sentenze nn. 304 e
306 del 2002) il limite «dell’armonia con la Costituzione» di cui
all’art. 123 Cost. mira non solo ad evitare il contrasto con le
singole previsioni della Carta costituzionale ma anche a «scongiurare
il pericolo che lo statuto, pur rispettoso della lettera della
Costituzione, ne eluda lo spirito». Gli statuti regionali debbono non
solo «rispettare puntualmente» ogni disposizione della Costituzione
ma essere in armonia con i precetti ed i principi tutti ricavabili
dalla Costituzione (sentt. 196/2003; 2/2004).
La forma plurale usata nella proposizione statutaria, che sembra
voler considerare anche forme di convivenza ulteriori rispetto a
quella more uxorio, ed il carattere generale ed indiscriminato
dell’enunciato, specie se posto in relazione con l’affermazione di
cui alla lettera s) dello stesso articolo – di rifiuto di ogni
discriminazione fondata (non sul sesso ma) «sull’orientamento
sessuale» – lasciano fondatamente supporre che la ripetuta
disposizione postuli un’incongrua ed inammissibile dilatazione
dell’area delimitata dai valori fondanti dell’art. 2 Cost. e debba
pertanto considerarsi costituzionalmente incompatibile.
Anche a monte, del resto, sotto diverso profilo avente carattere
di priorita’ logica, deve dubitarsi della legittimita’ della
disposizione in esame, in quanto estranea ai contenuti necessari
degli statuti regionali di cui al comma 1 dell’art. 123 Cost.
(inerenti alla configurazione del proprio ordinamento interno) ed
eccedente i limiti in cui altri contenuti possono ritenersi
ammissibili (cfr. sent. 2/2004). Essa, infatti, ancorche’ ricompresa
in articolo intestato «finalita’ principali», non risulta in realta’
ricognitiva di funzioni e compiti della regione ne’ indica aree di
prioritario intervento politico o legislativo (al contario della
previsione della lett. g) dell’art. 4 inerente alla valorizzazione
della famiglia fondata sul matrimonio), tanto meno in materie di
competenza regionale. Non esprime un interesse proprio della
comunita’ regionale, ne’ ha concreto contenuto programmatorio ed
estremamente opinabile ne e’ la misura dell’efficacia giuridica.
Lo statuto, infatti, e’ espressione di un’autonomia garantita
dalla Costituzione, nel cui quadro si inserisce costituendone momento
attuativo. Esso non puo’ dunque validamente estendersi ad
affermazioni di principi e valori che non siano meramente
riproduttive di quelle espresse nella parte I della Costituzione (in
particolare, per quanto qui interessa, nel titolo II «rapporti etico
sociali») connotanti l’intero assetto della comunita’ nazionale, alla
quale non e’ configurabile che possa contrapporsi una comunita’
regionale diversamente caratterizzata.
Ne’ e’ ammissibile, sotto tale profilo, che le diverse comunita’
regionali possano tra loro diversificarsi in ragione del loro
ipotetico riconoscersi in valori diversi e contrastanti, che, oltre a
contraddire il principio fondamentale di unita’ canonizzato
dall’art. 5 Cost. ridonderebbe in un’ingiustificata disparita’ di
trattamento violativa dell’art. 3 Cost.
L’interesse ad espungere dallo statuto la disposizione della
lettera h) dell’art. 4 e’ anche quello di evitare che, come gia’
accennato, alla medesima possano raccordarsi – per trarne una
legittimazione statutaria – successivi interventi normativi che, sia
pure in materie di competenza (esclusiva o concorrente) della
regione, attribuiscano un qualche positivo rilievo «alle altre forme
di convivenza» – ed in particolare a quelle fra soggetti dello stesso
sesso – sia nel settore pubblico che in quello privato.
3. – Lo stesso art. 4 dello statuto prevede che la regione
persegua, tra le finalita’ prioritarie, anche:
l) il rispetto dell’equilibrio ecologico, la tutela
dell’ambiente e del patrimonio naturale, la conservazione della
biodiversita’, la promozione della cultura del rispetto degli
animali;
m) la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico,
artistico e paesaggistico.
Tali previsioni violano la disposizione dell’art. 117, secondo
comma, lettera s), terzo comma e sesto comma, Cost. che riserva allo
Stato la potesta’ esclusiva su tutela dell’ambiente, dell’ecosistema
e dei beni culturali.
3.1. La complessa formulazione della disposizione statutaria
della lettera l) dell’art. 4 puo’ sostanzialmente sintetizzarsi
nell’espressione «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», utilizzata
nell’art. 117, secondo comma, lettera s) per definire una competenza
legislativa (e regolamentare) esclusiva dello Stato sia nella
prospettiva antropocentrica (tutela della salubrita’ dell’ambiente)
che nella prospettiva ecocentrica (tutela della natura intesa come
valore in se’, cioe’ protezione e conservazione della natura, nel cui
ambito e’ certamente ricompreso l’interesse alla conservazione del
patrimonio faunistico; cfr. sent. n. 536/2002).
Se, come insegnato dalla giurisprudenza costituzionale,
l’ambiente e’ un «valore costituzionalmente protetto» in ordine al
quale si manifestano competenze diverse, spettano comunque allo Stato
le determinazioni che rispondono ad esigenze di disciplina uniforme,
anche specifica, sull’intero territorio nazionale (sentt.
n. 407/2002; n. 259/2004). In particolare, se interventi del
legislatore regionale che si attenga alle proprie competenze nella
cura di interessi diversi, funzionalmente collegati con quelli
specificamente ambientali, possono risultare non incompatibili con la
competenza esclusiva dello Stato nel settore della tutela
dell’ambiente su cui manifestino una qualche incidenza (sent.
n. 259/2004) – nei limiti beninteso in cui detti interventi non
pregiudichino l’equilibrio ambientale ed ecologico (sent.
n. 536/2002) -, rimane fermo, tuttavia, che gli interessi inerenti in
via primaria alla tutela dell’ambiente (bene unitario da
salvaguardare nella sua interezza; cfr. sentt. 67/1992; 536/2002)
sono affidati alla competenza esclusiva dello Stato (sent.
n. 407/2002).
Tale fondamentale regola rimane del tutto obliterata nello
statuto in esame, che vuole perseguire come finalita’ prioritaria
proprio la tutela dell’ambiente, assumendo questa (non come settore
di eventuale indiretta incidenza dell’esercizio di competenze
concorrenti proprie della regione, ma) come scopo diretto dell’azione
regionale.
Evidente e’ l’alterazione della prospettiva, che sostanzialmente
si traduce nell’illegittima affermazione di una competenza primaria
regionale di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e quindi (ben
piu’ che in un’invasione di competenze nell’esercizio di un’attivita’
normativa) in un’incompatibilita’ strutturale dello statuto della
Regione e della Costituzione della Repubblica, per l’incontestabile
prevaricazione a livello di principio delle potesta’ statali e
ribaltamento dell’ordine delle competenze costituzionalmente
stabilito.
3.2. Il quadro costituzionale delle competenze delineato
dall’attuale art. 117 tiene conto della peculiarita’ del patrimonio
storico-artistico italiano, considerato nel suo complesso al di la’
del valore del singolo bene isolatamente considerato, di cui ha
affidato la tutela alla potesta’ legislativa esclusiva ( e
conseguente potesta’ regolamentare) allo Stato e la valorizzazione
alla legislazione concorrente di Stato e regione.
La distinzione tra le due competenze risulta ben chiarita nella
sentenza n. 9/2004, sulla scorta della normativa esistente, nel senso
di ricondurre alla tutela le attivita’ inerenti al riconoscimento del
bene culturale come tale, alla salvaguardia della sua struttura
fisica (ad evitarne il degrado) e quindi del suo contenuto culturale
(per l’inscindibilita’ tra la struttura materiale ed il valore ideale
che essa esprime), ivi compresa la valorizzazione dei caratteri
storico artistici del bene, e di ricondurre alla valorizzazione del
bene culturale (la cui disciplina deve rispettare pur sempre i
principi fondamentali della legislazione statale) le attivita’
dirette alla fruizione di questo, cioe’ a migliorarne le condizioni
di conoscenza, agevolarne ed incrementarne la possibilita’ ed i modi
di godimento e quindi a diffonderne la conoscenza ed a migliorare le
condizioni di conservazione negli spazi espositivi e nei luoghi in
cui ne avviene la fruizione.
La disposizione statutaria della lettera m) dell’art. 4, che
pretende di introdurre tra le finalita’ prioritarie della regione la
tutela dei beni culturali cozza dunque incontestabilmente conto la
netta separazione delle competenze delineata dalla Costituzione e
vuole affermare addirittura priorita’ di interventi in un ambito che
non e’ di spettanza della regione; cosi’ determinando
un’incompatibilita’ strutturale analoga a quella sopra evidenziata, a
proposito dell’ambiente e dell’ecosistema. Ne’ e’ privo di rilievo
sottolineare che compete comunque alla legge statale, ai sensi del
terzo comma dell’art. 118 Cost., disciplinare forme di intesa e
coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.
3.3. Discorso del tutto analogo a quello gia’ sopra svolto e’ a
farsi, com’e’ ovvio, per quanto concerne il patrimonio paesaggistico,
in relazione agli aspetti di questo inerenti all’ambiente.
4. – Tra le finalita’ prioritarie che la regione persegue,
l’art. 4 dello statuto indica ancora:
n) la promozione dello sviluppo economico e di un contesto
favorevole alla competitivita’ delle imprese, basato
sull’innovazione, la ricerca e la formazione, nel rispetto dei
principi di coesione sociale e di sostenibilita’ dell’ambiente;
o) la valorizzazione della liberta’ di iniziativa economica
pubblica e privata, del ruolo e della responsabilita’ sociale delle
imprese;
p) la promozione della cooperazione come strumento di
democrazia economica e di sviluppo sociale, favorendone il
potenziamento con i mezzi piu’ idonei.
Tali enunciazioni, che vogliono fornire base statutaria a futuri
interventi del legislatore regionale, nell’assolutezza della loro
formulazione risultano contrastare con l’attribuzione costituzionale
alla competenza esclusiva dello Stato della «tutela della
concorrenza» (art. 117, secondo comma, lett. e), Cost.), la quale
costituisce una delle leve della politica economica statale ed e’ da
intendere non soltanto in senso statico, come garanzia di interventi
di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche
nell’accezione dinamica e promozionale che giustifica misure
pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un
sufficiente sviluppo del mercato e ad instaurare assetti
concorrenziali. Competenza, dunque, che presenta i caratteri di una
funzione esercitabile sui piu’ diversi oggetti, per la sua rilevanza
macroeconomica, e che consente l’adozione sia di specifiche misure
sia di regimi di aiuto (ammessi dall’ordinamento comunitario), idonei
ad incidere sull’equilibrio economico generale, ivi comprese misure
di sostegno alle imprese che, singolarmente considerate possono
apparire di entita’ tale da non trascendere l’ambito regionale ma nel
loro insieme suscettibili di assumere rilevanza sul piano
macroeconomico, coerenti ad obiettivi di scala nazionale e mirate
alla competitivita’ complessiva del sistema (in tali sensi v.
espressamente, sent. n. 14/2004).
L’attivita’ delle autonomie nel settore considerato incontra
dunque il necessario limite, che la norma statutaria del tutto
oblitera e sembra voler escludere, della competenza statale per la
politica di sostegno del mercato e gli indirizzi in campo economico,
ivi comprese le politiche per la promozione e lo sviluppo della
cooperazione e mutualita’, 3) da inquadrare in una cornice
complessivamente unitaria anche a garanzia dell’uguaglianza tra gli
operatori.
Le previsioni in questione, per quanto concerne in particolare il
settore della cooperazione, se inteso come disciplina delle diverse
forme e tipologie di questa, si pongono anche in contrasto con la
competenza spettante allo Stato in materia di ordinamento civile
(art. 117, comma secondo, lett. l), Cost).
5. – Secondo l’art. 32, comma 2, dello statuto «il programma di
governo e’ approvato entro dieci giorni dalla sua illustrazione». La
disposizione non e’ accompagnata dall’indicazione delle conseguenze
della mancata approvazione ed e’ gia’ censurabile per questa sua
ambiguita’.
Nel sistema delineato dallo statuto, l’approvazione del programma
di governo compete al Consiglio (art. 11), cui spetta indicare
l’indirizzo politico e programmatico della regione e controllarne
l’attuazione. Al Presidente della giunta, eletto a suffragio
universale e diretto, spetta la predisposizione del programma e la
sua attuazione (art. 34).
La disposizione in esame (che non si limita a prescrivere la
tempestiva presentazione del programma di governo ma fissa un termine
per la sua approvazione) non risulta coerente con l’elezione diretta
del Presidente (di cui sembra ridurre i poteri di indirizzo), in
quanto la prevista approvazione consiliare del programma di governo
instauri irragionevolmente e contraddittoriamente tra presidente e
consiglio regionale un rapporto diverso rispetto a quello che
consegue all’elezione a suffragio universale e diretto del vertice
dell’esecutivo prevista dal comma quinto dell’art. 122 Cost., in
relazione alla quale non sussiste il tradizionale rapporto fiduciario
con il consiglio rappresentativo dell’intero corpo elettorale (sent.
n. 2/2004).
Essa, pertanto, tenuto anche conto dei canoni fondamentali di cui
all’art. 3 Cost., non puo’ ritenersi in armonia con la Costituzione.
6. – L’art. 54 (commi 1 e 3) dello statuto, in materia di
procedimento amministrativo e diritto di accesso, prevede il diritto
di accesso ai documenti della regione senza obbligo di motivazione ed
esclude l’obbligo di motivazione degli atti amministrativi meramente
esecutivi.
Tali previsioni da un lato potrebbero consentire un controllo non
filtrato sull’attivita’ dell’amministrazione, al di la’ dell’esigenza
di protezione di interessi giuridicamente rilevanti ed anche per
finalita’ meramente emulative, con possibili intralci ed inutili
appesantimenti per la medesima, in contrasto con l’art. 97 Cost.;
dall’altro (per l’esclusione assoluta e di principio dell’obbligo di
motivazione) potrebbe determinare un’oggettiva maggiore difficolta’
nella tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi
da parte di controinteressati, in violazione degli articoli 24 e 113
Cost; si profila inoltre un contrasto con l’art. 3, in quanto una
differenza di disciplina nelle varie regioni si rifletterebbe sulle
posizioni soggettive dei singoli, le quali risulterebbero
diversamente configurabili e tutelabili.
In definitiva, malgrado l’apparenza, le previsioni in questione
risultano non coerenti con i principi costituzionali di efficienza e
trasparenza dell’amministrazione nonche’ di effettivita’ della tutela
contro i suoi atti e non rispettano comunque i confini dell’area
normativa riconoscibile allo statuto rispetto ad altre fonti
regionali.
7. – L’art. 63, comma 2, dello statuto prevede che
l’organizzazione delle funzioni amministrative conferite agli enti
locali, nei casi in cui risultino specifiche esigenze unitarie,
possono essere disciplinate con legge regionale per assicurare
requisiti essenziali di uniformita’.
L’art. 117, sesto comma, Cost. riserva alla potesta’
regolamentare degli enti locali la disciplina dell’organizzazione e
dello svolgimento delle funzioni amministrative ad essi attribuite.
Ne discende che eventuali esigenze di esercizio unitario potrebbero
solo giustificare, secondo il principio di sussidiarieta’ (art. 118
Cost.), il mantenimento di determinate funzioni legislative al
livello di governo regionale, ma non un loro conferimento all’ente
locale con contemporanea espropriazione dei poteri a questo spettanti
per regolamentarne l’organizzazione ed il funzionamento. La
disposizione in esame contrasta dunque con le richiamate norme
costituzionali, oltre che con l’art. 114 e con il principio
fondamentale della leale collaborazione nell’esercizio di compiti
amministrativi interessanti piu’ enti fra quelli considerati, in modo
equiordinato, nella stessa norma ultima citata.
8. – Secondo l’art. 64, comma 2, «la legge disciplina,
limitatamente ai profili coperti da riserva di legge, i tributi
propri degli enti locali, salva la potesta’ degli enti di
istituirli».
Va preliminarmente osservato che la Corte (sent. n. 37/2004) ha
puntualmente affermato che «non e’ ammissibile, in materia
tributaria, una piena esplicazione di potesta’ regionali autonome in
carenza della fondamentale legislazione di coordinamento dettata dal
Parlamento nazionale» e che la materia del sistema tributario degli
enti locali non rientra nell’ambito della potesta’ legislativa
«residuale» delle regioni.
Cio’ premesso, deve rilevarsi che la norma in esame postula
margini di autonomia regionale piu’ ampi di quelli stabiliti
dall’art. 119 Cost., i cui limiti non vengono richiamati.
La norma statutaria, in particolare, relativamente alla
disciplina dei tributi degli enti locali, vuole direttamente ed
immediatamente prefigurare un determinato rapporto tra fonti
normative (legge regionale, per la parte coperta da riserva di legge,
e normativa locale, per quanto concerne l’istituzione e gli altri
aspetti non coperti da riserva di legge) che e’ invece solo uno di
quelli possibili, costituzionalmente rimessi alle valutazioni ed alle
scelte del legislatore nazionale nel momento in cui dara’ attuazione
all’art. 119 Cost.
La Corte ha infatti precisato, nella citata sentenza, che e’
possibile ipotizzare «situazioni di disciplina normativa sia a tre
livelli (legislativa statale, legislativa regionale, e regolamentare
locale), sia a due soli livelli (statale e locale, ovvero regionale e
locale)». La norma statutaria in esame, invece, non solo sembra
escludere a priori la possibilita’ della soluzione a tre livelli, ma
postula che, nell’ambito di quella a due livelli, la potesta’
legislativa competente debba essere quella regionale, cosi’ non
rispettando le attribuzioni costituzionali del legislatore nazionale,
al quale soltanto, come detto, competono le scelte in materia.
Per tale verso, fermo il rilevato contrasto con l’art. 119 Cost.,
e’ anche da evidenziare il modo di per se’ censurabile con il quale
nella disposizione in esame viene utilizzato due volte il termine
«legge» senza alcuna aggettivazione.
E’ pacifico, nella logica funzionale dello statuto, che il
richiamo iniziale alla legge e’ da intendere riferito alla legge
regionale, la quale, nella prospettiva seguita, dovrebbe essere
l’unica a disciplinare i tributi degli enti locali. Se ne dovrebbe
dedurre, in assenza di altra indicazione ed in coerenza con la
prospettazione statutaria, l’analoga valenza del termine legge
successivamente usato e, dunque, che la riserva di legge di cui e’
fatta menzione sia esclusivamente una riserva di legge regionale. Il
che, per quanto gia’ considerato, contraddice le previsioni
costituzionali in base alle quali la riserva di legge in subiecta
materia e’ primariamente riserva di legge statale.
9. – L’art. 70, comma 1 dello statuto prevede che gli organi di
governo ed il consiglio partecipano, nei modi previsti dalla legge,
alla formazione e attuazione degli atti comunitari nelle materie di
competenza regionale. Il riferimento, malgrado la genericita’
dell’espressione, sembra essere alla legge regionale.
La disposizione contrasta quindi con l’art. 117, quinto comma,
Cost., che prevede che la partecipazione delle regioni avvenga
secondo le norme di procedura stabilite da legge dello Stato (cfr.
art. 6 della legge n. 131/2003).
10. – L’art. 75, comma 4, dello statuto, a proposito del
referendum abrogativo di una legge o di un regolamento regionale,
prevede che la proposta referendaria di abrogazione si intende
approvata se partecipa alla votazione la maggioranza dei votanti alle
ultime elezioni regionali e se essa ottiene la maggioranza dei voti
validamente espressi.
La disposizione contrasta con il principio fondamentale di
ragionevolezza in quanto ancora la disciplina del principale
strumento di democrazia diretta e la valutazione dell’esito della sua
attivazione non in riferimento alla consistenza effettiva del corpo
elettorale, secondo un corretto principio di democrazia partecipativa
correlato a quello del suffragio universale, ma con riguardo ad un
dato del tutto casuale e contingente, privo di qualsiasi
significativita’.
Evidente e’ l’incoerenza e l’irragionevolezza della norma, che
non tiene conto, tra l’altro, della differente natura della
consultazione referendaria rispetto alle elezioni regionali e del
diverso interesse che le due consultazioni popolari possono rivestire
per il cittadino sia in relazione al loro diverso oggetto – di scelta
dei rappresentanti negli organi legislativi ovvero di diretta
decisione politica su problemi e discipline specifiche – sia in
relazione alle diverse modalita’ di espressione e di computo del voto
nell’una e nell’altra consultazione, in connessione con la
suddivisione degli elettori in collegi e, di converso, con
l’essenziale e peculiare unitarieta’ del corpo referendario
deliberante, elementi tutti che escludono qualsiasi fondamento logico
alla prevista parametrazione del quorum di partecipazione necessario
per la validita’ del referendum.
Le precedenti considerazioni traggono conforto dal rilievo,
tutt’altro che astratto ma fondato sulla concreta esperienza pratica,
della linea di tendenza di ultimo periodo, che mostra un progressivo
aumento dell’astensionismo elettorale; circostanza che, coniugata con
quella (evidentemente trascurata) della significativita’ che puo’
assumere un comportamento omissivo in occasione di un referendum
abrogativo, potrebbe portare, sulla base della censurata regola,
all’inaccettabile ed antidemocratica conseguenza dell’abrogazione di
un atto normativo in base al voto di un’esigua minoranza del corpo
elettorale.
Deve comunque ritenersi che l’ancoramento della validita’ della
consultazione referendaria alla partecipazione ad essa della
maggioranza degli aventi diritto, stabilito dall’art. 75 Cost., a
proposito delle leggi statali, costituisca positiva espressione di un
principio costituzionale fondamentale, qualificante la forma stessa
dello Stato democratico.
1) Come rimarcato dalla Corte (sent. 352/2000), il
legislatore penale, a ftonte di un auspicio espresso con le
sentenze n. 6/1977 e n. 237/1986 per una valutazione della
tutela da accordare agli interessi connessi al rapporto di
convivenza, rispetto all’alternativa di incidere sulla
definizione generale della nozione di «prossimi congiunti»
offerta dall’art. 307, comma quarto c.p., includendovi
anche il convivente, ha preferito limitare l’assimilazione
a singole situazioni ben individuate, anziche’ procedere ad
un «allineamento» generale ed indiscriminato del rapporto
di convivenza a quello di coniugio.
2) Nel prendere in considerazione la convivenza di fatto
tra uomo e donna (pur in situazioni di «consolidato
rapporto») la Corte Costituzionale ha costantemente
affermato la fondamentale diversita’ tra famiglia di fatto
e famiglia fondata sul vincolo matrimoniale (questa
soltanto con – notata dai caratteri della stabilita’ e
certezza e della reciprocita’ e corrispettivita’ dei
diritti e dei doveri che fanno capo ai suoi componenti), in
ragione della quale la Costituzione stessa ha dato delle
due situazioni una valutazione differenziatrice che esclude
in radice l’anunissibilita’ – da un punto di vista
giuridico costituzionale – di affermazioni omologanti. Il
che non esclude la comparabilita’ di specifiche discipline
riguardanti aspetti particolari della convivenza di fatto e
del rapporto di coniugio che possano presentare analogie ai
fini del controllo della ragionevolezza a norma dell’art. 3
Cost., (da ultimo ord. 121/2004; per interventi additivi
fondati su tali premesse v. sentt. 404/1988; 559/1989).
3) V. la ridefinizione dei compiti del Ministero delle
atiivita’ produttive di cui al d.lgs. n. 34/2004, che ha
sostituito l’art. 27 ssgg. del d.lgs. n. 300/1999.
. Q. M.
Si conclude pertanto perche’ sia dichiarata l’illegittimita’
costituzionale dello statuto della Regione Toscana negli articoli 3,
comma 6; 4, comma 1, lettere h), l), m), n), o), p); 32, comma 2; 54,
commi 1 e 3; 63, comma 2; 64, comma 2; 70, comma 1; 75, comma 4, per
le ragioni e come sopra precisato.
Roma, addi’ 5 agosto 2004
Avvocato dello Stato: Giorgio D’Amato