Penale

Thursday 23 September 2004

Violazione degli obblighi di assistenza familiare. Il reato non sussiste se all’ ex moglie non sono mancati i mezzi di sussistenza. Cassazione – Sezione sesta penale (up) – sentenza 8 luglio-22 settembre 2004 – n. 37137

Violazione degli obblighi di assistenza familiare. Il reato non sussiste se allex moglie non sono mancati i mezzi di sussistenza

Cassazione Sezione sesta penale (up) sentenza 8 luglio-22 settembre 2004 n. 37137

Presidente Acquarone Relatore Milo

Pm Cesqui ricorrente Molino

Fatto e diritto

La Corte dappello di Genova, con sentenza 11 dicembre 2003, riformando in parte quella in data 7 febbraio 200 del Tribunale della stessa città, riduceva la pena inflitta a Molino Alessandro, dichiarato colpevole del delitto di cui allarticolo 570 Cp, a giorni venti di reclusione, sostituiti con giorni quaranta di libertà controllata, e concedeva i benefici della sospensione condizionale e della non menzione della condanna.

La pronuncia di colpevolezza del Molino riguarda, in particolare, lavere fatto mancare alla moglie separata, Grillo Anna Maria, i mezzi di sussistenza nel periodo compreso tra il novembre 1996 e il gennaio 1997.

Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, limputato, deducendo la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sua capacità reddituale e alla sussistenza dello stato di bisogno della persona offesa.

Il ricorso è fondato.

Osserva la Corte che lelemento materiale del delitto di cui allarticolo 570/2° n. 2 Cp, contestato in fatto allimputato, consiste nel fare mancare ai soggetti in esso indicati i i mezzi di sussistenza, che, per consolidata giurisprudenza, vanno individuati in ciò che è strettamente indispensabile alla vita, come il vitto, labitazione, i canoni per le ordinarie utenze, i medicinali, il vestiario, le spese per listruzione dei figli. I mezzi di sussistenza non si identificano con il concetto civilistico di alimenti poiché in questultima nozione rientra anche ciò che è soltanto utile o che è conforme alla condizione dellalimentando oltre che proporzionale alle sostanze dellobbligato. Non sussiste, poi, alcuna correlazione tra mezzi di sussistenza e lassegno di mantenimento fissato dal giudice civile in sede di separazione. La mancata o la minore corresponsione dellassegno stabilito dal giudice civile, infatti, non è sufficiente di per sé a dimostrare la responsabilità penale se non è accompagnata dalla prova che in ragione della omissione, siano venuti meno i mezzi di sussistenza allavente diritto, tanto che il provvedimento del giudice civile non fa stato nel giudizio penale né in ordine alle condizioni dellobbligato, né per ciò che riguarda lo stato di bisogno dellavente diritto. Per la configurabilità del reato in esame, deve dimostrarsi la sussistenza, in concreto, del duplice requisito dello stato di bisogno dellavente diritto e della capacità economica dellobbligato di fornire al primo i mezzi indispensabili per vivere.

Ciò posto, va rilevato che la Corte di merito si è limitata a prendere atto della circostanza che limputato, nel circoscritto periodo compreso tra il novembre 1996 e il gennaio 1997, aveva provveduto a pagare il canone di locazione dellappartamento occupato dalla moglie (lire 1.700.000 mensili), alla quale, però, non aveva versato altro, nonostante il giudice civile avesse stabilito un assegno mensile di lire 6.000.000, e da ciò ha dedotto che lavente diritto, disponendo unicamente di una pensione mensile di lire 600.000, era venuta a trovarsi in stato di bisogno; ha aggiunto, inoltre, che, se pure limputato aveva dimostrato di essersi venuto a trovare, nel periodo in contestazione, in difficoltà economiche, queste non avevano comunque costituito un insormontabile ostacolo per tenere fede ai propri obblighi, anche perché la situazione patrimoniale complessiva gli avrebbe consentito, anche ricorrendo alla dismissione di alcuni beni, di procurarsi una certa liquidità.

Tale trama argomentativi, apparentemente logica, pecca in realtà di superficialità, non approfondisce lanalisi della concreta fattispecie e dà per provato ciò che, invece, deve essere rigorosamente dimostrato, finendo per rivelarsi assolutamente inadeguata a sorreggere la conclusione alla quale perviene.

Riassuntivamente vanno fatti i seguenti rilievi, dai quali non può prescindersi e ai quali deve pur essere data una risposta, in un quadro valutativo complessivo del caso in esame:

– pacificamente il Molino, fino a tutto lottobre 1996, aveva provveduto a versare alla moglie, sulla quale non gravava come si è detto alcuna spesa per lalloggio, la non modesta somma mensile di lire 3.500.000, certamente sufficiente, anche se inferiore a quella stabilita dal giudice della separazione, per fronteggiare le esigenze quotidiane di vita e accumulare, con una gestione oculata, un certo risparmio;

– la donna disponeva comunque di un reddito proprio, sua pure modesto, di lire 600.000 mensili;

– il Molino aveva comunque assicurato alla moglie, nel periodo in contestazione, lalloggio, provvedendo a pagare lelevato canone mensile di lire 1.700.000 e non può essere sottaciuto che tale esborso è certamente sovradimensionato rispetto allobbligo, penalmente rilevante, di assicurare allavente diritto il soddisfacimento delle sole esigenze primarie di vita (e tra queste non rientra certo un alloggio di lusso);

– linadempimento del Molino, secondo la ricostruzione del giudice a quo, era rimasto circoscritto a soli tre mesi e tale circostanza non può essere enucleata dal contesto generale della vicenda, per inferirne automaticamente il giudizio di colpevolezza, ma deve essere apprezzata e valutata in tale contesto, nel senso che vanno acquisiti elementi specifici che dimostrino leffettivo stato di bisogno in cui, proprio in quei tre mesi, era venuta a trovarsi la Grillo, la quale fino allottobre 1996 aveva potuto comunque disporre di non trascurabile liquidità fornitale dal marito;

– né va sottovalutato il momento di grave difficoltà economica in cui era venuto a trovarsi il Molino e del quale ha dato atto lo stesso giudice di merito (non era stato in grado neppure di corrispondere gli stipendi ai propri dipendenti); linadempimento nei confronti della moglie può essere stato conseguenza diretta di tale oggettiva situazione di diff8icoltà e non di una scelta volontaria; né vale obiettare che la dismissione di qualche immobile gli avrebbe consentito di recuperare una certa liquidità e di onorare il proprio obbligo, dovendosi anche considerare, in contrario, che il breve arco temporale in contestazione appare poco compatibile con una dismissione patrimoniale, che di norma richiede tempi più lunghi.

Quanto evidenziato incide in maniera decisiva sullaspetto penale della vicenda, rimanendo logicamente impregiudicate le ragioni della Grillo sul piano civilistico.

Limpugnata sentenza, pertanto, va annullata con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte dappello di Genova, che dovrà rivalutare il caso, tenendo conto dei rilievi di cui innanzi e, ai fini di uneventuale prescrizione del reato, anche dei periodi di sospensione del termine prescrizionale per effetto di rinvii o sospensioni del dibattimento per impedimento o su richiesta dellimputato o del suo difensore (sezioni unite, 28 novembre 2001, Cremonese).

PQM

Annulla limpugnata sentenza e rinvia ad altra sezione della Corte dappello di Genova per nuovo giudizio.