Penale
Vilipendio della religione e attenuanti. Il caso Adel Smith approda alla Consulta. N. 628 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 marzo 2004.
Vilipendio della religione e attenuanti. Il caso Adel Smith approda alla Consulta
N. 628 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 marzo 2004.
Ordinanza emessa il 16 marzo 2004 dal tribunale di Verona nel procedimento penale a carico di Smith Adel Reati e pene – Offese alla religione cattolica (gia’ religione dello Stato) mediante vilipendio di persone – Trattamento sanzionatorio – Applicazione della diminuzione di pena di cui all’art. 406 cod. pen. – Mancata previsione – Deteriore trattamento rispetto agli altri culti – Violazione dei principi di eguaglianza dei cittadini senza distinzione di religione e di eguale liberta’ delle confessioni religiose – Richiamo alle sent. nn. 329/1997 e 327/2002 della Corte costituzionale. – Codice penale, art. 403, primo e secondo comma. – Costituzione, artt. 3, primo comma, e 8, primo comma. (GU n. 28 del 21-7-2004)
IL TRIBUNALE
Ha pronunciato la seguente ordinanza nel processo n. 2062/2003
r.g. tribunale promosso con decreto di citazione a giudizio del p.m.
nei confronti di Smith Adel imputato del reato di cui all’art. 403,
commi primo e secondo c.p. per avere durante un dibattito in una
trasmissione televisiva sull’emittente privata «Tele Nuovo» offeso la
religione dello Stato mediante vilipendio di chi la professa
definendo la Chiesa Cattolica «una grande associazione a delinquere»
e mediante vilipendio del cardinale Biffi (vescovo della Curia di
Bologna) definito «miserabile» e del Sommo Pontefice indicato come
«capo di questa istituzione che io definisco associazione a
delinquere»; in Verona 8 novembre 2002.
Premesso che la difesa ha sollevato eccezione di illegittimita’
costituzionale dell’art. 403 primo e secondo comma c.p. per contrasto
con gli artt. 3 primo comma e 8 primo comma Costituzione;
che il p.m. si e’ associato a tale eccezione, rilevando come
la norma si presti a censura di costituzionalita’ anche sotto il
profilo di cui all’art. 19 della Costituzione;
che il giudice ritiene la questione di legittimita’
costituzionale rilevante e non manifestamente infondata, nei termini
oltre indicati, evidenziando in proposito:
quanto al profilo della rilevanza, che l’imputato, qualora
fosse ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 403 primo e
secondo comma c.p. non potrebbe beneficiare della diminuzione di pena
di cui all’art. 406 c.p. prevista per i «culti ammessi» e quindi ora,
dopo l’entrata in vigore della legge 25 marzo 1985 n. 121 che ha dato
esecuzione all’accordo 18 febbraio 1984 tra Stato italiano e Chiesa
cattolica, per tutte le «confessioni religiose» diverse da quella
cattolica, non esistendo piu’ una «religione di Stato»;
quanto al profilo della non manifesta infondatezza, che il
differente e deteriore trattamento sanzionatorio previsto quando
l’offesa riguardi «la religione dello Stato», da intendersi ora come
religione cattolica, appare integrare una violazione degli artt. 3,
primo comma, e 8, primo comma, della Costituzione che proclamano i
principi di pari dignita’ ed uguaglianza dei cittadini e delle
confessioni religiose davanti alla legge, in quanto la protezione del
sentimento religioso e’ venuta ad assumere, a seguito dell’evoluzione
subita anche dalla giurisprudenza costituzionale, il significato di
un corollario del diritto costituzionale di liberta’ di religione;
che in proposito la stessa Corte costituzionale ( cfr.
sentenze n. 329 del 14 novembre 1997 e n. 327 del 9 luglio 2002)
dichiarando l’illegittimita’ costituzionale delle norme di cui agli
artt. 404 e 405 c.p. nella parte in cui non prevedevano la
diminuzione della pena di cui all’art. 406 c.p. nel caso l’offesa e
il turbamento riguardasse cose e funzioni della religione cattolica,
ha ritenuto ormai superati tutti gli argomenti portati a sostegno
della differente disciplina posta dagli artt. 404 e 406 c.p. con la
conseguenza che ormai tale differenza si rivela essere
un’inammissibile discriminazione;
che pertanto il processo non puo’ essere definito
indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita’
costituzionale e deve essere quindi sospeso.
P. Q. M.
Visto ed applicato l’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita’ costituzionale dell’art. 403, primo e secondo comma,
c.p. in riferimento agli artt. 3, primo comma e 8, primo comma, della
Costituzione nella parte in cui non prevede l’applicazione della
diminuzione di pena di cui all’art. 406 c.p. nel caso in cui l’offesa
sia rivolta alla religione cattolica;
Dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale;
Dispone la sospensione del processo per pregiudizialita’
costituzionale;
Ordina la notificazione della presente ordinanza alla Presidenza
del Consiglio dei ministri nonche’ comunicata ai Presidenti delle due
Camere del Parlamento;
Manda alla cancelleria per gli adempimenti.
Verona, addi’ 16 marzo 2004
Il giudice: Zenatelli