Lavoro e Previdenza

Friday 21 May 2004

Tutti i dipendenti dello Stato inderogabilmente in pensione a 65 anni – Consiglio di Stato Sezione quinta, decisione 23 aprile 2004, n. 2394 Presidente. Barbagallo

Diritto È impugnata la sentenza del Tar per l’Emilia-Romagna, sede di Bologna, n. 81/93, meglio indicata in epigrafe, che ha accolto il ricorso proposto dal sig. **- già dipendente dell’allora Ministero di Grazia e Giustizia (oggi della Giustizia), appartenente alla categoria degli uscieri giudiziari – avverso il provvedimento con il quale, avendo egli compiuto il 65mo anno, è stato disposto il suo collocamento a riposo per raggiunti limiti di età. Il Tar ha accolto la tesi del ricorrente nel senso dell’attuale vigenza della norma di cui all’articolo 203 del Rd 2271/1924, che prevede il collocamento a riposo del personale già appartenente alla carriera ausiliaria al compimento del 70mo anno di età, tesi che troverebbe conferma nel testo dell’articolo 4 comma 3 del Dpr 1092/1973, che dispone che continuano ad applicarsi “le norme vigenti che stabiliscono limiti fissi di età per il collocamento a riposo di dipendenti civili dello Stato che appartengono a particolari categorie …”. L’appello dell’Amministrazione è fondato. Al riguardo si osserva che, come correttamente dedotto dalla difesa erariale, a seguito della riforma introdotta dalla legge 312/80 e dal Dpr 1291/84, il personale appartenente alla carriera ausiliaria non costituisce più una categoria particolare, regolata da una legge speciale. Infatti, il sistema scaturente dalle citate norme è basato sulla equiparazione dello status giuridico ed economico di tutto il personale civile dello Stato, salve le differenziazioni legate a diversità oggettive di funzioni e mansioni tra diverse Amministrazioni. Tale omogeneizzazione trova la sua ratio nell’esigenza di evitare disparità di trattamento tra dipendenti svolgenti funzioni e mansioni analoghe, se non identiche (tali considerate dalla stessa norma che determina le qualifiche funzionali omogenee per tutto il personale). Le categorie che possono considerarsi “particolari”, dunque, in tale ordinamento, sono solo quelle regolate da leggi speciali, che sono state escluse esplicitamente dalla normativa di cui alla legge 312/80. Se il legislatore con la legge 312/80 ha inteso ricondurre ad unità il trattamento giuridico di tutto il personale civile dello Stato, la norma di cui all’articolo 173 ultimo comma della stessa legge, che dispone l’abrogazione di tutte le disposizioni contrarie o comunque non compatibili, deve interpretarsi nel senso che debbono considerarsi abrogate tutte quelle norme che comunque creino discriminazioni tra il personale statale. Il Legislatore, del resto, con tale norma ha voluto evitare l’elencazione delle norme esplicitamente abrogate, che avrebbe potuto essere viziata da imprecisioni e dimenticanze, e ciò al solo scopo evidentemente di assicurare la completa omogeneizzazione dell’ordinamento del pubblico impiego sotto tutti gli aspetti. In tale contesto, la conservazione di un beneficio come quello in contestazione non avrebbe potuto non causare una rottura dell’equilibrio voluto dal Legislatore tra situazioni affini o analoghe. La giurisprudenza di questo Consiglio, del resto, ritiene che al compimento del 65mo anno di età, i dipendenti dello Stato (indipendentemente dalla circostanza che abbiano raggiunto o meno il limite di 40 anni di servizio), sono collocati a riposo ex articolo 4 comma 1 Dpr 1092/73 non residuando in capo all’Amministrazione alcuna valutazione discrezionale circa il trattenimento in servizio ed esaurendosi il relativo provvedimento in un atto ricognitivo di una situazione di fatto (cfr. Consiglio di Stato sezione VI 134/99). L’appello in esame deve, dunque, essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata. La spese, come di regola, sono poste a carico della parte soccombente nella misura liquidata in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della decisione impugnata, respinge il ricorso di primo grado. Condanna l’appellato al pagamento in favore dell’Amministrazione appellante delle spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio, che liquida complessivamente in €. 3.000,00 (di cui 1.000,00 per il primo e 2.000,00 per il secondo grado). Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.