Civile
Tempestiva e comunque non improcedibile l’ opposizione a decreto ingiuntivo notificata fuori termine quando il ritardo non deriva da colpevole inerzia dell’ opponente Cassazione – Sezioni unite civili – sentenza 16 marzo-4 maggio 2006, n. 10216
Tempestiva e comunque
non improcedibile l’opposizione a decreto
ingiuntivo notificata fuori termine quando il ritardo non deriva da colpevole
inerzia dell’opponente
Cassazione – Sezioni unite civili – sentenza 16 marzo-4 maggio 2006, n.
10216
Presidente Carbone – Relatore
Morelli
Pm Iannelli – difforme – Ricorrente Langella – Controricorrente
Condominio di Via Aniello Falcone 332 – Parco Lamaro
Palazzina 13
Svolgimento del processo
Maurizio Langella
ricorre per cassazione avverso la sentenza in data 14
gennaio 2000, con la quale il GdP di Napoli –
pronunciando sulla opposizione da lui proposta avverso decreto ingiuntivo nei
suoi confronti emesso, dallo stesso giudice, su istanza del Condominio di Via
A. Falcone 332 – ne dichiarava la improcedibilità
in quanto proposta con atto notificato oltre il termine di 40 giorni di cui
all’articolo 641 Cpc, a nulla rilevano –
secondo quel giudice – che un precedente tentativo di notifica non fosse
andato a buon fine per causa non imputabile all’opponente, il quale aveva
pur consegnato l’atto in tempo utile all’ufficio notificante.
Con i due connessi motivi
dell’odierna impugnazione – cui resiste il Condominio con controricorso – il ricorrente, denunciando violazione
dell’articolo 650 Cpc e vizi di motivazione,
critica in sostanza il giudice a quo per avere esclusa la ricorrenza dei
presupposti di ammissibilità della opposizione
tardiva in una fattispecie, come quella in esame, in cui la mancanza di una
tempestiva notifica dell’opposizione non poteva attribuirsi a responsabilità
di esso opponente, ma era stata, come in fatto pacifico, determinata invece
dalle errate affermazioni data all’ufficiale giudiziario da un terzo, il
quale aveva riferito – contrariamente al vero – che
l’avvocato, presso il quale l’intimante aveva eletto domicilio,
“era sloggiato”. Per cui, non essendo stata portata a compimento,
per tal motivo, quella prima notifica, il Langella si
era appunto risolto a proporre una successiva opposizione tardiva, notificata,
questa volta, allo stesso amministratore del Condominio.
L’esame del ricorso,
così articolato, è stato rimesso dal Primo presidente a queste Su
a seguito di ordinanza interlocutoria della Sezione
seconda, per il ritenuto coinvolgimento in esso di questioni di massima di
particolare importanza.
Motivi della decisione
1. La peculiarità della
fattispecie in esame deriva, per quanto emerge dalla narrativa, dal fatto che
la non addebitabilità alla parte, della inosservanza del termine perentorio di compimento
dell’atto, non viene qui in rilievo in relazione ad un procedimento notificatorio iniziato in tempo utile e, per fatto appunto
indipendente dalla volontà della parte, completato in ritardo (in modo
comunque continuativo rispetto alla prima richiesta), bensì rispetto ad
un procedimento non portato a compimento dopo la fase di consegna
dell’atto all’ufficiale giudiziario, e del quale si tratta,
pertanto, di verificare l’an, il quomodo e il quando della sua reiterabilità.
2. A fronte di una siffatta
fattispecie il quesito che si pone è allora duplice.
Dovendosi, in linea logicamente e
giuridicamente preliminare, innanzitutto stabilire se
dal mancato completamento dell’attività di notifica per fatto non
riconducibile a errore o negligenza del disponente
possa o non – derivare, per lo stesso, un effetto di decadenza.
E (solo) in caso di soluzione
negativa del quesito che precede, dovendosi allora ricercare nel sistema lo
strumento idoneo a consentire alla parte di rinnovare la procedura non
completata nella fase sottratta al suo potere di impulso,
e che assicuri, nel contempo, il corretto bilanciamento delle opposte esigenze,
di pari rango costituzionale, correlate, per un verso, al diritto di difesa di
detta parte, incolpevolmente decaduta da una
attività difensiva (e per di più esposta, come in questo caso,
alla formazione in suo danno di un titolo esecutivo definitivo) e, per altro
verso, all’esigenza di certezza dei tempi processuali, sottesa alla
regola di improrogabilità dei termini perentori, ora anche presidiata
dal canone della ragionevole durata del processo di cui al novellato articolo
111 Costituzione.
2.1. La risposta al primo quesito
è da ritenere costituzionalmente obbligata nel senso della
esclusione dell’effetto di decadenza nei confronti del soggetto
cui non sia addebitabile l’esito negativo della procedura di notifica.
E, ben vero, il giudice delle leggi
già con la sentenza 69/1994, relativa alla disciplina delle notifiche
all’estero, aveva avuto modo di affermare che, ai sensi degli articoli 3
e 24 della Costituzione, le garanzie di conoscibilità dell’atto da
parte del destinatario della notificazione debbono
coordinarsi con l’interesse del notificante a non vedersi addebitare
l’esito intempestivo del procedimento notificatorio
per la parte sottratta alla sua disponibilità.
Questo principio, confermato dalla
successiva sentenza 358/96, è stato ulteriormente ribadito
dalla sentenza 477/02 – che ne ha espressamente sottolineato la
“portata generale” – ed ha trovato, in ulteriore prosieguo,
applicazione nelle più recenti sentenze 28 e 97/2004 e 154/05.
Per effetto di tali pronunzie risulta così ormai presente nell’ordinamento
processuale civile, tra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il
principio secondo il quale – relativamente alla funzione che sul piano
processuale, cioè come atto della sequenza del processo, la
notificazione è destinata a svolgere per il notificante – il
momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il medesimo
deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario. Con
la conseguenza, che, alla luce di tale principio, le norme in tema di
notificazioni di atti processuali vanno interpretate,
senza necessità di ulteriori interventi da parte del giudice delle
leggi, nel senso (costituzionalmente, appunto, adeguato) che la notificazione
si perfeziona nei confronti del notificante al momento della consegna
dell’atto all’ufficiale giudiziario.
E con l’ulteriore
corollario che, ove tempestiva, quella conseguenza evita appunto alla parte la
decadenza correlata alla inosservanza del termine perentorio entro il quale la
notifica va effettuata.
E ciò sia pure come effetto
provvisorio e anticipato a vantaggio del notificante, ma che si consolida comunque col perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti del destinatario; per il quale,
a tal fine, rileva la data, invece, in cui l’atto è da lui
ricevuto o perviene nella sua sfera di conoscibilità.
2.2. Nel caso in esame si tratta,
però, non già di non far carico alla parte del ritardo nel
completamento della procedura verificatosi nella fase successiva a quella di
consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario bensì di
consentire alla stessa di rinnovare una procedura che, dopo quella consegna,
non è stata portata a compimento.
Ma anche rispetto a tale seconda, e
peculiare, evenienza la soluzione affermativa si impone
sul piano della interpretazione costituzionalmente orientata.
Poiché è solo con la
rinnovazione della notifica che, in questo caso, si realizza il contemperamento
degli interessi in gioco (entrambi presidiati dalla garanzia della difesa):
quello, cioè, del notificante di non vedersi
addebitare il mancato esito della procedura notificatoria
per la parte sottratta al suo potere di impulso o quello, del destinatario
dell’atto, di essere posto in condizione di riceverlo ed approntare
– nel pertinente termine (per lui decorrente da tale ricezione) –
le proprie difese.
2.3. Occorre allora reperire nell’ordinamento il meccanismo idoneo ad
ottenere una siffatta rinnovazione della notifica, che permetta appunto alla parte
di superare l’ostacolo che, non per sua colpa si è frapposto
all’esercizio del suo potere. E che ciò, per altro, consenta non
senza limiti di tempo, ma entro un circoscritto e predefinito arco temporale,
quale coessenziale ad un processo che si svolte per fasi successive e logicamente coordinate,
venendo altrimenti riconosciuto a quella parte una protezione del suo diritto
di difendersi esorbitante rispetto alla ragione che la giustifica.
L’ordinamento conosce due
tipologie di moduli procedimentali all’uopo
utilizzabili, rispettivamente attivabili su autorizzazione del giudice in
accoglimento di previa istanza della parte (secondo lo
schema della rimessione in termini di cui
all’articolo 184bis, che rinvia, a sua volta, all’articolo 294 Cpc) o direttamente della parte, con atto soggetto al
successivo controllo del giudice quanto all’effettiva sussistenza delle
ragioni che hanno all’effettiva sussistenza delle ragioni che hanno
impedito l’esercizio in modo tempestivo dell’attività
altrimenti preclusa, secondo lo schema, appunto, dell’opposizione tardiva
di cui all’articolo 650 Cpc.
La scelta tra tali meccanismi non
può ovviamente essere operata a discrezione dell’interprete, ma
deve avvenire in base ad un criterio di autocollegamento. Nel senso che è dallo stesso
sistema, o subsistema, del quale fa parte il
procedimento del cui incolpevole mancato completamento si tratta che deve
provenire l’indicazione del modulo procedimentale
per la sua rinnovazione.
Per cui è conseguente che,
nell’ipotesi in esame, sia proprio il meccanismo della opposizione
tardiva (qui operante anche indipendentemente dai presupposti del caso fortuito
e della forza maggiore) quello deputato a consentire all’ingiunto –
entro il limite temporale di cui all’ultimo comma del citato articolo 650
(“L’opposizione non è più ammessa decorsi dieci
giorni dal primo atto di esecuzione”) – la rinnovazione della
notifica della opposizione, precedentemente mancata per causa, comunque, a lui
addebitabile.
Soluzione questa
“costituzionalmente imposta” (argomentando la Corte costituzionale 350/04)
anche in ragione del fatto che, altrimenti, l’inutile decorso del termine
perentorio per l’opposizione, derivante da causa non imputabile alla
parte onerata, determinerebbe per l’ingiunto, con la consolidazione del
titolo esecutivo, l’impossibilità di agire e difendersi in
giudizio per la tutela del suo diritto (cfr. anche Corte costituzionale 120/76).
3. Va conclusivamente quindi
affermato il principio per cui, nella modifica della
opposizione a decreto ingiuntivo, la tempestiva consegna dell’atto
all’ufficiale giudiziario perfeziona la notifica per l’opponente,
evitando al medesimo anche l’effetto di decadenza, dal rimedio oppositorio, nell’ipotesi di non tempestivo o mancato
completamento della procedura notificatoria per la
fase sottratta al suo potere d’impulso. Con la conseguenza, in tale
ultimo caso, che è in potere della parte di rinnovare la notifica con il
modulo, e nel termine, della opposizione tardiva di
cui all’articolo 650 Cpc.
4. La sentenza impugnata –
che ha deciso in difformità – va pertanto cassata con il
conseguente rinvio della causa allo stesso GdP di
Napoli, in persona di diverso magistrato, cui si demanda di provvedere anche in ordine alle spese di questo giudizio di
legittimità.
PQM
La Corte, a Su, cassa la
sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, al GdP di Napoli, in persona di diverso magistrato.