Civile
Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, sentenza n.1236/2003: l’utente che contesta una bolletta Telecom di importo troppo elevato non può limitarsi ad affermare di essere stato personalmente assente nel periodo contestato, ma deve dimostrare u
Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, sentenza n.1236/2003: l’utente che contesta una bolletta Telecom di importo troppo elevato non può limitarsi ad affermare di essere stato personalmente assente nel periodo contestato, ma deve dimostrare un uso esterno della linea.
Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, sentenza n.1236/2003
LA CORTE SUPREMA DI CASAZIONE
SEZIONE III CIVILESENTENZA
SVOGIMENTO DEL PROCESSO
Con ordinanza (&) il tribunale di Napoli, in accoglimento del ricorso proposto (&) da S.M., ordinò alla Telecom Italia s.p.a. la riattivazione dellutenza telefonica di cui M. era titolare, disattivata a seguito del mancato pagamento di due bollette del rispettivo importo di £ 2002.000 e di £ 1.232. 000, relative a traffico telefonico intercontinentale che il M. aveva sostenuto non essersi mai svolto dalla propria utenza.Con atto di citazione notificato il 14/9/1995 presso il procuratore costituitosi per la Telecom nella fase cautelare, il M. iniziò il giudizio di merito domandando laccertamento negativo del debito e la condanna della Telecom al risarcimento.
Il tribunale di Napoli (&) accolse la domanda e condannò la Telecom al risarcimento del danno, liquidandolo in £ 15.000.000.Con sentenza (&) la corte dappello di Napoli ha rigettato il motivo di gravame con il quale la Telecom aveva dedotto la nullità della sentenza di primo grado per non essere stato latto di citazione notificato alla parte personalmente ma al procuratore costituito per la fase cautelare e, in parziale accoglimento dellappello in punto di quantum debeatur, ha ridotto a £ 3.000.000 la somma da corrispondersi dalla società (&) a titolo di risarcimento del danno conseguito alla disattivazione dellutenza.Avverso detta sentenza ricorre per cassazione la Telecom Italia s.p.a. affidandosi a due motivi, cui resiste con controricorso S. M.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo (&) la Telecom si duole che i giudice dellappello abbia ritenuto, nel presupposto dellinscindibilità fra la fase cautelare e quella di merito, che il giudizio fosse stato validamente instaurato con la notifica dellatto introduttivo presso il procuratore costituito nella fase cautelare; e che, comunque, nella specie trasparisse inequivocabilmente la volontà della parte di estendere il mandato anche al successivo giudizio di cognizione.Sostiene che, invece, la corte di legittimità ha chiarito (è richiamata Cass. 7630/91) che il procedimento volto alla concessione della tutela cautelare durgenza ed il successivo procedimento di merito non costituiscono fasi distinte di un unico processo, sicchè la notificazione dellatto introduttivo non deve essere effettuata ai sensi dellart. 170 c.p.c. presso il procuratore costituito nella fase cautelare, ma al convenuto nel suo domicilio reale; e, in punto di ampiezza del mandato, che dal testo della procura a margine della copia notificata del ricorso ex art. 700 [1] risultava che il conferimento dei poteri al difensore era riferito al giudizio di cui al presente atto.
La censura è infondata.La corte dappello ha ritenuto, con valutazione di fatto non censurata sotto il profilo del vizio di motivazione, che dal testo della procura risultasse inequivocabilmente la volontà della part di estendere al successivo giudizio di cognizione il mandato al difensore.
Mandato del resto riferito anche ad ogni facoltà di legge, compresa quella di chiamare terzi in garanzia, spiegare domanda riconvenzionale e transigere la lite, alcune delle quali costituiscono attività esplicabili esclusivamente nel giudizio ordinario.Ricorre dunque il caso in cui subisce una deroga il generale principio che lautonomia del procedimento cautelare durgenza rispetto alleventuale giudizio di merito comporta lesigenza del conferimento di unautonoma procura al difensore per il giudizio di cognizione.Deve, incero, riaffermarsi che se la procura rilasciata per la fase cautelare sia riferibile anche al giudizio di cognizione, la notifica dellatto introduttivo del giudizio ordinario deve ritenersi validamente effettuata presso il procuratore costituito nel procedimento volto allemissione di provvedimenti durgenza ex art. 700 c.p.c. (Cass. 2642/93 e 3646/96; e cfr. anche, per il caso di richiesta di sequestro, Cass. 3662/95).Col secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dellart. 283 del DPR 156/1973 in relazione agli artt. 12 e 13 del dm 484/1988 e in relazione allart. 360, n. 3 e 5, c.p.c.Si duole la ricorrente: che la corte di merito abbia impropriamente conferito rilevanza indiziaria nel senso della fondatezza degli assunti dellutente alla proposta transattiva della Telecom; che abbia considerato la contestazione dellutente sufficiente ad infirmare la presunzione di esattezza dei conteggi degli scatti telefonici operati dalla società telefonica mediante i contatori di centrale (viene richiamata, nel senso della presunzione della idoneità dei contatori in questione ai fini di una esatta contabilizzazione, Cass. 29 aprile 1997, n. 3686); che abbia omesso di considerare nel concludere nel senso della estraneità (del M.) al numero degli scatti telefonici conteggiati dalla Telecom, la diacronia tra fatti dedotti e fatti provati, posto che il M. aveva presentato il reclamo ed invitato la portiera dello stabile, la vicina di casa ed un amico assicuratore a constatare che egli non effettuava telefonate allestero dopo aver appreso dagli addebiti per le telefonate in uscita, che si riferivano al periodo da maggio ad agosto del 1993, mentre il controllo sugli apparecchi (che ne rivelò la regolarità di funzionamento) e le affermazioni dei testimoni riguardarono necessariamente un lasso di tempo successivo (da novembre 1993 al marzo 1994); che abbia fato assurgere al rango di prova che sinanche in assenza degli utenti&gli scatti non si interrompevano la mera circostanza che il M. avesse presentato un esposto ai carabinieri, senza considerare che non era noto quale sorte lesposto avesse avuto e che, se non confermati dai successivi accertamenti, i fatti esposti nelle denunzie rimangono mere asserzioni di parte.Il controricorrente oppone che il richiamo di Casss. N. 3686/97 è inconferente e che non a caso la sentenza di primo grado aveva richiamato Casss., n. 8901/97, la quale aveva affermato che con riferimento al contratto di abbonamento telefonico, la registrazione del contatore, posto allesterno ed a distanza dallapparecchio dellutente, se costituisce normale misuratore del traffico telefonico riferibile allutenza, non costituisce prova legale di per se, ma forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate solo se colui contro il quale le risultanze sono indicate non ne disconosce la conformità ai fatti (art. 2712 c.c.), ancorchè luso di tale mezzo di riproduzione meccanica sia consentito dal regolamento contrattuale.La censura è fondata nei sensi di cui appresso.
Con sentenza 20/4/1997, n. 3686 (anteriore al DM 197/1997) questa core, sulla scorta del rilievo che il sistema generalizzato dalle tariffe a contatore nelle reti telefoniche è previsto ex lege, ha affermato che labbonamento telefonico è un contratto dadesione ad una specie negoziale regolata dalla legge, per cui il contatore centrale, imposto dallo schema normativo ed accettato con la conclusione del contratto dutenza, costituisce un meccanismo probatorio assistito da una presunzione di idoneità allesatta contabilizzazione del traffico, in ragione dei collaudi e dei controlli sullo stesso esercitati dalla pubblica amministrazione.Ha giudicato dunque corretta la conclusione del giudice di merito che, non essendo stato dallutente contestato il regolare funzionamento delle apparecchiature (allora della SIP), con la produzione in giudizio dellestratto conto relativo allutenza nel periodo e delle rilevazioni fotografiche mensili del contatore centrale, autenticate da notaio, la società telefonica avesse assolto al so onere probatorio.
Con la successiva sentenza n. 8901/97, in fattispecie del tutto analoga a quella di cui al ricorso che si sta esaminando, la corte ha bensì affermato: che la registrazione del contatore, posto allesterno e a distanza dallapparecchio dellutente, se è normale misuratore del traffico telefonico riferibile allutenza, non costituisce prova legale di per se, ma forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, solo se colui contro il quale le risultanze sono indicate non ne disconosce la conformità ai fatti (art. 2712 c.c.), ancorchè luso di tale mezzo di riproduzione meccanica sia consentito dal regolamento contrattuale; e che, dunque, sono valutabili elementi che individuino o facciano presumere una non corrispondenza del traffico telefonico registrato con quello fruito dallutente, essendo astrattamente ipotizzabili anormalità di funzionamento ed utilizzi illeciti della linea telefonica allesterno dellabitazione, e quindi fuori del controllo e dei conseguenti obblighi di custodia gravanti sullutente; ma non ha mancato di chiarire anche: che la presunzione di no conformità delle registrazioni di parte del traffico addebitato allutente che eccepisca la incongruenza degli addebiti, al di fuori dei guasti del contatore, debba essere effettuata sulla scorta di elementi che consentano di escludere difetti di custodia dellimpianto telefonico, e la non utilizzazione dello stesso da parte di soggetti che anche per motivi di lavoro, avessero accesso alla casa; e che consentano la presunzione di un utilizzo esterno della linea; che, in conclusione, perché la presunzione non si trasformi in una valutazione tautologica, è assolutamente necessario che i fatti noti utilizzati per risalire al fato ignoto non siano semplici giudizi valutativi e acritici assunti indebitamente come notorio, così come nel caso esaminato, in cui è stata considerata la condizione soggettiva di una persona ed i possibili comportamenti che ne conseguirebbero come fatto noto, atteso anche che rapporti familiari o affettivi possono frequentemente indurre ad uno smodato utilizzo temporale del telefono; che se, infatti, il criterio di ragionevolezza che pare ispirare il giudice di merito nella valutazione della possibile erroneità delle registrazioni per causa non imputabile allutente, e nella necessaria riconduzione a parametri normali per la tutela dellutente in altro modo non tutelabile, può essere posto a base del convincimento del giudice di merito, esso deve peraltro fondarsi su elementi presuntivi dotati delle caratteristiche di univocità e convergenza che , come detto, non sussistono nella presunzione affermata tautologicamente.
Le riportate affermazioni, del tutto condivisibili e niente affatto contrastanti, sono sintetizzabili (anche alla luce dei rilievi sulla valenza probatoria dei meccanismi di conteggio di recente svolti da Casss. N. 3819/02) nelle seguenti enunciazioni: benchè, in linea con quanto stabilito dallart. 2712 c.c., le risultanze dei contatori centrali della società telefonica facciano piena prova del traffico addebitato solo in difetto di contestazione da parte dellutente, deve tuttavia presumersi il buon funzionamento dei contatori stessi.Se il buon funzionamento sia contestato anche mediante richiesta di un accertamento tecnico sulla funzionalità dellimpianto di contabilizzazione, costituisce onere della società esercente il servizio di telefonia offrire la prova dellaffidabilità dei valori registrati da contatori funzionanti.Anche in tal caso lutente è ammesso a provare che non gli sono addebitati gli scatti risultanti dalla corretta lettura del contatore funzionante, mediante lallegazione di circostanze che univocamente autorizzino la presunzione di unutilizzazione esterna della linea nel periodo al quale gli addebiti si riferiscono.A tale fine non è tuttavia sufficiente che il traffico telefonico appaia straordinario rispetto ai livelli normali, ovvero che si sia svolto verso destinazioni inusuali, o in assenza dellutente, ma è necessario che possa ragionevolmente escludersi anche che soggetti diversi dal titolare dellutenza abbiano fatto un uso abnorme del telefono per ragioni ricollegabili ad un difetto di vigilanza, ovvero alla mancata adozione di possibili cautele da parte dellintestatario.A tali criteri la corte di merito non si è uniformata laddove, omettendo anche di chiarire se la funzionalità dei contatori fosse stata specificamente contestata ovvero se il M. si fosse limitato ad affermare di non aver effettuato le telefonate, ha apoditticamente affermato che lutente aveva provato attraverso i testimoni, attendibili, escussi in primo grado la propria estraneità al numero degli scatti conteggiati dalla Telecom e che sinanche in assenza dellutente, provata anche questa pure attraverso un esposto ai CC., gli scatti non si interrompevano (così, testualmente, la gravata sentenza a pag. 5).È, invero, del tutto omessa lindicazione delle circostanze alla quali la corte dappello ha collegato la valutazione di estraneità dellutente al traffico telefonico addebitatogli in relazione ai periodi cui esso si riferiva; è affatto incomprensibile come un esposto ai carabinieri, di contenuto peraltro non riferito, posa provare che il traffico non si interrompeva neppure in assenza dellutente; è, per quanto sopra chiarito, comunque irrilevante che il titolare sia stato personalmente assente nel periodo che viene in considerazione, se non possa escludersi che altri abbiano potuto effettuare le telefonate per aver avuto accesso allapparecchio in un contesto nel quale lintestatario dellutenza non aveva adottato le possibili cautele volte ad evitare un uso improprio del telefono.
Va, da ultimo, recisamente negato che una proposta transattiva possa considerarsi sintomatica della incertezza della parte che la formuli in ordine alla verità dei fatti posti a fondamento dei propri assunti ed essere addirittura utilizzata per infirmarne la veridicità, come invece ha erroneamente ritenuto la corte dappello affermando che anche in presenza di tali dati, probabilmente non dellattendibilità delle proprie risultanze tecniche, la Telecom azzardò una proposta transattiva al 50%, che il M. non intese accettare (pag. 5 della sentenza).Rigettato il primo motivo di ricorso ed accolto per quanto di ragione il secondo, la sentenza va dunque cassata con rinvio a diversa sezione della stessa corte dappello che rivaluterà il merito alla luce degli enunciati criteri e che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte di cassazione rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie per quanto di ragione il secondo, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia.
Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 2003.