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Sulla polizza anti calamità obbligatoria l’ allarme del Garante della Concorrenza e del Mercato. Parere su assicurazione obbligatoria contro i rischi relativi alle calamità naturali (AS 270)
Sulla polizza anti calamità obbligatoria lallarme del Garante della Concorrenza e del Mercato
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Parere su assicurazione obbligatoria contro i rischi relativi alle calamità naturali (AS 270)
Roma, 20/11/2003
Destinatari:
Presidente del Senato della Repubblica
Presidente della Camera dei Deputati
Presidente del Consiglio dei Ministri
Ministro dell’Economia e delle Finanze
Ministro dell’Interno
Ministro delle Attività Produttive
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito “Autorità”), nel rammentare di essere già intervenuta nell’esercizio dei poteri di cui all’articolo 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 in merito all’assicurazione dei rischi relativi alle calamità naturali11 [Segnalazione dell’Autorità del 12 aprile 1999, caso AS168, in merito all’articolo 38 del disegno di legge recante “Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’Inail e l’Enpals, nonché disposizioni in materia di occupazione” (atto Camera n. 5809, XIII Legislatura).], intende nuovamente formulare le proprie osservazioni in ordine alle disposizioni oggi contenute nel disegno di legge “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)”.
Si tratta in particolare delle previsioni di cui all’articolo 40 del disegno di legge in esame [1], titolato “Disposizioni in materia di protezione civile”, ove si prevede che venga emanato, entro centottanta giorni, un Regolamento, che contenga “disposizioni dirette a prevedere l’introduzione di un regime assicurativo rispondente [agli] obiettivi di garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione e ricostruzione di beni immobili privati destinati ad uso abitativo, danneggiati o distrutti da calamità naturali”.
A tal fine il testo indica i principi e i criteri cui dovranno attenersi le disposizioni regolamentari, prevedendo tra l’altro:
· l’introduzione di un obbligo di assicurazione, attraverso l’estensione obbligatoria del rischio calamità naturali alle nuove polizze contro l’incendio dei fabbricati e l’estensione graduale di tale copertura alle polizze incendio già esistenti;· la definizione degli elementi costitutivi del rapporto di assicurazione in merito ai rischi oggetto di copertura, all’entità del capitale assicurato, alle franchigie e ai limiti di indennizzo, nonché alle modalità di liquidazioni dei danni;
· l’indicazione delle modalità di calcolo dei premi, i quali devono essere correlati “anche agli indici di rischio delle diverse aree del territorio nei diversi settori”;
· il ricorso ad uno consorzio di coriassicurazione obbligatorio tra le imprese, che ha anche il compito di gestire un fondo per l’indennizzo dei danni subiti dai fabbricati non assicurati.
L’Autorità ritiene che la soluzione prescelta con la disposizione in esame generi un assetto ibrido del settore che potrebbe compromettere l’esplicarsi della concorrenza a danno dei consumatori e del benessere complessivo.
Fino ad oggi lo Stato si è reso garante dell’intervento a seguito di calamità naturali, fornendo di fatto una sorta di assicurazione implicita. Le risorse utilizzate sono quelle derivanti dalla fiscalità generale e, pertanto, il premio di tale forma di assicurazione implicita è risultato collegato al reddito degli individui e non al valore di ricostruzione e al grado di esposizione al rischio degli immobili. Con l’articolo 40 della Finanziaria, ed in particolare con la previsione contenuta nella lettera h) del disegno di legge, che stabilisce l’esclusione dell’intervento statale per i danni subiti da fabbricati non assicurati, il legislatore ha manifestato la volontà di sostituire all’intervento dello Stato il ricorso al mercato per l’assicurazione dei rischi connessi con le calamità naturali.
Le modalità prescelte per il ricorso al mercato non appaiono chiare e definite, né in grado di garantire un’efficace ed effettiva copertura assicurativa. Infatti, viene introdotto un obbligo di assicurazione, peraltro, indiretto, collegando la copertura contro i danni causati agli edifici dagli incendi con quelli derivanti da calamità naturali. Ciò, da un lato, potrebbe vanificare l’obiettivo perseguito di garantire a tutti la copertura assicurativa, in quanto i destinatari dell’obbligo assicurativo vengono selezionati sulla base di un criterio del tutto estraneo all’effettiva esposizione al rischio: solo i soggetti che hanno volontariamente stipulato o stipuleranno una polizza incendio sarebbero tenuti ad acquistare anche una copertura assicurativa contro le calamità naturali. Dall’altro lato, il tie-in tra due prodotti, non imposto da alcuna relazione tecnica – nel senso che il verificarsi di un evento non implica di regola il verificarsi dell’altro – produce prevedibili effetti anticoncorrenziali, espressamente vietati dall’articolo 81, lettera e), del Trattato CE.
In sostanza, la lettera a) dell’articolo 40 della Finanziaria determina un abbinamento tra due assicurazioni, una sola delle quali, secondo il legislatore, necessita di una particolare regolamentazione. In una siffatta situazione esiste l’elevato rischio che le restrizioni della concorrenza derivanti dalle modalità scelte per l’operatività dell’assicurazione contro le calamità naturali coinvolgano indebitamente il mercato dell’assicurazione incendio ad oggi non regolamentato.
Significativo, in proposito, è il rilievo che è affidata alla determinazione autonoma e discrezionale dell’assicurando la fissazione dell’entità dell’interesse oggetto di copertura assicurativa, prescindendo dall’effettivo onere della ricostruzione o riparazione dell’immobile: ci si riferisce al disposto dell’articolo 1907 cod. civ. che prevede appunto la copertura solo parziale del valore della cosa assicurata con l’applicazione della regola proporzionale in sede di indennizzo del danno. Fattispecie questa in concreto frequentissima.
Inoltre, non si può dimenticare che l’imposizione di un obbligo assicurativo contribuisce ad irrigidire la domanda dei consumatori, che saranno indotti ad accettare le condizioni praticate dalle imprese, anche quando le considerano particolarmente gravose. Dal canto loro le imprese troveranno, nella necessità di garantire l’estensione obbligatoria alla polizza incendio del rischio calamità naturale, maggiori difficoltà a differenziare i prodotti offerti.
Sotto un diverso profilo, la rigida determinazione di tutti gli elementi costitutivi il rapporto di assicurazione contrasta apertamente con l’obiettivo dichiarato di voler aprire al mercato il settore dell’assicurazione contro le calamità naturali. Infatti, i consumatori, oltre ad incontrare indubbie difficoltà circa la scelta se ricorrere ai servizi assicurativi per il rischio da calamità naturali, troveranno forti limitazioni anche nello scegliere che tipo di assicurazione è più opportuna per le proprie esigenze. Analogamente, alle imprese non sarà consentita l’offerta di servizi differenziati secondo le necessità degli utenti e ciò produrrà il rischio di omogeneizzazione dell’offerta dei servizi assicurativi. In altri termini, a causa della rigida regolamentazione del rapporto assicurativo, vi è un fondato rischio che non si produca quell’aumento di efficienza nella gestione degli indennizzi che dovrebbe rappresentare una delle ragioni per l’apertura al mercato dell’assicurazione contro i rischi da calamità naturale, in quanto le imprese non sono incentivate a differenziare la propria offerta.
Per altro verso, la lettera e), prevedendo la correlazione dei premi anche agli indici di rischio delle diverse aree del territorio, riduce la libertà delle imprese per una delle principali variabili su cui dovrebbe svolgersi il gioco della concorrenza, vale a dire la determinazione del prezzo di offerta del servizio assicurativo. Le imprese di assicurazione dovranno determinare il prezzo del servizio ricorrendo a parametri determinati da un regolatore esterno che, in generale, saranno diversi da quelli che si determinerebbero per effetto del libero gioco della concorrenza. Peraltro la circostanza che tutte le imprese dovranno riferirsi ai medesimi parametri, nonché il fatto che le stesse dovranno aderire al medesimo consorzio di coriassicurazione, aumenta il rischio che nel mercato si determini un premio unico per tipologia di rischio.
Deve escludersi inoltre che esistano le condizioni previste dal Regolamento CE n. 358/2003 della Commissione del 27 febbraio 2003, “relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del Trattato a talune categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate nel settore delle assicurazioni”, nella parte in cui disciplina l’autorizzazione in deroga dei consorzi di corriassicurazione. Infatti, il consorzio previsto dalla lettera i) attiene ad un rischio, quello delle calamità naturali, che non può definirsi tecnicamente come nuovo. La circostanza che le imprese che assicurano gli stabilimenti industriali e quelle che offrono la copertura contro i danni derivanti da calamità naturali per gli immobili residenziali già siano in grado di trovare le opportune soluzioni riassicurative sembra indicare che non vi è alcuna necessità di un unico consorzio di coriassicurazione. D’altra parte, in un mercato concorrenziale le imprese dovrebbero essere libere di scegliere se e come riassicurare i rischi assunti, procedendo individualmente alla ricerca delle migliori condizioni di riassicurazione ovvero partecipando ad appositi consorzi. La scelta di come riassicurare i propri rischi attiene, dunque, alla libertà imprenditoriale e non può essere vincolata da siffatti obblighi normativi.
Peraltro, l’imposizione per legge di un unico consorzio di coriassicurazione potrebbe creare difficoltà alle imprese estere, che operano o intendano operare in regime di libertà di stabilimento o di prestazione di servizi, in quanto anche queste dovrebbero essere gravate dal medesimo obbligo. Ciò appare in evidente contrasto con i principi comunitari che tutelano la libera circolazione dei servizi all’interno dell’Unione Europea.
D’altro canto, se le imprese intendessero procedere volontariamente alla costituzione di un consorzio di coriassicurazione, per evitare che la scelta consortile comporti alterazioni della concorrenza non strettamente necessarie al raggiungimento dell’interesse pubblico, è opportuno che le funzioni ed il ruolo di coordinamento del consorzio di coriassicurazione siano ispirate ai principi contenuti nel Regolamento CE n. 358/2003. In base a tale Regolamento, le imprese di assicurazione, così come previsto dal Regolamento CE n. 358/2003, dovrebbero essere libere di scegliere se aderire al consorzio e se cedere totalmente o in parte qualsiasi rischio del tipo coperto dal consorzio. Inoltre, l’attività del consorzio deve essere tale da non avere per effetto quello di ripartire i mercati o i clienti, circostanza che può verificarsi quando tra le regole del consorzio vi è la cessione integrale dei premi raccolti dalle imprese e la retrocessione alle stesse di parte dei premi secondo le quote di mercato delle imprese.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte, sembra potersi affermare che la previsione del trasferimento al mercato di una serie di funzioni fino ad oggi garantite dallo Stato, con le modalità previste dall’articolo 40, non soltanto determina le menzionate distorsioni di ordine concorrenziale, ma soprattutto risulta in collisione con la finalità solidaristica, evidenziata dalla previsione di un obbligo assicurativo, peraltro indiretto, e dalla volontà di istituire un fondo per garantire la copertura delle persone fisiche con redditi inferiori a determinate soglie. Invero, il trasferimento al mercato esigerebbe il pieno rispetto delle regole di concorrenza; la finalità solidaristica dovrebbe invece essere più coerentemente perseguita al di fuori del mercato, tramite il ricorso alla fiscalità generale.
In conclusione, l’Autorità auspica che, nel perseguire l’obiettivo di riforma in ordine alla disciplina in materia di danni da calamità naturali, il Parlamento e il Governo effettuino una scelta di fondo chiara tra l’intervento pubblico e quello privato.
IL PRESIDENTE
Giuseppe Tesauro