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Thursday 19 June 2003

Stranieri. Un’ interessante pronuncia del Tribunale di Torino in tema di divieto di espulsione in pendenza di procedura per la regolarizzazione

TRIBUNALE TORINO, Ordinanza 20-02-2003 *** Il Giudice, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 17.2.2003, visto il ricorso nell’interesse del sig. Elias [.], avverso il decreto di espulsione del Prefetto di Torino n. 338/02 emesso e notificato in data 5.2.2003; visti gli atti e sentite le parti all’udienza del 17.2.2003; rilevato che la parte ricorrente lamenta un eccesso di potere per carenza dei presupposti del provvedimento, un difetto di istruttoria e un travisamento dei fatti riferimento ai motivi giustificativi del provvedimento impugnato nonché una violazione di legge in riferimento al dettato dell’art. 2 commi 1, 2 e 4 della legge 222/2002 sancente il divieto di espulsione dello straniero sottoposto ella procedura di regolarizzazione descritta dalla legge stessa; viste e considerate le produzioni documentali e le difese della parte ricorrente e quelle di contestazione della Questura di Torino; rilevato, infine, che all’udienza è presente il ricorrente che effettua le dichiarazioni riportate nel relativo verbale; osserva Con il primo motivo di ricorso il sig. Elias contesta lo stesso presupposto del decreto di espulsione del 5.2.2003: l’elusione dei controlli di frontiera nel suo ingresso in Italia (ex art. 13 comma 2 lett. a, d.lgs. 286/98) avvenuto nel maggio del 2002 (circostanza quest’ultima non contestata dalle parti). In effetti, il provvedimento impugnato è stato emesso (come eccepisce la questura di Torino) sulla base di accertamenti derivanti dal verbale di sommarie informazioni controfirmato dal ricorrente in data 5.2.2003 (che è stato prodotto in causa) e sulla base di un preteso provvedimento del questore di Torino datato 28.8.2001 che rigettava l’istanza di nulla osta finalizzato al rilascio di un visto d’ingresso presentato per il ricorrente da di lui fratello sig. Saul. Di tale ultimo provvedimento non vi è tuttavia alcuna traccia agli atti della presente causa. In sostanza, il punto focale di questo specifico motivo di controversia è precisamente la verosimiglianza di un ingresso in Italia avvenuto via aereo attraverso la frontiera aereoportuale di Milano – Linate nel maggio 2002 con un’elusione dei controlli di frontiera. Entrambe le parti asseriscono, giustamente, che la natura dei controlli che si effettuano in un aeroporto internazionale escluderebbero di fatto qualsiasi tipo di elusione o tale circostanza, in assenza di ulteriori riscontri, è valutata da questo giudice come un fatto notorio. Tuttavia, se la natura di questi rigorosissimi accertamenti è per il ricorrente la testimonianza del rispetto dei controlli di frontiera nel suo ingresso in Italia, per la questura di Torino essa si traduce in un indizio della volontà mistificatrice del ricorrente che probabilmente sarebbe entrato in Italia da altra sconosciuta frontiera eludendone i controlli. Vi è da dire che, sul punto specifico, entrambe le parti presentano all’ udienza degli elementi che non consentono un accertamento verosimile della circostanza contestata. Giustamente la questura di Torino eccepisce la mancanza del visto d’ingresso in capo al sig. Elias e tale asserita circostanza non trova, allo stato degli atti specifici motivi di contestazione da parte del ricorrente che non produce né esibisce all’udienza il documento in questione sostenendo di essere arrivato a Milano via Madrid. Tuttavia, l’asserzione della questura di Torino in ordine alla volontà mistificatrice del ricorrente nelle sue dichiarazioni sulle modalità del ingresso in Italia, configura implicitamente un vizio del provvedimento impugnato poiché questo atto fa precisamente riferimento ad una circostanza di fatto (l’ingresso da Milano Linate) che la stessa amministrazione emanante dichiara non vera. Allo stato degli atti, in conseguenza di quanto sopra esposto, questo giudice non può che ritenere rilevante, ai fini della risoluzione di questo specifico motivo di controversia, un’unica circostanza: la controfirma dell’ interessato al documento prestampato di sommarie informazioni dove, attraverso l’unico riferimento di una crocetta posta al fianco della frase “di avere eluso i controlli di frontiera” di fatto si ammette questo fatto storico. Vi è di più: allo stato degli atti e dei documenti presentati, l’unico mezzo idoneo a fornire un accertamento non contestato dei fatti di causa (a meno di specifici rilievi, o anche sommarie contestazioni, di vizi della volontà o di errori materiali) è proprio tale verbale di sommarie informazioni dove, di fatto, si configura precisamente un’elusione dei controlli di frontiera avvenuta proprio a Milano Linate! E’ evidente comunque che la valutazione dei mezzi istruttori che qui effettua questo giudicante non segue una metodologia valida per tutti i procedimenti che hanno ad oggetto la specifica contestazione delle modalità d’ingresso in Italia. Ciò avviene per una semplice ragione: le modalità d’ingresso in Italia non sono, nel complesso, rilevanti ai fini della risoluzione del presente ricorso che trova, al contrario, il proprio nodo focale nell’analisi del secondo motivo dì ricorso (come si esporrà in seguito). Laddove, al contrario, tale circostanza fosse l’unica contestata, questo giudice non potrebbe limitarsi a ritenere sufficienti all’accertamento delle modalità di ingresso in Italia i mezzi istruttori sopra analizzati, potendo egli orientare il proprio libero e motivato convincimento anche attraverso il vaglio dì altri elementi di fatto e di diritto (in ossequio alle indicazioni di quella cospicua giurisprudenza costituzionale e di legittimità – C. Cost. 198/2000 C. Cost. 227/2000; C. Cost. 105/2001; C. Cost. 252/2001; C. cass. 9138/2001; C. cass. 20665/2001; C. cass. 288/2002; C. cass. 290/2002 – che ha sottolineato, in riferimento all’intera disciplina dei giudizi disciplinati dal d.lgs. 286/1998 e a tutta una serie di questioni che in tal sede possono essere sindacate, l’importanza fondamentale della fase istruttoria e ha specificato, oltremodo, le modalità attraverso le quali, pur in un giudizio caratterizzato da esigenze di celerità e concentrazione, il giudice può dare ad essa sostanza e robustezza). Per tali ragioni, il ricorso contro il decreto di espulsione del 5.2.2003 emesso nei confronti del sig Elias, in riferimento al solo motivo di un preteso eccesso di potere per carenza dei presupposti, di un difetto di istruttoria e di un travisamento dei fatti, è da ritenersi, allo stato degli atti, non accoglibile. Con il secondo motivo di ricorso si asserisce una pretesa violazione di legge riferita al disposto dell’art. 2 L. 222/2002 nella parte in cui sancisce uno specifico divieto di espellibilità dei lavoratori compresi nella dichiarazione di emersione di lavoro irregolare prevista per regolarizzare la posizione dello straniero nel territorio dello Stato. Nel caso in esame, tale dichiarazione è stata effettuata in data 17.9.2002 dalla datrice di lavoro del ricorrente, signora [.] che lo aveva assunto come collaboratore domestico. In base agli elementi istruttori presentati dal ricorrente, questo giudice non alcun motivo di dubitare sulla veridicità di quanto dichiarato in tale istanza di cui viene prodotta copia. La circostanza dell’inizio di tale procedura di regolarizzazione è confermata dalla questura di Torino. A costituire motivo di contestazione, sono tuttavia una serie di fatti che vengono indicati come ostativi al rilascio di un permesso di soggiorno in conseguenza di tale procedura di regolarizzazione. La questura di Torino dichiara che in data 4.1.2003 il ricorrente è stato denunciato per un gravissimo reato e di tale denuncia produce copia. La stessa questura, nella nota difensiva, configura questo reato in uno di quelli rientranti nelle categorie indicate dagli articoli 380 e 381 c.p.p. e rilevanti, ai sensi dell’art. 1 comma 8 lett. c) L. 222/2002. Tale norma dispone che le disposizioni riguardanti la legalizzazione del lavoro irregolare (così come configurate dall’art. l della stessa legge) non si applicano, salvo le eccezioni configurate dalla stessa norma, a coloro che sono stati denunciati per tali reati. In aggiunta a queste produzioni documentali ed a tali difese viene prodotta copia del nulla osta all’espulsione rilasciato dalla Procura di Torino in data 4.2.2003 su specifica richiesta della Questura di Torino. Nella nota difensiva, infine, si fa riferimento ad un preteso provvedimento di rigetto dell’istanza di regolarizzazione del sig. Elias che verrà notificato al suo datore di lavoro in quanto solo ed unico soggetto formalmente proponente l’istanza di regolarizzazione. Di tale atto di rigetto non si produce né si esibisce alcuna copia che ne attesti l’effettiva esistenza (che non viene nemmeno asserita attraverso un generico riferimento ad una sua pretesa data di emissione). Prima di pervenire all’analisi del merito della questione, questo giudice ritiene di dovere effettuare una serie di considerazioni che esulano dal thema decidendum ma che, allo stato degli atti e dalle risultanze istruttorie, risultano quanto mai necessarie. Configurare la competenza del tribunale in composizione monocratica per l’opposizione ai provvedimenti di allontanamento dalla frontiera piuttosto che di quelli di trattenimento in un CPT non significa affatto investire il giudicante di un sindacato sulla coscienza degli individui. Né questa operazione può essere mistificata attraverso il richiamo a norme di legge o a fatti e circostanze che questo giudice non solo non può ma non deve sindacare in forza della legislazione che regola il presente giudizio, ma non può e non deve sindacare in forza delle fondamentali regole dei vivere civile laddove qualsiasi giudizio di valore su di un essere umano può essere formulato solamente in base ad una profonda e circostanziata conoscenza dei fatti (che non può essere ricavata da un atto di parte come una denuncia, anche quando il suo contenuto ha la forza necessaria per scuotere una coscienza). Per tali motivi, con il conforto della legge, anche in considerazione detta pubblicità del presente atto, questo giudice, si asterrà volutamente da qualsiasi riferimento ai fatti storici descritti nella denuncia ed alle contestazioni penali contenute. Il rispetto delle vittime di un reato, dei loro familiari, ma anche di. coloro che di tale reato sono accusati senza che, come nel caso di una denuncia, si sia pervenuti ad una sentenza dì accertamento, è una regola fondamentale del nostro ordinamento giuridico nonché un indicatore privilegiato dello stato di salute della nostra società civile. Nel merito dello specifico motivo di ricorso e della relative contestazioni, ci si trova di fronte a due diverse interpretazioni della legge 222/2002: un lato il ricorrente eccepisce la sua non espellibilità sulla base dello specifico disposto dell’art. 2 comma 1 (che configura questo divieto in capo ai lavoratori “compresi nella dichiarazione” di cui all’art. 1, “salvo che risultino pericolosi per la sicurezza dello Stato”); dall’altro l’ Amministrazione esclude che l’art. 2 possa essere applicato alle categorie di cittadini extracomunitari indicate nell’art. 1 comma 8 che predispone un divieto di applicazione di tutta la normativa compresa nell’articolo 1 (riferita alla “Legalizzazione di lavoro irregolare”) ai “rapporti di lavoro” che riguardano tali persone. A parere di questo giudice, nessun dubbio interpretativo si pone, dal momento che, se il legislatore avesse voluto configurare una deroga al divieto di espellibilità dello straniero che si sottopone alla procedura di regolarizzazione, lo avrebbe dichiarato espressamente facendo un esplicito riferimento alle categorie di persone indicate nell’articolo 1 comma 8 della legge 222/ 2002. In effetti lo stesso articolo 2 comma 1 esclude espressamente che esista un divieto di espellibilità per gli stranieri che risultano pericolosi per la sicurezza dello Stato e tale categoria non comprende affatto quelle indicate nell’art. 1 comma 8 (a meno di configurare, ad esempio, l’assurdo giuridico di un’implicita pericolosità per la sicurezza dello Stato di uno straniero extracomunitario denunciato per dei reati per cui è prefigurato l’arresto in flagranza e non configurarla per qualsiasi altro cittadino comunitario denunciato per i medesimi reati!). Come sappiamo, qualsiasi dichiarazione di pericolosità sociale ha bisogno di uno specifico atto che è amministrativo nei casi indicati dalla stessa legge 286/1998 all’art. 13 comma 2 lett. c) (riferito, più in generale, alla legge 1423 del 1956), e giudiziale nei casi indicati dal codice penale (articoli 102, 103, 105,108, 133, 203 c.p). Da un lato, quindi, l’art. 2 comma 1 della legge 222/2002, nel sancire un divieto dl espellibilità dello straniero sottoposto alla procedura di regolarizzazione, impone un criterio orientativo valevole per le amministrazioni investite del potere di emanare provvedimenti di allontanamento e di trattenimento presso il CPT e per il giudice competente nei giudizi relativi. Dall’altro l’art. 1 comma 8, nel sancire la non applicabilità della normativa sulla regolarizzazione al rapporti dì lavoro di determinate categorie di cittadini extracomunitari, impone un tassativo criterio di valutazione valevole solo per l’amministrazione competente (la questura) a considerare, ex art. 1 comma 4 legge 222/2002, i “motivi ostativi al rilascio di un eventuale permesso di soggiorno” dopo Io svolgimento della procedura di regolarizzazione. Tale ultimo criterio di giudizio potrà valere anche, nel caso di eventuale contestazione, per il giudice amministrativo competente a sindacare l’atto amministrativo definitivo del rigetto dell’istanza di regolarizzazione. La circostanza che le amministrazioni summenzionate vengano ad essere, nella maggioranza del casi, le stesse, è irrilevante dal momento che tale coincidenza è solo soggettiva mentre dal punto di vista della loro competenza oggettiva esse esplicano poteri differenti (anche se connessi) avverso i quali, a loro volta, sono predisposti differenti mezzi dì tutela giurisdizionale. Di conseguenza, questo giudice deve considerare esclusivamente il divieto di espellibilità sancito dall’art. 2 comma 1 L. 222/2002 a nulla rilevando qualsiasi motivo ostativo che non sia una dichiarazione di pericolosità del soggetto per la sicurezza dello Stato. Che poi questo giudizio di pericolosità sia da lui sindacabile o meno (si veda Cass. 12721/2002; Cass. 8395/2000) è, ai fini della presente causa, circostanza irrilevante (anche se va detto e sottolineato che essa avrebbe potuto essere decisiva se solo questo giudice si fosse trovato a sindacare un decreto di espulsione fatto sui presupposti dell’art. 13 comma 2 lett. c) e non su quelli, come nel caso dl specie, della lettera a). Vi è di più: non solo, nel caso esaminato, non si trova agli atti un’ attestazione di pericolosità ma ha altresì il valore di una pura e semplice dichiarazione d’intenti l’asserzione della questura dl Torino intorno al fatto che “Il rigetto dell’istanza di regolarizzazione sarà notificato al datore di lavoro”: di questo atto, senza che esso venga prodotto o esibito in udienza, questo giudice non può che non sapere nulla, né se è già stato emanato, né se davvero esiste. Al contrario, la sua presenza tra i documenti prodotti o esibiti sarebbe stata fondamentale poiché si sarebbe posta in essere nientemeno che la prova incontestabile della fine della procedura di regolarizzazione del sig. Elias. Vi è di più: se tale circostanza storica si fosse avverata prima dell’ emanazione del decreto di espulsione, essa avrebbe escluso a priori la violazione di legge che qui si contesta. Ai fini della presente causa, si deve infine sottolineare che anche solo una generica indicazione, valevole come pura e semplice dichiarazione non documentata, intorno alla presunta data di emanazione dell’asserito atto di rigetto avrebbe potuta essere liberamente valutata da questo giudice.La circostanza del rilascio dei nulla osta all’espulsione avvenuto in data 4.2.2003 rileva dal punto di vista delle vicende penali del ricorrente e non incide minimamente sui diversi criteri orientativi del giudizio che questo giudice deve seguire né sullo specifico thema decidendum della presente causa. P.Q.M. il giudice, accoglie il ricorso proposto da Elias [.] avverso il decreto di espulsione del Prefetto di Torino n. 338/02 emesso e notificato in data 5.2.2003 e, per l’effetto, annulla il decreto impugnato. Compensa tra le parti le spese di lite. Si comunichi.