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Spese condominiali. Il criterio di riparto delle spese è derogabile solo all’unanimità dei condomini
In materia di delibere condominiali sono affette da nullità – che anche il condomino il quale abbia espresso il voto favorevole può fare valere – quelle con cui a maggioranza sono stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 del codice civile o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei condomini.
Principio affermato dalla Corte di Cassazione, seconda sezione civile, con ordinanza n. 16531 pubblicata il 31 luglio 2020.
Il caso: impugnazione di delibera assembleare di condominio con cui era stata decisa la ripartizione di spese in modalità difformi a quanto previsto dal regolamento condominiale contrattuale.
Una condomina impugnava una delibera condominiale di riparto delle spese, lamentando l’approvazione di un criterio di riparto delle spese sostenute per manutenzione impianto citofonico contrario a quanto stabilito dal regolamento condominiale, di natura contrattuale. Per la precisione i condomini avevano ritenuto di suddividere le spese sostenute in parti uguali tra i condomini, anziché per millesimi. Le censure venivano rigettate in toto nei primi due gradi di giudizio. La condomina decideva così di ricorrere in Cassazione.
La ripartizione delle spese comuni condominiali
La vicenda esaminata dalla Corte si fonda sulla corretta applicazione dei criteri di ripartizione delle spese condominiali. La norma cardine è costituita dall’articolo 1123 del codice civile, il quale così prevede: “Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione. (omissis).
Frequentemente vengono predisposte dal costruttore, al momento dell’ultimazione dell’edificio, le cosiddette “tabelle millesimali”, parti integranti il regolamento di condominio. Regolamento e tabelle millesimali vengono allegate o esplicitamente richiamate, nei singoli atti notarili di compravendita delle unità abitative. In tal modo viene a configurarsi una esplicita “accettazione” da parte degli acquirenti – condomini – dei criteri dettati dalle tabelle millesimali contrattuali.
Indispensabile la decisione all’unanimità per la deroga alle tabelle millesimali
Il caso deciso dalla Suprema Corte vedeva per l’appunto una decisione in sede assembleare di derogare ai criteri di ripartizione previsti dal regolamento di condominio contrattuale, adottata a maggioranza dei condomini. Con conseguente impugnazione della delibera stessa da parte della condomina ricorrente.
I giudici di legittimità hanno allora riaffermato il consolidato principio di diritto alla stregua del quale, in mancanza di diversa convenzione adottata all’unanimità, espressione dell’autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese condominiali generali deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalità, fissati nell’art. 1123 c.c., comma 1, e, pertanto, non è consentito all’assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire con diverso criterio le spese necessarie per la prestazione di servizi nell’interesse comune.
Dovrà ritenersi affetta da nullità (che può essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all’assemblea ancorchè abbia nella stessa espresso voto favorevole), e quindi sottratta al termine di impugnazione di giorni trenta previsto dall’art. 1137 c.c., la delibera dell’assemblea condominiale con la quale senza il consenso di tutti i condomini si modifichino i criteri legali previsti dall’articolo 1123 del codice civile o di regolamento contrattuale di riparto delle spese per la prestazione di servizi nell’interesse comune.
Ciò in quanto eventuali deroghe, venendo ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca. Analogamente a quanto formalizzato in sede di rogito di compravendita.
Infatti, l’adozione di criteri diversi da quelli previsti dalla legge o dal regolamento contrattuale, incidendo sui diritti individuali dei singoli condomini, può essere assunta soltanto con una convenzione alla quale aderiscano tutti i condomini, non rientrando nelle attribuzioni dell’assemblea, che concernono unicamente la gestione delle cose comuni.
Nel caso deciso dal Supremo Collegio, i giudici di appello hanno erroneamente escluso che ricorra la nullità della delibera condominiale quando l’assemblea del condominio proceda a una modificazione dei criteri di riparto non in via definitiva ma soltanto contingente e riferita a spese straordinarie. L’assemblea, in mancanza di un accordo unanime dei condomini, non ha il potere di stabilire o modificare i criteri di riparto delle spese, anche soltanto “una tantum”, in violazione delle prescrizioni stabilite dall’articolo 1123 del codice civile, secondo cui i contributi devono essere corrisposti dai condomini in base alle tabelle millesimali, atteso che tale determinazione non rientra nelle attribuzioni conferite all’assemblea dall’art. 1135 del medesimo codice.
In tal senso è il costante orientamento della Corte di legittimità, ribadito nella decisione qui esaminata (a tal proposito si vedano, Cass. n. 1511 del 1997; Cass. n. 126 del 2000; Cass. n. 2301 del 2001; Cass. n. 3944 del 2002; Cass. n. 641 del 2003; Cass. n. 17101 del 2006; Cass. n. 6714 del 2010).
Errata dunque l’interpretazione resa dalla corte d’appello nella sentenza impugnata.
Il ricorso è stato così accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio ad altra corte d’appello, per la decisione conforme al principio di diritto sopra enunciato.
Avv. Roberto Dulio