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Sgravi contributivi. Coincidenza di assetti proprietari, anche per interposta persona: agevolazioni negate.
L’art. 3 c. 6, lett. d della Legge n. 448/1998, secondo un principio generale in tema di sgravi che è comune all’art. 8, c. 4 bis della Legge n. 223/1991 e poi all’art. 2 c. 10 bis della Legge n. 92/2012 ed all’art. 31 lett. d del D. Lgs. n. 150/2015, ove prevede che l’incremento della base occupazionale venga considerato al netto delle diminuzioni occupazionali in società facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto, va inteso nel senso che rientrano in tale fattispecie anche le ipotesi in cui le diverse società presentino assetti proprietari sostanzialmente coincidenti, ovverosia tutte le situazioni in cui consti la presenza di un comune nucleo proprietario, in grado di ideare e attuare operazioni coordinate di assunzione e licenziamento del medesimo personale.
Principio affermato dalla Corte di Cassazione sezione lavoro con ordinanza n. 9662, pubblicata il 5 aprile 2019
La vicenda esaminata: opposizione a cartella esattoriale Inps con cui veniva richiesto il pagamento di contributi, in quanto ritenute non spettanti le agevolazioni contributive previste dall’articolo 3 c. 6 della Legge n. 448 del 1998.
A seguito di verifica ispettiva, l’inps richiedeva ad una società che aveva proceduto all’assunzione di dipendenti, licenziati da altra azienda, le differenze contributive non versate. Riteneva l’ente previdenziale non spettanti le agevolazioni contributive previste dall’art. 3 comma 6 della Legge n. 448 del 1998. L’azienda proponeva opposizione alla cartella esattoriale. Il Tribunale accoglieva parzialmente l’opposizione, accertando l’intervenuta prescrizione per una parte del credito contributivo. L’azienda proponeva appello, ma la Corte d’Appello lo rigettava, confermando la sentenza di primo grado e dichiarando dovute le somme azionate dall’Inps, non estinte dalla prescrizione. Proponeva così ricorso in cassazione l’azienda.
Le agevolazioni contributive previste dall’art. 3 L. 448/98…
La norma su cui si incentra la controversia esaminata, articolo 3 della Legge n. 448 del 1998, così prevedeva: “(comma 5) Per i nuovi assunti negli anni 1999, 2000 e 2001 ad incremento delle unità effettivamente occupate al 31 dicembre 1998, a tutti i datori di lavoro privati ed agli enti pubblici economici, operanti nelle regioni Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna è riconosciuto lo sgravio contributivo in misura totale dei contributi dovuti all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) a loro carico, per un periodo di tre anni dalla data di assunzione del singolo lavoratore, sulle retribuzioni assoggettate a contribuzione per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti…. (omissis). Comma 6: Le agevolazioni previste dal comma 5 si applicano a condizione che: … (omissis) d) l’incremento della base occupazionale venga considerato al netto delle diminuzioni occupazionali in società controllate ai sensi dell’art. 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto e, in caso di affidamento da parte di amministrazioni pubbliche di servizi o di opere in concessione o appalto, al netto del personale comunque già occupato nelle medesime attività al 31 dicembre dell’anno precedente”.
Coincidenza di assetti proprietari, concetto diverso da proprietà in senso stretto
La Corte d’Appello, nella sentenza impugnata, ha ritenuto non spettanti gli sgravi contributivi poiché ha ravvisato una coincidenza dell’assetto proprietario tra le quattro aziende nell’ambito delle quali erano state realizzate le modifiche occupazionali dei lavoratori. In particolare è stato evidenziato: il riferirsi delle quattro società al medesimo settore produttivo e ad attività complementari ed ausiliarie; l’unitarietà dei mezzi di comunicazione utilizzati (telefono e fax); l’unicità del medesimo soggetto proprietario e di suoi familiari delle quote; la commistione del personale dipendente, che svolgeva prestazioni lavorative per le diverse aziende.
Da qui, la sostanziale identità di assetti proprietari. La Suprema Corte condivide le motivazioni rese dalla Corte territoriale. Infatti, motivano i giudici di legittimità, il riconoscimento dei benefici contributivi contemplati dalla norma in esame, così come quelli previsti dall’art. 8, comma 4, legge n. 223 del 1991, in favore delle imprese che assumono personale dipendente in mobilità, presuppone che queste ultime non abbiano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa che ebbe a procedere ai licenziamenti, come deriva ove esistano rapporti di coniugio o di parentela; e, comunque, deve essere insussistente un collegamento o controllo tra le diverse imprese che si traduca in operazioni coordinate, anche di ristrutturazione complessiva, con spostamento di parte della forza lavoro dall’una all’altra impresa ed esclusione di un reale incremento della forza complessivamente occupata. Da ciò consegue, secondo il Supremo Collegio, che l’onere della prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., gravi sull’impresa, che, in deroga all’ordinario obbligo contributivo, invochi il diritto al riconoscimento dei benefici.
E dunque, nel caso in decisione, la Corte d’Appello ha ritenuto, con motivazione corretta ed immune da vizi, l’esistenza di elementi di continuità fra assetti, applicando quello che la stessa corte di merito definisce “un principio veramente consolidato” in tema di sgravi riconnessi ad assunzioni. Definizione condivisa e fatta propria anche dal Supremo Collegio.
Le preclusioni derivanti da precedenti verbali ispettivi
Nel ricorso proposto viene altresì sollevato un altro motivo di censura, riguardante la preclusione operata dall’art. 3 comma 20 della Legge n. 335 del 1995 in materia di accertamenti ispettivi previdenziali.
Sostanzialmente l’azienda ricorrente si duole che la Corte d’Appello non abbia dato rilevanza ad un verbale di accertamento operato dall’Agenzia delle Entrate per anni di imposta dal 1999 al 2003, nel quale si indicava, per ciò che concerneva le posizioni previdenziali, “nulla da rilevare”. Questo comportava la preclusione di ulteriori azioni da parte dell’ente previdenziale, per intervenuta validazione delle posizioni fino al periodo oggetto degli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate, essendo il verbale ispettivo Inps oggetto di giudizio del settembre 2006.
La Corte di Cassazione non condivide il motivo di doglianza, non potendosi considerare la frase “nulla da rilevare” quale espressa validazione della regolarità della posizione assicurativa. Cogliendo l’occasione per enunciare l’ulteriore principio di diritto: “La preclusione di cui all’art. 3 comma 20 L. 335/1995, norma secondo la quale nei casi in cui gli accertamenti ispettivi in materia previdenziale e assicurativa attestino la regolarità degli adempimenti amministrativi e contributivi i periodi di paga anteriori alla data di accertamento ispettivo non possono essere oggetto di contestazioni in successive verifiche, opera solo a fronte dell’espressa validazione da parte del primo verbale, sotto il profilo contributivo o amministrativo, delle risultanze aziendali e comunque essa non si estende a comportamenti irregolari che siano accertati sulla base di elementi ulteriori rispetto a quelli contemplati nel precedente verbale”.
Il ricorso proposto è stato così ritenuto infondato e rigettato.
(Avv. Roberto Dulio)