Famiglia
Separazione: l’ affidamento condiviso dei figli è la regola
Separazione: l’affidamento
condiviso dei figli è la regola
Suprema Corte di Cassazione,
Sezione Prima Civile, sentenza n.16593/2008
LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi sigg.ri
Magistrati:
dott.
Maria Gabriella Luccioli Presidente
Dott. Mario Rosario Morelli Rel. Consigliere
Dott. Maria Cristina Giancola
Consigliere
Dott. Onofrio Fittipaldi
Consigliere
Dott. Stefano Petitti Consigliere
Ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
Sul ricorso proposto da:
P.G. ,
elettivamente domiciliato in ROMA via Confida 20, presso l’avvocato Battaglia
Monica, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrente-
Contro
R.A..
elettivamente domiciliata in Roma via Berberini 3, presso l’avvocato Remiddi
Laura, rappresentata e difesa dall’avvocato De Ianni Grazia Maria, giusta
procura a margine del controricorso;
-controricorrente-
Contro
PROCURATORE GENERALE DELLA
REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI
APPELLO DI NAPOLI;
-intimato-
Avverso la sentenza n. 1067/07
della Corte d’appello di Napoli, depositata l’11/04/07;
udita la
relazione della causa svolta nella pubblica udienza del29/04/2008 dal
Consigliere Dott. Mario Rosario Morelli;
Udito per il ricorrente,
l’avvocato Battaglia Monica che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
Udito per la resistenza,
l’avvocato De Ianni Grazia Maria che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Udito il P.M. in persona del
Sostituto Procuratore Generale Dott. Antonio Martone che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
Fatto e diritto
1. G. P. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di Napoli in
data 11 aprile 2007, confermativa di quella del Tribunale che, nel pronunciarne
la separazione personale del coniuge A. R. , con addebito esclusivo ad esso P.,
ha affidato il figlio e assegnato la casa coniugale alla moglie e posto,
altresì, a suo carico un assegno mensile di mantenimento di € 750,00 in favore della R.
e di € 1.200,00 per il figlio.
Resiste l’intimata con
controricorso.
Entrambe le parti hanno
depositato memoria ex art. 379 c.p.c.
2. L’odierna impugnazione si
articola in sette motivi, formalmente conclusi, ciascuno da plurimi quesiti di
diritto ex art. 366-bis c.p.c. e, rispettivamente volti – i primi tre – a
contestare la statuizione sull’addebito della separazione (al ricorrente invece
che, come da lui richiesto,alla moglie) e i residui
quattro a censurare, nell’ordine, il decisium relativo all’affidamento del
figlio minore (alla moglie e non «condiviso»), all’assegnazione della casa
coniugale (interamente alla R. non ostante la dedotta divisibilità e la chiesta
divisione dell’immobile), all’attribuzione dell’assegno in favore della moglie
e del figlio.
3. Il primo motivo – con il quale
il P. , in particolare, previamente, in rito, denuncia
violazione degli art. 184 e 345, 115, 116 c.p.c., in cui assume essere incorsa la Corte territoriale con il
confermare il rigetto della sua istanza di ammissione di atti (prodotti in
primo grado oltre i termini di cui al citato art. 184 e riprodotti in sede di
gravame) relativi a procedimenti penali intentati nei suoi confronti dalla
moglie e conclusisi con provvedimenti di archiviazione – è inammissibile.
E ciò – al di là del difetto di
autosufficienza della censura – per la ragione comunque che la violazione delle
norme suindicate, e la formulazione dei correlativi quesiti di diritto, è non
pertinente e surrettizia, una volta che il mancato accoglimento della riferita
istanza del ricorrente risulta motivato da quei giudici non sulla base di
preclusioni derivanti dalle norme asseritamene violate, bensì in ragione della
esclusa efficacia probatoria degli atti in questione («relativi a sommarie
informazioni assunte nella fase delle indagini preliminari e non nel
dibattimento in contraddittorio delle parti») e del rilievo (assorbente) della
«non indispensabilità» probatoria degli stessi, secondo una valutazione di
merito non suscettibile di riesame in questa fase di legittimità.
4. Per analoghe ragioni – di
difetto di autosufficienza, non aderenza dei quesiti di diritto al quid decisum
e loro pertinenza, comunque, a valutazioni di fatto non suscettibili di
ulteriore sindacato nel merito – risultano inammissibili anche i successivi secondo e terzo motivo, con i quali il P.
sostanzialmente, infatti, pretende un non consentito riesame delle risultanze
istruttorie sulla base delle quali la corte di Napoli ha ritenuto provati gli
episodi di violenza ed i comportamenti aggressivi («anche alla presenza del
figlio minore») del marito, che hanno condotto all’addebito al medesimo della
separazione, e non dimostrata, invece, la circostanza di una pretesa relazione
omosessuale della R. genericamente addotta dal P. , a fini di inverso addebito
della separazione stessa.
5. Insussistente è poi la
violazione degli artt. 155 e 155 bis, nuovo testo, del codice civile,
denunciata con il successivo quarto motivo della impugnazione.
In
risposta ai plurimi e connessi quesiti, ex art. 366 bis c.p.c., ivi articolati
in tema di esegesi della suddetta normativa, vanno in premessa enunciati i
seguenti principi:
Nel quadro della nuova disciplina
relativa ai «provvedimenti riguardi ai figli» dei coniugi separati, di cui ai
citati artt. 155 e 155 bis, come modificativamente e integrativamente riscritti
dalla legge n. 54 del 2006, improntata alla tutela del diritti
del minore [1] (già consacrato nella Convenzione di New York del 20 novembre
1989 resa esecutiva in Italia con l.n. 176/1991) alla c.d. «bigenitorialità»
(al diritto, cioè, dei figli a continuare ad avere un rapporto equilibrato con
il padre e con la madre anche dopo la separazione), l’affidamento «condiviso»
(comportante l’esercizio della potestà genitoriale da parte di entrambi ed una
condivisione, appunto, delle decisioni di maggior importanza attinenti alla
sfera personale e patrimoniale del minore) si pone non piu’ (come nel
precedente sistema) come evenienza residuale, bensì come regola; rispetto alla
quale costituisce, invece, ora eccezione la soluzione dell’affidamento
esclusivo.
Alla regola dell’affidamento
condiviso può infatti derogarsi solo ove la sua
applicazione risulti «pregiudizievole per l’interesse del minore».
Non avendo, per altro, il
legislatore ritenuto di tipizzare le circostanze ostative all’affidamento
condiviso, la loro individuazione resta rimessa alla decisione del Giudice nel
caso concreto da adottarsi con «provvedimento motivato», con riferimento alla
peculiarità della fattispecie che giustifichi, in via di eccezione,
l’affidamento esclusivo.
L’affidamento condiviso non può
ragionevolmente ritenersi comunque precluso, di per sé, dalla mera
conflittualità esistente fra i coniugi, poiché avrebbe altrimenti una applicazione, evidentemente, solo residuale, finendo di
fatto con il coincidere con il vecchio affidamento congiunto.
Occorre viceversa, perché possa
derogarsi alla regola dell’affidamento condiviso, che risulti, nei confronti di
uno dei genitori, una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità
educativa o comunque tale appunto da rendere quell’affidamento in concreto
pregiudizievole per il minore (come nel caso, ad esempio, di una sua anomala
condizione di vita, di insanabile contrasto con il figlio, di obiettiva
lontananza…)
Per cui l’esclusione della
modalità dell’affidamento esclusivo dovrà risultare sorretta da una motivazione
non piu’ solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in
negativo sulla idoneità educativa del genitore che in tal modo si escluda dal
pari esercizio della potestà genitoriale e sulla non rispondenza quindi,
all’interesse del figlio dell’adozione, nel caso concreto ,
del modello legale prioritario di affidamento.
5-bis. Da tali principi,
contrariamente all’assunto del ricorrente, non si è però, nella specie,
discostata la Corte
di merito.
La quale ha preso, infatti, atto
del comportamento gravemente screditatorio,della
capacità educativa della madre, adottato dal marito con non provate accuse
anche di sue relazioni omosessuali ed ha correttamente quindi valutato tale
comportamento in termini non di mera conflittualità tra i coniugi, ma di
oggettiva inidoneità del padre alla condivisione dell’esercizio della potestà
genitoriale in termini compatibili con la tutela dell’interesse primario del
minore, «mentre la madre aveva mostrato, invece, disponibilità a favorire
rapporti tra il padre e il figlio, che allo stesso tempo appare sereno e ben
integrato scolasticamente».
Dal che, appunto, la non
fondatezza anche del motivo in esame.
6. Resiste del pari a critica la
sentenza impugnata quanto ai profili di asserita ulteriore violazione dell’art.
155 c.c. con riguardo alla assegnazione esclusiva alla madre di una ampia casa coniugale che – in tesi del ricorrente –
avrebbe potuto essere «divisa» consentendo una vicinanza abitativa dei due
genitori nell’interesse del minore.
La Corte di merito non ha infatti escluso in astratto la divisibilità né la teorica
rispondenza di una siffatta soluzione all’interesse del minore – dal che anche
in questo caso, il carattere, per così dire, puramente retorico del quesito di
diritto in tal senso formulato dal ricorrente – avendo, viceversa, quella
Corte, come già il Tribunale, ritenuto in concreto che, nel caso in esame, la
prospettata divisione dell’immobile potesse «recare disagio psicologico» al
figlio della coppia», per il mutamento della condizione abitativa che si
realizzerebbe, ove da una casa di150 mq., finemente rifinita e arredata, il
minore si vedesse costretto a vivere in un immobile grande la metà che,
evidentemente, risulterebbe profondamente diverso da quello in cui è finora
vissuto».
Il che esprime un convincimento
di quei giudici che per essere così congruamente argomentato non è sindacabile
in questa sede di legittimità.
7. Non scalfita dalle formulate
censure risulta anche la statuizione relativa al riconosciuto assegno di
mantenimento in favore della moglie; dal che l’infondatezza pure del sesto
mezzo impugnatorio.
Contrariamente all’avverso
assunto, nel determinare il diritto all’assegno la corte ha fatto espresso
riferimento «alla sperequazione economica dei redditi delle parti, come
risultante dalle dichiarazioni fiscali esibite e dalle indagini di P.T.»,
all’incontestato svolgimento da parte della R. sin dal matrimonio della sola attività
di casalinga, alla mancanza di sue esperienze lavorative», alla proprietà per
la medesima «solo di alcuni immobili (alcuni in nuda proprietà ed altri in
comproprietà con parenti) di cui uno solo produttivo di redditi», «alla
oggettiva difficoltà di reperire per una donna della sua età idonea
occupazione lavorativa nella locale realtà sociale-lavorativa».
Con ciò appunto assolvendo, quei
giudici,all’onere di una motivazione giuridicamente
corretta e logicamente coerente alle risultanze istruttorie.
8. Analogo congruo corredo
argomentativi assiste, infine, la statuizione confermativa dell’assegno fissato
per il minore «attese le condizioni delle parti ed il tenore di vita da questi
sempre goduto».
Il che comporta la reiezione
anche del residuo settimo motivo del ricorso.
9. Il quale va conclusivamente,
pertanto, integralmente respinto.
10. Le spese seguono la
soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e
condanna il ricorrente alle spese, che liquida in complessivi € 6.200,00 di cui
€ 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge.
In Roma 29 aprile 2008.
L’Estensore Il Presidente
M.R. Morelli
Gabriella Luccioli
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
IL 18 GIUGNO 2008.