Civile

Thursday 22 November 2007

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione) 15 novembre 2007 «Ricorso per inadempimento – Artt. 28 CE e 30 CE -Direttiva 2001/83/CE – Preparato di aglio in forma di capsule – Preparato legalmente commercializzato quale integratore alimentare in taluni Stati m

SENTENZA DELLA CORTE (Prima
Sezione) 15 novembre 2007 «Ricorso per inadempimento – Artt. 28 CE e 30 CE
–Direttiva 2001/83/CE – Preparato di aglio in forma di capsule – Preparato
legalmente commercializzato quale integratore alimentare in taluni Stati membri
– Preparato classificato come medicinale nello Stato membro di importazione –
Nozione di “medicinale” – Ostacolo – Giustificazione – Sanità pubblica –
Proporzionalità»

Nella causa C-319/05,

avente
ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il
19 agosto 2005,

Commissione delle Comunità
europee, rappresentata dai sigg. B. Stromsky e B. Schima, in qualità di agenti,
con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica federale di Germania,
rappresentata dal sig. M. Lumma e dalla sig.ra C. Schulze-Bahr, in qualità di
agenti,

convenuta,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta
dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. R. Schintgen, A. Borg
Barthet (relatore), M. Ilešic e E. Levits, giudici,

avvocato
generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere:
sig. B. Fülöp, amministratore

vista la
fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 aprile 2007,

sentite
le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 giugno 2007,

ha
pronunciato la seguente

Sentenza

1 Con il suo ricorso, la Commissione delle
Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che, avendo classificato come
medicinale un preparato di aglio in forma di capsule che non corrisponde alla
definizione di medicinale per presentazione, la Repubblica federale di
Germania è venuta meno agli obblighi ad essa
incombenti ai sensi degli artt. 28 CE e 30 CE.

Contesto normativo

La direttiva 2001/83/CE

2 I ‘considerando’ 2-5 della
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE,
recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311, pag. 67), recitano:

"(2) Lo scopo principale
delle norme relative alla produzione, alla distribuzione e all’uso di
medicinali deve essere quello di assicurare la tutela della sanità pubblica.

(3)
Tuttavia questo scopo deve essere raggiunto avvalendosi di mezzi che non
ostacolino lo sviluppo dell’industria farmaceutica e gli scambi dei medicinali
nella Comunità.

(4) Le
disparità fra talune disposizioni nazionali e, in particolare, fra le
disposizioni relative ai medicinali, eccettuate le sostanze o composizioni che
sono derrate alimentari, alimenti destinati agli animali o prodotti d’igiene
hanno per effetto di ostacolare gli scambi dei medicinali nella Comunità, e
esse hanno, pertanto, un’incidenza diretta sul funzionamento del mercato
interno.

(5)
Occorre, di conseguenza, eliminare questi ostacoli e per conseguire tale
obiettivo si rende necessario un ravvicinamento delle suddette
disposizioni".

3 Ai sensi dell’art.
1, punto 2, della direttiva 2001/83, per "medicinale" si deve
intendere:

"ogni sostanza o
composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle
malattie umane.

Ogni sostanza o composizione da
somministrare all’uomo allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di
ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche dell’uomo
(…)".

4 L’art. 2 di tale direttiva
dispone:

"Le disposizioni della
presente direttiva riguardano i medicinali per uso umano prodotti
industrialmente e destinati ad essere immessi in commercio negli Stati
membri".

5 Ai sensi dell’art. 6, n. 1,
della direttiva citata:

"Nessun medicinale può
essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’autorizzazione
all’immissione in commercio delle autorità competenti di
detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure
senza un’autorizzazione a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93".

La direttiva 2002/46/CE

6 Ai sensi dell’art. 2, lett. a),
della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 10 giugno 2002,
2002/46/CE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri
relative agli integratori alimentari (GU L 183, pag.
51), per "integratori alimentari" si intendono:

"(…) i prodotti alimentari
destinati ad integrare la dieta normale e che costituiscono una fonte
concentrata di sostanze nutritive o di altre sostanze aventi un effetto
nutritivo o fisiologico, sia monocomposti che pluricomposti, in forme di dosaggio,
vale a dire in forme di commercializzazione quali capsule, pastiglie,
compresse, pillole e simili, polveri in bustina, liquidi contenuti in fiale,
flaconi a contagocce e altre forme simili, di liquidi e polveri destinati ad
essere assunti in piccoli quantitativi unitari".

7 Ai sensi dell’art. 2, lett. b),
di tale direttiva, devono intendersi per "sostanze nutritive" o
"nutrienti" le seguenti sostanze:

"i) le vitamine;

ii) i
minerali".

8 L’art. 11 di tale direttiva
dispone:

"1. Fatto salvo l’articolo
4, paragrafo 7, gli Stati membri si astengono dal vietare o dall’introdurre
restrizioni, per ragioni connesse a composizione, specifiche di fabbricazione,
presentazione o etichettatura, agli scambi di prodotti di cui all’articolo 1
che siano conformi alla presente direttiva e, se del caso, alle disposizioni
comunitarie di esecuzione della stessa.

2. Ferme restando le disposizioni
del Trattato che istituisce la
Comunità europea, e in particolare gli articoli 28 e 30, il
paragrafo 1 lascia impregiudicate le normative nazionali applicabili in assenza
di disposizioni comunitarie di esecuzione della presente direttiva".

Il regolamento (CE) n. 178/2002

9 Ai sensi dell’art. 2 del
regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2002, n.
178, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione
alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa
procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L
31, pag. 1), si intende per "alimento" (o "prodotto
alimentare"):

"(…) qualsiasi sostanza o
prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad
essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito,
da esseri umani".

10 L’art. 14, nn. 7-9, di tale
regolamento così dispone:

"7. Gli alimenti conformi a
specifiche disposizioni comunitarie riguardanti la sicurezza alimentare sono
considerati sicuri in relazione agli aspetti disciplinati dalle medesime.

8. Il fatto che un alimento sia
conforme alle specifiche disposizioni ad esso
applicabili non impedisce alle autorità competenti di adottare provvedimenti
appropriati per imporre restrizioni alla sua immissione sul mercato o per
disporne il ritiro dal mercato qualora vi siano motivi di sospettare che,
nonostante detta conformità, l’alimento è a rischio.

9. In assenza di specifiche
disposizioni comunitarie, un alimento è considerato sicuro se è conforme alle
specifiche disposizioni della legislazione alimentare nazionale dello Stato
membro sul cui territorio è immesso sul mercato, purché tali disposizioni siano
formulate e applicate nel rispetto del Trattato, in particolare degli articoli
28 e 30 del medesimo".

Procedimento precontenzioso

11 La Commissione ha
ricevuto la denuncia di un’impresa la cui richiesta di autorizzazione ai fini
dell’importazione e della commercializzazione di un preparato di aglio in
capsule è stata respinta dal Ministero federale della Sanità con la motivazione
che tale prodotto non rappresentava un alimento, bensì un medicinale.

12 Il prodotto controverso è
commercializzato con la denominazione di "capsula di polvere d’estratto
d’aglio". Alla luce delle indicazioni fornite dalle parti, si tratta di un
estratto ottenuto mediante etanolo e mescolato ad un eccipiente (lattosio) per
rispondere all’obiettivo tecnologico della liofilizzazione. Ciascuna capsula
conterrebbe 370 mg di polvere d’estratto d’aglio, il cui contenuto di allicina
sarebbe compreso tra lo 0,95% e l’1,05%, vale a dire l’equivalente di 7,4 g d’aglio crudo fresco.

13 In seguito ad un protratto
scambio informale, la
Commissione ha inviato alla Repubblica federale di Germania
una lettera di diffida datata 24 luglio 2001, nella quale essa concludeva che
la classificazione del preparato di aglio controverso tra i medicinali, in base
ad una motivazione quale quella addotta nel corso dell’istruzione della
denuncia, non era compatibile col principio di libera circolazione delle merci,
quale risultante dagli artt. 28 CE e 30 CE nonché dalla relativa giurisprudenza.
Tale Stato membro ha risposto alla lettera di diffida il 5 ottobre 2001.

14 Nel suo parere motivato del 17
dicembre 2002 la
Commissione ha invitato la Repubblica Federale
di Germania a cessare, entro un termine di due mesi a decorrere dalla ricezione
di tale parere motivato, le prassi amministrative che assimilano a medicinali i
prodotti composti da aglio liofilizzato che non sono
chiaramente segnalati o designati come medicinali.

15 Poiché nella sua risposta al
detto parere motivato tale Stato membro ha affermato che la classificazione del
prodotto in questione come medicinale era stata riesaminata e doveva essere
mantenuta, la Commissione
ha deciso di proporre il presente ricorso.

Sul ricorso

Argomenti delle parti

16 La Commissione osserva
anzitutto che le disposizioni comunitarie relative ai medicinali devono
garantire, oltre alla tutela della salute umana, la libera circolazione delle
merci, cosicché l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2001/83 in
generale e della nozione di medicinale in particolare non può comportare
ostacoli alla libera circolazione delle merci che siano sproporzionati rispetto
all’obiettivo perseguito di tutela della salute.

17 La Commissione sostiene
poi che, per decidere in merito alla classificazione del prodotto di cui
trattasi come medicinale per funzione, occorre tener conto, oltre che degli
effetti farmacologici, delle sue modalità d’uso, dell’ampiezza della sua
diffusione, della conoscenza che ne hanno i consumatori nonché dei rischi
eventualmente connessi al suo impiego (sentenza 21 marzo 1991, causa C-60/89,
Monteil e Samanni, Racc. pag. I-1547, punto 29).

18 Con riferimento agli effetti
farmacologici, la
Commissione non contesta il fatto che il prodotto controverso
possa avere un’azione profilattica contro l’arteriosclerosi, ma rileva che tale
effetto può essere ottenuto con l’ingestione quotidiana di una dose equivalente
a 4 g di
aglio crudo. Pertanto, quando gli effetti di un prodotto che si sostiene essere
un medicinale non sono diversi da quelli di un alimento tradizionale, ne
discenderebbe che le proprietà farmacologiche di tale prodotto sono
insufficienti per riconoscergli la qualità di medicinale. A parere della
Commissione, un prodotto che abbia sull’organismo solo
un effetto corrispondente a quello di un prodotto alimentare non ha superato la
soglia oltre la quale esso deve essere considerato come un medicinale per
funzione. In altri termini, le sostanze che non hanno effetti significativi
sull’organismo e che non modificano in senso proprio le condizioni del suo
funzionamento non potrebbero essere assimilate a medicinali.

19 La Commissione ritiene
che il prodotto controverso potrebbe essere considerato, a rigore, un
integratore alimentare ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva 2002/46,
vale a dire un prodotto alimentare che costituisce una fonte concentrata di sostanze
aventi un effetto nutritivo o fisiologico, sia monocomposto che pluricomposto,
e commercializzato in forme di dosaggio. Essa precisa tuttavia che il tentativo
di negare il carattere alimentare del prodotto controverso non giustifica in
alcun caso la sua assimilazione a un medicinale.

20 Con riguardo alla
classificazione di un prodotto come medicinale per presentazione, la Commissione sostiene
che essa deve essere effettuata caso per caso, in relazione alle specifiche
caratteristiche del prodotto stesso. Un prodotto potrebbe essere considerato un
medicinale per presentazione qualora la sua forma e il suo confezionamento lo
rendano abbastanza somigliante ad un medicinale e, in particolare, la
confezione e le avvertenze di cui è munito menzionino ricerche di laboratori
farmaceutici, metodi o sostanze messi a punto da medici o anche testimonianze
di medici a favore delle qualità di tale prodotto (sentenza 21 marzo 1991,
causa C-369/88, Delattre, Racc. pag. I-1487, punto 41).

21 La Commissione osserva che,
nella fattispecie, il preparato non è presentato né raccomandato come un
prodotto avente proprietà curative o profilattiche, e ciò né sull’etichetta né
nelle informazioni contenute sulla confezione o in qualsiasi altro modo.
Neppure il confezionamento del prodotto sarebbe caratteristico di un
medicinale. La presentazione in forma di capsule sarebbe l’unica caratteristica
specifica del prodotto, ancorché la forma esterna non possa rappresentare un
indizio esclusivo e determinante. Nessun altro elemento indicherebbe, nella
fattispecie, che il prodotto è un medicinale per presentazione. La Commissione ritiene
che il consumatore sappia esattamente quale sia il contenuto delle capsule,
cioè aglio, a lui noto quale alimento. Il consumatore riconoscerebbe altresì
che il prodotto non mette in luce alcun effetto terapeutico.

22 Infine, la Commissione rileva che
non è escluso che gli Stati membri assoggettino, nel diritto nazionale, un
prodotto che non è un medicinale ai sensi della direttiva 2001/83 al regime dei
medicinali, purché tuttavia le misure intese a tutelare la sanità pubblica
siano proporzionate (v. sentenza 29 aprile 2004, causa C-387/99,
Commissione/Germania, Racc. pag. I-3751, punto 72).
Orbene, nella fattispecie, la
Repubblica federale di Germania non avrebbe fornito la prova
che il divieto di immettere in commercio il prodotto di cui trattasi quale
integratore alimentare, nonché l’obbligo di ottenere un’autorizzazione
all’immissione in commercio quale medicinale risultino effettivamente necessari
ai fini della tutela della sanità pubblica.

23 Da parte sua, la Repubblica federale di
Germania rileva che ad un prodotto che soddisfi sia i
requisiti per essere un alimento o un integratore alimentare, sia quelli per
essere un medicinale si applicano le sole disposizioni di diritto comunitario
specificamente concernenti i medicinali (sentenza 9 giugno 2005, cause riunite
C-211/03, C-299/03 e da C-316/03 a C-318/03, HLH Warenvertrieb e Orthica, Racc.
pag. I-5141, punto 43). Essa sostiene che, secondo la
giurisprudenza della Corte, la priorità del regime dei medicinali emerge
dall’art. 2, terzo comma, lett. d), del regolamento n.
178/2002, nonché dall’art. 1, n. 2, della direttiva 2002/46, i quali escludono
concordemente i medicinali dal campo di applicazione delle disposizioni
relative agli alimenti e agli integratori alimentari. Tale interpretazione
sarebbe altresì corroborata dalla direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 31 marzo 2004, 2004/27/CE, che modifica la direttiva 2001/83/CE (GU L 136, pag. 34), la quale introduce in quest’ultima
direttiva una nuova versione dell’art. 2, il cui n. 2 dispone che, in caso di
dubbio, se un prodotto rientra altresì nell’ambito di applicazione di altre
normative comunitarie, come, in particolare, quelle relative ai prodotti
alimentari, sarebbero sempre applicabili le disposizioni della direttiva
2001/83.

24 La Repubblica federale di
Germania sostiene che il preparato di aglio controverso è un medicinale per
funzione, in primo luogo in quanto possiede proprietà farmacologiche che
rivestono un’importanza decisiva. Per valutare tali proprietà farmacologiche il
detto Stato membro rileva che hanno importanza non solo
gli effetti di tale preparato sulla salute in generale, bensì, del pari, la sua
efficacia sul piano farmacologico (sentenza 16 aprile 1991, causa C-112/89,
Upjohn, Racc. pag. I-1703, punto 17). Nella
fattispecie, il prodotto controverso avrebbe effetti terapeutici che esercitano
un’azione profilattica sulle lesioni che intervengono nell’organismo umano e più
in particolare esso avrebbe un effetto antiarteriosclerotico. A sostegno della
propria tesi, la Repubblica
federale di Germania invoca numerosi studi e relazioni di carattere
scientifico.

25 In replica all’argomento
della Commissione secondo cui gli effetti del preparato controverso
sull’arteriosclerosi sarebbero limitati, tale Stato membro osserva che né la
direttiva 2001/83 né la giurisprudenza della Corte permettono di desumere
l’esistenza di una "soglia di rilevanza", secondo cui debba essere
dimostrato un determinato grado di efficacia farmacologica. Così, se è
riconosciuta nella fattispecie l’efficacia farmacologica, poco importerebbe
sapere se il rischio di arteriosclerosi sia ridotto in maniera esigua o in
maniera significativa.

26 La Repubblica federale di
Germania sostiene altresì che l’origine delle sostanze non può essere
determinante per definire un medicinale e rileva che la Corte ha dichiarato che le
vitamine, in una forma determinata e in forti dosi, potevano essere qualificate
come medicinali (v. sentenze 30 novembre 1983, causa 227/82, van Bennekom,
Racc. pag. 3883, punto 27, e Commissione/Germania, cit.,
punto 56). Il fatto che le vitamine si ritrovino altresì in numerosi alimenti
non osterebbe quindi alla loro classificazione come medicinali. Lo stesso
dovrebbe valere per l’aglio e l’allicina, vale a dire il principio attivo che
esso contiene. Pertanto, sarebbe in definitiva indifferente il fatto che un
principio attivo dotato di proprietà farmacologiche sia o
meno presente anche in un alimento.

27 Il preparato controverso
avrebbe proprietà farmacologiche anche in quanto la sua ingestione potrebbe
comportare rischi per la salute (v. sentenza Commissione/Germania, cit., punto 82). Il fatto che anche il consumo di altri
alimenti determinati potrebbe avere conseguenze negative per la salute non
avrebbe l’effetto di rimettere in discussione tale qualità di medicinale. La Repubblica federale di
Germania precisa tuttavia che sono soprattutto gli effetti farmacologici e/o
terapeutici a svolgere un ruolo determinante.

28 Quanto alle modalità di
impiego, tale Stato membro rileva che anche il fatto che il prodotto
controverso sia proposto in forma di capsule depone in favore della sua
classificazione come medicinale per funzione.

29 In merito alla nozione di
medicinale per presentazione, la
Repubblica federale di Germania fa valere che un prodotto può
essere considerato tale allorquando la sua forma e il suo confezionamento lo
facciano sufficientemente assomigliare ad un medicinale.

30 Nella fattispecie, la forma di
capsula utilizzata deporrebbe a favore di un’intenzione di commercializzare
tale prodotto come medicinale, ancorché il detto Stato membro riconosca che la
forma esterna non può da sola costituire un indizio determinante per
classificare una sostanza come medicinale (v. sentenza Delattre, cit., punto 38).

31 Inoltre, la Repubblica federale di
Germania rileva che sul mercato tedesco si trova un gran numero di medicinali
contenenti principi attivi quali la polvere o l’olio di bulbo d’aglio e confezionati
in maniera analoga al preparato controverso. Il fatto che essi siano tutti
classificati come medicinali deporrebbe, conformemente agli usi commerciali e
alle aspettative dei consumatori, a favore della classificazione del prodotto
di cui trattasi come medicinale per presentazione.

32 Tale Stato membro deduce
altresì dalla giurisprudenza della Corte che le autorità nazionali dispongono
di un margine discrezionale quando adottano una
decisione di classificazione (v. sentenza HLH Warenvertrieb e Orthica, cit.,
punto 56). Orbene, la
Commissione non avrebbe adempiuto all’onere
della prova a suo carico in quanto non avrebbe dimostrato che classificando il
preparato controverso come medicinale le autorità tedesche avrebbero esercitato
erroneamente il loro potere discrezionale.

33 In subordine, la Repubblica federale di
Germania afferma che, qualora la
Corte ritenesse applicabile il principio della libera
circolazione delle merci e riconoscesse nella decisione di classificazione come
medicinale del prodotto di cui trattasi una restrizione a tale principio, tale
decisione sarebbe in ogni caso giustificata dalla tutela di un’esigenza
imperativa di interesse generale, vale a dire la tutela della sanità pubblica.

Giudizio della Corte

34 Dagli artt. 2 e 6, n. 1, della
direttiva 2001/83 risulta che nessun medicinale prodotto industrialmente può
essere immesso in commercio in uno Stato membro senza che sia stata rilasciata
un’autorizzazione all’immissione in commercio ai sensi del regolamento (CEE)
del Consiglio 22 luglio 1993, n. 2309, che stabilisce le procedure comunitarie
per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario
e che istituisce un’Agenzia europea di valutazione dei medicinali (GU L 214, pag. 1).

35 Ne consegue che, se un prodotto
fabbricato industrialmente ricade nella definizione di medicinale di cui all’art. 1, punto 2, della direttiva 2001/83, l’obbligo
imposto all’importatore di tale prodotto di ottenere, preventivamente alla
commercializzazione nello Stato membro d’importazione, un’autorizzazione
all’immissione in commercio ai sensi della detta direttiva non può, in alcun
caso, costituire una restrizione agli scambi intracomunitari vietata dall’art.
28 CE (v., in tal senso, sentenza 29 aprile 2004, causa C-150/00, Commissione/Austria,
Racc. pag. I-3887, punto 57).

36 Si deve peraltro ricordare che
la direttiva 2001/83, pur avendo per finalità essenziale quella di eliminare
gli ostacoli agli scambi dei medicinali in seno alla Comunità e pur fornendo a
tal fine, all’art. 1, una definizione di medicinale, costituisce tuttavia solo
la prima tappa dell’armonizzazione delle normative nazionali in materia di
produzione e di distribuzione dei medicinali (v., in tal senso, sentenza
Commissione/Austria, cit., punto 58).

37 Di conseguenza è difficile
evitare, finché l’armonizzazione dei provvedimenti necessari a garantire la
tutela della salute non sarà più completa, che sussistano differenze fra gli
Stati membri nella qualificazione dei prodotti come medicinali ovvero come
alimenti. Quindi, la circostanza che un prodotto sia qualificato come alimento
in un altro Stato membro non può impedire di riconoscergli, nello Stato membro
di importazione, la qualità di medicinale, qualora esso ne presenti le
caratteristiche (v. sentenza HLH Warenvertrieb e Orthica, cit.,
punto 56).

38 Non è meno vero che un prodotto che risponda alla definizione della nozione
di "medicinale" ai sensi della direttiva 2001/83 deve essere
considerato un medicinale ed assoggettato alla relativa disciplina ancorché
rientri nella sfera di applicazione di un’altra normativa comunitaria meno
rigorosa (v., in tal senso, sentenza 28 ottobre 1992, causa C-219/91, Ter
Voort, Racc. pag. I-5485, punto 19 e giurisprudenza
ivi citata).

39 Si deve di conseguenza
verificare, innanzi tutto, se il prodotto controverso rappresenti un medicinale
ai sensi della direttiva 2001/83.

40 Ai sensi dell’art. 1, punto 2,
primo comma, della direttiva 2001/83, si intende per medicinale "ogni
sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o
profilattiche delle malattie umane" e, ai sensi del punto 2, secondo comma,
di tale articolo, è del pari considerata come
medicinale "ogni sostanza o composizione da somministrare all’uomo allo
scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o
modificare funzioni fisiologiche dell’uomo".

41 Tale
direttiva fornisce così due definizioni di medicinale, vale a dire una
definizione "per presentazione" e una definizione "per
funzione". Un prodotto è un medicinale se rientra nell’una o nell’altra di
tali definizioni (sentenza HLH Warenvertrieb e Orthica, cit.,
punto 49).

42 Occorre in proposito rilevare
che, se la Commissione
considera esplicitamente la nozione di medicinale per presentazione nelle sue
conclusioni, essa non vi fa alcun riferimento a quella di medicinale per
funzione. Nei motivi del suo ricorso, invece, come nel corso del procedimento
precontenzioso, la
Commissione ha sviluppato argomenti relativi a entrambe le
nozioni. Nelle sue difese, sia nell’ambito del procedimento precontenzioso sia
nell’ambito del presente ricorso, la Repubblica federale di Germania si è del pari espressa in merito a tali due nozioni. Si deve
pertanto interpretare il ricorso della Commissione nel senso che esso nega al
prodotto controverso la qualità di medicinale per presentazione nonché quella
di medicinale per funzione.

Sulla definizione di medicinale
per presentazione

43 Secondo una giurisprudenza
costante, la nozione di "presentazione" di un prodotto deve essere
interpretata estensivamente. Si deve ricordare a tal proposito che, basandosi
sul criterio della presentazione del prodotto, la direttiva 2001/83 tende ad
includere non solo i medicinali che hanno veri e propri effetti terapeutici e
medicinali, ma anche i prodotti non abbastanza efficaci o che non sortirebbero
gli effetti che i consumatori hanno il diritto di aspettarsi data la loro
presentazione. La direttiva è volta quindi a preservare i
consumatori non solo dai medicinali dannosi o tossici come tali, ma
anche dai vari prodotti usati in luogo dei rimedi adeguati (sentenza van
Bennekom, cit., punto 17).

44 In tale contesto, si deve
rilevare che un prodotto è "presentato come avente proprietà curative o
profilattiche" ai sensi della direttiva 2001/83 quando è espressamente
"descritto" o "raccomandato" come tale, eventualmente
tramite etichette, foglietti illustrativi o presentazioni orali (v., in tal
senso, citate sentenze van Bennekom, punto 18, nonché Monteil e Samanni, punto
23).

45 Orbene, nella fattispecie
emerge dal fascicolo che il preparato controverso non è descritto né
raccomandato come un prodotto avente proprietà curative o profilattiche delle
malattie, e ciò né sull’etichetta, né nelle informazioni riportate sulla
confezione, né in qualsiasi altro modo.

46 Un prodotto è altresì
"presentato come avente proprietà curative o profilattiche"
ogniqualvolta appaia, anche implicitamente, ma con certezza, agli occhi di un
consumatore mediamente accorto, che tale prodotto, stando alla sua
presentazione, dovrebbe avere le proprietà di cui trattasi (v., in tal senso,
citate sentenze van Bennekom, punto 18, nonché Monteil e Samanni, punto 23).

47 A tal proposito, occorre
tener conto dell’atteggiamento del consumatore mediamente avveduto, al quale la
forma data ad un prodotto potrebbe ispirare una particolare fiducia, del tipo
di quella che ispirano normalmente i medicinali alla luce delle garanzie che
circondano la loro fabbricazione così come la loro commercializzazione. Anche
se la forma esterna data al detto prodotto può costituire un indizio serio in
favore della sua qualificazione come medicinale per presentazione, tale forma
deve intendersi non soltanto come propria del prodotto stesso, ma anche della
sua confezione, che può mirare, per ragioni di politica commerciale, a farlo
somigliare ad un medicinale (v., in tal senso, citate sentenze van Bennekom,
punto 19, nonché Monteil e Samanni, punto 24).

48 Secondo le informazioni
fornite alla Corte, il prodotto controverso è una polvere d’estratto d’aglio
commercializzata in forma di capsule. Sulla confezione del prodotto in
questione comparirebbe, segnatamente, la fotografia di una testa d’aglio, a
fianco della quale si troverebbero due capsule.

49 A tal proposito, la
circostanza fatta valere dalla Repubblica federale di Germania, secondo cui sul
mercato tedesco vi sarebbe un gran numero di prodotti contenenti principi
attivi quali la polvere o l’olio di bulbo d’aglio, confezionati in maniera analoga al prodotto controverso e classificati
come medicinali, non può essere sufficiente a conferire a tale prodotto la
qualità di medicinale per presentazione. Infatti, la Repubblica federale di
Germania non ha fornito alcun elemento preciso a sostegno di questo argomento.

50 Di conseguenza, tenuto conto
degli elementi di cui dispone la
Corte, è giocoforza rilevare che nessun aspetto relativo al
suo confezionamento tende a far sì che il prodotto di cui trattasi assomigli ad
un medicinale, se non la presenza, sulla confezione, della fotografia di una
testa d’aglio, come avverrebbe altresì per taluni prodotti commercializzati
come medicinali in Germania. La presenza della fotografia di una pianta sulla
confezione di un prodotto non può essere tuttavia sufficiente ad ispirare a un
consumatore mediamente avveduto una fiducia del tipo di quella che ispirano
normalmente i medicinali.

51 Pertanto, la presentazione in
forma di capsule è l’unico aspetto che può deporre in senso favorevole alla
classificazione del prodotto quale medicinale per presentazione.

52 Si deve tuttavia ricordare
che, secondo una costante giurisprudenza, la forma esterna data ad un prodotto,
pur rappresentando un indizio attendibile dell’intenzione del venditore o del
fabbricante di metterlo in commercio come medicinale, non può costituire un
indizio esclusivo e determinante, se non si vogliono comprendere taluni
prodotti alimentari tradizionalmente presentati in forme analoghe a quelle dei
medicinali (v., in tal senso, citate sentenze van Bennekom, punto 19, e
Delattre, punto 38).

53 Come ricordato dall’avvocato generale al paragrafo 51 delle sue
conclusioni, la forma di capsula non è peculiare dei medicinali. Un gran numero
di prodotti alimentari è infatti proposto in tale
forma per rendere più agevole la loro assunzione da parte dei consumatori. A
tal proposito, occorre rilevare che l’art. 2, lett. a), della direttiva 2002/46
fa espressamente riferimento, tra i criteri utilizzati per definire la nozione
di "integratore alimentare", alla presentazione in forma di capsule.
Di conseguenza, tale indizio, da solo, non può essere sufficiente ad attribuire
al prodotto controverso la qualità di medicinale per presentazione.

54 Di conseguenza, occorre
concludere nel senso che il prodotto controverso non soddisfa i criteri
previsti dall’art. 1, punto 2, primo comma, della
direttiva 2001/83. Pertanto, quest’ultimo non può essere qualificato come
medicinale per presentazione ai sensi della citata direttiva.

Sulla definizione di medicinale
per funzione

55 Per stabilire se un prodotto sia ricompreso nella definizione di medicinale per funzione
ai sensi della direttiva 2001/83, le autorità nazionali, che agiscono sotto il
controllo del giudice, devono decidere caso per caso, tenendo conto di tutte le
caratteristiche del prodotto, tra le quali, in particolare, la composizione, le
proprietà farmacologiche – quali possono essere stabilite allo stato attuale
delle conoscenze scientifiche –, le modalità d’uso, l’ampiezza della sua
diffusione, la conoscenza del preparato stesso da parte dei consumatori e i
rischi che possono eventualmente derivare dalla sua utilizzazione (sentenza HLH
Warenvertrieb e Orthica, cit., punto 51).

56 Nella fattispecie, per
giustificare la classificazione del prodotto controverso come medicinale per
funzione, la Repubblica
federale di Germania invoca essenzialmente il suo contenuto di allicina, i suoi
effetti sulla pressione sanguigna e sul tasso di lipidi, la forma in capsule
utilizzata nonché i rischi connessi alla sua ingestione.

57 Emerge dal fascicolo che il
prodotto controverso è una polvere di estratto d’aglio il cui contenuto di
allicina sarebbe compreso tra lo 0,95% e l’1,05%, mentre ciascuna capsula contiene
l’equivalente di 7,4 g
di aglio crudo fresco. L’allicina, principale componente volatile che emana
dall’aglio pestato, è il risultato della trasformazione dell’alliina, un
amminoacido naturalmente presente nell’aglio, quando essa si mescola all’enzima
naturale che è l’alliinasi.

58 Occorre pertanto rilevare che,
fatta eccezione per l’eccipiente cui è stato mescolato l’estratto d’aglio prima
di essere liofilizzato, il prodotto controverso non contiene alcuna sostanza
che non sia essa stessa contenuta nell’aglio allo
stato naturale.

59 Le proprietà farmacologiche di
un prodotto costituiscono il fattore sulla base del quale si deve valutare,
basandosi sulle capacità potenziali del prodotto medesimo, se esso possa essere somministrato all’uomo, ai sensi dell’art. 1,
n. 2, secondo comma, della direttiva 2001/83, allo scopo di stabilire una
diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni
fisiologiche dell’uomo (sentenza HLH Warenvertrieb e Orthica, cit., punto 52).

60 Se, come rilevato
dall’avvocato generale al paragrafo 58 delle sue conclusioni, tale definizione
è sufficientemente ampia da consentire di includervi i prodotti che, pur
essendo idonei ad incidere sulle funzioni organiche, hanno in realtà un altro
obiettivo, tale criterio non deve condurre a qualificare come medicinale per
funzione le sostanze che, nonostante abbiano un’influenza sul corpo umano, non
hanno effetti significativi sul metabolismo e non modificano quindi, in senso
proprio, le condizioni del suo funzionamento (sentenza Upjohn, cit., punto 22).

61 Infatti,
contrariamente alla nozione di medicinale per presentazione, la cui
interpretazione estensiva mira a tutelare i consumatori rispetto ai prodotti
che non abbiano l’efficacia che essi potrebbero legittimamente attendersi, la
nozione di medicinale per funzione mira a comprendere i prodotti le cui
proprietà farmacologiche sono state accertate scientificamente e che sono
realmente destinati a stabilire una diagnosi medica o a ripristinare,
correggere o modificare funzioni fisiologiche.

62 Una tale interpretazione è
conforme agli obiettivi della direttiva 2001/83 che, come emerge dai suoi
‘considerando’ 2-5, mira a conciliare l’obiettivo di tutela della sanità
pubblica col principio della libera circolazione delle merci.

63 Peraltro, se è vero che ad un
prodotto che soddisfi i requisiti per essere un medicinale si applicano le sole
disposizioni di diritto comunitario specificamente concernenti i medicinali,
anche qualora esso rientri nella sfera di applicazione di un’altra normativa
comunitaria meno rigorosa (v., in tal senso, citate sentenze Delattre, punto
22; Monteil e Samanni, punto 17; Ter Voort, punto 19, nonché HLH Warenvertrieb
e Orthica, punto 43), è giocoforza rilevare, come emerge da una combinata
lettura dell’art. 1, punto 2, della direttiva 2001/83 con l’art. 2 della
direttiva 2002/46, che l’effetto fisiologico non è peculiare dei medicinali, ma
fa altresì parte dei criteri utilizzati per la definizione di integratore
alimentare.

64 Di conseguenza, e al fine di
preservare l’effetto utile di detto criterio, non è sufficiente che un prodotto
abbia proprietà benefiche per la salute in generale, bensì deve propriamente
avere una funzione di profilassi o di cura.

65 Tale
affermazione risulta ancor più pertinente nel caso dei prodotti che,
oltre ad essere alimenti, sono riconosciuti come aventi un effetto benefico
sulla salute. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 60 delle sue
conclusioni, esiste infatti un gran numero di prodotti
generalmente riconosciuti come alimenti e che possono essere oggettivamente
utilizzati a fini terapeutici. Tale circostanza non può tuttavia essere
sufficiente a conferire loro la qualità di medicinale ai sensi della direttiva
2001/83.

66 Nella fattispecie, la Repubblica federale di
Germania non contesta il fatto che gli effetti fisiologici da essa invocati, riguardanti essenzialmente la prevenzione
dell’arteriosclerosi, possono del pari essere ottenuti mediante l’ingestione di
7,4 g
d’aglio allo stato di alimento. A tal proposito, è significativo il fatto che
gli studi su cui si fonda tale Stato membro si riferiscono sia agli effetti
potenziali dell’ingestione di preparati d’aglio in forma di capsule, di polveri
o di soluzioni, che a quelli del consumo d’aglio allo stato naturale.

67 È altresì pacifico che il
prodotto controverso non ha effetti ulteriori rispetto a quelli che derivano
dal consumo d’aglio allo stato naturale e, come rilevato dall’avvocato generale
al paragrafo 62 delle sue conclusioni, tali effetti non sono, senza dubbio, molto superiori a quelli di altri prodotti
vegetali o animali che fanno parte dell’alimentazione quotidiana, né molto
diversi rispetto a questi ultimi.

68 Di conseguenza, si deve
necessariamente constatare che il prodotto di cui trattasi, la cui incidenza
sulle funzioni fisiologiche non supera gli effetti che un alimento consumato in
quantità ragionevole può avere su tali funzioni, non ha alcun effetto
significativo sul metabolismo e non può pertanto essere qualificato come
prodotto idoneo a ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche
ai sensi dell’art. 1, punto 2, secondo comma, della
direttiva 2001/83.

69 Infine, contrariamente a
quanto sostenuto dalla Repubblica federale di Germania, il fatto che
l’ingestione del prodotto controverso presenti un rischio per la salute non è
un elemento che consente di riconoscere allo stesso un’efficacia farmacologica.
Risulta infatti dalla giurisprudenza che, se è vero
che il rischio per la salute deve essere preso in considerazione ai fini della
classificazione di un prodotto come medicinale per funzione, esso è nondimeno
un fattore autonomo (v. sentenza HLH Warenvertrieb e Orthica, cit., punto 53).

70 La valutazione degli eventuali
rischi connessi all’utilizzo del prodotto di cui trattasi deve essere svolta nell’ambito della direttiva 2001/83 e, in generale, alla
luce dei principi del diritto comunitario.

71 Come rilevato dalla
Commissione, le disposizioni comunitarie relative ai medicinali devono
garantire, oltre alla tutela della salute umana, la libera circolazione delle
merci, cosicché l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2001/83 in
generale e della nozione di medicinale in particolare non può comportare
ostacoli alla libera circolazione delle merci che siano sproporzionati rispetto
all’obiettivo perseguito in termini di tutela della salute.

72 Nella fattispecie, la Repubblica federale di
Germania si richiama a casi di emorragia spontanea e di emorragia
postoperatoria sopravvenuti dopo un eccessivo consumo d’aglio allo stato di alimento
o in forma di preparato, ma anche all’inibizione degli effetti di taluni
antiretrovirali nonché ad un’interazione con taluni anticoagulanti.

73 Occorre a tal proposito
rilevare, innanzi tutto, che detti rischi derivano dall’assunzione di aglio in
generale e non, specificamente, dall’ingestione del preparato controverso.

74 Peraltro, dagli esempi citati
dalla Repubblica federale di Germania emerge che potrebbero insorgere rischi
per la salute solamente a seguito dell’interazione con taluni medicinali,
ovvero di un’eccessiva ingestione d’aglio o di un preparato d’aglio nell’ambito
di circostanze particolari, quali un intervento chirurgico.

75 Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 65 delle sue
conclusioni, dagli esempi citati risulta che i rischi e le controindicazioni
indicati con riferimento al consumo di preparati d’aglio sono limitati e,
soprattutto, non sono diversi da quelli collegati al consumo d’aglio allo stato
di alimento.

76 Quanto al criterio delle
modalità d’impiego del prodotto controverso, esso non può essere determinante
nel caso in esame per le ragioni indicate al punto 53 della presente sentenza.

77 Occorre pertanto rilevare che,
considerate tutte le sue caratteristiche, il prodotto controverso non può
essere qualificato come medicinale per funzione ai sensi dell’art.
1, punto 2, secondo comma, della direttiva 2001/83.

78 Risulta dall’insieme delle
considerazioni che precedono che il prodotto controverso non rientra né nella
definizione di medicinale per presentazione né in quella di medicinale per
funzione. Di conseguenza, quest’ultimo non può essere qualificato come
medicinale ai sensi della direttiva 2001/83.

Sulla violazione degli artt. 28
CE e 30 CE

79 È necessario inoltre
verificare se, come sostenuto dalla Commissione, la richiesta di
un’autorizzazione all’immissione in commercio come medicinale, quale risultante
dalla decisione adottata dalla Repubblica federale di Germania, rappresenti una
misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’importazione,
vietata dall’art. 28 CE.

80 Il divieto di misure d’effetto
equivalente a restrizioni quantitative, sancito all’art. 28 CE,
riguarda tutte le misure idonee ad ostacolare direttamente o indirettamente, in
atto o in potenza, gli scambi intracomunitari (v., in particolare, sentenze 11
luglio 1974, causa 8/74, Dassonville, Racc. pag. 837, punto 5, e
Commissione/Austria, cit., punto 81).

81 Nella fattispecie, la
decisione della Repubblica federale di Germania crea un ostacolo agli scambi
intracomunitari in quanto il prodotto controverso, legalmente commercializzato
in altri Stati membri quale prodotto alimentare, può essere commercializzato in
Germania solamente dopo essere stato sottoposto alla procedura d’autorizzazione
all’immissione in commercio di un medicinale.

82 A tal proposito, la Repubblica federale di
Germania sostiene che la sua decisione è giustificata da ragioni attinenti alla
protezione della sanità pubblica, conformemente all’art. 30 CE.

83 Se è vero che l’art. 30 CE consente di mantenere restrizioni alla libera
circolazione delle merci giustificate da motivi di tutela della salute e della
vita delle persone, che costituiscono esigenze fondamentali riconosciute dal
diritto comunitario, occorre tuttavia ricordare che l’applicazione di tale
disposizione deve essere esclusa laddove direttive comunitarie prevedano
l’armonizzazione delle misure necessarie alla realizzazione dello specifico
obiettivo perseguito mediante il ricorso all’art. 30 CE (v., in tal senso,
sentenza 12 novembre 1998, causa C-102/96, Commissione/Germania, Racc. pag.
I-6871, punto 21).

84 Nella fattispecie, non è
necessario stabilire se il prodotto in questione possa
essere qualificato come integratore alimentare ai sensi dell’art. 2 della
direttiva 2002/46 ovvero come alimento ai sensi dell’art. 2 del regolamento n.
178/2002. È infatti sufficiente constatare che, ai
sensi dell’art. 11, n. 2, della citata direttiva e dell’art. 14, n. 9, di tale
regolamento, in assenza della disciplina comunitaria specifica prevista dagli
atti normativi, le norme nazionali possono essere applicate, ferme restando le
disposizioni del Trattato.

85 Di conseguenza, occorre
verificare se la prassi tedesca di cui trattasi possa essere giustificata in
base all’art. 30 CE.

86 A tal proposito, occorre
ricordare che, in mancanza di armonizzazione e laddove sussistano
incertezze allo stato attuale della ricerca scientifica, spetta agli Stati
membri decidere in merito al livello al quale essi intendono garantire la
tutela della salute e della vita delle persone ed al requisito di una previa
autorizzazione all’immissione in commercio di prodotti alimentari, tenendo
conto anche delle esigenze della libera circolazione delle merci nell’ambito
della Comunità (sentenze 14 luglio 1983, causa 174/82, Sandoz, Racc. pag. 2445,
punto 16; van Bennekom, cit., punto 37, nonché 14
settembre 2006, cause riunite C-158/04 e C-159/04, Alfa Vita Vassilopoulos e
Carrefour-Marinopoulos, Racc. pag. I-8135, punto 21).

87 Tuttavia, nell’esercizio del
loro potere discrezionale in materia di tutela della sanità pubblica, gli Stati
membri devono rispettare il principio di proporzionalità. I mezzi che essi
scelgono devono essere pertanto limitati a quanto effettivamente necessario per
garantire la tutela della sanità pubblica; essi devono essere proporzionati
all’obiettivo così perseguito, il quale non avrebbe potuto
essere raggiunto con misure meno restrittive per gli scambi intracomunitari
(sentenze Sandoz, cit., punto 18; van Bennekom, cit., punto 39; 23 settembre
2003, causa C-192/01, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I-9693, punto 45, e 5 febbraio 2004, causa C-24/00,
Commissione/Francia, Racc. pag. I-1277, punto 52).

88 Inoltre, poiché l’art. 30 CE contiene una deroga, che va interpretata
restrittivamente, al principio della libera circolazione delle merci
nell’ambito della Comunità, spetta alle autorità nazionali che ad essa si
richiamano dimostrare in ciascun caso, alla luce delle abitudini alimentari
nazionali e tenuto conto dei risultati della ricerca scientifica
internazionale, che la loro normativa è necessaria per tutelare effettivamente
gli interessi considerati da tale articolo e, segnatamente, che la commercializzazione
del prodotto di cui trattasi presenta un rischio reale per la salute (v. citate
sentenze Sandoz, punto 22; van Bennekom, punto 40; Commissione/Danimarca, punto
46, e Commissione/Francia, punto 53).

89 Anche se, come rammentato al punto 86 della presente sentenza, il diritto comunitario
non osta, in linea di principio, ad un regime di previa autorizzazione, si deve
tuttavia rilevare che il rilascio un’autorizzazione all’immissione in commercio
ai sensi dell’art. 8 della direttiva 2001/83 è soggetto a requisiti
particolarmente severi.

90 Pertanto, l’obbligo di
ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio come medicinale prima di
poter commercializzare il prodotto controverso sul territorio tedesco potrà
essere considerato conforme al principio di proporzionalità solamente qualora
esso sia effettivamente necessario a garantire la tutela della sanità pubblica.

91 Una tale restrizione alla
libera circolazione delle merci deve quindi necessariamente basarsi su una
valutazione approfondita del rischio asserito dallo Stato membro che invoca
l’art. 30 CE (v., in tal senso, citate sentenze Commissione/Danimarca, punto
47, e Commissione/Francia, punto 54).

92 Nella fattispecie, per
giustificare la restrizione alla libera circolazione delle merci, la Repubblica federale di
Germania si limita a rinviare alle sue considerazioni in merito ai rischi per
la salute che deriverebbero dal preparato controverso.93 Come rilevato ai punti
73-75 della presente sentenza, occorre ricordare, da un lato, che tali
considerazioni si riferiscono principalmente agli effetti dell’aglio assunto
come alimento e non specificamente a quelli del prodotto controverso e,
dall’altro, che rischi siffatti intervengono in circostanze assai peculiari.

94 Orbene, il generico riferimento
operato dalla Repubblica federale di Germania ai rischi che possono derivare
dal consumo d’aglio per la salute in circostanze molto specifiche non può
essere sufficiente, come rilevato dall’avvocato generale al punto 79 delle sue
conclusioni, a giustificare una misura quale la sottoposizione alla procedura
particolarmente rigorosa dell’autorizzazione all’immissione in commercio di un
medicinale.

95 Per giunta, tale Stato membro,
anziché sottoporre il prodotto in questione ad una procedura siffatta, avrebbe
potuto prevedere una etichettatura appropriata, che
avvertisse i consumatori dei rischi potenziali connessi al consumo di tale
prodotto. Questa soluzione, pur essendo conforme all’obiettivo di tutela della
sanità pubblica, avrebbe comportato restrizioni meno gravi per la libera
circolazione delle merci (v., in tal senso, sentenza 14 luglio 1994, causa
C-17/93, van der Veldt, Racc. pag. I-3537, punto 19).

96 Discende da tali
considerazioni che la
Repubblica federale di Germania non ha dimostrato che la
sottoposizione del prodotto controverso al regime dei medicinali sia necessaria
ai fini della tutela della salute dei consumatori e non ecceda i limiti di quanto
è necessario per conseguire tale obiettivo. La decisione di tale Stato membro
non rispetta quindi il principio di proporzionalità.

97 Tenuto conto di tutte le
considerazioni che precedono, bisogna constatare che, avendo classificato come
medicinale un preparato di aglio in forma di capsule non corrispondente alla
definizione di medicinale ai sensi dell’art. 1, punto 2, della direttiva
2001/83, la Repubblica
federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa
incombenti in forza degli artt. 28 CE e 30 CE.

Sulle spese

98 Ai termini dell’art. 69, n. 2,
del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se
ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica federale di
Germania, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione)
dichiara e statuisce:

1) Avendo classificato come
medicinale un preparato d’aglio in forma di capsule non corrispondente alla
definizione di medicinale ai sensi dell’art. 1, punto 2, della direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un
codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, la Repubblica federale di
Germania è venuta meno agli obblighi ad essa
incombenti in forza degli artt. 28 CE e 30 CE.

2) La Repubblica federale di
Germania è condannata alle spese.

Firme

Lingua processuale: il tedesco.