Penale

Friday 16 January 2004

Secondo il Tribunale di Roma è illegittima la disciplina del procedimento per decreto penale di condanna, con riferimento all’ osservanza del termine per richiedere l’ emissione del decreto. Tribunale di Roma ordinanza 22.10.2003

Secondo il Tribunale di Roma è illegittima la disciplina del procedimento per decreto penale di condanna, con riferimento all’osservanza del termine per richiedere l’emissione del decreto

Tribunale di Roma – ordinanza 22.10.2003

                             IL TRIBUNALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.

    Visti gli atti del proc. pen. a carico di Cenni Attilio, imputato

dei  reati di cui agli artt. 582, 635 e 594 c.p., opponente a decreto

penale di condanna;

    Viste le eccezioni sollevate dalla difesa dell’imputato nel corso

dell’udienza di comparizione del 6 ottobre 2003;

    Ritenuto  che la questione di nullita’ della tardiva richiesta di

decreto  penale  per  violazione  dell’art. 178  lettere  b) e c) del

codice  di  rito,  non possa essere accolta; che invero la violazione

dell’art. 459 comma 1 c.p.p. nella parte in cui prevede il termine di

sei  mesi  dalla  iscrizione  dell’indagato nel registro n. r. per la

richiesta  del  decreto, non attiene ad un problema di iniziativa del

pubblico  ministero  nell’esercizio dell’azione penale, ma disciplina

soltanto  le  modalita’  di  esercizio  di  tale  iniziativa comunque

esercitata  dal  p.m.;  inoltre  la medesima violazione, in se’ e per

se’,   non   comporta  alcuna  lesione  del  diritto  di  intervento,

assistenza   e   rappresentanza   dell’imputato  che  resta  comunque

riconosciuto   nello  speciale  rito  monitorio,  sia  pure  in  modo

eventuale  e  differito,  nella  stessa  identica  misura  sia che la

richiesta  venga  effettuata  nel  termine  di sei mesi sia che venga

fatta oltre tale termine.

    Ritenuto  invece che la eccezione sollevata in via subordinata di

illegittimita’ costituzionale dell’art. 459 citato nella parte in cui

non  prevede  una  sanzione  processuale  in caso di inosservanza del

termine, in relazione agli artt. 3, 24, 111 della Costituzione, debba

ritenersi non manifestamente infondata;

    Che  invero  con  numerose ordinanze (vedi n. 432/1998; 325/1999;

326/1999;  458/1999;  8/2003; 32/2003; 131/2003; 132/2003; 257/2003),

la  Corte  costituzionale  ha dichiarato la manifesta infondatezza di

questioni  di  legittimita’  del  procedimento  per decreto, anche in

relazione    al   nuovo   testo   dell’art. 111   Cost.,   affermando

ripetutamente  che la specificita’ di quel procedimento, improntato a

criteri  di economia processuale e di massima speditezza, non si pone

in  contrasto ne’ con il principio di eguaglianza, ne’ con il diritto

di  difesa suscettibile di essere regolato in modo diverso per essere

adattato  alle  esigenze  dei singoli procedimenti speciali e che, in

riferimento  all’art. 111 Cost., il dettato costituzionale non impone

affatto  che  il  contraddittorio  debba sempre collocarsi nella fase

iniziale  del  procedimento  stesso,  ben potendo essere differito al

momento dell’opposizione;

    Che  in  particolare  la  Corte  costituzionale, con le ordinanze

citate, si e’ sempre pronunciata in ordine a questioni riguardanti la

mancata  previsione  della  possibilita’ della difesa di interloquire

sulla richiesta di emissione del decreto penale prima della decisione

del g.i.p., dichiarando la loro manifesta infondatezza;

    Che  nel  caso esame si sottopone alla valutazione della Corte un

profilo   diverso   di   illegittimita’   costituzionale,   collegato

all’inosservanza   del   termine   di   sei   mesi  dalla  iscrizione

dell’indagato  sul  registro  n. r.  concesso dall’art. 459, comma 1,

c.p.p.,  al pubblico ministero per presentare al giudice la richiesta

del decreto: infatti l’iscrizione di Cenni Attilio sul registro degli

indagati  risale al 1999 (querela del 27 gennaio 1999, informativa di

p.g.  alla  Procura  della  Repubblica  in data 24 febbraio 1999), la

richiesta di decreto penale e’ stata depositata nella cancelleria del

g.i.p. il 12 gennaio 2001, a quasi due anni di distanza;

    Che  questo termine, secondo la consolidata interpretazione della

Corte  di  legittimita’  ormai  perdurante da piu’ di un decennio, ha

natura  meramente  ordinatoria con la conseguenza che, essendo la sua

inosservanza  priva  di  sanzione,  il decreto di condanna emesso dal

giudice  a  fronte  di una richiesta tardiva non e’ comunque invalido

ne’ puo’ essere revocato;

    Che  nel rigettare le varie questioni sottoposte al suo vaglio la

Corte  costituzionale  ha sempre sostenuto che la diversa regolazione

dell’esercizio  del  diritto  di  difesa  nel  procedimento monitorio

(diritto differito alla fase processuale conseguente all’opposizione)

trova   la  sua  giustificazione  e  la  sua  ragion  d’essere  nella

specificita’  di  tale  procedimento improntato a criteri di economia

processuale  e di massima speditezza: e’ dunque la celerita’ del rito

–  assicurata  dall’osservanza del termine di sei mesi di cui sopra –

uno  dei  due  elementi  che  possono giustificare quella particolare

disciplina del diritto di difesa;

    Che  ove  quel  termine  al  contrario non venga rispettato viene

percio’ meno una delle principali ragioni sulle quali si regge quella

disciplina,  con  la  conseguenza  che il differimento delle garanzie

difensive risulterebbe ingiustificato rispetto ad un rito speciale le

cui caratteristiche non siano osservate;

    Che  in  definitiva  l’art. 459,  comma  1,  c.p.p., interpretato

secondo  il  diritto vivente nel senso che il termine di sei mesi per

la  richiesta  del  decreto  e’  privo  di  sanzione  processuale (di

inammissibilita’  o  di  nullita),  verrebbe  a  ledere il diritto di

difesa  dell’imputato  (art. 24  Cost.) nel senso sopra delineato; il

principio  della  durata ragionevole del processo (art. 111, comma 2,

Cost.),  in  quanto  non porrebbe limiti temporali sanzionabili ad un

procedimento  speciale a struttura estremamente semplificata quale il

procedimento  per  decreto;  il  principio  secondo cui l’accusato ha

diritto  ad  essere  informato  nel  piu’ breve tempo possibile della

natura  e  dei  motivi  dell’accusa  a suo carico (art. 111, comma 3,

Cost.),  in  quanto questo diritto verrebbe ad essere ritardato senza

limiti di tempo;

    Che  la  questione e’ di indubbia rilevanza nel processo in corso

poiche’  il  suo  accoglimento  determinerebbe  una  declaratoria  di

nullita’  o  inammissibilita’  della  richiesta  del decreto penale e

degli atti conseguenti, con regressione del procedimento.

                              P. Q. M.

    1)  Rigetta  l’eccezione  di  nullita’ della richiesta di decreto

penale, sollevata dalla difesa.

    2)  Dichiara  la  rilevanza e la non manifesta infondatezza della

questione  di  legittimita’  costituzionale  dell’art. 459,  comma 1,

c.p.p.,   nella parte in cui non prevede una sanzione processuale alla

inosservanza  del  termine  di  sei  mesi  per la presentazione della

richiesta  di  decreto  penale,  per violazione degli artt. 24 e 111,

commi 2 e 3 della Costituzione.

    Dispone   l’immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte

costituzionale e sospende il giudizio in corso.

    Ordina  che  la  presente ordinanza, letta in udienza alle parti,

sia  notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata

ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

        Roma, addi’ 22 ottobre 2003

                         Il giudice: Liotta

04C0025