Imprese ed Aziende

Monday 22 September 2003

Sanzionata la Volkswagen per violazione della concorrenza. Corte di Giustizia Europea – Sezione sesta – sentenza 18 settembre 2003

Sanzionata la Volkswagen per violazione della concorrenza

Corte di Giustizia Europea Sezione sesta – sentenza 18 settembre 2003

Presidente Puissochet relatore Skouris

Ricorrente Volkswagen AG

Causa C-338/00 «Ricorso avverso una pronuncia del Tribunale di primo grado – Concorrenza – Distribuzione di autoveicoli – Compartimentazione – Articolo 85 del Trattato CE (divenuto articolo 81 CE) – Regolamento (CEE) n. 123/85 – Imputabilità dellinfrazione allimpresa interessata – Diritto ad essere sentiti – Obbligo di motivazione – Conseguenze giuridiche derivanti dalla divulgazione di informazioni alla stampa – Incidenza della regolarità della notificazione sulla determinazione dellimporto dellammenda – Ricorso incidentale»

1. Con ricorso depositato nella cancelleria della Corte il 14 settembre 2000, la Volkswagen AG, ai sensi dellarticolo 49 dello Statuto CE della Corte di giustizia, ha proposto un ricorso contro la sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee il 6 luglio 2000 nella causa T-62/98, Volkswagen/Commissione (Raccolta pagina II-2707; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale questultimo ha parzialmente respinto il suo ricorso diretto allannullamento della decisione della Commissione 28 gennaio 1998, 98/273/CE, relativa ad un procedimento a norma dellarticolo 85 del Trattato CE (IV/35.733 – VW)(GU L 124, pagina 60; in prosieguo: la «decisione» o la «decisione impugnata»).

Contesto normativo

2. Il regolamento (CEE) della Commissione 12 dicembre 1984, n. 123/85, relativo allapplicazione dellarticolo 85, paragrafo 3, del Trattato CEE a categorie di accordi per la distribuzione di autoveicoli e il servizio di assistenza alla clientela (GU 1985, L 15, pagina 16) esenta i contratti di concessione in materia di distribuzione di autoveicoli, a determinate condizioni, dallapplicazione dellarticolo 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto articolo 81, n. 1, CE).

3. I detti accordi sono definiti dal primo considerando del regolamento n. 123/85 come «(…) degli accordi di durata determinata o indeterminata con i quali il contraente fornitore (il fornitore) conferisce al contraente rivenditore (il distributore) lincarico di promuovere la distribuzione di determinati prodotti del settore degli autoveicoli (i prodotti contrattuali) ed il relativo servizio assistenza a clienti in un territorio determinato (il territorio contrattuale) e con i quali il fornitore si impegna nei confronti del distributore a fornire, ai fini della rivendita, prodotti contrattuali nel territorio contrattuale soltanto al distributore o, oltre a questultimo, soltanto a un numero determinato di imprese».

4. Ai sensi del nono considerando dello stesso regolamento «[l]e restrizioni imposte alle attività del distributore al di fuori del territorio contrattuale lo stimolano a concentrare la sua attività di distribuzione e di assistenza alla clientela in una zona definita e controllabile, a migliorare la propria conoscenza del mercato e delle esigenze dei consumatori e ad orientare la propria offerta in funzione della domanda (articolo 3, punti 8 e 9) (…)».

5. Larticolo 1 del regolamento n. 123/85 così dispone:

«Larticolo 85, paragrafo 1, del Trattato è dichiarato inapplicabile, ai sensi dellarticolo 85, paragrafo 3, alle condizioni stabilite dal presente regolamento agli accordi ai quali partecipano solo due imprese e nei quali un contraente simpegna nei confronti dellaltro a fornire, allinterno di un territorio definito del mercato comune:

1) soltanto a questultimo, o

2) soltanto a questultimo e ad un numero determinato di imprese della rete distributiva,

ai fini della rivendita, autoveicoli a tre o più ruote per lutilizzazione sulla via pubblica (…)».

6. Larticolo 2 del regolamento n. 123/85 precisa che lesenzione accordata ai sensi dellarticolo 85, n. 3, del Trattato, si applica anche «quando limpegno di cui allarticolo 1 è legato allimpegno con il quale il fornitore si obbliga a non vendere prodotti contrattuali ad utilizzatori finali nel territorio contrattuale (…)».

7. Larticolo 3 del regolamento n. 123/85 stabilisce quanto segue:

«Lesenzione (…) si applica egualmente quando [laccordo di distribuzione selettiva] è legato allimpegno con il quale il distributore si obbliga:

(…)

8) al di fuori del territorio contrattuale

a) a non mantenere succursali o depositi per la distribuzione di prodotti contrattuali e di prodotti corrispondenti;

b) a non ricercare clienti per i prodotti contrattuali e prodotti corrispondenti;

9) a non affidare a terzi la distribuzione di prodotti contrattuali e di prodotti corrispondenti ed il relativo servizio assistenza, al di fuori del territorio contrattuale;

10) a non fornire ad un rivenditore:

a) prodotti contrattuali e prodotti corrispondenti, salvo se il rivenditore è unimpresa della rete distributiva,

(…)

11) a vendere autoveicoli (…) ad utilizzatori finali che si avvalgono dei servizi di un intermediario, soltanto se detti utilizzatori abbiano preliminarmente conferito mandato scritto allintermediario ad acquistare e, in caso di consegna a questultimo, a ritirare un autoveicolo determinato».

8. Larticolo 4, n. 1, del medesimo regolamento recita così:

«Allapplicazione degli articoli 1, 2 e 3 non osta lobbligo del distributore:

(…)

3) di cercare di vendere nel territorio contrattuale, nel corso di periodi determinati, un numero minimo di prodotti contrattuali deciso dal fornitore in base a stime previsionali delle vendite del distributore qualora le parti non si siano accordate in merito;

(…)

8) di informare in generale gli utilizzatori finali qualora utilizzi anche pezzi di ricambio di terzi per la riparazione o la manutenzione di prodotti contrattuali o di prodotti corrispondenti;

(…)»

9. Il regolamento n. 123/85, a partire dal 1. ottobre 1995, è stato sostituito dal regolamento (CE) della Commissione 28 giugno 1995, n. 1475, relativo allapplicazione dellarticolo 85, paragrafo 3 del Trattato a categorie di accordi per la distribuzione di autoveicoli e il relativo servizio di assistenza alla clientela (GU L 145, pagina 25).

10. Il dettato degli articoli 1, 2 e 3 del regolamento n. 1475/95 è pressappoco identico a quello delle corrispondenti disposizioni del regolamento n. 123/85. Larticolo 6, n. 1, del regolamento n. 1475/95 stabilisce quanto segue:

«Lesenzione non si applica:

(…)

3) quando (…) i contraenti stipulano restrizioni di concorrenza che non sono espressamente esentate in base al presente regolamento,

(…)

7) quando il costruttore, il fornitore o unaltra impresa della rete restringe direttamente o indirettamente la libertà degli utilizzatori finali, degli intermediari con mandato o dei distributori di rifornirsi, presso unimpresa della rete di loro scelta allinterno del mercato comune, di prodotti contrattuali o di prodotti corrispondenti (…), o la libertà degli utilizzatori finali di rivendere prodotti contrattuali o prodotti corrispondenti, purché la vendita non sia realizzata a fini commerciali,

ovvero

8) quando il fornitore, senza motivo oggettivamente giustificato, concede ai distributori compensi calcolati in funzione del luogo di destinazione degli autoveicoli rivenduti o del domicilio dellacquirente.

(…)».

Fatti allorigine della controversia e procedimento dinanzi al Tribunale

11. I fatti allorigine della controversia sono esposti nella sentenza impugnata nei termini seguenti:

«1 La ricorrente è la società holding del gruppo Volkswagen. Le attività commerciali del gruppo comprendono la produzione di autoveicoli delle marche Volkswagen, Audi, Seat e Skoda, nonché la produzione di componenti e di parti. (…)

2 Gli autoveicoli di marca Volkswagen e Audi sono venduti nella Comunità tramite reti di distribuzione selettiva. Limportazione in Italia di tali autoveicoli, delle loro parti separate e degli accessori viene garantita in esclusiva dalla società di diritto italiano Autogerma SpA (in prosieguo: Autogerma), con sede a Verona, che è controllata integralmente dalla ricorrente e che perciò costituisce con questultima e con Audi una unità economica. La distribuzione in Italia avviene tramite concessionari indipendenti dal punto di vista giuridico ed economico, ma legati contrattualmente ad Autogerma.

(…)

Dal settembre 1992 e nel 1993 la lira italiana si è notevolmente svalutata nei confronti del marco tedesco. Tuttavia, la ricorrente non ha aumentato proporzionalmente i propri prezzi di vendita in Italia. Le differenze di prezzo derivanti da tale situazione hanno determinato un interesse economico alla riesportazione, dallItalia, degli autoveicoli di marca Volkswagen e Audi.

Nel corso del 1994 e del 1995 la Commissione ha ricevuto lettere da parte di consumatori tedeschi e austriaci che lamentavano lesistenza di ostacoli allacquisto in Italia di autoveicoli nuovi delle marche sopra citate, per la loro successiva riesportazione in Germania o in Austria.

Con lettera 24 febbraio 1995 la Commissione ha informato la ricorrente di aver accertato, sulla base delle denunce provenienti dai consumatori tedeschi, che la ricorrente stessa o Autogerma avevano imposto ai concessionari italiani delle marche Volkswagen e Audi di vendere autoveicoli unicamente a clienti italiani, dietro minaccia di risoluzione del contratto di concessione. Nella medesima lettera la Commissione ha ingiunto alla ricorrente di porre fine a questo ostacolo alla riesportazione e di comunicarle, entro tre settimane dal ricevimento della missiva, i provvedimenti adottati al riguardo.

(…)

Il 17 ottobre 1995 la Commissione ha adottato una decisione con cui disponeva accertamenti in forza dellarticolo 14, n. 3, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento dapplicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato (GU 1962, n. 13, pagina 204). Gli accertamenti sono stati effettuati il 23 e il 24 ottobre 1995 (…)

Sulla base dei documenti raccolti nel corso degli accertamenti, la Commissione ha ritenuto che la ricorrente, Audi e Autogerma avessero concordato con i rispettivi concessionari italiani una politica di compartimentazione del mercato. Il 25 ottobre 1996 la Commissione ha notificato alla ricorrente e ad Audi una comunicazione di addebiti in tal senso.

Con lettera 18 novembre 1996 la ricorrente e Audi hanno richiesto laccesso al fascicolo, del quale hanno preso visione il 5 dicembre 1996.

Il 19 dicembre 1996, dietro domanda esplicita della ricorrente, Autogerma ha inviato una circolare ai concessionari italiani, precisando che le esportazioni destinate agli utenti finali (se del caso, tramite intermediari) o a concessionari appartenenti alla rete di distribuzione erano lecite e, pertanto, non avrebbero costituito oggetto di sanzioni. La circolare indicava inoltre che lo sconto accordato ai concessionari sul prezzo di vendita degli autoveicoli ordinati, definito margine, e il pagamento del loro premio erano del tutto indipendenti dal fatto che gli autoveicoli fossero stati venduti allinterno o allesterno del loro territorio contrattuale.

(…)

Il 28 gennaio 1998 la Commissione ha adottato la decisione [impugnata], nella quale la ricorrente viene indicata come lunico destinatario. A questo proposito la Commissione spiega che la ricorrente è responsabile dellinfrazione rilevata, in quanto capogruppo di Audi e Autogerma e consapevole delle attività svolte da queste. Quanto ai concessionari italiani, secondo la Commissione essi non avevano partecipato attivamente agli ostacoli alla riesportazione ma, in quanto vittime della politica restrittiva attuata dalle case costruttrici e da Autogerma, erano stati costretti ad accettare tale politica dietro pressione.

(…)

Quanto alle misure adottate dalla ricorrente e da Audi, la Commissione menziona lintroduzione, da parte della ricorrente, di un sistema di margine scaglionato (…). La Commissione menziona inoltre la limitazione delle scorte dei concessionari da parte della ricorrente e di Audi. Tale misura, accompagnata da una politica di rifornimento limitato, avrebbe determinato un allungamento considerevole dei tempi di consegna e indotto alcuni clienti ad annullare le proprie ordinazioni. Essa avrebbe inoltre consentito ad Autogerma di respingere le richieste di consegna dei concessionari tedeschi (forniture incrociate allinterno della rete distributiva Volkswagen). La Commissione richiama inoltre le condizioni fissate da Audi e da Autogerma per calcolare il premio trimestrale del 3% pagato ai concessionari in base al numero di autoveicoli venduti.

Tra le sanzioni che Autogerma ha inflitto ai concessionari la Commissione cita la risoluzione di alcuni contratti di concessione e la soppressione del premio trimestrale del 3% per le vendite effettuate fuori del territorio contrattuale.

(…)

La Commissione conclude sostenendo che tali misure, che rientrano tutte nei rapporti contrattuali tra le case costruttrici, tramite Autogerma, e i concessionari italiani delle rispettive reti di distribuzione selettiva, derivano da un accordo o da una pratica concordata e costituiscono una violazione dellarticolo 85, n. 1, del Trattato, in quanto espressione della messa in atto di una politica di compartimentazione del mercato. La Commissione precisa che tali misure non rientrano nei regolamenti n. 123/85 e n. 1475/95, dal momento che questi ultimi non contengono alcuna disposizione che consenta di esentare un accordo inteso a prevenire le esportazioni parallele da parte dei consumatori finali, di intermediari da questi incaricati o di altri rivenditori appartenenti alla rete distributiva. Essa precisa altresì che la concessione di unesenzione individuale è esclusa nel caso di specie, dal momento che la ricorrente, Audi e Autogerma non hanno notificato nessun elemento dellaccordo concluso con i concessionari e che, in ogni caso, gli ostacoli alla riesportazione costituiscono un pregiudizio per lobiettivo della protezione dei consumatori definito dallarticolo 85, n. 3, del Trattato.

(…)

Allarticolo 1 della decisione la Commissione dichiara che la ricorrente, congiuntamente alle sue controllate Audi e Autogerma, ha violato larticolo 85, paragrafo 1, del Trattato, in quanto si è accordata con i concessionari italiani della sua rete di distribuzione al fine di vietare o limitare le vendite ai consumatori finali di altri Stati membri, che agissero direttamente o tramite mandatari, nonché ad altri concessionari della rete distributiva stabiliti in un altro Stato membro. Allarticolo 2 della decisione essa ordina alla ricorrente di porre fine a tali violazioni e le ingiunge, a tale scopo, di adottare tra le altre misure quelle da essa elencate.

Allarticolo 3 della decisione la Commissione infligge unammenda di ECU 102 milioni alla ricorrente a causa della gravità dellinfrazione accertata. Al riguardo, la Commissione ritiene che lostacolo frapposto alle esportazioni parallele di autoveicoli da parte dei consumatori finali, nonché alle forniture incrociate allinterno della rete di concessionari, pregiudica lobiettivo della creazione di un mercato comune, che è uno dei principi fondamentali della Comunità europea, per cui linfrazione accertata è particolarmente grave. A ciò si aggiunge che le norme applicabili in materia sono state emanate già da diversi anni e che il gruppo Volkswagen detiene nella Comunità la quota di mercato più alta tra i produttori di autoveicoli. La Commissione inoltre cita alcuni documenti per dimostrare che la ricorrente era pienamente cosciente del fatto che il suo comportamento era contrario allarticolo 85 del Trattato. Essa sottolinea altresì come linfrazione si sia protratta per più di dieci anni. Infine, la Commissione ha considerato, come circostanze aggravanti, il fatto che la ricorrente, da un lato, non ha posto fine alle misure incriminate sebbene essa le avesse inviato due lettere nel 1995 segnalandole come il comportamento diretto ad impedire o restringere le esportazioni parallele dallItalia costituisse una violazione delle norme sulla concorrenza e, dallaltro, ha sfruttato la situazione di dipendenza esistente tra una casa automobilistica e i concessionari, situazione che nel caso di specie è stata allorigine di perdite sostanziali in termini di volume daffari per numerosi rivenditori. A questo proposito, nella decisione è indicato come Audi e Autogerma abbiano minacciato più di cinquanta concessionari di risolvere il loro contratto nel caso in cui avessero continuato a vendere autoveicoli a clienti stranieri e come dodici contratti di concessione siano stati effettivamente risolti, mettendo in tal modo in pericolo lesistenza delle imprese interessate.

La decisione è stata notificata con lettera inviata il 5 febbraio 1998 alla ricorrente e da questa ricevuta il giorno seguente.

(…)».

12. Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l8 aprile 1998 la ricorrente ha proposto un ricorso contro tale decisione.

13. A sostegno del suo ricorso la ricorrente ha fatto valere in sostanza cinque motivi di annullamento. Il primo e il secondo motivo si basavano, rispettivamente, su errori di fatto e di diritto nellapplicazione dellarticolo 85 del Trattato. Gli altri tre motivi attenevano alla violazione del principio di buona amministrazione, dellobbligo di motivazione e del diritto di essere sentiti.

14. La ricorrente ha inoltre sollevato, in subordine, un motivo volto ad ottenere la riduzione dellammenda inflitta dalla decisione impugnata, in quanto eccessiva.

15. In particolare, a sostegno del suo primo e secondo motivo, la ricorrente ha sostenuto segnatamente che:

– per quanto riguarda lostacolo derivante dal sistema dei premi e lasserita violazione del regolamento n. 123/85, il premio del 3% era stato concesso logicamente in funzione del corretto adempimento dellobbligazione del concessionario che consiste nel concentrare la sua attività sul suo territorio contrattuale; di conseguenza, la regola del 15%, secondo cui per il calcolo del premio si dovrebbero tenere in considerazione tutte le vendite, ma quelle effettuate fuori del territorio contrattuale vengono valutate solo se non superano il 15% delle vendite complessive del concessionario (in prosieguo: la «regola del 15%»), era perfettamente giustificata dai termini stessi del regolamento n. 123/85 (primo e nono considerando e articolo 4, n. 1, punto 3, dello stesso);

– contrariamente a quanto sostiene la Commissione, non è mai stato introdotto un sistema di margine scaglionato;

– la Commissione ha erroneamente dichiarato che la condotta commerciale delle case costruttrici e delle loro reti distributive in Italia nei confronti dei consumatori di altri Stati membri costituiva un ostacolo alle riesportazioni;

– tutte le risoluzioni dei contratti di concessione sulle quali si basa la Commissione riguardavano concessionari che avevano più volte venduto autoveicoli a rivenditori non autorizzati e che avevano occasionalmente commesso anche altre gravi violazioni dei loro obblighi contrattuali;

– i comportamenti addebitati non sono continuati dopo lottobre del 1995; i documenti raccolti dalla Commissione si riferivano solo al periodo 1993-1995, e

– una limitazione dei rifornimenti sul mercato italiano non può essere qualificata come accordo ai sensi dellarticolo 85, n. 1, del Trattato.

16. Nellambito del suo terzo motivo, relativo ad una violazione del principio di buona amministrazione, la ricorrente contestava alla Commissione di aver dato pubblicità alle sue valutazioni ed intenzioni in merito allammenda prima delladozione della decisione impugnata.

17. Con il suo quarto motivo, relativo ad una motivazione insufficiente della decisione impugnata, la ricorrente sosteneva che le sue obiezioni e quelle sollevate dalla Audi nel corso del procedimento amministrativo erano state insufficientemente esaminate. La Commissione infatti non avrebbe tenuto in considerazione, nella detta decisione, lanalisi dei documenti presentata per ribattere alla comunicazione degli addebiti.

18. Infine, a sostegno del suo motivo subordinato, relativo al carattere eccessivo dellammenda che le è stata inflitta, la ricorrente sosteneva di non aver mai avuto lintenzione di commettere infrazioni e che i documenti citati nella decisione impugnata per dimostrare il contrario (punto 214 della motivazione) erano stati interpretati in modo del tutto erroneo dalla Commissione. Essa ha anche fatto valere che la regola del 15% era stata esplicitamente stipulata nella «convenzione B» (convenzione allegata al contratto di concessione), la quale era stata notificata alla Commissione nel 1988; di conseguenza, conformemente allarticolo 15, n. 5, del regolamento n. 17, non le poteva essere inflitta alcuna ammenda a causa del fatto che essa aveva applicato tale regola.

Sentenza impugnata

Sullostacolo risultante dal sistema di premio e sullasserita violazione del regolamento n. 123/85

19. Il Tribunale ha in particolare affermato quanto segue:

«49 Va rilevato che tale regola [del 15%] poteva indurre i concessionari italiani a vendere allinterno del loro territorio contrattuale almeno l85% degli autoveicoli disponibili. Di conseguenza, essa limitava la possibilità per gli utenti finali e per i concessionari di altri Stati membri di acquistare autoveicoli in Italia, e questo soprattutto in periodi nei quali, da un lato, tali acquisti presentavano per loro un grande interesse e, dallaltro, il numero degli autoveicoli disponibili per la vendita in tale Stato era limitato (…). Di conseguenza, la Commissione ha potuto giustamente concludere, al punto 181 della motivazione, che la regola del 15% esulava dallambito dellesenzione accordata dal regolamento n. 123/85. Infatti, seppure il regolamento n. 123/85 offre ai produttori strumenti significativi per proteggere le loro reti commerciali, esso non li autorizza ad adottare misure che contribuiscono a compartimentare i mercati (sentenza della Corte 24 ottobre 1995, causa C-70/93, Bayerische Motorenwerke, Raccolta pagina I-3439, punto 37).

(…)

189 (…) si deve rilevare che la regola del 15% è rimasta in vigore ininterrottamente tra il 1° gennaio 1988 e il 30 settembre 1996 (…) e da ciò consegue che la ricorrente ha violato le norme comunitarie sulla concorrenza durante tutto questo periodo (v. supra, punto 49). (…)».

Sullintroduzione di un sistema di margine scaglionato

20. Il Tribunale, al punto 72 della sentenza impugnata, ha affermato che la Commissione non ha dimostrato in modo sufficientemente preciso e concordante lattuazione, in forma di accordo o di pratica concordata, di un sistema di margine scaglionato e che la decisione impugnata contiene, pertanto, un errore di valutazione su questo punto.

Sullostacolo derivante dal comportamento commerciale nei confronti dei consumatori

21. Il Tribunale in particolare ha affermato quanto segue:

«105 Si deve rilevare che largomento della ricorrente è manifestamente contraddetto dallelevato numero di denunce che consumatori di Stati membri diversi dallItalia, per lo più di nazionalità tedesca o austriaca, hanno inviato, specie nel corso del 1995, tanto alla ricorrente, a Audi o ad Autogerma quanto alla Commissione. Su richiesta del Tribunale di comunicare tutte le lettere dei consumatori ricevute o in suo possesso, la Commissione ha prodotto più di sessanta lettere o fax aventi come oggetto comune la denuncia di ostacoli in cui i consumatori si erano imbattuti nellacquistare un autoveicolo di marca Volkswagen o Audi in Italia. E sufficiente citare, qui di seguito, parte della corrispondenza esaminata dalla Commissione nella decisione impugnata».

22. Dopo aver riportato, ai punti 106-114 della sentenza impugnata, parte di tale corrispondenza, il Tribunale ha constatato quanto segue:

«115 Da tali documenti emerge in modo sufficientemente rappresentativo che, durante il periodo di cui trattasi, un cliente potenziale non domiciliato in Italia incontrava enormi difficoltà a trovare un concessionario italiano delle marche Volkswagen e Audi disposto a vendergli un autoveicolo. Di conseguenza, la Commissione ha potuto giustamente trarre la conclusione che la condotta commerciale delle case costruttrici e delle loro reti di distribuzione in Italia nei confronti dei consumatori di altri Stati membri costituiva anchessa un ostacolo alle riesportazioni».

Sulle sanzioni di cui sarebbero stati oggetto i concessionari

23. Il Tribunale, al punto 169 della sentenza impugnata, ha rilevato che gli elementi di prova forniti dalla Commissione riguardo alla risoluzione dei contratti di concessione non portano ad escludere che siano state effettivamente inflitte sanzioni soltanto ai concessionari che, assieme ad altre violazioni dei propri obblighi contrattuali, avevano effettuato vendite di veicoli a rivenditori non autorizzati e che, di conseguenza, la Commissione ha commesso un errore di valutazione ritenendo dimostrato che la risoluzione dei contratti di concessione in questione costituisse una misura illegittima.

Sulla durata degli ostacoli alla riesportazione

24. Al punto 192 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione non ha dimostrato pienamente che la ricorrente fosse ancora inadempiente durante il periodo compreso tra il 1° ottobre 1996 e il gennaio 1998.

Sulla questione se una limitazione del rifornimento del mercato italiano costituisca un accordo ai sensi dellarticolo 85, n. 1, del Trattato

25. Il Tribunale in particolare ha affermato quanto segue:

«236 Secondo una costante giurisprudenza, un invito rivolto da un produttore di autoveicoli ai suoi rivenditori non costituisce un atto unilaterale che esulerebbe dal divieto dellarticolo 85, n. 1, del Trattato, bensì un accordo ai sensi della medesima disposizione, allorché si inserisce in un complesso di rapporti commerciali continuativi disciplinati da un accordo generale predeterminato (sentenze della Corte 17 settembre 1985, cause riunite 25/84 e 26/84, Ford/Commissione, Raccolta pagina 2725, punto 21, e Bayerische Motorenwerke, cit., punti 15 e 16). Questa giurisprudenza trova applicazione nel caso di specie. Infatti, come emerge dallesame del primo motivo (v. supra, in particolare punti 49, 58, 89-92 e [162-165]), la regola del 15%, la limitazione dei rifornimenti, i controlli e le intimidazioni miravano a condizionare i concessionari italiani nellesecuzione del loro contratto con Autogerma».

Sulla violazione del principio di buona amministrazione a causa della divulgazione di informazioni alla stampa

26. Il Tribunale ha dichiarato, ai punti 280-282 della sentenza impugnata che, prima di adottare la decisione impugnata, un elemento fondamentale del progetto di questa sottoposto al comitato consultivo e, successivamente, al collegio dei commissari per lapprovazione definitiva è stato oggetto di numerose divulgazioni alla stampa; che queste divulgazioni non si limitavano ad esprimere il punto di vista personale del membro della Commissione competente per le questioni di concorrenza sulla compatibilità delle misure esaminate con il diritto comunitario, ma informavano altresì il pubblico, con un elevato grado di precisione, sullimporto previsto dellammenda. Ha considerato che, procedendo in tal modo, la Commissione ha pregiudicato la dignità dellimpresa incriminata e gli interessi di una buona amministrazione comunitaria.

27. Il Tribunale ha continuato il suo ragionamento nei seguenti termini:

«283 Secondo una costante giurisprudenza, unirregolarità come quella appena esaminata può comportare lannullamento della decisione di cui trattasi se si dimostra che, in mancanza della stessa, la suddetta decisione avrebbe avuto un contenuto diverso (sentenza della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73-48/73, 50/73, 54/73-56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Raccolta pagina 1663, punto 91; sentenza Dunlop Slazenger/Commissione, [causa T-43/92, Raccolta pagina II-441], punto 29). Nel caso di specie, la ricorrente non ha fornito una simile prova. Infatti, nulla lascia supporre che, se le informazioni controverse non fossero state diffuse, il comitato consultivo o il collegio dei commissari avrebbero modificato limporto dellammenda o il contenuto della decisione proposti.

284 Pertanto, anche questo capo del terzo motivo va respinto (…)».

Sullinsufficiente motivazione della decisione impugnata

28. Il Tribunale ha, in particolare, affermato quanto segue:

«297 La motivazione della decisione impugnata, conformemente ai requisiti di cui allarticolo 190 del Trattato CE (divenuto articolo 253 CE), fa apparire in maniera chiara e non equivoca liter logico seguito dalla Commissione e in tal modo consente alla ricorrente di conoscere le ragioni della decisione stessa al fine di difendere i propri diritti e al Tribunale di esercitare il proprio controllo sulla sua fondatezza (v. sentenza della Corte 15 maggio 1997, causa C-278/95 P, Siemens/Commissione, Raccolta pagina I-2507, punto 17, e sentenze del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-150/89, Martinelli/Commissione, Raccolta pagina II-1165, punto 65, e [21 ottobre 1997], Deutsche Bahn/Commissione, [causa T-229/94, Raccolta pagina II-1689], punto 96).

298 Infatti, nella decisione impugnata vengono spiegati chiaramente, per ciascuno dei diversi comportamenti incriminati, i motivi per i quali la Commissione ha ritenuto che la ricorrente avesse violato larticolo 85, n. 1, del Trattato. Le analisi effettuate dalla Commissione hanno consentito al Tribunale di esercitare il proprio controllo di legittimità. Parimenti, tanto nel ricorso quanto nel prosieguo del procedimento, la ricorrente ha replicato alle considerazioni della Commissione esposte nella decisione in merito allaccertamento dellinfrazione, il che prova che la decisione forniva le indicazioni necessarie per consentirle di tutelare i suoi diritti.

299 Peraltro, nella decisione, e più precisamente ai punti 194-201 della motivazione, la Commissione ha esplicitamente ribattuto, come indicato al punto 27 della presente sentenza, ad alcune osservazioni presentate dalla ricorrente e da Audi in risposta alla comunicazione degli addebiti. Occorre aggiungere al riguardo che la Commissione non era tenuta a rispondere alle obiezioni specifiche della ricorrente, come quelle relative alla politica da essa seguita in tema di margine. Era sufficiente che la Commissione spiegasse chiaramente e in modo inequivoco, come ha fatto ai punti 62-66 della motivazione, le ragioni per cui riteneva che fosse stato applicato un sistema di margine scaglionato (v. sentenza Siemens/Commissione, cit., punti 17 e 18). Parimenti, la Commissione ha pienamente motivato le proprie analisi dei documenti raccolti spiegando diffusamente le ragioni per cui riteneva che essi dimostrassero lesistenza dellinfrazione addotta, senza ribattere puntualmente alle diverse interpretazioni che di tali motivi la ricorrente forniva nella risposta alla comunicazione degli addebiti (…)».

Sul carattere eccessivo dellammenda inflitta

29. Per quanto riguarda, innanzi tutto, lintenzionalità dellinfrazione, il Tribunale ha giudicato che:

«334 Per quanto riguarda la prima questione, è chiaro che, nel caso di specie, la Commissione ha valutato il carattere intenzionale, e non semplicemente colposo, dellinfrazione (punto 214 della motivazione). Tale valutazione risulta pienamente giustificata. Infatti, come osservato in precedenza nellambito del primo motivo, la ricorrente ha adottato misure dirette alla compartimentazione del mercato italiano e, quindi, volte ad ostacolare il gioco della concorrenza (…). Daltronde, perché uninfrazione alle norme sulla concorrenza contenute nel Trattato si possa considerare intenzionale, non è necessario che limpresa sia stata conscia di trasgredire un divieto posto da tali norme; è sufficiente che essa non potesse ignorare che il suo comportamento aveva come scopo la restrizione della concorrenza (sentenze del Tribunale 2 luglio 1992, causa T-61/89, Dansk Pelsdyravlerforening/Commissione, Raccolta pagina II-1931, punto 157, e 6 aprile 1995, causa T-143/89, Ferriere Nord/Commissione, Raccolta pagina II-917, punto 41). Orbene, tenuto conto dellesistenza di una giurisprudenza consolidata che ritiene incompatibili con le norme comunitarie sulla concorrenza comportamenti di compartimentazione del mercato (…), la ricorrente non poteva ignorare che la sua condotta ostacolava il gioco della concorrenza».

30. Quanto alla questione poi se la regola del 15% sia stata notificata alla Commissione e alle conseguenze che ne derivano per la determinazione dellammenda nella decisione impugnata, il Tribunale ha affermato quanto segue:

«342 Quanto allargomento secondo il quale la convenzione B era stata notificata nel 1988 e, di conseguenza, la Commissione non poteva sanzionare la ricorrente per la regola del 15% convenuta nel suddetto accordo, va ricordato, in primo luogo, che il divieto imposto dallarticolo 15, n. 5, lettera a), del regolamento n. 17 di infliggere ammende per comportamenti posteriori alla notificazione alla Commissione ed anteriori alla decisione con la quale questa concede o rifiuta lapplicazione dellarticolo 85, paragrafo 3 del Trattato, nella misura in cui essi restano nei limiti dellattività descritta nella notificazione vale solo per gli accordi effettivamente notificati conformemente alle modalità prescritte (sentenza della Corte 10 dicembre 1985, cause riunite 240/82, 241/82, 242/82, 261/82, 262/82, 268/82, 269/82, Stichting Sigarettenindustrie/Commissione, Raccolta pagina 3831, punto 77; sentenza [del Tribunale 21 febbraio 1995, causa T-29/92] SPO e a./Commissione, [Raccolta pagina II-289,] punto 342; v. altresì sentenza della Corte 10 luglio 1980, causa 30/78, Distillers Company/Commissione, Raccolta pagina 2229, punti 23 e 24). Va inoltre rilevato che, con lettera datata 25 novembre 1988 (allegato 3 al controricorso), la Commissione aveva informato Autogerma del fatto che la comunicazione da parte sua della Convenzione B non costituiva notificazione ai sensi del regolamento n. 17 (…).

343 A prescindere dallaccertare se la comunicazione della convenzione B costituisse o meno una notificazione ai sensi del regolamento n. 17, il fatto stesso che tale convenzione fosse stata comunicata alla Commissione già nel 1988 avrebbe dovuto indurre questultima a non considerarla, di per sé, un elemento che giustificava la maggiorazione dellimporto fissato per la gravità dellinfrazione (punto 217 della motivazione). Pertanto, il periodo 1988-1992, per il quale la regola del 15% stipulata nella convenzione B costituisce il solo atto incriminato (punto 202 della motivazione), non devessere preso in considerazione per la fissazione dellammenda, anche se tale regola è stata giustamente qualificata come incompatibile con il Trattato (v., su questultimo aspetto, i punti 49 e 189 della presente sentenza).

344 In compenso, la regola del 15% poteva essere tenuta in considerazione, per fissare lammenda, per il periodo 1993-1996. Infatti, come osservato in precedenza (…), nel corso di tale periodo il limite massimo previsto dalla regola del 15% è stato combinato e, di conseguenza, rafforzato, con altre misure, allo scopo di ostacolare le riesportazioni. (…) Di conseguenza, pur essendo accertato che la convenzione B era stata notificata, occorrerebbe comunque rilevare che dal 1993 lapplicazione della regola del 15% aveva superato i limiti dellattività descritta nel testo della convenzione comunicata alla Commissione, per cui, in forza del dettato chiaro dellarticolo 15, n. 5, lettera a), del regolamento n. 17, lesenzione dallammenda non andrebbe applicata. Di conseguenza, sarebbe stato opportuno assumere come data di inizio del periodo da prendere in considerazione per fissare lammenda il 1° settembre 1993 (…)».

31. Infine, al punto 346 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che, poiché la durata dellinfrazione da prendere in considerazione per determinare lammenda è ridotta ad un periodo dellordine di tre anni e poiché la descrizione dellinfrazione come effettuata dalla Commissione per misurarne la gravità non è del tutto esatta, occorreva che il Tribunale, nellambito del suo potere giurisdizionale anche di merito, riformasse la decisione impugnata e riducesse limporto dellammenda inflitta alla ricorrente.

32. A questo riguardo il Tribunale ha affermato quanto segue:

«347 Tuttavia, la diminuzione dellammenda non devessere necessariamente proporzionale alla riduzione della durata che la Commissione ha tenuto in considerazione, né corrispondere alla somma delle percentuali di maggiorazione calcolate dalla Commissione a titolo del periodo compreso tra il 1988 e lagosto 1993, dellultimo trimestre del 1996 e del 1997 (v., per analogia, sentenza Dunlop/Slazenger, cit., punto 178). Tuttavia, spetta al Tribunale, nellambito della giurisdizione di merito che gli spetta in materia, valutare le circostanze della fattispecie per stabilire limporto dellammenda (sentenza della Corte 9 novembre 1983, causa 322/81, Michelin/Commissione, Raccolta pagina 3461, punto 111; sentenza del Tribunale 11 marzo 1999, causa T-148/94, Preussag/Commissione, Raccolta pagina II-613, punto 728). Nel caso di specie, la rilevante gravità intrinseca dellinfrazione compiuta, come messa in rilievo supra, al punto 336, da un lato, e lintensità con la quale le misure illegittime sono state attuate, come dimostra la copiosa corrispondenza esaminata nellambito del primo motivo, dallaltro, richiedono unammenda realmente dissuasiva (v. sentenza del Tribunale 10 marzo 1992, causa T-12/89, Solvay/Commissione, Raccolta pagina II-907, punto 309, e sentenza [della Corte] 17 luglio 1997, [causa C-219/95 P,] Ferriere Nord/Commissione, [Raccolta pagina I-4411], punto 33). Alla luce di tali considerazioni, lammenda inflitta di ECU 102 milioni, che, come confermato dalla ricorrente in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, corrispondeva approssimativamente allo 0,5% del volume daffari realizzato nel 1997 dal gruppo Volkswagen in Italia, Germania e Austria, e allo 0,25% di quello realizzato nellUnione europea nel corso del medesimo anno, non presenta carattere insolitamente elevato. Infine, il fatto che le conclusioni della Commissione relative al sistema di margine scaglionato e alla risoluzione di alcuni contratti di concessione siano state ritenute non sufficientemente dimostrate non sminuisce la rilevante gravità dellinfrazione di cui trattasi, pienamente comprovata dalla dimostrazione di altri comportamenti incriminati (…).

348 Alla luce dellinsieme di circostanze e considerazioni che precedono, il Tribunale, statuendo nellesercizio della sua giurisdizione di merito ai sensi dellarticolo 172 del Trattato CE (divenuto articolo 229 CE) e dellarticolo 17 del regolamento n. 17 (v. sentenze della Corte 15 dicembre 1994, causa C-320/92 P, Finsider/Commissione, Raccolta pagina I-5697, punto 46, e 17 dicembre 1998, causa C-185/95, Baustahlgewebe/Commissione, Raccolta pagina I-8417, punto 129), ritiene giustificato ridurre limporto dellammenda (…), a euro 90 milioni».

33. Il dispositivo della sentenza impugnata è formulato come segue:

«1) La decisione della Commissione 28 gennaio 1998, 98/273/CE, relativa ad un procedimento a norma dellarticolo 85 del Trattato CE (IV/35.733 – VW), è annullata nella parte in cui dichiara:

a) che un sistema di margine scaglionato e la risoluzione di alcuni contratti di concessione a titolo di sanzione costituivano misure adottate al fine di ostacolare le riesportazioni di autoveicoli di marca Volkswagen e Audi dallItalia, da parte di consumatori finali e di concessionari delle suddette marche di altri Stati membri;

b) che linfrazione non era completamente cessata nel periodo compreso tra il 1. ottobre 1996 e ladozione della decisione.

2) Limporto dellammenda inflitta alla ricorrente dallarticolo 3 della decisione impugnata è ridotto a euro 90 milioni.

3) Il ricorso è respinto per il resto.

4) La ricorrente sopporterà le proprie spese e il 90% delle spese sostenute dalla Commissione.

5) La Commissione sopporterà il 10% delle proprie spese».

Ricorso contro la pronuncia del Tribunale di primo grado

34. Con il suo ricorso la ricorrente chiede che la Corte voglia:

– annullare la sentenza impugnata e pronunciare lannullamento della decisione impugnata;

– condannare la Commissione alle spese del procedimento dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte.

35. Nella sua replica, la ricorrente precisa che le sue conclusioni devono essere intese ed interpretate alla luce della motivazione del ricorso, da cui risulta che essa non chiede lannullamento di tutta sentenza impugnata, ma solo della parte per essa lesiva.

36. La Commissione chiede che la Corte voglia:

– respingere il ricorso;

– annullare la sentenza impugnata e rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché si pronunci, in quanto ha ridotto a EUR 90 milioni limporto dellammenda inflitta alla ricorrente senza prendere in considerazione, nella fissazione di questa ammenda, la regola del 15% stipulata nella «convenzione B» del contratto di concessione concluso nel 1988 per il periodo 1988-1992;

– condannare la ricorrente alle spese di procedimento dinanzi alla Corte e riservare al Tribunale la decisione relativa alle spese nel ricorso incidentale.

Sul ricorso principale

37. A sostegno del suo ricorso la ricorrente deduce nove motivi formulati come segue:

– contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, la riduzione del 3% del premio dei concessionari italiani che hanno effettuato più del 15% delle loro vendite al di fuori del loro territorio contrattuale non viola larticolo 85, n. 1, del Trattato e, in ogni caso, rientra nel regolamento n. 123/85 (primo motivo);

– «la limitazione dei rifornimenti» del mercato italiano sulla quale si basa il Tribunale non è soggetta, in quanto misura unilaterale, al divieto di intese previsto al detto articolo 85, n. 1 (secondo motivo);

– la presa in considerazione del regime di premi (v. primo motivo) nel calcolo dellammenda viola larticolo 15, n. 5, lettera a), del regolamento n. 17 (terzo motivo);

– gli accertamenti del Tribunale riguardo allintenzionalità dellinfrazione non soddisfano i requisiti posti dallarticolo 15, n. 2, del regolamento n. 17 (quarto motivo);

– il Tribunale ha fondato la sentenza impugnata su fatti diversi da quelli sui quali si basa la decisione impugnata (quinto motivo);

– il Tribunale ha leso il diritto ad essere sentiti (in quanto diritto della difesa) utilizzando, a svantaggio della ricorrente, denunce di consumatori sulle quali questultima non ha potuto presentare le proprie osservazioni nel corso del procedimento amministrativo (sesto motivo);

– contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, la decisione impugnata non è sufficientemente motivata ed è quindi illegittima (settimo motivo);

– il Tribunale non ha rispettato il suo obbligo di motivazione riguardo allammenda da esso fissata (ottavo motivo), e

– lannuncio anticipato della proposta di decisione da parte del commissario competente per le questioni di concorrenza comporta in ogni caso lillegittimità della decisione impugnata (nono motivo).

Sul primo motivo

Argomenti delle parti

38. Con il suo primo motivo, la ricorrente contesta la valutazione giuridica del Tribunale secondo cui la regola del 15%, anche presa isolatamente, non è compatibile con larticolo 85, n. 1, del Trattato, o non rientrava, in ogni caso, nel regolamento n. 123/85 in vigore allepoca (punto 49 della sentenza impugnata; v. anche punto 189, in combinato disposto con il punto 343 della sentenza impugnata).

39. Per quanto riguarda linterpretazione dellarticolo 85, n. 1, del Trattato, essa afferma che, nel suo ricorso al Tribunale, aveva sostenuto la seguente tesi, non contestata nel merito. Un concessionario che vende un veicolo in una zona che non rientra nel suo territorio contrattuale generalmente sopporterebbe costi molto minori, sia per quanto riguarda loperazione di vendita che il servizio di assistenza, rispetto al caso di vendita allinterno del suo territorio contrattuale. Di conseguenza, la perdita del premio sarebbe compensata da un vantaggio economico corrispondente. Il sistema di premi non sarebbe stato quindi restrittivo della concorrenza né per il suo scopo né per i suoi effetti. Non violerebbe perciò larticolo 85, n. 1, del Trattato.

40. Contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, la regola del 15% sarebbe in ogni caso coperta dallesenzione accordata ai sensi del regolamento n. 123/85. Lo scopo perseguito sarebbe stato quello di far sì che il concessionario si occupasse principalmente dei clienti del suo territorio. A tal riguardo, risulterebbe dal primo e nono considerando, nonché dallarticolo 4, n. 1, punti 3 e 8, del regolamento n. 123/85 che questultimo riconosce la particolare responsabilità che il concessionario deve sopportare per quanto riguarda il suo territorio contrattuale.

41. In particolare, se conformemente allarticolo 4, n. 1, punto 3, del regolamento n. 123/85, la casa costruttrice o limportatore possono obbligare il concessionario a cercare di vendere allinterno del suo territorio contrattuale un numero minimo di veicoli, il fornitore avrebbe anche il diritto di accordare premi ove lattività di questo concessionario venga esercitata con successo allinterno del detto territorio contrattuale. Ciò varrebbe, perlomeno, quando si tratta di percentuali relativamente ridotte rispetto alla remunerazione totale (fino al 3%) e se, per la maggior parte delle vendite (sino al 15%), anche quelle effettuate a vantaggio di clienti di altri territori contrattuali vengano ricompensate.

42. La Commissione sostiene che questo motivo è manifestamente irricevibile. La ricorrente si limiterebbe a ripetere ciò che aveva già fatto valere in primo grado senza rimettere in questione liter logico del Tribunale che figura ai punti 49 e 189 della sentenza impugnata.

43. In subordine, il motivo sarebbe privo di fondamento. La regola del premio avrebbe ridotto le possibilità per gli utilizzatori finali ed i concessionari di altri Stati membri di acquistare veicoli in Italia e avrebbe quindi comportato una discriminazione diretta per quanto riguarda le esportazioni. Costituendo così una misura che ha contribuito alla compartimentazione dei mercati e che la ricorrente ha attuato proprio a questo scopo, la regola del 15% non potrebbe beneficiare, prima facie, di unesenzione.

Giudizio della Corte

44. Dai punti 49 e 189 della sentenza impugnata, in combinato disposto con il punto 343 della stessa, emerge che la regola del 15%, secondo il Tribunale, deve essere qualificata come incompatibile con larticolo 85, n. 1, del Trattato, perché poteva indurre i concessionari italiani a vendere allinterno del loro territorio contrattuale almeno l85% degli autoveicoli disponibili, perché limitava pertanto la possibilità per gli utenti finali e per i concessionari di altri Stati membri di acquistare autoveicoli in Italia, e perché aveva quindi lo scopo di garantire una certa protezione territoriale e, in tal misura, la compartimentazione del mercato. Il Tribunale ha inoltre constatato, al detto punto 49, che la Commissione ha potuto correttamente concludere che la detta regola non rientrava nellambito dellesenzione accordata dal regolamento n. 123/85, perché, sebbene questultimo offra alle case costruttrici strumenti significativi per proteggere le loro reti commerciali, esso non le autorizza tuttavia a compartimentare i loro mercati.

45. Orbene, per contestare la statuizione del Tribunale relativa alla violazione dellarticolo 85, n. 1, del Trattato, la ricorrente si limita a riproporre gli argomenti che essa ha fatto valere a tal riguardo nel suo ricorso dinanzi al Tribunale, senza mettere in questione liter logico sulla base del quale questultimo ha concluso che la regola del 15% costituiva una misura di compartimentazione del mercato, né la dichiarazione secondo cui una tale regola deve essere qualificata come misura incompatibile con larticolo 85, n. 1, del Trattato.

46. Di conseguenza, questo primo capo del motivo deve essere dichiarato irricevibile.

47. Infatti, secondo una costante giurisprudenza, non risponde ai requisiti di motivazione di cui allarticolo 51 dello Statuto CE della Corte di giustizia e allarticolo 112, n. 1, primo comma, lettera c), del regolamento di procedura di questultima, un ricorso che, senza neppure contenere un argomento specificamente diretto ad individuare lerrore di diritto che vizierebbe la sentenza impugnata, si limiti a ripetere o a riprodurre pedissequamente i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale. Infatti, un ricorso del genere costituisce in realtà una domanda diretta ad ottenere un semplice riesame dellatto introduttivo presentato dinanzi al Tribunale, il che, ai sensi dellarticolo 56 del detto Statuto, esula dalla competenza della Corte (v. sentenze 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm et Goupil/Commissione, Raccolta pagina I-5291, punto 35; 13 luglio 2000, causa C-210/98 P, Salzgitter/Commissione, Raccolta pagina I-5843, punto 42, e 16 maggio 2002, causa C-321/99 P, ARAP e a./Commissione, Raccolta pagina I-4287, punto 48).

48. La ricorrente sostiene anche che, dichiarando che la regola del 15% non rientrava nel regolamento n. 123/85, il Tribunale ha interpretato e applicato erroneamente questo regolamento, poiché non ha considerato la particolare responsabilità riconosciuta al concessionario rispetto al suo territorio contrattuale dallarticolo 4, n. 1, punti 3 e 8, di questo regolamento, letto alla luce del suo primo e del suo nono considerando.

49. Basta constatare al riguardo che una misura diretta alla compartimentazione del mercato tra gli Stati membri non può rientrare nelle disposizioni del regolamento n. 123/85 relative alle obbligazioni che il distributore può legittimamente assumere nellambito di un contratto di concessione. Infatti, come è stato correttamente affermato dal Tribunale al punto 49 della sentenza impugnata, seppure tale regolamento offre ai produttori strumenti significativi per proteggere le loro reti commerciali, esso non li autorizza ad adottare misure che contribuiscono a compartimentare i mercati (sentenza Bayerische Motorenwerke, cit., punto 37).

50. Di conseguenza, questo secondo capo del motivo è infondato.

51. Risulta da quanto precede che il primo motivo deve essere integralmente respinto.

Sul secondo motivo

Argomenti delle parti

52. Con il suo secondo motivo, la ricorrente contesta la valutazione del Tribunale di cui al punto 236 della sentenza impugnata, secondo cui le misure di rifornimento limitato del mercato italiano costituiscono accordi ai sensi dellarticolo 85, n. 1, del Trattato, perché si inseriscono in un complesso di rapporti commerciali continuativi disciplinati da un accordo generale predeterminato.

53. Secondo la ricorrente, i fatti della presente controversia differiscono considerevolmente da quelli delle cause che hanno dato luogo alle sentenze cit. Ford/Commissione e Bayerische Motorenwerke AG, menzionate dal Tribunale. Al punto 21 della sentenza Ford/Commissione, la Corte avrebbe considerato che i concessionari avevano dato il loro accordo alla decisione del produttore. Analogamente, al punto 17 della cit. sentenza Bayerische Motorenwerke, la Corte avrebbe tenuto conto del fatto che la circolare di cui si trattava rientrava nellambito dei rapporti contrattuali tra la Bayerische Motorenwerke ed i suoi concessionari e che rinviava peraltro espressamente e a più riprese al contratto di concessione.

54. Inoltre, nella sua sentenza 26 ottobre 2000, causa T-41/96, Bayer/Commissione, (Raccolta pagina II-3383, punto 169), il Tribunale avrebbe espressamente sottolineato che lelemento soggettivo costituito dalla concordanza di volontà è una condizione sine qua non dapplicazione dellarticolo 85, n. 1, del Trattato. Non basterebbe quindi rinviare al contratto di concessione per dimostrare lapprovazione da parte dei concessionari di una politica di rifornimento asseritamente restrittiva.

55. Nella presente causa, anche se il contratto di concessione prevedeva la possibilità di rifornire i concessionari al di sotto del fabbisogno da essi dichiarato, tuttavia il motivo di tale rifornimento inferiore al fabbisogno dichiarato, come accertato dal Tribunale, cioè lostacolo alle esportazioni, non era riconducibile al contratto di concessione. Infatti, conformemente a questo, i concessionari sarebbero stati liberi di vendere i veicoli forniti dalla ricorrente a utenti finali stranieri e ad altri concessionari. Le limitazioni accertate dal Tribunale non sarebbero state volute da questi ultimi poiché essi hanno rifiutato le riduzioni di forniture e queste ultime avrebbero presentato, quando sono esistite, il carattere di una misura unilaterale che sfugge alle previsioni dellarticolo 85, n. 1, del Trattato. La sentenza impugnata traviserebbe il testo di tale disposizione ed eliminerebbe il confine che la separa dallarticolo 86, del Trattato CE (divenuto articolo 82 CE).

56. La Commissione sostiene che questo motivo è privo di fondamento. La ricorrente confermerebbe essa stessa che la limitazione del rifornimento in quanto tale era possibile ai sensi del contratto. Di conseguenza, i concessionari avrebbero approvato la possibilità di una tale limitazione del rifornimento concludendo il contratto. Quando la ricorrente ha fatto uso di tale possibilità, lavrebbe fatto nellambito dei rapporti commerciali continuativi disciplinati da un accordo generale predeterminato, cioè il contratto di concessione (punto 236 della sentenza impugnata).

57. Il Tribunale avrebbe correttamente applicato la giurisprudenza della Corte da esso citata. Le sentenze cit. Ford/Commissione e Bayerische Motorenwerke non confermerebbero affatto la tesi della ricorrente secondo cui occorrerebbe differenziare la soluzione da adottare in funzione degli obiettivi che essa perseguiva facendo uso della possibilità di una limitazione di rifornimenti prevista dal contratto. Infatti, nei contratti di concessione delle società in questione nelle cause che hanno dato luogo alle dette sentenze, non sarebbe stato affatto previsto che il concessionario non doveva effettuare esportazioni o che il produttore non doveva fare uso delle possibilità accordategli da tali contratti per ostacolare le esportazioni.

58. Infine, al punto 169 della cit. sentenza Bayer/Commissione, cui si richiama la ricorrente, il Tribunale avrebbe interpretato unaltra sentenza della Corte che parimenti riguarda la Bayerische Motorenwerke AG, cioè la sentenza 12 luglio 1979, cause riunite 32/78 e 36/78-82/78, BMW Belgium e a./Commissione (Raccolta pagina 2435). Il paragone tra tale sentenza e la sentenza Bayerische Motorenwerke, cit., dimostrerebbe soltanto che un atto apparentemente unilaterale (come linvito rivolto da una casa costruttrice di automobili ai suoi concessionari o lapprovvigionamento unilaterale di questi da parte del produttore) costituisce in realtà un accordo quando si inserisce in un complesso di rapporti commerciali continuativi disciplinati da un accordo generale predeterminato (v. sentenze cit. Ford/Commissione e Bayerische Motorenwerke, menzionate al punto 236 della sentenza impugnata) o quando i concessionari hanno espresso il loro accordo adottando un determinato comportamento in risposta allatto in questione (v. sentenza BMW Belgio e a./Commissione, cit.).

59. La tesi della ricorrente, secondo cui un accordo potrebbe essere considerato concluso solo se i destinatari o le «vittime» di un atto apparentemente unilaterale abbiano espresso il loro accordo mediante il loro comportamento e non se latto unilaterale si inserisce in un complesso di rapporti commerciali continuativi disciplinati da un accordo generale predeterminato, non sarebbe compatibile con le sentenze cit. Ford/Commissione e Bayerische Motorenwerke e dovrebbe quindi essere respinta.

Giudizio della Corte

60. Secondo una costante giurisprudenza, un invito rivolto da un produttore di autoveicoli ai suoi rivenditori non costituisce un atto unilaterale, che esulerebbe dal divieto dellarticolo 85, n. 1, del Trattato, bensì un accordo ai sensi della medesima disposizione, allorché si inserisce in un complesso di rapporti commerciali continuativi disciplinati da un accordo generale predeterminato (sentenze cit., Ford/Commissione, punto 21, e Bayerische Motorenwerke, punti 15 e 16).

61. Al punto 236 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che tale giurisprudenza si applicava al caso di specie, poiché le misure adottate dalla ricorrente, tra cui la regola del 15% e la limitazione dei rifornimenti, miravano a condizionare i concessionari italiani nellesecuzione del loro contratto con lAutogerma.

62. La ricorrente censura il Tribunale per aver erroneamente concluso che la detta giurisprudenza è applicabile alla fattispecie. Fa valere che, nelle sentenze cit. Ford/Commissione e Bayerische Motorenwerke, le limitazioni accertate traevano origine dal contratto di concessione. Nella presente causa, invece, anche se il contratto di concessione prevedeva la possibilità di una limitazione delle forniture ai concessionari italiani, il motivo di tale rifornimento limitato, come accertato dal Tribunale, cioè lostacolo alle riesportazioni dallItalia dei veicoli forniti a questi ultimi, non sarebbe riconducibile al contratto di concessione, poiché i detti concessionari erano liberi di vendere questi veicoli a utenti finali e a distributori stranieri. Nel caso in cui i concessionari non avessero espresso il loro accordo sulle limitazioni accertate, queste costituirebbero, ove siano esistite, una misura unilaterale che esula dallarticolo 85, n. 1, del Trattato.

63. A questo riguardo, emerge dai punti 79-90 della sentenza impugnata che la ricorrente ha attuato una politica di contingentamento dei rifornimenti dei concessionari italiani, con il manifesto obiettivo di ostacolare le riesportazioni dallItalia e, di conseguenza, di compartimentare il mercato italiano. Emerge anche dal punto 236 della detta sentenza che questa politica ha potuto essere imposta ai sensi del contratto di concessione.

64. La ricorrente non contesta né che il contratto di concessione prevedeva la possibilità di limitare le forniture ai concessionari italiani né la dichiarazione del Tribunale secondo cui questa limitazione è stata attuata con lo scopo manifesto di ostacolare le riesportazioni dallItalia dei veicoli forniti ai detti concessionari.

65. Ne consegue che, accettando il contratto di concessione, i concessionari italiani hanno acconsentito ad una misura in seguito usata per ostacolare le riesportazioni dallItalia e quindi per limitare la concorrenza intracomunitaria.

66. Quanto allaffermazione della ricorrente secondo cui lostacolo alle riesportazioni dei veicoli forniti ai concessionari italiani non era voluto da questi ultimi, occorre prendere in considerazione i punti 90 e 91 della sentenza impugnata, ai quali rinvia il punto 236 di questa. In tali punti il Tribunale, dopo aver respinto gli argomenti della ricorrente in base ai quali i concessionari italiani avrebbero autonomamente deciso che la vendita di autoveicoli fuori del proprio territorio contrattuale non rientrava nei loro interessi, ha dichiarato che i detti concessionari, posti simultaneamente di fronte ad un rifornimento limitato e alla regola del 15% – anchessa convenuta nellambito del contratto di concessione (v. punti 44, 48 e 342 della sentenza impugnata) – e sapendo che le riesportazioni erano assai poco gradite alla Autogerma e alle case costruttrici, avevano chiaramente tutto linteresse a vendere il ridotto numero di autoveicoli disponibili unicamente o quasi ad acquirenti che risedevano in Italia e che, di conseguenza, il loro comportamento commerciale è stato condizionato dalle case costruttrici e dalla Autogerma.

67. Da tutto quanto precede deriva che, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, il Tribunale ha dichiarato che la limitazione delle riesportazioni, che era lo scopo perseguito da questultima, risultava anche dalla condotta commerciale dei concessionari italiani e che tale condotta è stata influenzata dalla ricorrente, in quanto i mezzi usati a tale scopo, in particolare il rifornimento limitato di veicoli, risultavano per di più, come è pacifico, dalle clausole del contratto di concessione e avevano quindi ricevuto laccordo dei concessionari.

68. In presenza di questi elementi, giustamente il Tribunale ha applicato nella fattispecie la giurisprudenza cit. al punto 236 della sentenza impugnata.

69. Il secondo motivo deve essere quindi respinto.

Sul terzo motivo

Argomenti delle parti

70. Con il suo terzo motivo, la ricorrente fa valere in primo luogo che il giudizio espresso dal Tribunale al punto 342 della sentenza impugnata, secondo cui la «convenzione B», e quindi la regola del 15% che vi era stata stipulata, non erano state notificate secondo le formalità richieste, è erroneo.

71. Essa fa valere che risulta dal diritto comunitario in vigore allepoca dei fatti [regolamento della Commissione 3 maggio 1962, n. 27: Primo regolamento dapplicazione del regolamento n. 17 (Forma, contenuto e altre modalità delle domande e delle notificazioni) (GU 1962, 35, pagina 1118) nella sua versione risultante dal regolamento (CEE) della Commissione 5 agosto 1985, n. 2526 (GU L 240, pagina 1; in prosieguo: il «regolamento n. 27»), e in particolare la parte VI, primo comma, della «nota complementare» che figura nellallegato di questultimo regolamento; v. anche, a partire dal 1993, il regolamento (CE) della Commissione 15 dicembre 1993, n. 3666, che modifica i regolamenti n. 27, nonché (CEE) n. 1629/69, (CEE) n. 4260/88, (CEE) n. 4261/88 e (CEE) n. 2367/90 ai fini dellattuazione delle regole di concorrenza stabilite dallaccordo sullo spazio economico europeo (GU L 336, pagina 1), e in particolare la «nota complementare» che figura in allegato a questo regolamento] che, per quanto riguarda le modifiche ulteriori di accordi notificati, la loro comunicazione informale alla Commissione, sotto il profilo della validità giuridica, deve essere valutata allo stesso modo di una notificazione.

72. Affermando poi, al punto 344 della sentenza impugnata, che, dal 1993 lapplicazione della regola del 15% aveva superato i limiti dellattività quale descritta nel testo della convenzione comunicata alla Commissione, per cui lesenzione dallammenda non andrebbe applicata, il Tribunale avrebbe interpretato larticolo 15, n. 5, lettera a), del regolamento n. 17 in senso contrario alla formulazione letterale di questa disposizione. Infatti questultima usa lespressione «nella misura in cui (…)» e non la congiunzione «se (…)», circostanza che significherebbe che a ciò che è stato notificato, lesenzione dallammenda continua ad essere applicabile, ma che, per contro, non può applicarsi solo a ciò che esula dallambito della detta notificazione. Ne deriverebbe che la presa in considerazione della regola del 15% nel calcolo dellammenda, a partire dal 1993, viola larticolo 15, n. 5, lettera a), del regolamento n. 17.

73. La Commissione afferma che il divieto di infliggere ammende che figura allarticolo 15, n. 5, lettera a), del regolamento n. 17, si applica espressamente solo nel caso di accordi effettivamente notificati. La semplice comunicazione di un accordo non costituirebbe una notificazione. Il rispetto delle modalità prescritte dallarticolo 4, del regolamento n. 27, non è fine a se stesso, ma dovrebbe consentire di esaminare laccordo notificato dal punto di vista del diritto della concorrenza. Limitandosi a comunicare un accordo, le imprese non soddisfano lobbligo di esposizione dei motivi della domanda e di prova imposto per poter beneficiare di unesenzione ai sensi dellarticolo 85, n. 3, del Trattato (v. sentenza del Tribunale SPO e a./Commissione, cit., punto 262).

74. A torto la ricorrente farebbe valere la parte VI della nota complementare del regolamento n. 27. Vi sarebbe precisato che occorre informare la Commissione di qualsiasi modifica sostanziale apportata allintesa dopo la domanda o la notificazione. Orbene, la «convenzione B» non avrebbe solo modificato il contratto di concessione notificato nel 1963. A causa della regola del 15% questa convenzione conterrebbe al contrario un nuovo accordo avente ad oggetto e come conseguenza di limitare la concorrenza, cosa che non avveniva affatto nel contratto di concessione notificato.

75. La censura formulata dalla ricorrente nei confronti del punto 344 della sentenza impugnata sarebbe infondata. Infatti, la regola del 15% nonché le altre misure con cui era combinata, e che lhanno rafforzata dal 1993 per ostacolare le riesportazioni, costituirebbero uninfrazione unica avente come solo scopo economico la compartimentazione del mercato italiano. Sarebbe quindi artificioso frazionare in modo rigido tale comportamento, caratterizzato da ununica finalità (v. punto 234 della sentenza cit.).

Giudizio della Corte

76. Con il primo capo di questo motivo, la ricorrente contesta al Tribunale di aver dichiarato a torto, al punto 342 della sentenza impugnata, che la «convenzione B», e quindi la regola del 15% che vi era stipulata, non è stata notificata alla Commissione secondo le modalità prescritte.

77. Tuttavia, al detto punto 342 il Tribunale, dopo aver rilevato che il divieto imposto dallarticolo 15, n. 5, lettera a), del regolamento n. 17, di infliggere ammende vale solo per gli accordi effettivamente notificati conformemente alle modalità prescritte, si è limitato a prendere atto del fatto che, secondo la Commissione, la comunicazione della «convenzione B» non costituiva notificazione ai sensi del regolamento n. 17, senza peraltro pronunciarsi su tale questione.

78. Il fatto che il Tribunale non abbia preso posizione al riguardo emerge tra laltro chiaramente dal punto 343 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale continua il suo iter logico «[a] prescindere dallaccertare se la comunicazione della convenzione B costituisse o meno una notificazione ai sensi del regolamento n. 17».

79. Deriva da quanto precede che il primo capo del terzo motivo della ricorrente si basa su una lettura erronea dl punto 342 della sentenza impugnata.

80. Di conseguenza, questo primo capo deve essere respinto.

81. Con il secondo capo del suo terzo motivo, la ricorrente contesta al Tribunale di aver mal interpretato larticolo 15, n. 5, lettera a), del regolamento n. 17, allorché ha constatato, al punto 344 della sentenza impugnata che, dal 1993, lapplicazione della regola del 15% aveva superato i limiti dellattività come descritta nella «convenzione B», per cui, anche se fosse stato dimostrato che questultima era stata notificata nelle forme prescritte, lesenzione dallammenda non si sarebbe applicata e, di conseguenza, si sarebbe dovuta prendere in considerazione la regola del 15% per stabilire lammenda a partire dal 1° settembre 1993.

82. Secondo la ricorrente, emergerebbe dalla formulazione dellarticolo 15, n. 5, lettera a), del regolamento n. 17, che lesenzione continua ad applicarsi a ciò che è stato notificato e che, al contrario, non può essere applicabile a ciò che esula dallambito della detta notificazione.

83. Occorre ricordare a questo proposito che, conformemente allarticolo 15, n. 5, lettera a), del regolamento n. 17, le ammende possono essere inflitte solo per comportamenti posteriori alla notificazione alla Commissione ed anteriori alla decisione con la quale questa concede o rifiuta lapplicazione dellarticolo 85, n. 3, del Trattato, «nella misura in cui essi restano nei limiti dellattività descritta nella notificazione».

84. Emerge da questa disposizione che, a contrario, quando i comportamenti di cui trattasi esulano dai limiti dellattività notificata, lesenzione dallammenda non può applicarsi a nessuno di tali comportamenti, poiché lattività interessata non corrisponde più a quella descritta nella notificazione. Questa constatazione è corroborata dalla considerazione che, in un caso come quello della presente fattispecie, in cui il comportamento incriminato è costituito da un complesso di misure aventi la stessa finalità, sarebbe artificioso frazionare il detto comportamento per applicare lesenzione dallammenda solo ad alcune delle misure che lo costituiscono.

85. Ne deriva che linterpretazione dellarticolo 15, n. 5, lettera a), del regolamento n. 17, come emerge dal punto 344 della sentenza impugnata, non è viziata da alcun errore di diritto.

86. Deve essere di conseguenza respinto il secondo capo del terzo motivo.

87. Pertanto il terzo motivo va integralmente respinto.

Sul quarto motivo

Argomenti delle parti

88. Con il suo quarto motivo, la ricorrente censura il giudizio del Tribunale al punto 334 della sentenza impugnata, secondo cui linfrazione che le è contestata è intenzionale. Essa sostiene a tal proposito che il «principio della colpa», che deve essere rispettato nellambito del diritto comunitario della concorrenza, implica che, per infliggere una sanzione, è necessario che la persona interessata abbia avuto un comportamento obiettivamente illegittimo e che tale comportamento possa esserle soggettivamente contestato. Ciò varrebbe anche qualora si tratti di unimpresa, poiché una persona giuridica può manifestarsi solo attraverso le azioni di persone fisiche che le sono imputabili.

89. Orbene, nella fattispecie, la Commissione ed il Tribunale dedurrebbero lintenzionalità dellinfrazione dalle dichiarazioni di persone diverse, almeno in parte, dagli attori, senza aver accertato se tali persone abbiano anchesse commesso una qualsiasi infrazione oggettiva. La semplice constatazione di comportamenti obiettivamente illegittimi di taluni collaboratori della ricorrente, assieme allaffermazione, riguardante altri collaboratori, secondo cui questultima ha agito, in tal misura, intenzionalmente, non soddisferebbe le condizioni del «principio della colpa». Ciò non significherebbe che tutti gli elementi oggettivi e soggettivi dellinfrazione risultanti da ogni comportamento dovrebbero essere concentrati in una sola ed unica persona. Dovrebbe tuttavia essere provato, per ogni azione, che essa aveva lintenzionalità richiesta ai fini dellammenda, cosa che non è stata fatta nel caso di specie.

90. Pur supponendo che unimpresa sia responsabile del comportamento di tutte le persone che agiscono nellambito della sua sfera dinfluenza o di responsabilità (v., in tal senso, sentenza 7 giugno 1983, cause riunite 100/80-103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione Raccolta pagina 1825, punto 97), sarebbe quanto meno necessario che possa essere accertato che queste persone in particolare, cioè quelle che hanno commesso latto contestato, abbiano agito con colpa.

91. In talune decisioni anteriori, la Commissione e la Corte sarebbero partite da una nozione normativa della colpa, riferendosi ad una colpa propria dellimpresa invece di imputarle solo la colpa delle persone fisiche [v. decisione della Commissione 27 novembre 1981, 82/203/CEE, relativa ad una procedura ai sensi dellarticolo 85 del Trattato CEE (IV/30.188 – Moët et Chandon (London) Ltd (GU 1982, L 94, pagg. 7, 10), e decisione della Commissione 6 gennaio 1982, 82/267/CEE, relativa ad una procedura a norma dellarticolo 85 del Trattato CEE (IV/28.748- AEG-Telefunken) (GU L 117, pagg. 15, 27)]. Il fatto di riferirsi ad una colpa propria dellimpresa costituirebbe tuttavia solo il riconoscimento di una colpa dorganizzazione per la quale non verrebbero presi in considerazione i diversi comportamenti obiettivamente illegittimi commessi da taluni collaboratori. Orbene, nella fattispecie, né la decisione, né la sentenza impugnata, che conferma la prima, consentirebbero di sapere in che cosa potrebbe consistere questa colpa contestata alla ricorrente. La Commissione ed il Tribunale avrebbero dovuto perlomeno dimostrare che la ricorrente poteva vedersi contestare mancanze nella sua organizzazione o violazioni del suo dovere di sorveglianza [v., a tal proposito, il punto 17 della decisione della Commissione 5 dicembre 1983, 83/667/CEE, relativa ad una procedura a norma dellarticolo 85 del Trattato CEE (Pratica n. IV/30.671 – IPTC Belgium) (GU L 376, pagina 7), e il punto 21 della decisione della Commissione 14 dicembre 1984, 85/79/CEE, relativa ad una procedura ai sensi dellarticolo 85 del Trattato CEE (IV/30.809 – John Deere) (GU 1985, L 35, pagina 58)].

92. La Commissione sostiene che la concezione della ricorrente secondo cui potrebbero essere imputati ad unimpresa gli atti di un collaboratore solo se questultimo riunisce nella sua persona tutti gli elementi oggettivi e soggettivi di uninfrazione non è compatibile con il carattere del diritto della concorrenza in quanto diritto delle imprese né con la suddivisione del lavoro nellorganizzazione di queste.

93. Inoltre, tutti gli atti di persone autorizzate ad agire per conto delle imprese sarebbero imputati a queste ultime (v. sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 97). Sarebbe quanto emerge chiaramente dal punto 234 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha confermato la qualificazione dei comportamenti della ricorrente adottata dalla Commissione, che aveva concluso per linfrazione unica.

Giudizio della Corte

94. Al punto 334 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato che la ricorrente aveva adottato misure dirette alla compartimentazione del mercato italiano e che, tenuto conto dellesistenza di una giurisprudenza consolidata che ritiene incompatibili con le norme comunitarie sulla concorrenza comportamenti di compartimentazione del mercato, essa non poteva ignorare che la sua condotta ostacolava il gioco della concorrenza.

95. In udienza, il difensore della ricorrente, invitato dalla Corte a dare precisazioni sul quarto motivo del ricorso, ha indicato che, per dimostrare lintenzionalità dellinfrazione, la Commissione ed il Tribunale avrebbero dovuto identificare le persone che avevano agito con colpa e che dovevano quindi essere considerate responsabili per linfrazione commessa o, perlomeno, la persona che avrebbe dovuto essere considerata responsabile per lorganizzazione lacunosa della ricorrente, per cui una tale infrazione aveva potuto aver luogo.

96. Occorre rilevare a tal riguardo che la tesi sostenuta dalla ricorrente non può essere applicata nel diritto comunitario della concorrenza, in cui le infrazioni commesse danno luogo ad ammende che, ai sensi dellarticolo 15, n. 2, del regolamento n. 17, vengono inflitte alle imprese che hanno partecipato allinfrazione intenzionalmente o per negligenza. Il n. 4 della stessa disposizione precisa daltra parte che le decisioni che infliggono una tale ammenda non hanno un carattere penale.

97. Occorre aggiungere che, se la tesi della ricorrente venisse accolta, lefficacia del diritto comunitario della concorrenza verrebbe seriamente pregiudicata.

98. Ne deriva che il Tribunale, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non ha commesso alcun errore di diritto ritenendo dimostrata lintenzionalità dellinfrazione senza esigere lidentificazione delle persone che avevano agito con colpa nellambito dellimpresa o che avrebbero dovuto essere considerate responsabili dellorganizzazione eventualmente lacunosa di questa.

99. Il quarto motivo di ricorso deve quindi essere respinto.

Sul quinto motivo

Argomenti delle parti

100. Con il suo quinto motivo, la ricorrente fa valere che la sentenza impugnata è basata su fatti diversi da quelli su cui è basata la decisione impugnata. Essa sostiene, a questo riguardo, che la Commissione, in questa decisione, ha motivato la violazione dellarticolo 85, n. 1, del Trattato con un complesso di misure che ha considerato come costituenti uninfrazione unica. Orbene, il Tribunale non avrebbe confermato le analisi effettuate dalla Commissione ai punti 62-72 della motivazione della decisione impugnata, per quanto riguarda la politica di margine, e ai punti 93-97 della detta motivazione, relativi alla risoluzione dei contratti di concessione (v. rispettivamente punti 65-72 e 166-169 della sentenza impugnata) né, di conseguenza, la strategia generale unica della ricorrente, che era composta, secondo la Commissione, da sette insiemi di elementi.

101. Anche se, secondo il Tribunale, le altre misure, prese isolatamente, erano contrarie allarticolo 85, n. 1, del Trattato, tale giudice non avrebbe potuto sostituire i fatti sui quali si basa la decisione impugnata con altri fatti e presumere che la Commissione avrebbe adottato la stessa decisione in un tale caso. Se i fatti che costituiscono la base di questa decisione non sono confermati in sede di controllo esercitato dal Tribunale, questultimo sarebbe tenuto ad annullare la detta decisione.

102. La Commissione sostiene invece che essa ed il Tribunale hanno esaminato gli stessi fatti. La circostanza che il Tribunale abbia ritenuto che le prove presentate dalla Commissione a proposito delle due questioni menzionate al punto 100 della presente sentenza fossero insufficienti non inciderebbe sulla fondatezza della sua valutazione. La Commissione aggiunge che, se si possono fornire prove sufficienti solo per taluni degli atti anticoncorrenziali globalmente contestati allimpresa interessata, il raggruppamento di questi atti in uninfrazione unica non impedisce al Tribunale di confermare la decisione in questione per quanto riguarda gli atti provati. Se questi ultimi, presi in considerazione isolatamente, dovevano essere considerati come uninfrazione unica a causa del loro obiettivo economico unico, al Tribunale non sarebbe precluso accertarlo. Secondo la Commissione, è quanto accaduto nella fattispecie (v. punto 234 della sentenza impugnata).

Giudizio della Corte

103. Occorre constatare al riguardo che il fatto che, nella decisione impugnata, la Commissione abbia ritenuto che la violazione contestata alla ricorrente fosse costituita da un complesso di misure non era idoneo ad impedire al Tribunale di annullare parzialmente questa decisione, poiché esso ha considerato che talune delle misure componenti linfrazione contestata non erano provate, né era idoneo a confermare che le misure il cui carattere anticoncorrenziale era dimostrato costituivano, con riferimento alla loro finalità comune, uninfrazione unica.

104. In particolare, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il fatto che il Tribunale abbia confermato il carattere unitario dellinfrazione commessa sulla base di una parte solamente delle misure incriminate nella decisione impugnata non implica affatto che esso abbia basato la sua valutazione su fatti diversi da quelli sui quali si basava la detta decisione.

105. Di conseguenza, anche questo motivo va respinto.

Sul sesto motivo

Argomenti delle parti

106. Con il suo sesto motivo, la ricorrente fa valere che, ai punti 105-115 della sentenza impugnata, il Tribunale ha leso il suo diritto ad essere sentita utilizzando, a suo svantaggio, denunce di consumatori prodotte dalla Commissione in corso di causa, sulle quali essa non ha potuto prendere posizione durante il procedimento amministrativo.

107. La Commissione avrebbe identificato e preso in considerazione, a carico della ricorrente, solo 15 denunce di consumatori, rivelate a questultima durante il procedimento amministrativo in sede di accesso al fascicolo. La ricorrente avrebbe avuto accesso alle altre denunce solo dopo che la Commissione, su ingiunzione del Tribunale 12 luglio 1999, le aveva comunicato tutte le denunce con lettera 10 agosto 1999. Essa non avrebbe avuto loccasione di prendere posizione per iscritto su tali denunce. Né tanto meno essa sarebbe stata in grado di presentare osservazioni dettagliate sulle stesse, né di precisare i diversi casi particolari durante ludienza 7 ottobre 1999, perché il tempo di parola del suo difensore è stato limitato a 30 minuti.

108. Al punto 105 della sentenza impugnata, il Tribunale utilizzerebbe tutte le lettere e fax alle quali fa riferimento contro la ricorrente. La stessa conclusione emergerebbe dal punto 115 della detta sentenza, in cui il Tribunale dichiara che i documenti elencati ai punti 106-114 della stessa sentenza, e che sono stati esaminati nella decisione impugnata, rivelano in modo sufficientemente rappresentativo gli ostacoli allesportazione. Il Tribunale considererebbe manifestamente queste denunce come rappresentative di altre denunce che non sono state trasmesse alla ricorrente.

109. Secondo una costante giurisprudenza della Corte, il diritto ad essere sentiti, in quanto diritto della difesa, richiederebbe che limpresa interessata sia messa in grado, fin dalla fase del procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti, addebiti e circostanze allegate dalla Commissione (v. punto 311 della sentenza impugnata e giurisprudenza ivi cit.). Se è escluso che la Commissione giustifichi a posteriori la sua decisione facendo valere mezzi di prova che non sono stati comunicati allimpresa interessata durante il procedimento amministrativo, nemmeno il Tribunale dovrebbe poterli utilizzare contro la detta impresa.

110. La Commissione ricorda che la ricorrente, nelludienza dinanzi al Tribunale, si è espressa sul contenuto delle denunce dei consumatori che essa ha prodotto in giudizio con lettera 20 agosto 1999. Essa aggiunge che la ricorrente non ha fatto valere che la Commissione le aveva totalmente o parzialmente rifiutato laccesso a queste denunce durante il procedimento amministrativo e che, di conseguenza, il Tribunale non poteva utilizzarli senza violare il diritto ad essere sentiti.

111. Inoltre, la Commissione sostiene che la ricorrente contraddice la lettera del suo rappresentante 10 dicembre 1996, letta in combinato disposto con la dichiarazione di conferma 5 dicembre 1996, in cui la sig.ra Pretzell, collaboratrice del rappresentante della ricorrente, afferma di aver avuto pienamente accesso al fascicolo della Commissione il 5 dicembre 1996.

112. Inoltre, emergerebbe dal punto 115 della sentenza impugnata che il Tribunale si sarebbe basato unicamente sulle lettere cit. ai punti 106-114 della stessa sentenza e che sono state esaminate dalla Commissione nella decisione impugnata. Questa è la ragione per cui non sarebbe esatto sostenere, come fa la ricorrente, che il Tribunale avrebbe usato la totalità delle denunce depositate nei suoi confronti come elementi di prova.

Giudizio della Corte

113. Questo motivo si basa sulla premessa secondo cui la ricorrente ha preso conoscenza per la prima volta durante il procedimento dinanzi al Tribunale delle denunce di consumatori prodotte dalla Commissione in corso di causa.

114. Orbene, tale premessa si rivela erronea.

115. Infatti, come sostenuto dalla Commissione nel suo controricorso, senza essere contraddetta dalla ricorrente su questo punto, questultima ha avuto pienamente accesso, durante il procedimento amministrativo, al fascicolo della Commissione, comprese le dette denunce.

116. Ciò premesso, supponendo che, ai punti 105 e 115 della sentenza impugnata, il Tribunale abbia usato, come sostenuto dalla ricorrente, non solo i documenti esaminati dalla Commissione nella decisione impugnata, ma anche la totalità delle denunce depositate contro di essa, la ricorrente non può in ogni caso fondatamente sostenere che il Tribunale ha leso il suo diritto ad essere sentita.

117. Di conseguenza, il sesto motivo deve essere respinto.

Sul settimo motivo

Argomenti delle parti

118. Con il suo settimo motivo, la ricorrente afferma che il Tribunale ha travisato lessenza dellobbligo di motivazione previsto allarticolo 190 del Trattato (divenuto articolo 253 CE), dichiarando, al punto 299 della sentenza impugnata, che bastava che la Commissione rispondesse, nella decisione impugnata, a talune delle obiezioni sollevate dalla ricorrente in seguito alla comunicazione degli addebiti. Una motivazione in cui la Commissione, senza metodo identificabile, si limita ad esaminare talune obiezioni dellimpresa interessata, ignorando puramente e semplicemente le altre, non potrebbe né aiutare la Commissione a controllare se stessa né convincere questimpresa della fondatezza della decisione adottata, e non permetterebbe di informare convenientemente il pubblico delle considerazioni che hanno portato la Commissione ad adottare la sua decisione, anche queste funzioni che devono essere svolte dalla motivazione. La concezione giuridica sottesa al punto 297 della sentenza impugnata rimetterebbe in questione il senso stesso del procedimento amministrativo.

119. Sarebbe significativo a questo proposito che, nella decisione impugnata, la Commissione non ha praticamente esaminato le obiezioni sollevate dalla ricorrente nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, obiezioni relative al sistema di margine scaglionato e alla durata dellinfrazione, due punti con riferimento ai quali il Tribunale avrebbe annullato la detta decisione.

120. La Commissione sostiene che tale motivo è parzialmente irricevibile e, per il resto, privo di fondamento.

121. Dato che il Tribunale ha annullato la decisione impugnata con riferimento ai due punti menzionati dalla ricorrente, la Corte non potrebbe annullarli di nuovo, anche se tali punti sono viziati da difetto di motivazione, circostanza che il Tribunale ha daltra parte esaminato espressamente e respinto ai punti 299 e 300 della sentenza impugnata. La ricorrente non indicherebbe gli altri punti sui quali essa ritiene che la detta decisione sia viziata da un difetto di motivazione che avrebbe potuto comportarne lannullamento e non sosterebbe nemmeno che il Tribunale avrebbe dovuto annullare completamente la decisione a causa di un preteso difetto di motivazione riguardante i due punti summenzionati.

122. La ricorrente snaturerebbe le considerazioni enunciate al punto 299 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale sottolinea che la Commissione, che in ogni caso aveva già soddisfatto il suo obbligo di motivazione (punti 297 e 298), ha peraltro espressamente risposto a talune osservazioni presentate dalla ricorrente e dallAudi in seguito alla comunicazione degli addebiti. Non si potrebbe dedurre da tali considerazioni che la Commissione non avrebbe avuto bisogno di rispondere alle altre obiezioni sollevate in seguito a questa comunicazione e che avrebbe potuto semplicemente ignorarle. Il Tribunale si limiterebbe a constatare che la Commissione ha debitamente motivato la sua valutazione dei documenti reperiti, precisando il motivo per cui questultima riteneva che tali documenti fossero idonei a provare lesistenza dellinfrazione dedotta. Inoltre, non emergerebbe affatto dalla giurisprudenza della Corte che la Commissione debba rispondere puntualmente alle diverse interpretazioni che la ricorrente aveva dato di tali documenti nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti.

Giudizio della Corte

123. Questo motivo è composto da due capi. Con il primo capo dello stesso, la ricorrente contesta in sostanza al Tribunale di aver definito in modo erroneo, al punto 297 della sentenza impugnata, i requisiti ai quali deve rispondere la motivazione di una decisione della Commissione come quella impugnata. Con il secondo capo dello stesso motivo, la ricorrente contesta al Tribunale di aver valutato erroneamente anche la portata dellobbligo di motivazione che spetta alla Commissione ai sensi dellarticolo 190 del Trattato, constatando, al punto 299 della sentenza impugnata, che bastava che questultima rispondesse solo ad alcune obiezioni sollevate dalla ricorrente in seguito alla comunicazione degli addebiti.

124. Quanto al primo capo del motivo, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, la motivazione richiesta dallarticolo 190 del Trattato deve far apparire in maniera chiara e non equivoca liter logico seguito dallautorità comunitaria da cui promana latto controverso, onde consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato ai fini della difesa dei loro diritti ed al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo (v., in particolare, sentenza 16 maggio 2002, causa C-482/99, Francia/Commissione, Raccolta pagina I-4397, punto 41).

125. Orbene, è proprio sulla base di tali criteri che il Tribunale, al punto 297 della sentenza impugnata, ha giudicato la motivazione della decisione impugnata. Di conseguenza, non può venirgli contestato di aver commesso un errore di diritto a questo riguardo.

126. Il primo capo del settimo motivo deve quindi essere respinto .

127. Quanto al secondo capo del detto motivo occorre rilevare che, pur se la Commissione, in forza dellarticolo 190 del Trattato, è tenuta a menzionare gli elementi di fatto e di diritto da cui dipende la motivazione della decisione e le considerazioni giuridiche che lhanno indotta ad emanare la decisione, la suddetta norma non esige che la Commissione discuta tutti i punti di fatto e di diritto che siano stati trattati nel corso del procedimento amministrativo (sentenze 17 gennaio 1984, cause riunite 43/82 e 63/82, VBVB e VBBB/Commissione, Raccolta pagina 19, punto 22, e 11 luglio 1989, causa 246/86, Belasco e a./Commissione, Raccolta pagina 2117, punto 55).

128. Nella fattispecie, il Tribunale, ai punti 298-302 della sentenza impugnata, ha esposto le ragioni per cui ha considerato che la decisione impugnata è sufficientemente motivata, sottolineando peraltro, al punto 299, che la Commissione aveva espressamente risposto a talune osservazioni presentate dalla ricorrente allAudi in seguito alla comunicazione degli addebiti.

129. Ciò premesso, la constatazione, al detto punto 299, secondo cui non spettava alla Commissione rispondere a tutte le obiezioni dettagliate della ricorrente, non è di per sé viziata da alcun errore di diritto.

130. La ricorrente sostiene tuttavia che il Tribunale avrebbe dovuto esigere che, nella decisione impugnata, la Commissione rispondesse, perlomeno, alle obiezioni che essa aveva formulato in seguito alla comunicazione degli addebiti, obiezioni che riguardavano il sistema di margine scaglionato e la durata dellinfrazione, due punti su cui il Tribunale ha annullato, per altri motivi, la detta decisione.

131. Indipendentemente dalla questione se la ricorrente possa contestare al Tribunale di aver commesso un errore di diritto rispetto ad una parte della decisione impugnata che è stata annullata per altri motivi, occorre rilevare al riguardo che, ai punti 299 e 300 della sentenza impugnata, il Tribunale ha spiegato le ragioni per cui ha considerato che la decisione della Commissione è sufficientemente motivata per quanto riguarda lattuazione del sistema di margine scaglionato e la durata dellinfrazione.

132. Procedendo in tal modo, il Tribunale, conformemente alla giurisprudenza cit. al punto 27 della presente sentenza, ha correttamente giudicato la portata dellobbligo di motivazione previsto allarticolo 190 del Trattato.

133. Di conseguenza, deve essere respinto anche il secondo capo del settimo motivo.

134. Alla luce delle considerazioni che precedono, il settimo motivo deve essere integralmente respinto.

Sullottavo motivo

Argomenti delle parti

135. Con il suo ottavo motivo, la ricorrente fa valere che il Tribunale non ha adempiuto lobbligo di motivazione ad esso incombente conformemente al combinato disposto dagli articoli 46 e 33 dello Statuto CE della Corte di giustizia, perché non ha esposto sufficientemente, ai punti 347 e 348 della sentenza impugnata, le ragioni per le quali riteneva che unammenda di un importo di EUR 90 milioni fosse giustificata.

136. Nella fattispecie si imporrebbe una motivazione più dettagliata, tanto più che la Commissione, da parte sua, ha motivato molto dettagliatamente lammenda di EUR 102 milioni che ha inflitto alla ricorrente. Tenuto conto degli accertamenti di cui agli articoli 72 (sistema di margine scaglionato), 169 (risoluzione dei contratti di concessione), 344 e 346 (durata dellinfrazione da prendere in considerazione per la determinazione dellammenda) della sentenza impugnata, se il Tribunale avesse applicato i criteri indicati dalla Commissione, lammenda sarebbe stata molto meno ingente (circa EUR 50 milioni).

137. Lultima frase del punto 347 della sentenza impugnata sarebbe sintomatica del tipo di motivazione usato dal Tribunale. Infatti, la formulazione imprecisa di questa frase non consentirebbe di verificare quale è il grado di gravità che è stato attribuito dal Tribunale ai diversi comportamenti. Letteralmente, la formula usata significherebbe che il fatto che due censure cruciali non siano dimostrate non ha alcuna incidenza sulla gravità dellinfrazione asserita. Inoltre, laccertamento relativo alla durata dellinfrazione, che figura al punto 346 della sentenza impugnata, non avrebbe avuto praticamente ripercussioni sullimporto dellammenda.

138. Al punto 347 della sentenza impugnata, il Tribunale non avrebbe dovuto tener conto del rapporto tra lammenda ed il volume daffari del gruppo Volkswagen, dato che tale elemento era stato menzionato solo durante il procedimento dinanzi al Tribunale e non nella decisione impugnata (v. sentenza del Tribunale 11 marzo 1999, causa T-141/94, Thyssen Stahl/Commissione, Raccolta pagina II-347, punto 623). Inoltre, ai sensi dellarticolo 15, n. 2, del regolamento n. 17, il volume daffari rileverebbe solo rispetto al limite massimo dellammenda e non come criterio di calcolo dellimporto di questa.

139. Vero è che, secondo la giurisprudenza, non spetterebbe alla Corte, quando si pronuncia su questioni di diritto nellambito di un ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado, sostituire, per motivi di equità, la sua valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nellesercizio della sua competenza anche di merito, sullammontare delle ammende inflitte ad imprese a seguito della violazione, da parte di queste ultime, del diritto comunitario (sentenza 6 aprile 1995, causa C-310/93 P, BPB Industries e British Gypsum/Commissione, Raccolta pagina I-865, punto 34). Tuttavia, la Corte dovrebbe perlomeno essere in grado di verificare che il Tribunale, fissando limporto dellammenda, non abbia oltrepassato i limiti dei suoi poteri di controllo. La Corte non sarebbe in grado di farlo quando il Tribunale non motiva chiaramente le ragioni per cui si discosta dai criteri applicati dalla Commissione, che sono indicati nella sua comunicazione sugli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dellarticolo 15, n. 2, del regolamento n. 17, e dellarticolo 65, n. 5, del Trattato CECA (GU 1998, C 9, pagina 3) e che hanno lo scopo di garantire la parità di trattamento delle imprese, e quando esso stima che unammenda di EUR 90 milioni sia giustificata. Questo è quanto emergerebbe dalla sentenza 16 novembre 2000, causa C-291/98 P, Sarrió/Commissione (Raccolta pagina I-9991, punto 98).

140. La Commissione ritiene che questo motivo sia manifestamente infondato. Il Tribunale disporrebbe di una competenza anche di merito quando statuisce sullimporto delle ammende inflitte alle imprese. Non sarebbe quindi stato vincolato dai criteri della Commissione relativi alla valutazione dellammenda inflitta alla ricorrente. Né al Tribunale sarebbe stato precluso, nel giudicare la fattispecie ai fini della determinazione dellimporto dellammenda, nellambito della sua competenza anche di merito, di tener conto del rapporto tra limporto dellammenda inflitta ed il volume daffari del gruppo Volkswagen.

141. In ogni caso, la motivazione ai sensi della quale, nellambito della sua competenza anche di merito, il Tribunale ha ricondotto limporto dellammenda alla somma di EUR 90 milioni, sarebbe sufficiente da ogni punto di vista.

142. La sentenza Sarrió/Commissione, cit., dichiarerebbe solo che il Tribunale non è vincolato dal metodo di calcolo usato dalla Commissione e che non ha il diritto, in un procedimento in cui più imprese hanno partecipato ad ununica infrazione, di effettuare una distinzione tra tali imprese senza fornire una spiegazione adeguata. La sentenza impugnata sarebbe tuttavia stata pronunciata in un procedimento che riguardava solo la ricorrente.

Giudizio della Corte

143. Occorre rilevare a questo riguardo che, al punto 347 della sentenza impugnata, il Tribunale ha innanzi tutto indicato che la diminuzione dellammenda non doveva essere necessariamente proporzionale alla riduzione della durata dellinfrazione che la Commissione aveva tenuto in considerazione, né corrispondere al metodo di calcolo usato da questa, poiché ad esso spetta, nellambito della sua competenza anche di merito, valutare le circostanze della fattispecie per stabilire limporto dellammenda. Dopo aver poi sottolineato che la rilevante gravità intrinseca dellinfrazione compiuta, come accertata al punto 336 della sentenza impugnata, cioè la compartimentazione del mercato italiano, richiedeva unammenda realmente dissuasiva, il Tribunale ha dichiarato che limporto dellammenda inflitta dalla Commissione alla ricorrente non presenta carattere insolitamente elevato tenuto conto del volume daffari realizzato dal gruppo Volkswagen nel 1997 nei tre Stati interessati dallinfrazione, cioè lItalia, la Germania e lAustria, nonché nellUnione europea. Il Tribunale ha infine considerato che il rigetto delle conclusioni della Commissione quanto al sistema di margine scaglionato e alla risoluzione di alcuni contratti di concessione non sminuisce la rilevante gravità dellinfrazione compiuta che è stata debitamente comprovata dalla dimostrazione di altri comportamenti incriminati.

144. Tenendo conto dellinsieme di circostanze e considerazioni ricordate al punto precedente, il Tribunale, al punto 348 della sentenza impugnata, ha affermato che era giustificato ridurre limporto dellammenda a EUR 90 milioni.

145. Il motivo dedotto dalla ricorrente comporta in sostanza tre censure. In primo luogo, la ricorrente, facendo valere la sentenza Sarrió/Commissione, cit., contesta al Tribunale di non aver chiaramente indicato le ragioni per le quali si è discostato dai criteri adottati dalla Commissione per la determinazione dellimporto dellammenda. In secondo luogo, essa fa valere che il Tribunale non doveva tener conto della relazione tra lammenda ed il volume daffari del gruppo Volkswagen, dato che, da una parte, questo elemento era stato introdotto durante il procedimento dinanzi al Tribunale e, dallaltra, ai sensi dellarticolo 15, n. 2, del regolamento n. 17, il volume daffari sarebbe rilevante solo per il limite massimo dellammenda e non come criterio di calcolo dellimporto di questa. In terzo luogo, la ricorrente sostiene che il Tribunale, alla fine del punto 347 della sentenza impugnata, ha usato una formulazione imprecisa che non consente di verificare il grado di gravità che ha attribuito ai diversi comportamenti e che non ha praticamente ripercosso sullimporto dellammenda che ha fissato, da una parte, il rigetto dellanalisi della Commissione quanto al sistema di margine scaglionato nonché alla risoluzione dei contratti di concessione e, dallaltra, la limitazione da esso effettuata della durata dellinfrazione. La ricorrente ne deduce che il Tribunale non ha sufficientemente esposto le ragioni per le quali ha ritenuto che unammenda di un importo di EUR 90 milioni fosse giustificata.

146. Quanto alla prima censura, occorre ricordare che, ai punti 97 e 98 della sentenza Sarrió/Commissione, cit., la Corte ha affermato che, lesercizio di una competenza anche di merito non può comportare, in sede di determinazione dellimporto delle ammende, una discriminazione tra le imprese che hanno preso parte ad un accordo in contrasto con larticolo 85, n. 1, del Trattato e che, se il Tribunale intende discostarsi specificamente, per una di queste imprese, dal metodo di calcolo seguito dalla Commissione e che non ha messo in discussione, è necessario fornire una spiegazione al riguardo nella sentenza impugnata.

147. Tuttavia, tale dichiarazione non può essere applicata al caso di specie, poiché la sentenza impugnata è stata pronunciata nellambito di un procedimento che riguarda solo la ricorrente, e, pertanto, il Tribunale, nellesercizio della sua competenza anche di merito, non è tenuto in linea di principio ad attenersi al metodo di calcolo dellammenda seguito dalla Commissione (v., in tal senso, sentenza Michelin/Commissione, cit., punto 111).

148. Questa prima censura deve essere quindi respinta.

149. Quanto alla seconda censura, basta constatare che il Tribunale, quando valuta esso stesso le circostanze della fattispecie nellambito della sua competenza anche di merito, può prendere in considerazione, ai sensi dellarticolo 15, n. 2, del regolamento n. 17, il rapporto tra limporto dellammenda inflitta dalla Commissione ed il volume daffari dellimpresa interessata. In ogni caso, nella fattispecie, il Tribunale ha usato il volume daffari del gruppo Volkswagen non come criterio di calcolo dellimporto dellammenda inflitta alla ricorrente, ma per suffragare la dichiarazione di cui al punto 347 della sentenza impugnata, secondo cui tale importo non è anormalmente elevato.

150. La seconda censura deve quindi essere respinta.

151. La terza censura della ricorrente equivale in sostanza a contestare la proporzionalità dellimporto dellammenda stabilita dal Tribunale, con riguardo agli accertamenti da esso effettuati, che hanno portato al rigetto delle censure della Commissione, nonché alla gravità ed alla durata dellinfrazione. Tuttavia, non spetta alla Corte, quando si pronuncia su questioni di diritto nellambito di un ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado, sostituire, per motivi di equità, la propria valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nellesercizio della sua competenza anche di merito, sullammontare delle ammende inflitte ad imprese in seguito alla violazione, da parte di queste ultime, del diritto comunitario. Di conseguenza, la Corte non può, in sede dimpugnazione, esaminare se limporto dellammenda stabilita dal Tribunale nellambito della sua competenza anche di merito sia proporzionato alla gravità ed alla durata dellinfrazione, come accertate dal Tribunale al termine della valutazione dei fatti effettuata da questultimo (v. sentenza 15 ottobre 2002, cause riunite C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, C-250/99 P, C-252/99 P, C-254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Raccolta pagina I-8375, punti 611-614). In ogni caso, non risulta che la motivazione che figura al punto 347 della sentenza impugnata sia irragionevole o viziata da contraddizioni.

152. Di conseguenza, anche tale censura deve essere respinta.

153. Alla luce delle considerazioni che precedono, lottavo motivo devessere integralmente respinto.

Sul nono motivo

Argomenti delle parti

154. Con il suo nono motivo, la ricorrente contesta laccertamento del Tribunale che figura al punto 283 della sentenza impugnata, secondo cui unirregolarità come quella derivante dalla divulgazione alla stampa dellimporto dellammenda che le è stata inflitta può comportare lannullamento della decisione impugnata solo se viene dimostrato che in assenza di tale irregolarità, la detta decisione avrebbe avuto un contenuto diverso.

155. Essa ritiene, innanzi tutto, che le sentenze citate dal Tribunale non siano pertinenti perché riguardavano cause in cui i fatti erano diversi da quelli di cui trattasi nel caso di specie. Così, il punto 91 della sentenza Suiker Unie e a./Commissione, cit., si spiegherebbe con il fatto che la Commissione, contrariamente alla presente causa, non avrebbe mantenuto nella sua decisione tutte le censure enunciate nella comunicazione degli addebiti (v. sentenza Suiker Unie e a./Commissione, cit., punto 92). Inoltre, emergerebbe dal punto 29 della sentenza Dunlop Slazenger/Commissione, cit., che la questione se i servizi della Commissione fossero responsabili della fuga non era stata decisa, a differenza che nel presente caso di specie.

156. La ricorrente sostiene poi che, se si ammettesse che irregolarità come quelle accertate nel caso di specie non possono rimettere in questione la validità della decisione impugnata, queste rimarrebbero, di regola, impunite, poiché unimpresa non è mai in grado di provare che la decisione sarebbe stata diversa se la Commissione avesse agito legittimamente, e ciò anche se la detta impresa ha una perfetta conoscenza del fascicolo della Commissione. Dovrebbe quindi essere sufficiente far valere la possibilità di uninfluenza sulla detta decisione, cosa che la ricorrente ha fatto nella fattispecie.

157. A questo riguardo non si potrebbe escludere che, durante lesame della proposta relativa allimporto dellammenda, i membri della Commissione lavrebbero accettata non perché la ritenevano giustificata, ma per evitare di smentire il loro collega che aveva già rivelato al pubblico limporto esatto di questa ammenda.

158. Secondo la ricorrente, infine, dato che i principi della presunzione dinnocenza, del divieto di nuocere allimmagine di marchio dellimpresa perseguita e della buona amministrazione comunitaria, evocati dal Tribunale, riguardano tutta la decisione impugnata e non solo limporto dellammenda, la sola sanzione possibile sarebbe lannullamento di questa decisione nella sua totalità.

159. La Commissione fa innanzi tutto valere, rinviando ai punti 91 e 92 della sentenza Suiker Unie e a./Commissione, cit., e 29 della sentenza Dunlop Slazenger/Commissione, cit., che i fatti asseritamente diversi delle cause che hanno dato luogo a tali sentenze, sulla base dei quali la ricorrente sostiene che non sarebbe possibile tener conto della giurisprudenza costante citata dal Tribunale, riguardavano solo opinioni incidentali che non hanno costituito il fondamento dellaccertamento della Corte e del Tribunale secondo cui nulla lasciva supporre, nelle cause in questione, che la decisione in questione non sarebbe stata adottata o avrebbe avuto un contenuto diverso se non vi fosse stata irregolarità.

160. Essa afferma poi che bisogna distinguere tra lespressione di unopinione di un membro della Commissione e la decisione della Commissione, che verrebbe deliberata ed adottata conformemente al principio di collegialità.

161. Le dichiarazioni pubbliche dei membri della Commissione non avrebbero alcuna importanza riguardo alla decisione stessa, salvo che abbiano avuto ripercussioni sul contenuto di questa. Il fatto che generalmente ciò non accada non può avere come conseguenza che la semplice possibilità della ripercussione di una dichiarazione pubblica sulla decisione in questione comporti necessariamente lannullamento di questa al solo scopo di non lasciare impunita questa dichiarazione. Una sanzione di questo tipo non avrebbe fondamento giuridico e sarebbe, peraltro, sproporzionata.

162. Infine, largomento della ricorrente secondo cui altri membri della Commissione, quando hanno approvato la proposta di decisione, avrebbero semplicemente voluto evitare di screditare il loro collega competente per la concorrenza sarebbe solo una pura speculazione e non può sostituirsi alla prova necessaria che occorre fornire per dimostrare il nesso di causalità tra la comunicazione alla stampa ed il contenuto della decisione impugnata.

Giudizio della Corte

163. Occorre rilevare innanzi tutto che il Tribunale, dopo aver constatato, ai punti 280-282 della sentenza impugnata, che mediante la divulgazione alla stampa, con un alto grado di precisione e prima delladozione della decisione impugnata, di un elemento essenziale di questa, cioè dellimporto previsto dallammenda, la Commissione ha pregiudicato la dignità dellimpresa incriminata e gli interessi di una buona amministrazione comunitaria, ha escluso lannullamento della detta decisione, chiesto dalla ricorrente, sulla base della motivazione che figura al punto 283 della sentenza impugnata, che così recita:

«Secondo una costante giurisprudenza, unirregolarità come quella appena esaminata può comportare lannullamento della decisione di cui trattasi se si dimostra che, in mancanza della stessa, la suddetta decisione avrebbe avuto un contenuto diverso [sentenza della Corte (…) Suiker Unie e a./Commissione [cit.], punto 91; sentenza Dunlop Slazenger/Commissione, cit., punto 29]. Nel caso di specie, la ricorrente non ha fornito una simile prova. Infatti, nulla lascia supporre che, se le informazioni controverse non fossero state diffuse, il comitato consultivo o il collegio dei commissari avrebbero modificato limporto dellammenda o il contenuto della decisione proposti».

164. Occorre constatare poi che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il Tribunale ha correttamente considerato che la giurisprudenza menzionata al punto 283 della sentenza impugnata è applicabile alla fattispecie. Infatti, a parte talune differenze non determinanti tra il caso di specie e le cause che hanno dato luogo alle due sentenze citate dal Tribunale, queste avevano in particolare ad oggetto la precisazione delle conseguenze che può comportare, con riferimento alla legittimità di una decisione adottata dalle autorità comunitarie, la divulgazione, prima delladozione della decisione interessata, di uno dei suoi elementi. Orbene, nella fattispecie vi è stata proprio una tale irregolarità, come affermato dal Tribunale ai punti 280-282 della sentenza impugnata.

165. Occorre infine aggiungere che, contrariamente alle affermazioni della ricorrente, il criterio adottato nelle due sentenze menzionate al punto 283 della sentenza impugnata, vale a dire quello secondo cui unirregolarità risultante da una divulgazione prematura di un elemento della decisione in questione può comportare lannullamento di questa solo se viene dimostrato che in assenza di tale irregolarità la detta decisione avrebbe avuto un contenuto diverso, non ha come effetto che irregolarità di tale tipo restino praticamente impunite. Infatti, indipendentemente dalla possibilità di ottenere lannullamento della decisione di cui trattasi nellipotesi in cui lirregolarità commessa avesse avuto ripercussioni sul suo contenuto, linteressato potrebbe far valere la responsabilità dellistituzione interessata in ragione del danno che riterrebbe di aver subito a causa di questa irregolarità.

166. Ne consegue che il nono motivo va respinto.

167. Dato che nessuno dei motivi dedotti dalla ricorrente può essere accolto, il ricorso principale deve essere integralmente respinto.

Sul ricorso incidentale

Argomenti delle parti

168. La Commissione contesta, nel suo ricorso incidentale, laccertamento di cui al punto 343 della sentenza impugnata, secondo cui, anche nel caso in cui la regola del 15% stipulata nella «convenzione B» non fosse stata regolarmente notificata, la Commissione non poteva ritenere che tale regola costituisse, di per sé, un elemento atto a giustificare la maggiorazione dellimporto stabilito per la gravità dellinfrazione e, di conseguenza, il periodo 1988-1992, durante il quale la detta regola costituisce il solo atto contestato alla ricorrente, non avrebbe dovuto essere preso in considerazione per la determinazione dellimporto dellammenda inflitta a questultima.

169. Il Tribunale contraddirebbe in tal modo la costante giurisprudenza della Corte che esso aveva appena citato al punto 342 della sentenza impugnata e secondo cui il divieto di infliggere ammende, previsto allarticolo 15, n. 5, lettera a), del regolamento n. 17, si applica solo agli accordi effettivamente notificati secondo le formalità richieste. Il fatto che la «Convenzione B» sia stata comunicata alla Commissione nel 1988 non può giustificare una deroga a tale principio.

170. Il rispetto delle formalità previste dallarticolo 4, del regolamento n. 27 non sarebbe fine a se stesso ma sarebbe diretto a consentire alla Commissione di esaminare laccordo notificato dal punto di vista della concorrenza incitando le imprese interessate a fornirle le informazioni necessarie a questo scopo, presentando, in particolare, una completa esposizione dei fatti.

171. Inoltre, tenuto conto della lettera che la Commissione aveva inviato alla Autogerma fin dal 1988 (v. punto 342 della sentenza impugnata), la ricorrente non avrebbe potuto aspettarsi che la Commissione considerasse, malgrado tutto, che la comunicazione del nuovo contratto e dei suoi allegati costituisse una regolare notifica o esaminasse questo contratto dal punto di vista del diritto della concorrenza senza tener conto del fatto che non era stato affatto notificato.

172. Ne risulterebbe che, poiché il Tribunale ha diminuito limporto dellammenda a EUR 90 milioni senza prendere in considerazione linfrazione derivante dallapplicazione della regola del 15% durante il periodo 1988-1992, la sentenza impugnata deve essere annullata per violazione dellarticolo 15, n. 5, lettera a), del regolamento n. 17. Conformemente alla giurisprudenza (sentenze BPB Industries e British Gypsum/Commissione, cit., punto 34, e 16 novembre 2000, causa C-280/98 P, Weig/Commissione, Raccolta pagina I-9757, punto 62), la causa dovrebbe essere rinviata dinanzi al Tribunale affinché possa fissare nuovamente limporto dellammenda tenendo conto dellinfrazione commessa durante il detto periodo.

173. La ricorrente sostiene che lesenzione dallammenda prevista in caso di notificazione regolare non implica che unammenda debba essere inflitta o maggiorata in assenza di una tale notificazione, poiché limporto dellammenda non dipende solo dalla durata, ma anche dalla gravità dellinfrazione e dal grado di colpevolezza del suo autore.

174. Poiché il Tribunale, nellesercizio della sua competenza anche di merito, dispone di un ampio margine di valutazione, la sua decisione potrebbe essere annullata dalla Corte solo nel caso in cui sia stato commesso un errore di diritto manifesto. Affermando che la semplice applicazione della regola del 15%, che era nota alla Commissione e alla quale questa non aveva posto fine, non giustificava la condanna della ricorrente ad unammenda, il Tribunale non ha oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale in quanto giudice dei fatti.

Giudizio della Corte

175. Al punto 343 della sentenza impugnata il Tribunale ha considerato che, a prescindere dallaccertare se la comunicazione della «convenzione B» costituisse o meno una notificazione ai sensi del regolamento n. 17, il fatto stesso che tale convenzione fosse stata comunicata alla Commissione già nel 1988 avrebbe dovuto indurre questultima a non considerarla, di per sé, un elemento che giustificava la maggiorazione dellimporto fissato per la gravità dellinfrazione.

176. Sulla base di tale constatazione il Tribunale, al punto 343 della sentenza impugnata, ha affermato che il periodo 1988-1992 durante il quale la regola del 15% stipulata nella «convenzione B» costituiva il solo atto incriminato, non doveva essere preso in considerazione per la fissazione dellammenda. Ha poi diminuito limporto di questa tenendo conto anche di tale elemento (punti 346-348 della sentenza impugnata).

177. Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, laccertamento del Tribunale secondo cui il periodo 1988-1992, non doveva essere preso in considerazione per la fissazione dellammenda non è viziato da errore di diritto.

178. Infatti, da una parte, largomento della Commissione si basa sulla premessa secondo cui il Tribunale si è sbagliato nellapplicazione dellarticolo 15, n. 5, lettera a), del regolamento n. 17, che prevede lesenzione dallammenda solo per gli accordi debitamente notificati. Orbene, questa premessa è erronea, poiché il Tribunale, come è già stato rilevato ai punti 77 e 78 della presente sentenza, non si è pronunciato sulla questione se la comunicazione alla Commissione della «convenzione B» costituisse una notificazione ai sensi del regolamento n. 17 né, di conseguenza, sulla questione se la regola del 15% che vi era stipulata potesse beneficiare dellesenzione dallammenda ai sensi di questa disposizione.

179. Daltra parte, in un caso come quello di specie, in cui linfrazione commessa era costituita da un complesso di misure di cui faceva parte la regola del 15% e il cui effetto combinato si è prodotto a partire dal 1. settembre 1993 (v. punto 344 della sentenza impugnata), non è errato considerare ingiustificata una maggiorazione dellimporto dellammenda per la gravità dellinfrazione totale in relazione ad un periodo precedente alla data summenzionata, situato tra il 1988 e il 1992, durante il quale esisteva solo una delle misure costitutive dellinfrazione e considerando che questa misura, per di più, era stata comunicata alla Commissione. Pertanto, lassenza di qualunque altro comportamento incriminato durante il detto periodo ha consentito al Tribunale di concludere correttamente che questo non doveva essere preso in considerazione per la fissazione dellammenda, nonostante il fatto che la regola del 15%, considerata isolatamente, costituisse una misura incompatibile con larticolo 85, n. 1, del Trattato.

180. Risulta da quanto precede che il ricorso incidentale deve essere respinto.

Sulle spese

181. Ai sensi dellarticolo 69, n. 2, del regolamento di procedura, reso applicabile al procedimento dimpugnazione a norma dellarticolo 118 dello stesso regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, secondo larticolo 69, n. 3, primo comma, del detto regolamento, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, la Corte può decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente nei suoi motivi e conclusioni in sede di ricorso principale e la Commissione è rimasta soccombente nei suoi motivi e conclusioni in sede di ricorso incidentale, occorre statuire che ognuna di esse sopporta le proprie spese.

PQM

La Corte (Sezione sesta) dichiara e statuisce: 1) Il ricorso principale e il ricorso incidentale sono respinti.

2) Ciascuna delle parti sopporta le proprie spese.