Lavoro e Previdenza
Rito del lavoro. In caso di mutamento del Giudice non è necessario, a differenza del processo penale, procedere alla rinnovazione delle prove, ma secondo il Tribunale di Milano la norma è incostituzionale. ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 ottobre 20
Rito del lavoro. In caso di mutamento del Giudice non è necessario, a differenza del processo penale, procedere alla rinnovazione delle prove; ma secondo il Tribunale di Milano la norma è incostituzionale
ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 ottobre 2003.
Ordinanza emessa il 29 ottobre 2003 dal tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Valassina Ezio e CINI e NILS S.r.l. Lavoro e previdenza (controversie in materia di) – Processo del lavoro – Mutamento della persona fisica del magistrato originariamente designato – Rinnovazione dell’assunzione delle prove – Mancata previsione – Irragionevole diversita’ di disciplina rispetto al processo penale parimenti ispirato al principio dell’oralita’ – Violazione del diritto di difesa – Violazione dei principi del giusto processo. – Codice di procedura penale, art. 420. – Costituzione, artt. 3, primo comma, 24, comma secondo, 111, commi primo e secondo. Lavoro e previdenza (controversie in materia di) – Processo del lavoro – Sentenza che definisce il giudizio – Emissione da parte dello stesso giudice (persona fisica) che ha provveduto all’istruzione probatoria – Mancata previsione – Irragionevole diversita’ di disciplina rispetto al processo penale – Violazione del diritto di difesa – Violazione dei principi del giusto processo. – Codice di procedura penale, art. 429, primo comma. – Costituzione, artt. 3, primo comma, 24, comma secondo, 111, commi primo e secondo. Lavoro e previdenza (controversie in materia di) – Processo del lavoro – Sentenza pronunciata da giudice (persona fisica) diverso da quello che ha provveduto all’istruzione – Nullita’ – Mancata previsione – Irragionevole diversita’ di disciplina rispetto al processo penale – Violazione del diritto di difesa – Violazione dei principi del giusto processo. – Codice di procedura penale, art. 161, comma secondo. – Costituzione, artt. 3, primo comma, 24, comma secondo, 111, commi primo e secondo. (GU n. 8 del 25-2-2004)
IL TRIBUNALE
Premesso in fatto che:
nel presente giudizio di lavoro di cui all’art. 409 c.p.c. il
giudice, in persona fisica di magistrato della sezione diverso
dall’attuale estensore, ammesse le prove, conduceva l’intera
istruzione probatoria, snodatasi in piu’ udienze e concretizzatasi,
tra l’altro, nell’assunzione di numerose testimonianze;
al termine, con ordinanza in atti, quello stesso giudice
dichiarava chiusa l’istruzione, rinviando contestualmente la causa ad
altra udienza successiva per la discussione;
nelle more, il Presidente della sezione lavoro designava,
quale titolare del procedimento, lo scrivente, in sostituzione del
magistrato inizialmente designato, cessato dalle funzioni;
all’udienza odierna le parti costituite sono comparse davanti
al giudice sottoscritto per la discussione orale della causa;
Osserva quanto segue.
Sul piano processuale, la situazione che si e’ determinata a
seguito della avvenuta sostituzione (ancorche’ per ragioni oggettive)
del giudice ad istruttoria conclusa, e’ assai singolare e di dubbia
legittimita’ costituzionale, essendo l’attuale magistrato chiamato
alla valutazione delle prove, in base alle quali decidere la
controversia, sulla base dei soli atti scritti della pregressa
istruttoria da altri condotta, in un giudizio che dovrebbe essere
ispirato al massimo della oralita’.
Come e’ ben noto, con la riforma del processo del lavoro del 1973
il legislatore ha inteso reagire al pratico svuotamento attuato dalla
prassi dei principi chiovendiani, propri dell’originaria formulazione
del c.p.c. del 1942 e di attuare, in modo particolarmente incisivo,
con disposizioni dettate specificamente per questa particolare
categoria di controversie, i principi dell’oralita’, della
concentrazione e immediatezza, attribuendo ad un unico giudice
monocratico la direzione dell’attivita’ istruttoria e la conseguente,
immediata decisione della causa, tendenzialmente in unica udienza.
Essenziale nel sistema cosi’ creato, e’ che il giudice, inteso
come persona fisica, che presiede l’udienza di cui all’art. 420
c.p.c., e che assume le prove, sia lo stesso che decide la
controversia, non potendo altrimenti parlarsi di oralita’ del
processo.
Del resto, la dimostrazione, assolutamente univoca,
dell’intenzione del legislatore di prescrivere, nelle controversie di
lavoro, la coincidenza della persona fisica che decide rispetto alla
persona fisica che istruisce la causa, sta non solo nella prevista
assunzione delle prove immediatamente, ma anche nella esplicita
definizione, estremamente significativa, dell’udienza di cui
all’art. 420, in tutte le sue possibili componenti, quale «udienza di
discussione» tout court.
Nel giudizio penale, che e’ la forma di processo orale per
eccellenza, le conseguenze del mutamento (per qualsivoglia causa)
della persona fisica del giudice trovano una espressa sanzione nella
nullita’ ex art. 525 del vigente c.p.p. (corrispondente a omologa
disposizione del c.p.p. abrogato) e nella conseguente necessita’ di
rinnovare l’istruttoria dibattimentale.
Anche nel processo civile, non mancano, in generale, norme di
garanzia finalizzate ad evitare il cambiamento del giudice – persona
fisica chiamato a decidere la controversia, ed e’ sicuramente
ragguardevole che la giurisprudenza della Corte di cassazione abbia
esteso la sanzione della nullita’ rilevabile di ufficio, ex art. 161,
comma 2, c.p.c. alla sentenza che venga pronunciata da giudice
diverso da quello che ha partecipato all’udienza di discussione.
Tuttavia e’ stato escluso dalla consolidata giurisprudenza di
legittimita’ (alla quale questo giudice deve fare necessariamente
riferimento quale «diritto vivente»), che, nel rito del lavoro, possa
rilevare la differenza tra la persona fisica che istruisce la causa e
chi la decide (cfr. da ultimo Cass., sentenze nn. 9052/2000 e
5443/01; in precedenza, negli stessi termini, v. sentenze
nn. 5449/1992 e 1241/1995).
La giurisprudenza citata nell’enunciare tale principio
solitamente fa salva l’applicabilita’ dell’art. 421 c.p.c., operando
un riferimento, se pure apprezzabile, ad avviso del giudicante
inconferente e inidoneo a modificare i termini della questione, che
attiene alla validita’ formale delle prove assunte, pregiudiziale
rispetto alla valutazione (necessariamente successiva e limitata alle
prove ritualmente assunte e non colpite da nullita) del loro valore
contenutistico e dell’eventuale necessita’ di integrare ex ufficio le
gia’ avvenute acquisizioni probatorie.
Occorre pertanto pervenire alla conclusione, del tutto
inappagante, che, nel rito del lavoro, la regola della
insostituibilita’ del giudice che procede all’istruzione della causa
rispetto a quello che la decide, pur presupposta dal legislatore
nell’art. 420, e fondamentale per la «oralita» del giudizio, non ha
alcuna garanzia sul piano del processo, con specifico riguardo alla
validita’ ed efficacia delle prove, neppure nel caso limite in cui
l’intera istruzione (come nella fattispecie) sia stata condotta da
altro giudice e ai fini della decisione rilevino e siano determinanti
le prove «costituende», gia’ assunte nella fase pregressa, in se’
sufficienti, ove non invalide, per giungere alla decisione.
Ritiene questo giudice che i profili di incostituzionalita’
prospettabili attengano, in primo luogo, alla ingiustificata e
irragionevole disparita’ di trattamento ex art. 3 Cost., quanto alle
conseguenze, sul piano processuale, della sostituzione del giudice
nel processo del lavoro, rispetto a quanto avviene nel giudizio
penale, parimenti retto dal principio dell’oralita’; di violazione
del diritto di difesa, ex art. 24, comma 2, Cost., non potendo tale
diritto, in un processo retto dal principio dell’oralita’, essere
pienamente ed efficacemente esercitato dalla parte se non davanti al
giudice che ha assunto le prove dalla cui valutazione dipende la
decisione, e infine dell’ art. 111, commi 1 e 2, Cost., perche’
quando il legislatore ordinario, nella sua discrezionalita’, opta per
un processo retto dal principio dell’oralita’, appare
imprescindibile, affinche’ il «giusto processo» sia veramente tale,
che il giudice deputato alla decisione sia anche quello che ha
personalmente proceduto all’istruzione, altrimenti non potendosi
parlare di «processo» che si svolge «davanti» al giudice, cioe’ con
la piena e consapevole partecipazione del giudice investito del
giudizio.
E’ evidente la rilevanza della questione sollevata, in quanto –
come gia’ si e’ sopra sottolineato – la decisione della presente
controversia dipende essenzialmente dalle prove orali, tutte assunte
dal giudice precedentemente designato.
P. Q. M.
Visto l’art. 23, legge n. 87/1953, ritenutane la rilevanza e la
non manifesta infondatezza, solleva di ufficio questione di
legittimita’ costituzionale, con riferimento agli artt. 3, comma 1,
24 comma 2, e 111, commi 1 e 2, della Costituzione, dell’art. 420
c.p.c., nella parte in cui non prevede l’obbligo del giudice di
rinnovare l’assunzione delle prove in caso di mutamento della persona
fisica del magistrato originariamente designato; degli artt. 429,
comma 1, e 161, comma 2, c.p.c. nella parte in cui rispettivamente
non prevedono che il giudice che pronuncia la sentenza deve essere lo
stesso che ha provveduto all’istruzione probatoria, e che in difetto
la sentenza, cosi’ pronunciata, e’ inesistente;
Sospende il giudizio;
Dispone che a cura della cancelleria gli atti siano trasmessi
alla Corte costituzionale e che ha presente ordinanza venga
notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri,
nonche’ comunicata, nei modi di legge, ai Presidenti delle Camere.
Cosi’ deciso in Milano, all’udienza del 28 ottobre 2003.
Il giudice: Punzo