Penale

Friday 01 December 2006

Risponde a titolo di concorso nel reato chi inserisce sul web link a siti che diffondono illecitamente al pubblico trasmissioni SKY (Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, sentenza n.33945/2006)

Risponde a titolo di concorso nel reato chi inserisce sul
web “link” a siti che diffondono illecitamente al pubblico trasmissioni SKY (Suprema Corte di Cassazione,
Sezione Terza Penale, sentenza n.33945/2006)

Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza
Penale, sentenza n.33945/2006 (Presidente: E. Lupo;
Relatore: C. Squassoni)

LA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE III PENALE

SENTENZA

MOTIVI DELLA DECISIONE

In data 26 gen. 2006, il PM presso il tribunale di Milano
(evidenziando la configurabilità del reato previsto dall’art. 171 co.
1 lett. a- bis legge633/1941 [1]
a carico di B. T.J.
e D.M. L.) ha disposto di urgenza il sequestro
preventivo di due portali web attraverso i quali, secondo la tesi accusatoria,
erano stati illecitamente diffusi e trasmessi via internet in modalità per to peer eventi sportivi (partite
di campionato di calcio italiano) rispetto ai quali Sky
vantava un diritto di esclusiva.

Il giudice per indagini preliminari non ha convalidato il
sequestro, con ordinanza 8 feb. 2006, avverso il PM ha
proposto appello che è stato respinto con il provvedimento in epigrafe
precisato.

A sostegno della conclusione, il tribunale ha ritenuto
accertato in fatto che mediante una normale connessione via internet un numero
imprecisato di utenti riuscisse a vedere le partite trasmesse dalla Sky; ciò era consentito non attraverso la
elusione delle misure tecnologiche predisposte
dalla società, me perchè le partite erano immesse in rete da alcune emittenti
cinesi che avevano acquistato dalla Sky il diritto di
trasmettere localmente; gli indagati avevano facilitato l’accesso a tale
prodotto con la diffusione di informazioni e le predisposizione di un link che permetteva il collegamento diretto ai server
cinesi.

A parere dei giudici non sussiste l’ipotizzabilità
del contestato illecito in quanto la modalità con la quale deve avvenire la
diffusione dell’opera, affinché possa ritenersi integrata la fattispecie incriminatrice, consiste nell’immissione in rete con una
connessione di qualsiasi genere; nel caso in esame, gli indagati si erano
limitati a diffondere in via telematica un prodotto che già altri avevano
immesso e la condotta di agevolazione alla consultazione dei siti avveniva in
un momento successivo al perfezionamento del reato.

Oltre a tali rilievi, i giudici hanno osservato che
normalmente la trasmissione di una partita calcistica, attività di mera
documentazione, non può considerarsi un’opera di ingegno e che tale tema non
poteva essere accertato perchè la visione dei filmati costituisce attività
istruttoria preclusa al tribunale.

Il contratto di licenza, allegato dalla Sky
alla denuncia- querela è stato considerato dai giudici
inutilizzabile perché redatto in lingua straniera.

Per l’annullamento dell’ordinanza, ha proposto ricorso in
cassazione il procuratore della Repubblica deducendo difetto di motivazione e
violazione di legge.

Dopo aver sostenuto che la trasmissione di un evento
sportivo calcistico, per le tecniche delle riprese, può considerarsi un opera di ingegno, ha negato che gli indagati si fossero
limitati ad agire come un motore di ricerca per indirizzare gli utenti in
quanto avevano posto in essere un’azione causale determinante la immissione
delle trasmissioni nelle reti; ciò in quanto gli indagati avevano messo a
disposizione degli utenti i mezzi tecnici necessari per la visione dell’evento
sportivo.

Pertanto, ha concluso il ricorrente, gli indagati avevano tenuto
una condotta di immissione che non è forma vincolata e può essere diretta o
indiretta stante l’inciso, inserito nella norma contestata, mediante
connessioni di qualsiasi genere.

Le deduzioni sono meritevoli di accoglimento.

Innanzi tutto, i giudici hanno evidenziato come non sia dimostrato che gli emittenti cinesi, che vengono
indicati dalla denunciante quali responsabili dell’abusiva diffusione in rete
delle immagini coperte da esclusiva, avesse agito in violazione del contratto
di licenza; il tribunale ha reputato che il contratto (il cui esame era di
fondamentale importanza per la risoluzione del caso) fosse inutilizzabile
perché redatto in inglese.

Sul punto, si rileva come l’obbligo di usare la lingua
italiana, tranne che le per le minoranze linguistiche, di cui all’art. 109 c.p.p. concerna solo gli atti da compiersi nel procedimento
e non gli atti già formati altrove ed acquisiti nel medesimo i quali, se
redatti in lingua straniera, devono essere tradotti a sensi dell’art. 143 co. 2 c.p.p.

La nomina di un interprete avrebbe potuto
essere effettuata anche dal tribunale perché non rappresentava un’attività
istruttoria che gli era inibita per i suoi limiti cognitivi.

Il principio che i giudici, in sede di riesame o di appello,
devono avere come referente solo gli elementi probatori offerti dall’organo
dell’accusa, da considerarsi così come esposti, non esclude una valutazione dei
documenti la cui traduzione è solo il momento prodromico
al loro esame.

Ugualmente non condivisibile è l’affermazione dei giudici
secondo i quali era loro impedita la visione dei filmati degli eventi
calcistici perché costituente un’attività istruttoria inammissibile in un
procedimento cartolare.

La conclusione non tiene conto della nozione di documento
fornita dall’art. 234 co. 1 c.p.p.
che, in relazione al diffondersi della tecnologia, è solo in parte
sovrapponibile con quella del diritto sostanziale.

Essa comprende, oltre ai tradizionali documenti in senso
stretto caratterizzati dalla scrittura, i documenti in senso lato intesi come
oggetti rappresentativi di un fatto ed aventi l’attitudine a costruire il
fondamento sia di una prova storica sia di una prova critica; tra le cose
preesistenti al processo e considerate prove documentali acquisibili, l’art.
234 co. 1 c.p.p. annovera
le riprese cinematografiche.

La diretta visione delle partite calcistiche (altro elemento
indispensabile per la valutazione della tesi accusatoria) avrebbe consentito di
verificare, o di squalificare, la prospettazione del
PM secondo il quale le stesse costituivano, per le scelte tecniche degli
operatori, una elaborazione creativa da considerarsi
opera di ingegno.

Sull’argomento, le deduzioni del ricorrente sono in astratto condivisibili ed i giudici del rinvio controlleranno
se sono di attualità nell’ipotesi concreta e verificheranno se, qualora le
trasmissioni non fossero da qualificare come opere di ingegno, possa trovare
applicazione l’ipotesi di reato di cui all’art. 171 lett. f) legge 633/1941,
nell’interpretazione estensiva fornita dalla giurisprudenza, che tutela i
programmi coperti dal diritto di esclusiva indipendentemente dalla loro
qualificazione come opere di ingegno.

Una tale mutatio
libelli è consentita al tribunale che, ai limitati fini del procedimento
cautelare, può dare al materiale investigativo raccolto dal PM autonome
valutazioni in diritto.

Il problema ora da affrontare concerne il perfezionamento
della contestata fattispecie di reato sotto il profilo della abusiva immissione
nella rete internet; come correttamente evidenziato dai giudici di merito, fra
più condotte generiche suscettibili di integrare la messa a disposizione di una sere indeterminata di soggetti, il legislatore ha inteso
sanzionare penalmente soltanto la condotta specifica di immissione nella rete
internet dell’opera protetta.

Ora è pacifico, in punto di fatto, che gli indagati avevano messo a disposizione degli utenti l informazioni ed
i mezzi tecnici attraverso i quali era possibile installare sul proprio
personale computer tutto il software necessario alla visione delle partite di
calcio sulle quali la Sky vantava un diritto di esclusiva; tale
condotta è stata ritenuto dai giudici come posteriore al,l’immissione in rete
delle opere protette e, di conseguenza, inserendosi in un momento successivo al
perfezionamento del reato, è stata considerata irrilevante ai fini penali, tale
conclusione merita un approfondimento.

È innegabile che gli attuali indagati hanno
agevolato, attraverso un sistema di guida on line, la connessione e
facilitato la sincronizzazione con l’evento sportivo; senza l’attività degli
indagati, non ci sarebbe stata, o si sarebbe verificata in misura minore, la
diffusione delle opere tutelate.

Le informazioni sul link e sulle
modalità per la visione delle partite in Italia, per raggiungere il loro
obiettivo, devono essere state inoltrate agli utenti in epoca antecedente
all’immissione delle trasmissioni in via telematica; tale rilievo, se puntuale
in fatto, comporta come conseguenza che, in base alle generali norme sul concorso
nel reato, gli indagati, pur non avendo compiuto l’azione tipica, hanno posto
in essere una condotta consapevole avente efficienza causale sulla lesione del
bene tutelato.

È appena il caso di ricordare come l’attività costitutiva
del concorso può essere individuata in qualsiasi comportamento che fornisca un
apprezzabile contributo alla ideazione, organizzazione ed esecuzione del reato;
non è necessario un previo accordo diretto alla causazione dell’evento, ben
potendo il concorso esplicarsi in una condotta estemporanea, sopravvenuta a
sostegno dell’azione di terzi anche alla insaputa degli altri agenti.

Per le esposte considerazioni, la corte annulla l’ordinanza
impugnata con rinvio al tribunale di Milano, per una nuova decisione.

P.Q.M.

La corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al
tribunale di Milano.

Roma, 4 lug. 2006.

Depositata in Cancelleria il 20 novembre 2006.