Ambiente

Monday 06 June 2005

Rispetto delle direttive europee in tema di prevenzione dell’ inquinamento idrico. Condannata l’ Irlanda SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione) – 2 giugno 2005 – «Inadempimento di uno Stato – Inquinamento idrico – Direttiva 76/464/CEE»

Rispetto delle direttive europee in tema di prevenzione dell’inquinamento idrico. Condannata l’Irlanda

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda
Sezione) – 2 giugno 2005 – «Inadempimento di uno Stato – Inquinamento idrico –
Direttiva 76/464/CEE»

Nella causa C-282/02,

avente ad oggetto un ricorso per
inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 31 luglio 2002,

Commissione delle Comunità europee,
rappresentata dal sig. Shotter, in
qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Irlanda, rappresentata dal sig. D.J. O’Hagan, in qualità di agente,
assistito dall’avv. A.M. Collins, BL, con domicilio
eletto in Lussemburgo,

convenuta,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dai sig. C.W.A.
Timmermans, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. C.
Gulmann, J. Makarczyk e P. Ku-ris, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver
sentito l’avvocato generale, di trattare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Con il presente ricorso
la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare
che l’Irlanda, avendo omesso di disporre tutte le misure necessarie per
garantire la trasposizione e la corretta applicazione della direttiva del
Consiglio 4 maggio 1976, 76/464/CEE, concernente l’inquinamento provocato da
certe sostanze pericolose scaricate nell’ambiente idrico della Comunità (GU L
129, pag. 23; in prosieguo: la «direttiva»), è venuta meno agli obblighi ad
essa incombenti ai sensi di tale direttiva e, in particolare, degli artt. 7 e 9
della medesima, nonché ai sensi del Trattato CE.

Contesto normativo

2 La direttiva mira a proteggere
l’ambiente idrico della Comunità contro l’inquinamento. A tal fine essa opera
una distinzione tra due famiglie di sostanze pericolose ricomprese,
rispettivamente, negli elenchi I e II contenute
nell’allegato della direttiva medesima. L’elenco I comprende
le sostanze particolarmente pericolose per l’ambiente idrico, selezionate
essenzialmente in considerazione della loro tossicità, della loro persistenza e
della loro bioaccumulazione. L’elenco II enumera le
sostanze che producono effetti nocivi sull’ambiente idrico, effetto
che può tuttavia essere limitato ad una determinata zona e che dipende dalle
caratteristiche delle acque recettrici e dalla loro localizzazione. In tale
allegato si precisa che le sostanze di cui all’elenco I, per
le quali non siano determinati i valori limite di cui all’art. 6 della
direttiva, devono essere considerate quali sostanze ricomprese
nell’elenco II.

3 La direttiva si applica, ai sensi
dell’art. 1, n. 1, della medesima, alle acque interne superficiali, alle acque marine territoriali, alle acque interne del litorale
ed alle acque sotterranee.

4 L’art. 1, n. 2, della detta
direttiva contiene una serie di definizioni, tra cui quelle dei termini
«scarico» e «inquinamento». Lo «scarico» è definito, ai sensi della lettera d)
di tale disposizione, quale «l’immissione, nelle acque di cui al paragrafo 1,
delle sostanze enumerate nell’elenco I o nell’elenco
II dell’allegato, ad eccezione:

– degli scarichi di fanghi di dragaggio,

– degli scarichi operativi effettuati
da navi nelle acque marine territoriali,

– dell’immissione di rifiuti
effettuata da navi nelle acque marine territoriali»;

5 L’«inquinamento» è definito
all’art. 1, n. 2, lett. e), della direttiva medesima quale «lo scarico
effettuato direttamente o indirettamente dall’uomo nell’ambiente idrico di
sostanze o di energia le cui conseguenze siano tali da
mettere in pericolo la salute umana, nuocere alle risorse viventi e al sistema
ecologico idrico, compromettere le attrattive o ostacolare altri usi legittimi
delle acque».

6 L’art. 2 della direttiva impone
agli Stati membri di adottare i provvedimenti atti ad eliminare l’inquinamento
delle acque provocato dalle sostanze pericolose comprese nell’elenco I
dell’allegato alla direttiva stessa nonché a ridurre
l’inquinamento di tali acque provocato dalle sostanze di cui all’elenco II
dell’allegato medesimo.

7 L’art. 7 della direttiva così
recita:

«1. Per ridurre l’inquinamento delle
acque di cui all’articolo 1 provocato dalle sostanze dell’elenco II, gli Stati
membri stabiliscono programmi per la cui attuazione ricorreranno
in particolare ai mezzi previsti dai paragrafi 2 e 3.

2. Qualsiasi scarico nelle acque di
cui all’articolo 1 che potrebbe contenere una delle sostanze dell’elenco II è
soggetto ad autorizzazione preventiva, rilasciata dall’autorità competente
dello Stato membro interessato, che ne fissi le norme di emissione.
Tali norme vanno fissate in funzione degli obiettivi di qualità stabiliti a
norma del paragrafo 3.

3. I programmi di cui al paragrafo 1
conterranno obiettivi di qualità per le acque, stabiliti nel rispetto delle
direttive adottate dal Consiglio quando esse esistono.

4. I programmi potranno anche
contenere particolari disposizioni per la composizione e l’uso di sostanze o
gruppi di sostanze e di prodotti;essi tengono conto
dei più recenti progressi tecnici economicamente realizzabili.

5. I programmi fisseranno le scadenze
per la propria attuazione.

6. I programmi e i risultati della
loro attuazione verranno comunicati alla Commissione
in forma sintetica.

7. La Commissione organizza
regolarmente con gli Stati membri in confronto fra i programmi per assicurarsi
che la loro realizzazione sia sufficientemente
armonizzata. Qualora lo ritenga necessario, la Commissione presenta
al Consiglio a tal fine proposte in materia».

8 L’art. 8, secondo periodo, della
direttiva impone agli Stati membri di vietare qualsiasi atto volto ad eludere
le disposizioni della direttiva medesima o avente tale
effetto.

9 Il successivo art. 9 precisa che l’applicazione delle misure adottate in virtù
della direttiva non potrà aggravare, in nessun caso, direttamente o
indirettamente, l’inquinamento delle acque oggetto della direttiva stessa.

10 A termini del successivo art. 10,
uno o più Stati membri possono stabilire, all’occorrenza, individualmente o congiuntamente
disposizioni più severe di quelle previste dalla direttiva.

11 La direttiva non
fissa alcuna data limite espressa ai fini della sua attuazione. A termini dell’art. 12, n. 2, della
medesima, «la Commissione
trasmette, se possibile entro ventisette mesi dalla
notifica della presente direttiva, le prime proposte presentate in applicazione
dell’articolo 7, paragrafo 7. Il Consiglio, deliberando all’unanimità, si
pronuncia entro nove mesi».

12 Con lettera 3 novembre 1976, la
Commissione proponeva agli Stati membri le seguenti date ai fini
dell’attuazione della direttiva: il 15 settembre 1978, quanto al sistema di autorizzazioni; il 15 settembre 1981, quanto all’adozione
di programmi di riduzione dell’inquinamento provocato dalle sostanze ricomprese nell’elenco II ed il 15 settembre 1986, quanto
all’attuazione di tali programmi.

13 La direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 23 ottobre 2000, 2000/60/CE, che istituisce
un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327, pag. 1), contiene
una serie di disposizioni che si ricollegano alla direttiva.

14 In particolare, l’art. 22, n. 2,
della detta direttiva 2000/60 così recita:

«I seguenti atti sono abrogati 13
anni dopo l’entrata in vigore della presente direttiva:

(…)

–       
la direttiva 76/464/CEE del Consiglio (…)».

La fase precontenziosa
del procedimento

15 A seguito di una denuncia, la
Commissione notificava all’Irlanda, in data 4 febbraio 1991, una lettera di
diffida in cui precisava che il detto Stato membro non aveva comunicato i
consuntivi dei programmi di riduzione dell’inquinamento
per talune sostanze ricomprese nell’elenco II
dell’allegato della direttiva.

16 Il 23 dicembre 1992, la Commissione notificava
all’Irlanda una nuova lettera di diffida in cui rilevava, in particolare, che
la normativa irlandese non costituiva corretta trasposizione dell’art. 7 della
direttiva. A parere dell’istituzione, la detta normativa non rendeva
obbligatori i programmi di riduzione dell’inquinamento e non prevedeva la
fissazione di obiettivi di qualità in misura
sufficiente e un regime di autorizzazione per gli scarichi. La Commissione aggiungeva
che al detto art. 7 non era stata data corretta attuazione in vari settori
specifici. L’Irlanda rispondeva con lettera 30 luglio 1993.

17 Il 14 febbraio 1996, in esito
all’istruzione di varie denunce relative ad imprese ittiche marine irlandesi,
la Commissione notificava al detto Stato membro una lettera di diffida in cui
richiamava l’attenzione sul fatto che lo Stato membro medesimo non avrebbe
provveduto all’applicazione dell’art. 7 alle dette aziende.

18 Con lettere 11 e 14 giugno 1996,
l’Irlanda a rispondeva alla Commissione, fornendo precisazioni in ordine alla propria posizione in merito al detto art. 7.

19 Il 3 ottobre 1996, la Commissione
trasmetteva allo Stato membro medesimo una lettera di diffida integrativa di
quella del 23 dicembre 1992.

20 Il 12 giugno 1997, la Commissione notificava
all’Irlanda un parere motivato in cui riuniva i menzionati procedimenti ed
indicava i vari inadempimenti del detto Stato membro che costituivano
violazione degli artt. 7 e 9 della direttiva, in particolare, l’assenza di
programmi definiti di riduzione dell’inquinamento e/o la mancata comunicazione
di tali programmi nonché dei risultati della loro
applicazione in forma sintetizzata, le omissioni quanto ai metodi di attuazione
obbligatori (vale a dire, gli obiettivi di qualità, le autorizzazioni e le
norme di emissione) ed il fatto di non aver impedito il sorgere e
l’aggravamento di un inquinamento generalizzato delle acque dolci provocato dal
fosforo.

21 L’11
giugno 1997, vale a dire alla vigilia dell’invio del detto parere motivato,
l’Irlanda trasmetteva alla Commissione una lettera contenente la descrizione di
una strategia di lotta contro l’eutrofizzazione dei corsi d’acqua e dei laghi
irlandesi, strategia basata sui bacini versanti e intesa a combattere il
problema dell’inquinamento provocato dal fosforo, menzionato nel parere
motivato.

22 A seguito di un ampio scambio di
corrispondenza tra l’Irlanda e l’istituzione, quest’ultima
notificava al detto Stato membro, in data 28 luglio 2000, un parere motivato
integrativo in cui rilevava che, non avendo adottato tutti i provvedimenti
necessari al fine di garantire la trasposizione e la corretta applicazione
della direttiva, l’Irlanda era venuta meno agli
obblighi ad essa incombenti ai sensi della direttiva medesima, in particolare
dei suoi artt. 7 e 9, nonché del Trattato CE,
invitando il detto Stato membro a prendere tutti i provvedimenti necessari per
conformarsi a tale parere entro il termine di due mesi a decorrere dalla sua
notifica.

23 In risposta al parere motivato, l’Irlanda notificava alla
Commissione, in data 2 febbraio 2001, una nuova normativa, vale a dire il
regolamento 30 gennaio 2001, intitolato «Regolamento in
materia di qualità delle acque – sostanze pericolose» [Water Quality (Dangerous Substances) Regulations (S.I. n.
12/2001); in prosieguo: il «regolamento del 2001»]. Tale nuovo regolamento
fissa obiettivi di qualità per l’atrazina, il di-clorometano, il toluolo, il tributiletano,
l’oxilene, l’arsenico, il cromo, il rame, il cianuro,
il fluoruro, il piombo, la simazina, il nichel e lo
zinco. L’Irlanda precisava che la notificazione di tali nuove disposizioni veniva effettuata ai sensi della direttiva 2000/60.

24 Il 6 aprile 2001, l’Irlanda
trasmetteva alla Commissione copia di una relazione redatta dall’agenzia
irlandese per la protezione dell’ambiente riguardante la
presenza di 78 sostanze pericolose nelle acque superficiali irlandesi.

25 Il 30 luglio 2001, il detto Stato
membro notificava alla Commissione altre misure, quali regolamenti comunali,
diretti, in particolare, a rendere efficace la direttiva nonché
la direttiva 2000/60.

26 Il 15 febbraio 2002, l’Irlanda comunicava alla Commissione copia di una pubblicazione sui
progressi registrati nell’attuazione, da parte degli enti locali irlandesi,
delle misure di riduzione dell’inquinamento provocato dal fosforo.

27 La Commissione, non ritenendosi
soddisfatta dalle spiegazioni fornite dal detto Stato membro, decideva di
proporre il presente ricorso.

Sul ricorso

Sui termini di trasposizione della
direttiva 76/464

28 Si deve
rilevare, in limine, che la direttiva non fissa espressamente un termine entro
il quale gli Stati membri siano tenuti alla sua trasposizione. Prima di
pronunciarsi sulla fondatezza degli addebiti formulati dalla Commissione,
occorre accertare se, nondimeno, gli Stati membri fossero
tenuti all’osservanza di un termine al fine di conformarsi agli obblighi
derivanti dalla direttiva medesima.

29 L’art. 12, n. 2, della direttiva
prevede che la Commissione
trasmetta al Consiglio delle Comunità europee, possibilmente entro il termine
di 27 mesi a decorrere dalla notifica della direttiva medesima, le prime
proposte presentate ai fini del raffronto dei programmi sviluppati dagli Stati
membri ai sensi dell’art. 7, n. 7, della direttiva stessa.

30 È vero che il detto art. 12, n. 2,
non fissa un termine perentorio. La locuzione «se possibile» nel tenore della
detta disposizione sta ad indicare che non si tratta di un termine di carattere
imperativo. Tuttavia, stabilendo un periodo relativamente breve per la
valutazione dei primi risultati dell’attuazione della direttiva, il detto
articolo mira ad evitare un’applicazione tardiva delle disposizioni in esso contenute.

31 Una direttiva la cui trasposizione
potesse restare in sospeso sine die risulterebbe peraltro svuotata del suo contenuto
e priva di qualsiasi effetto utile. L’obiettivo della direttiva, vale a dire
l’eliminazione o la riduzione dell’inquinamento idrico, esige la sua
trasposizione entro un termine ragionevole al fine di garantirne l’effetto
utile. In assenza di trasposizione per un periodo prolungato, non sussisterebbe infatti alcun controllo delle situazioni che favoriscono
l’incremento dell’inquinamento, il che priverebbe la direttiva di qualsiasi
efficacia.

32 Per quanto attiene alla nozione di
«termine ragionevole», si deve rammentare che la Commissione ha
proposto agli Stati membri, con lettera 3 novembre 1976, di accogliere la data
15 settembre 1978 per il sistema di autorizzazioni,
quella del 15 settembre 1981 per la definizione dei programmi e quella del 15
settembre 1986 per la loro attuazione. L’Irlanda non ha contestato, all’epoca,
le date suggerite. Inoltre, considerato che la tutela dell’ambiente riveste
importanza essenziale nell’ambito della definizione e dell’attuazione delle
politiche e delle azioni della Comunità, si poteva legittimamente esigere una
rapida risposta da parte delle autorità nazionali per rimediare ai problemi
dell’inquinamento idrico.

33 Alla luce delle suesposte
considerazioni, si deve ritenere, in conclusione, che, se è pur vero che,
contrariamente alla prassi abituale, la direttiva non prevede termini di
trasposizione, ciò non significa che gli Stati membri siano liberi di adottare
i provvedimenti ai fini della sua attuazione entro termini che essi soli
ritengano adeguati. Orbene, tenuto conto della necessità di garantire l’effetto
utile della direttiva e del fatto che le date proposte dalla Commissione ai
fini di un’attuazione progressiva della direttiva medesima non sono state contestate, all’epoca, dall’Irlanda, quest’ultima era tenuta a provvedere alla trasposizione
della direttiva entro un termine ragionevole.

34 Si deve
ritenere che, all’epoca dell’avvio della fase precontenziosa
del procedimento, un termine ragionevole per la trasposizione della direttiva
era già scaduto.

Sul primo addebito, relativo al
mancato rispetto delle disposizioni di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva

Argomenti delle parti

35 Con il primo addebito
la Commissione contesta all’Irlanda di non aver fissato programmi di
riduzione dell’inquinamento per tutte le sostanze ricomprese
nell’elenco II, contrariamente a quanto disposto dall’art. 7, n. 1, della direttiva.

36 Dal canto suo, l’Irlanda sostiene
che l’obbligo impostole dall’art. 7, n. 1, della detta direttiva si estende
unicamente alle menzionate sostanze quando queste
vengano riscontrate o possano venire riscontrate nelle acque ricomprese nella propria giurisdizione. L’Irlanda ritiene
quindi che il proprio obbligo di fissare programmi per tutte le sostanze
contenute nell’elenco II della direttiva debba essere
inteso nel senso che tale obbligo sia condizionato dallo specifico contesto
dello Stato membro medesimo.

37 L’Irlanda afferma, inoltre, di
aver posto in essere programmi per ognuna delle
sostanze indicate nell’elenco II per le quali era soggetta a tale obbligo. In
assenza di inquinamento significativo, reale o
potenziale, o di scarichi contenenti sostanze di tal genere, l’Irlanda sostiene
di non essere stata tenuta a stabilire i programmi previsti dall’art. 7 della
direttiva quanto alle sostanze medesime.

Giudizio della Corte

38 Si deve
rammentare, in limine, che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, i
programmi che devono essere fissati ai sensi dell’art. 7 della direttiva devono
possedere carattere specifico. Il carattere specifico dei programmi di cui
trattasi consiste nel fatto che essi devono rappresentare un approccio globale e coerente, che abbia il carattere di una
pianificazione concreta ed articolata che riguardi l’insieme del territorio
nazionale e miri alla riduzione dell’inquinamento causato da tutte le sostanze
dell’elenco II che siano rilevanti nel contesto nazionale di ciascuno Stato
membro, in rapporto con gli obiettivi di qualità delle acque recettrici fissati
in questi stessi programmi (v. sentenza 21 gennaio 1999, causa C-207/97,
Commissione/Belgio, Racc. pag. I-275, punti 39 e 40).
La nozione di “programma” implica quindi una serie di misure coordinate,
integrate e globali.

39
In
tale prospettiva occorre dunque esaminare se le misure nazionali adottate
dall’Irlanda rispondano a tali criteri. Si tratta
delle seguenti misure:

– il regolamento 24 luglio 1998 riguardante gli obiettivi di qualità delle acque per il
fosforo [Local Government
(Water Pollution) Act 1977
(Water Quality Standards for Phosphorus) Regulations 1998; S.I. n. 258/1998; in
prosieguo: il «regolamento del 1998»] che fissa obiettivi vincolanti per il fosforo;

– il regolamento del 2001 che fissa
obiettivi di qualità per altre quattordici sostanze;

– taluni
regolamenti comunali volti a dare effetto tanto alla direttiva quanto al
regolamento del 1998.

Tali misure comprendono la
fissazione, come base di un programma, di obiettivi di
qualità per il fosforo e quattordici altre sostanze.

40
In
primo luogo, per quanto attiene alle quattordici sostanze ricomprese
nel regolamento del 2001, quest’ultimo è entrato in
vigore successivamente alla scadenza del termine
fissato nel parere motivato integrativo, cosa che le autorità irlandesi
riconoscono nel proprio controricorso. Orbene, la
sussistenza di un adempimento deve essere valutata alla luce della situazione
esistente alla scadenza del termine fissato nel parere motivato e la Corte non può tener conto
dei mutamenti successivamente intervenuti (v. sentenza
17 settembre 1996, causa C-289/94, Commissione/Italia, Racc.
pag. I-4405, punto 20). Si deve quindi rilevare che,
alla scadenza del termine impartitole, l’Irlanda non aveva
fissato programmi di riduzione dell’inquinamento per tutte le sostanze
per le quali era obbligata a farlo.

41 In secondo luogo, per quanto attiene
alla qualificazione del regolamento de 1998 quale provvedimento di fissazione
di un programma di riduzione dell’inquinamento provocato dal fosforo, si deve
rilevare che tale regolamento non comprende tutte le acque superficiali del
paese, atteso che i canali non sono interessati dagli obiettivi di qualità
fissati dal regolamento medesimo. L’Irlanda riconosce infatti, nel controricorso, di non aver fissato obiettivi di qualità per
i canali con riguardo al fosforo e di essere venuta pertanto meno al proprio
obbligo di conformarsi alla necessità di fissare siffatti obiettivi per tutte
le acque superficiali del paese.

42 Per quanto attiene ai regolamenti
comunali diretti a dare effetto alla direttiva, è sufficiente rilevare che
dagli atti di causa emerge che nella comunicazione trasmessa dall’Irlanda in
data 30 luglio 2001 si affermava che essa riguardava unicamente i regolamenti
emanati da quattro enti locali e connessi ad attività agricole. In tale
comunicazione l’Irlanda ha fatto presente, inoltre, che altri progetti di
regolamento erano in corso di elaborazione da parte di
vari enti locali.

43 Alla luce di tutte le suesposte
considerazioni, si deve rilevare che l’Irlanda, non avendo disposto programmi
di riduzione dell’inquinamento per tutte le sostanze per le quali era tenuta a
provvedere in tal senso in forza della direttiva, è venuta meno agli obblighi
ad essa incombenti ai sensi dell’art. 7, n. 1, della
direttiva medesima.

Sul secondo addebito, relativo al
mancato rispetto delle disposizioni di cui all’art. 7, n. 3, della direttiva

Argomenti delle parti

44 Con il secondo addebito la
Commissione sostiene che l’Irlanda non ha fissato obiettivi di qualità,
contrariamente a quanto disposto dall’art. 7, n. 3, della direttiva. Tale
addebito si articola, a sua volta, su due capi.

45 Con il primo capo, la Commissione afferma
che il detto Stato membro non ha fissato obiettivi di qualità con riguardo a
sostanze diverse dal fosforo ed alle quattordici sostanze ricomprese
nel regolamento del 2001.

46 Con il secondo capo si sostiene
che il regolamento del 1998, diretto a fissare obiettivi di qualità per il fosforo,
non è conforme ai requisiti fissati dalla direttiva. La Commissione deduce
vari elementi, vale a dire la mancata attribuzione di un indice di qualità per
tutte le acque del paese, il fatto che le autorità irlandesi si siano limitate
ad effettuare osservazioni – il che non equivale ad
attribuire un indice di qualità – il ritardo accumulato nell’effettuazione di
tali osservazioni, vale a dire 20 anni dall’adozione della direttiva, il
mancato rispetto della definizione del termine «inquinamento» dato dalla
direttiva e l’inaffidabilità dei metodi di analisi applicati dall’Irlanda per i
laghi.

47 Le autorità irlandesi contestano
le affermazioni della Commissione invocando, in primo luogo, l’ampiezza delle
misure di sorveglianza adottate, in secondo luogo, il fatto che il regolamento
1998 dev’essere considerato quale misura intermedia
diretta al conseguimento dell’obiettivo di migliorare le
acque specificamente previsto dal regolamento medesimo e, in terzo
luogo, la libertà di scelta del metodo di analisi della qualità delle acque dei
laghi, atteso che la direttiva non impone il ricorso all’uno o all’altro metodo
di analisi.

Giudizio della Corte

48 Si deve
rilevare, anzitutto, che l’Irlanda, ancorché affermi di aver rispettato de
facto i requisiti fissati dall’art. 7 della direttiva, riconosce nel controricorso che, alla scadenza della data limite fissata
nel parere motivato integrativo, non aveva adottato tutte le misure richieste
dal n. 3 della detta disposizione.

49
In
particolare, per quanto attiene al primo capo del secondo addebito, l’Irlanda
ritiene che l’obbligo di fissare obiettivi di qualità per le sostanze di cui
all’elenco II dell’allegato della direttiva è condizionato dallo specifico contesto di ogni singolo Stato. L’Irlanda riconosce tuttavia,
nel controricorso, di non aver fissato obiettivi di
qualità se non per il fosforo e quattordici altre sostanze e, quanto a queste ultime, quattro mesi dopo la scadenza del termine
fissato nel parere motivato. Per contro, nessun obiettivo è stato fissato per
talune sostanze provenienti dal settore industriale, come esposto
dalla Commissione nel proprio ricorso.

50 Ciò premesso, risulta
che il primo capo del secondo addebito è fondato.

51 Con riguardo al secondo capo del
secondo addebito, per quanto concerne anzitutto l’argomento dell’Irlanda relativo all’ampiezza delle misure di sorveglianza della
qualità delle acque del paese, è stato già precisato supra, al punto 41, che il
regolamento del 1998 non riguarda tutte le acque superficiali del paese, atteso
che i canali non ricadono nella sua sfera di applicazione. Peraltro, le
osservazioni relative ai laghi coprono solamente il
65% della superficie totale dei laghi del paese, come riconosciuto dall’Irlanda
nella controreplica. Inoltre, l’Irlanda si è limitata
ad effettuare semplici osservazioni sulla qualità
delle acque. L’effettuazione di semplici osservazioni, benché possa costituire
un elemento importante per la definizione degli obiettivi di qualità, non
equivale alla fissazione di tali obiettivi. In tale prospettiva, l’argomento
dell’Irlanda non può trovare accoglimento.

52 Per quanto attiene, inoltre, al
mancato rispetto della definizione del termine «inquinamento» contenuta nella
direttiva, l’Irlanda fa presente che il regolamento del 1998 costituisce un
provvedimento intermedio diretto a conseguire miglioramenti della qualità delle
acque specificamente considerate dal regolamento medesimo e deve essere quindi
considerato quale sforzo pragmatico ai fini della soluzione del problema
dell’inquinamento provocato dal fosforo nelle acque dolci irlandesi, fissando
al tempo stesso criteri più restrittivi rispetto a quelli utilizzati nelle
normative di altri Stati membri.

53 Come la Corte ha già avuto modo di
affermare, il fatto che uno Stato membro asserisca di essersi posto obiettivi
più ambiziosi di quelli perseguiti da una direttiva non può esonerare tale
Stato dall’obbligo di adeguarsi quantomeno alle prescrizioni della direttiva
medesima nei termini fissati (v. sentenza 2 maggio 2002, causa C8292/99, Commissione/Francia,
Racc. pag. I-4097, punto 48).

54 Il fatto che il regolamento del
1998 venga qualificato come provvedimento intermedio,
i cui i risultati vanno riferiti al 2007, non consente di ritenere il
regolamento stesso sufficiente ai fini dell’adempimento degli obblighi
derivanti dall’art. 7, n. 3, della direttiva, ancorché le autorità irlandesi
prevedano di adottare obiettivi di qualità più restrittivi. Ciò premesso,
l’argomento dell’Irlanda non può trovare accoglimento.

55 Per quanto riguarda, infine,
l’affidabilità del sistema di analisi di qualità delle
acque dei laghi, due studi, elaborati dal Central Fisheries Board (Ufficio centrale della pesca) e dall’Environmental Protection Agency (Agenzia per la tutela dell’ambiente) e prodotti
dalla Commissione in allegato al ricorso, mettono in dubbio l’affidabilità del
sistema di campionamento al centro dei laghi. Atteso che l’Irlanda non ha
prodotto alcuna prova per confutare gli argomenti sviluppati alla luce di tali
documenti, l’argomento dedotto dal detto Stato membro al riguardo dev’essere parimenti considerato infondato.

56 Alla luce di tutte le suesposte
considerazioni, si deve rilevare che l’Irlanda, non avendo fissato obiettivi di
qualità corrispondenti ai criteri di cui all’art. 7, n. 3, della direttiva, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi di
tale disposizione.

Sul terzo addebito, relativo alla
violazione dell’art. 7, n. 2, della direttiva

Argomenti delle parti

57 La Commissione contesta
all’Irlanda di non aver istituito un regime di autorizzazioni
conformemente all’art. 7, n. 2, della direttiva, richiamandosi, a titolo
esemplificativo, a taluni scarichi inquinanti non soggetti ad autorizzazione.

58 La Commissione rileva che
l’Irlanda non ha previsto un regime di autorizzazioni
preventive per taluni scarichi provenienti da collettività locali.

59 Parimenti, secondo la Commissione, gli
scarichi di sostanze ricomprese nell’elenco II
provenienti da stabilimenti marittimi irlandesi non costituiscono oggetto di autorizzazione preventiva.

60 L’istituzione fa parimenti valere
che la normativa irlandese non garantisce che gli scarichi di fosforo
provenienti da stabilimenti agricoli, pur trattandosi di una delle più gravi
fonti di inquinamento, siano soggetti ad
autorizzazione ovvero, in difetto di autorizzazione, vietati.

61
In
ultimo luogo, la
Commissione contesta all’Irlanda il fatto che gli scarichi di fosforo provocati dalla nebulizzazione aerea
ai fini del rimboscamento non siano soggetti ad autorizzazione preventiva.

62 L’Irlanda contesta tali
affermazioni. In particolare, per quanto attiene agli scarichi provenienti
dalle fognature sotto la responsabilità degli enti locali, l’Irlanda afferma
che tali scarichi sono disciplinati dal regolamento 14 giugno 2001, relativo al
trattamento delle acque reflue urbane (Urban Waste Water Treatment Regulations
2001), che costituisce corretta attuazione della direttiva del Consiglio 21
maggio 1991, 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane
(GU L 135, pag. 40).

63 Per quanto attiene agli
scaricatori alluvionali, posti sotto la responsabilità delle autorità sanitarie
locali, l’Irlanda riconosce di non aver istituito alcun sistema di autorizzazioni. Tuttavia, essa ritiene di non essere
tenuta ad istituire un siffatto sistema per i detti scaricatori, in
considerazione del margine di discrezionalità attribuito agli Stati membri
dalla direttiva 91/271, che consente, oltre al sistema di autorizzazioni
preventive specificamente previsto da detta direttiva, l’istituzione di normative
generali. Il menzionato regolamento 14 giugno 2001 assolverebbe
a tale ruolo di normativa generale preventiva in Irlanda. Inoltre,
sarebbe in corso di elaborazione una legge che
istituirebbe l’obbligo di autorizzazione preventiva per gli scarichi prodotti
dalle collettività locali nei casi in cui questi non siano ancora soggetti a
requisiti legali e/o ad un regime di autorizzazione preventiva.

64 Per quanto attiene agli
stabilimenti marittimi, l’Irlanda si richiama alla legge di modifica del 1997 sulla
pesca [Fisheries (Amendment)
Act 1997], pur riconoscendo che la propria normativa
riguarda unicamente la disciplina degli scarichi
provenienti dagli stabilimenti di acquicoltura. Tuttavia, a parere
dell’Irlanda, tale normativa dovrebbe essere letta nel combinato disposto con
quella risultante dalle leggi relative alle acque
costiere, 1933-1998 (Foreshore Acts
1933-1998), che imporrebbero l’ottenimento di un’autorizzazione ministeriale
per qualsiasi attività sviluppata sulle acque costiere.

65 Quanto all’inquinamento
proveniente dagli stabilimenti agricoli, l’Irlanda ritiene che talune fughe di
fluidi contaminati provenienti da stabilimenti agricoli siano non intenzionali
e, in molti casi, accidentali. Pur riconoscendo che un’autorizzazione preventiva
potrebbe essere richiesta ai sensi delle disposizioni della direttiva per i
luoghi in cui gli scarichi sono prevedibili, la soluzione più adeguata, nel
caso di scarichi non intenzionali o accidentali, consisterebbe nel richiedere
ai relativi soggetti responsabili di rimediare alla situazione nel miglior modo
possibile e, eventualmente, nell’irrogazione di ammende.

66 Quanto allo spargimento aereo di
concimi sui siti forestali, l’Irlanda deduce che tale attività è da sempre
soggetta ad autorizzazione preventiva da parte dell’autorità nazionale di
disciplina e che, dal mese di gennaio 2002, per tali spargimenti è prevista una
procedura di autorizzazione speciale.

67 L’Irlanda contesta, infine,
l’argomento dedotto dalla Commissione nel ricorso, secondo cui il regime di
divieti istituito dall’art. 3, n. 1, della legge del 1977 relativa
alle amministrazioni locali (inquinamento delle acque) [Local Government (Water Pollution) Act 1977; in
prosieguo: la «legge del 1977»] non costituirebbe un regime più restrittivo
rispetto a quello delle autorizzazioni. L’art. 3, n. 1, della detta legge
dispone che «è vietato a chiunque introdurre sostanze inquinanti nelle acque»
e, a parere dell’Irlanda, costituirebbe quindi una misura più restrittiva ai
sensi dell’art. 10 della direttiva.

Giudizio della Corte

68 Si deve
rilevare, in limine, che, come la Corte ha già avuto più volte modo di
affermare, dall’art. 7, n. 2, della direttiva risulta che le autorizzazioni di
cui trattasi contengono norme di emissione applicabili agli scarichi
individuali autorizzati e calcolate in funzione degli obiettivi di qualità
previamente stabiliti in un programma ai sensi del n. 1 della disposizione
medesima, diretto a proteggere le acque degli specchi e dei corsi d’acqua in
questione (v. sentenza 11 giugno 1998, cause riunite C-232/95 e C-233/95,
Commissione/Grecia, Racc. pag. I-3343, punto 28). In mancanza di un sistema coerente e generale di obiettivi di qualità, gli altri elementi di un programma
(autorizzazioni e norme di emissione basate sugli obiettivi) non possono essere
definiti in modo da conformarsi alle prescrizioni della direttiva.

69 Si deve
rammentare che, come rilevato supra ai punti 43 e 56, l’Irlanda non si è
conformata alle prescrizioni della direttiva per quanto attiene alla fissazione
degli obiettivi di qualità alla scadenza del termine fissato nel parere
motivato.

70 Peraltro, per quanto riguarda il
mancato assoggettamento ad autorizzazione di taluni scarichi posti sotto la
responsabilità degli enti locali, quali gli scarichi provenienti da fognature e
dagli scaricatoi alluvionali, si deve sottolineare che
il regolamento del 2001 relativo al trattamento delle acque urbane reflue,
invocato dall’Irlanda per contestare l’inadempimento è stato emanato il 14
giugno 2001, vale a dire a circa un anno di distanza dalla data indicata nel
parere motivato integrativo inviato dalla Commissione. Orbene, l’esistenza di
un inadempimento dev’essere valutata in relazione alla situazione quale si presentava alla
scadenza del termine stabilito nel parere motivato e la Corte non può tener conto
dei mutamenti successivi (v. la sentenza Commissione/Italia, citata supra,
punto 20). Conseguentemente, dev’essere dichiarato
l’inadempimento dell’Irlanda al riguardo.

71 Quanto all’assenza di un regime di autorizzazioni con riguardo agli scarichi provenienti da
stabilimenti marittimi la censura è fondata. Da un lato, l’Irlanda ha
riconosciuto, nel controricorso, che la normativa
nazionale in materia non impone autorizzazioni per le istallazioni marittime diverse
dagli stabilimenti di acquicoltura. Dall’altro, il
detto Stato membro non ha dimostrato che le leggi in materia di
acque costiere, 1933-1998, contengano disposizioni che impongano
espressamente la fissazione di norme di emissione sulla base di obiettivi di
qualità. Tali due inadempimenti costituiscono violazione degli obblighi
risultanti dall’art. 7, n. 2, della direttiva.

72 Per quanto attiene all’assenza di
un regime di autorizzazioni per gli scarichi
provenienti da stabilimenti agricoli, la censura della Commissione deve essere
parimenti accolta. A tal riguardo, l’Irlanda e la Commissione concordano
nel riconoscere che parte importante delle sostanze inquinanti disperse
nell’ambiente idrico irlandese provengono da aziende
agricole (vale a dire quanto meno il 30% di tutti gli elementi nutritivi e, in
particolare, sino al 73% per quanto attiene al fosforo nelle acque interne).

73 Inoltre, in
risposta all’argomento della Commissione secondo cui, a fronte di un tale
inquinamento provocato dal fosforo, quando questo provenga da stabilimenti
agricoli fissi, può ritenersi accertato il necessario nesso di causalità e di
prevedibilità tra atti imputabili ad un soggetto e l’inquinamento delle acque,
l’Irlanda riconosce che un’autorizzazione preventiva potrebbe essere richiesta
sulla base delle disposizioni della direttiva per i luoghi in cui tali scarichi
sono prevedibili.

74 Come
riconosciuto tanto dalla Commissione quanto dall’Irlanda, benché
un’autorizzazione non può essere richiesta per gli scarichi provenienti dagli
stabilimenti agricoli, è incontestabile che una siffatta autorizzazione sia
necessaria, quantomeno, nel caso in cui siano prevedibili scarichi inquinanti. Orbene, considerato che nessuno
scarico proveniente da stabilimenti agricoli è soggetto ad autorizzazione, ne
consegue che gli stabilimenti fissi, per i quali gli scarichi sono prevedibili,
non sono soggetti a tale regime di autorizzazione.

75 Ciò premesso, si deve ritenere, in
conclusione, che l’Irlanda, non avendo assoggettato ad autorizzazione gli
scarichi inquinanti provenienti da stabilimenti agricoli fissi nei casi in cui
tali scarichi siano prevedibili, è venuta meno agli
obblighi ad essa incombenti.

76
In
ultimo luogo, per quanto riguarda l’assenza di autorizzazioni
per le attività di nebulizzazione aerea, l’Irlanda riconosce che solo a partire
dal gennaio 2002, e, conseguentemente, successivamente alla scadenza del
termine fissato nel parere motivato, una procedura di autorizzazione speciale è
richiesta per lo spargimento aereo di concimi sui siti forestali. L’Irlanda fa
presente che, anteriormente a tale data, tale forma di
spargimento era soggetta ad autorizzazione preventiva da parte dell’autorità
nazionale di disciplina. Tuttavia, il detto Stato membro non ha dimostrato che
tale autorizzazione fosse conforme ai requisiti
fissati dalla direttiva in materia di rispetto degli obiettivi di qualità e
delle norme di emissione. Ne consegue che, anche con riguardo a tale questione,
la censura della Commissione è fondata.

77 Occorre infine esaminare,
nell’ambito del terzo addebito, l’argomento dell’Irlanda secondo cui il regime
di divieti istituito dalla legge del 1977 rappresenterebbe «disposizioni più
severe» ai sensi dell’art. 10 della direttiva.

78 Benché, in linea di principio, un
regime di divieti costituisca un’alternativa ad un
regime di autorizzazioni, conformemente alle prescrizioni della direttiva,
l’Irlanda non ha dimostrato che il regime istituito dalla legge del 1977 possa
sostituirsi efficacemente al sistema di autorizzazioni previsto dalla
direttiva.

79 Infatti,
il regime di divieti istituito dall’art. 3, n. 1, della legge del 1977 è
accompagnato da una clausola, contenuta al n. 3 del medesimo articolo, che
esonera da responsabilità chiunque dimostri di aver adottato tutte le
precauzioni ragionevoli per impedire l’introduzione delle sostanze inquinanti
nelle acque. L’applicazione effettiva di tale regime è garantita dai poteri
riconosciuti all’autorità giudiziaria (art. 11) nonché
agli enti locali (art. 12). Quest’ultimo articolo
consente agli enti locali di ingiungere ai soggetti responsabili di una fonte di inquinamento l’adozione di tutte le misure specifiche di
lotta contro l’inquinamento. Per conto, la detta legge non contiene alcuna
menzione degli obiettivi di qualità o di programmi per la riduzione
dell’inquinamento idrico.

80 Anzitutto, la legge del 1977 non
contiene disposizioni precise quanto alle attività inquinanti, che consentano
ai singoli di fare riferimento ad un contesto
normativo chiaro, preciso e non equivoco, come postulato dalla Corte (v., in
tal senso, sentenza 9 febbraio 1994, causa C-119/92, Commissione/Italia, Racc. pag. I-393, punto 17). Si
deve sottolineare, a titolo esemplificativo, che la
legge del 1977 non contiene un’elencazione delle sostanze inquinanti a termini
dell’elenco II dell’allegato della direttiva, il che impedisce agli interessati
di conoscere l’effettiva portata di tale divieto.

81 Inoltre, l’efficacia del sistema
si fonda, in ampia misura, sulle ingiunzioni emanate dalle autorità locali ex
art. 12. Tuttavia, tali ingiunzioni vengono emanate
secondo la discrezionalità di ogni singolo ente locale nella specifica
fattispecie, senza alcun rapporto con un qualsiasi parametro di qualità delle
acque, che nella detta legge manca. Tale assenza di criteri uniformi fissati
dalla legge non garantisce un’applicazione omogenea, globale
e coerente della direttiva. A tal riguardo, al punto 8.3 della controreplica l’Irlanda stessa dichiara di non sostenere
che il regime delle ingiunzioni ex art. 12 equivalga ad un regime di autorizzazioni.

82 Infine, quanto alla clausola di
esonero dalla responsabilità di cui all’art. 3, n. 3, della legge del 1977,
tale articolo non specifica la portata e la natura delle misure da porre in
essere per poter beneficiare dell’esonero, affidando ad ogni singolo ente
locale, di volta in volta, la valutazione della ragionevolezza delle misure
adottate. In tale prospettiva, un regime di tal genere
non equivale ad un sistema in cui tutti i criteri della riduzione
dell’inquinamento sono preventivamente definiti in termini chiari, precisi e
non equivoci.

83 Da tutte le suesposte
considerazioni emerge quindi che l’Irlanda è venuta
meno all’obbligo di istituire un regime di autorizzazioni come imposto
dall’art. 7, n. 2, della direttiva.

Sul quarto addebito, relativo alla
violazione dell’art. 9 della direttiva

Argomenti delle parti

84 Con tale censura la Commissione sostiene
che, successivamente all’emanazione della direttiva,
si sarebbe verificato un aumento dell’inquinamento delle acque soggette alla
giurisdizione dell’Irlanda, in violazione delle disposizioni dell’art. 9 della
direttiva.

85 Tale infrazione all’art. 9 sarebbe
conseguenza del ritardo accumulato dal detto Stato membro ai fini della
trasposizione della direttiva, il che avrebbe dato
luogo a due conseguenze contrarie agli obiettivi conseguiti dalla menzionata
disposizione. Da un lato, la tardiva attuazione avrebbe consentito una
tolleranza legislativa di un degrado della qualità delle
acque non previsto dalla direttiva. Dall’altro, l’attribuzione, quale base di
riferimento, di indici ottenuti in base a studi
effettuati nel 1997 potrebbe condurre ad una distorsione del livello effettivo
di inquinamento esistente nel 1976 al momento dell’emanazione della direttiva.

86 L’Irlanda sostiene, al contrario,
che l’obbligo di conformarsi all’art. 9 della direttiva vale unicamente qualora
uno Stato membro abbia adottato provvedimenti ai sensi di tale disposizione e
che la loro applicazione abbia implicato un deterioramento della qualità delle
acque. Il detto art. 9 non potrebbe trovare applicazione nel caso in cui non vi
sia stata attuazione di misure di applicazione della
direttiva. L’Irlanda ritiene, conseguentemente, che la questione sottoposta
alla Corte consiste nell’accertare se l’applicazione del regolamento del 1998 abbia determinato, direttamente o indirettamente, un
incremento dell’inquinamento dell’acqua, cosa che il detto Stato membro nega.

87 L’Irlanda sostiene peraltro che la
giurisprudenza della Corte richiamata dalla Commissione, secondo cui una
direttiva non deve essere interpretata in modo da attribuire vantaggi agli
Stati membri che non rispettino le sue disposizioni, non è applicabile alla
fattispecie in cui le disposizioni di cui trattasi non prevedano
una scadenza ai fini della loro trasposizione.

Giudizio della Corte

88 Si deve
rammentare, in limine, che, ai termini dell’art. 9 della direttiva,
l’applicazione di provvedimenti adottati sulla base della direttiva medesima
non può in alcun caso produrre l’effetto di consentire un incremento, diretto o
indiretto, dell’inquinamento delle acque di cui al precedente art. 1. Dal
tenore letterale di tale disposizione – che fa espresso riferimento alle
«misure adottate in virtù della (…) direttiva» – emerge che l’obbligo ivi
dettato riguarda l’ipotesi in cui gli Stati membri abbiano effettivamente
adottato misure ai fini della trasposizione della direttiva.

89 Contrariamente agli argomenti
dedotti dal governo irlandese, da tale rilievo non deriva tuttavia che, in assenza
di qualsiasi misura di trasposizione, ovvero di
trasposizione parziale della direttiva, uno Stato membro sia libero di adottare
misure che possano condurre, direttamente o indirettamente, ad un accrescimento
dell’inquinamento. Una condotta di tal genere, benché non contemplata, in linea
di principio, dall’art. 9, costituirebbe, in ogni caso, una violazione diretta
della direttiva e, segnatamente, dell’art. 2 della medesima, che impone in ogni
caso agli Stati membri l’obbligo di adottare idonee misure per eliminare o
ridurre l’inquinamento delle acque provocato dalle sostanze indicate negli
allegati I e II della direttiva medesima.

90 Nella specie, la Commissione non ha
dimostrato in modo sufficientemente valido che l’adozione di misure di
trasposizione della direttiva abbia prodotto la
conseguenza di aggravare l’inquinamento delle acque irlandesi. Si deve quindi
ritenere che, per quanto attiene alla violazione dell’art. 9, l’inadempimento
non è accertato.

91 Alla luce di tutte le suesposte
considerazioni, si deve ritenere, in conclusione, che l’Irlanda, non avendo
adottato tutti i provvedimenti necessari per garantire la trasposizione e la
corretta applicazione della direttiva, è venuta meno
agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 7. Il ricorso è respinto
quanto al resto.

Sulle spese

92 A termini dell’art. 69, n. 2, del
regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. L’Irlanda,
essendo rimasta soccombente ed avendone chiesto la Commissione la
condanna, dev’essere pertanto condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Seconda
Sezione) dichiara e statuisce:

1) Non avendo adottato tutti i
provvedimenti necessari per garantire la trasposizione e la corretta
applicazione della direttiva del Consiglio 4 maggio 1976, 76/464/CEE,
concernente l’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate
nell’ambiente idrico della Comunità, l’Irlanda è venuta
meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 7 della direttiva
medesima.

2) Il ricorso è respinto quanto al
resto.

3) L’Irlanda è condannata alle spese.

Firme