Penale

Tuesday 12 October 2004

Rischia l’ incriminazione per maltrattamenti l’ assistente che insulta e umilia gli ospiti di una casa di cura. Suprema Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, sentenza n.31435/2004

Rischia l’incriminazione per maltrattamenti l’assistente che insulta e
umilia gli ospiti di una casa di cura

Suprema Corte di Cassazione, Sezione
Sesta Penale, sentenza n.31435/2004

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – VI SEZIONE PENALE

SENTENZA

FATTO E DIRITTO

L. S., rinviata, in qualità
d’assistente di base presso la casa protetta di Minerbio,
al giudizio del Pretore di Bologna per rispondere di una serie di
maltrattamenti e di violenza privata in danno di anziani ospiti di tale
struttura pubblica, disabili e non autosufficienti nell’espletamento di
incombenze primarie di sopravvivenza quotidiana, fu dichiarata colpevole del
reato di cui agli art. 81 cpv., 572, 61 nn. 5 e 9 cod. pen. in danno di E. C., O. Z. e G. S., mentre fu assolta dal
delitto di cui all’art. 610 c.p. e degli altri episodi di maltrattamenti
contestati.

Contro la sentenza della Corte di appello di Bologna, che, in parziale accoglimento del
gravame dell’imputata, l’assolse dal delitto di maltrattamenti in danno di G.
S. e ridusse la pena a un anno e un mese di
reclusione, ricorre per cassazione la S., che deduce: violazione dell’art. 572
c.p. con riferimento all’elemento soggettivo del reato e per essere stato
ritenuto il delitto di maltrattamenti soltanto sulla base di due episodi per
ciascuna delle parti offese (E. C. e O. Z.), peraltro accaduti a poca distanza
l’uno dall’altro; inosservanza di norme processuali stabilite a pena di
inutilizzabilità ex artt. 606 lett. d) c.p.p.; mancata assunzione di prova decisiva ex art. 606 lett. d)
c.p.p.; mancanza e manifesta illogicità della
motivazione sul punto ex art. 606 lett. e) c.p.p..

I motivi indicati alle lettere b) e
c), testualmente citati dall’intestazione del ricorso, non sono accompagnati da
alcuna indicazione che possa consentire alla Corte di
capire a quali punti della sentenza siano riferiti, per cui vanno dichiarati
inammissibili a norma della lett. c) degli artt. 581.1 c.p.p.

Gli altri due motivi, che possono
essere esaminati contestualmente, sono infondati, in presenza
di un corposo quadro probatorio utilizzato correttamente ed esaminato
approfonditamente con motivazione giuridicamente corretta ed indenne da vizi
logici.

La sentenza di merito offre la
dimostrazione evidente dello scrupolo con cui i giudici hanno esaminato le
numerose contestazioni rivolte all’imputata per i suoi atteggiamenti e
comportamenti in danno degli anziani inabili ospiti della struttura pubblica
affidati alla sua vigilanza e alle sue attenzioni: è stato escluso il reato,
anche quando, provati i fatti materiali, emergeva il dubbio che l’offesa o la
protezione o l’arroganza potessero essere espressione di personale
maleducazione o di mancanza di professionalità rilevanti sul piano
disciplinare, o quando delle molteplici condotte di maltrattamento contestate in danno di G. S. è risultato
provato, al di la di ogni ragionevole dubbio, un solo episodio di violenza,
così che correttamente i giudici di secondo grado hanno escluso la sussistenza
del delitto previsto dall’art. 572 c.p.

Nel caso dei
comportamenti tenuti dalla S. verso E. C. e O. Z., la motivazione dei giudici
di appello ha preso in analitico esame i motivi di gravame (pedissequamente reiterati
nel ricorso per cassazione ), correttamente negando che il lasso di tempo tra
un episodio e l’altro, breve ma attualmente e giuridicamente apprezzabile (12
giorni nel caso della C., 5 giorni nel caso dello Z.), potesse escludere la
sussistenza del reato, in presenza di una sofferenza protrattasi per più giorni
a causa dei comportamenti illeciti dell’imputata, tanto più quando, proprio
come effetto di tale condotta, gli anziani pazienti, consapevoli della loro
impotenza e del potere di fatto esercitato dall’assistente S., caddero in uno
stato di prostrazione e di timore di ritorsione tanto da indursi a non voler
più parlare di quegli episodi.

Esaustiva e corretta è anche la
motivazione, desumibile dall’integrazione delle sue sentenze di merito,
sull’elemento soggettivo del reato (per il quale non è peraltro richiesta la
forma specifica), risultante dalle stesse espressioni sprezzanti e minatorie
usate dall’imputata verso gli indifesi ospiti che ella
avrebbe dovuto aiutare e soccorrere.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e
condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Roma, 18 mag. 2004.

Depositata in Cancelleria il 16
settembre 2004.