Ambiente
Rifiuti radioattivi. Lo Stato chiede alla Consulta di dichiarare incostituzionale la legge della Regione Basilicata che preclude il transito delle scorie nucleari sul territorio regionale. RICORSO PER LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE 26 Gennaio 2004 – n. 7
Rifiuti radioattivi. Lo Stato chiede alla Consulta di dichiarare incostituzionale la legge della Regione Basilicata che preclude il transito delle scorie nucleari sul territorio regionale
RICORSO PER LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE 26 Gennaio 2004 – 26 Gennaio 2004, n. 7
Ricorso per questione di legittimita’ costituzionale depositato in cancelleria il 26 gennaio 2004 (del Presidente del Consiglio dei ministri) Ambiente (Tutela dell’) – Norme della Regione Basilicata – Dichiarazione del territorio regionale come denuclearizzato e precluso al transito ed alla presenza di materiali nucleari altrove prodotti – Prevista rilevazione tecnica e strumentale della presenza di tali materiali e adozione delle necessarie misure di prevenzione da parte delle strutture regionali – Denunciata invasione della competenza statale esclusiva in materia di tutela dell’ambiente (comprensiva, nei settori regolati da direttive comunitarie, della protezione della salute umana) – Incidenza sugli standard di tutela uniformi in materia di trasporto di sostanze radioattive – Inosservanza di principi fondamentali in materia di tutela della salute – Contrasto con la disciplina statale attuativa di direttive Euratom – Violazione del principio comunitario di libera circolazione delle merci – Non proporzionalita’ del divieto rispetto alla tutela della salute. – Legge della Regione Basilicata 21 novembre 2003, n. 31, in particolare artt. 1 e 2 [recte: art. 1, commi 1 e 2, i quali modificano la legge regionale 31 agosto 1995, n. 59, rispettivamente aggiungendo il comma 1-bis dell’art. 1 e l’art. 4-bis ]. – Costituzione, art. 117, commi primo, secondo, lett. s), e terzo; Trattato CEE, artt. 28 [recte: 23], 30 e 174, comma 1; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, artt. 1, comma 1, lett. b), 21, 32, 96, 102, 104 e 120-quater. (GU n. 6 del 11-2-2004 )
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il proprio
domicilio in via dei Portoghesi 12, Roma;
Nei confronti della Regione Basilicata, in persona del suo
presidente, per l’accertamento dell’illegittimita’ costituzionale
della legge regionale 21 novembre 2003, n. 31, modifiche ed
interazioni alla l.r. 31 agosto 1995, n. 59 (B.U.R. n. 81 del 22
novembre 2003).
L’art. 1 della legge impugnata ha aggiunto alla l.r. 31 agosto
1995, n. 59 il comma 1-bis secondo il quale ýil territorio della
Regione Basilicata e’ dichiarato denuclearizzato e precluso al
transito ed alla presenza, anche transitoria, di materiali nucleari
non prodotti nel territorio regionale. Tale preclusione non si
applica ai materiali necessari per scopi sanitari e per la ricerca
scientificaý. Considerata la legge in cui e’ stata inserita, anche se
non vi e’ detto espressamente, si deve ritenere che la norma sia a
tutela della salute.
L’indagine, pertanto, si deve svolgere su diverse linee: se la
norma sia rivolta effettivamente alla tutela della salute; se
interferisca con materie attribuite alla legislazione dello Stato
che, per essere tale, e’ anche esclusiva; se l’interferenza sia
costituzionalmente consentita.
Oggetto della norma impugnata, inserita in una legge che
disciplina lo smaltimento dei rifiuti solidi, sono i materiali
nucleari, compresi quelli che non costituiscono rifiuti.
Di conseguenza non sono solo le norme sui rifiuti che hanno
rilievo nell’indagine.
Per comodita’ di esposizione i singoli punti non vengono
esaminati nello stesso ordine nel quale sono stati proposti.
Dovrebbe essere fuori di dubbio che la legge regionale investe
anche la tutela dell’ambiente, che l’art. 117, secondo comma, lettera
s), Cost. attribuisce alla legislazione statale.
Come noto, l’ambiente e’ una materia soggetta anche alla
disciplina comunitaria, costituita attualmente da piu’ direttive, che
hanno trovato attuazione nel d.lgs. n. 230/1995.
Essendo intervenute direttive comunitarie che, per loro natura,
sono destinate a far introdurre negli ordinamenti degli Stati membri
norme uniformi, la disciplina attuativa trova applicazione a tutti i
rapporti, anche a quelli che non hanno rilievo comunitario, vale a
dire anche a quelli che non investono due Stati diversi.
La nozione di ambiente, rilevante nell’applicazione di norme
attuative di disposizioni comunitarie, va, come noto, ricavata
dall’ordinamento comunitario.
Come e’ previsto espressamente nell’art. 174 CE, la politica
ambientale contribuisce a perseguire la salvaguardia, tutela e
miglioramento della qualita’ dell’ambiente e la protezione della
salute umana. In altre parole le norme comunitarie hanno come
obiettivo quello di assicurare un ambiente salubre.
Secondo questa nozione di ambiente vanno interpretate le norme
attuative, in particolare il d.lgs. n. 230 del 1995 che, in
attuazione delle direttive che vi sono indicate, nel campo di
applicazione delle sue norme ha riportato anche il trasporto di
materie radioattive (art. 1, lettere b), l). Trattandosi di un
settore della disciplina ambientale sottoposto a normative
comunitarie, la legislazione nazionale attuativa, lo si ripete, va
interpretata in coerenza con quelle normative. Di conseguenza, per
quanto riguarda, in particolare, le materie radioattive, la
disciplina dell’ambiente comprende anche quella della salute.
L’art. 117, primo comma, Cost. impone alla legge regionale il
rispetto della normativa comunitaria. Nella valutazione della sua
legittimita’ costituzionale si deve, pertanto, tenere conto di quanto
e’ previsto dalla legge statale che ha attuato quella normativa,
trattandosi di normativa alla cui emanazione lo Stato e’ tenuto ai
sensi dell’art. 249 CE.
Se la legge statale ha attuato correttamente quella normativa,
che, vale la pena di ribadirlo, fissa anche la nozione di ambiente,
la legge regionale non potra’ derogarvi. La deroga sarebbe consentita
se la norma statale avesse male attuato le direttive comunitarie o si
fosse spinta oltre la sua attuazione.
In questo caso sorgerebbe una questione sulla portata della norma
comunitaria che dovrebbe essere risolta dalla Corte di Giustizia.
Quanto si e’ detto vale, naturalmente, solo per quei settori che,
come quello in esame, sono stati oggetto di una espressa disciplina
comunitaria.
Si puo’ fare un esempio per chiarire meglio. Se in materia
ambientale dovesse intervenire un regolamento comunitario, non
dovrebbe esserci dubbio che nella sua applicazione i giudici
nazionali non potrebbero seguire una nozione di ambiente diversa da
quella portata dall’ordinamento comunitario.
Il caso in esame non e’ diverso. La disciplina comunitaria ha
avuto la forma della direttiva e non del regolamento. Se la norma
nazionale l’ha attuata correttamente e’ sempre alla nozione
comunitaria di ambiente che ci si deve attenere a meno che non sorga
una questione comunitaria sulla correttezza della attuazione.
Se nell’ambiente, secondo la nozione comunitaria, e’ compresa la
protezione della salute umana (art. 174.1 CE), la materia ricade
nella legislazione esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117,
secondo comma, lettera s) Cost.
Le conclusioni non sono diverse se si lascia la prospettiva
comunitaria.
Recentemente codesta Corte ha apportato un chiarimento di
principio in materia (sent. n. 536/2002): ýl’art. 117, secondo comma,
lettera s) della Costituzione esprime una esigenza unitaria per cio’
che concerne la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ponendo un
limite agli interventi a livello regionale che possano pregiudicare
gli equilibri ambientali. Come gia’ affermato da questa Corte, la
tutela dell’ambiente non puo’ ritenersi propriamente una “materia”,
essendo invece l’ambiente da considerarsi come un
“valore”costituzionalmente protetto che non esclude la titolarita’ in
capo alle regioni di competenze legislative su materie (governo del
territorio, tutela della salute, ecc.) per le quali quel valore
costituzionale assume rilievo (sentenza n. 407 del 2002). E, in
funzione di quel valore, lo Stato puo’ dettare standards di tutela
uniformi sull’intero territorio nazionale anche incidenti sulle
competenze legislative regionali ex art. 117 della Costituzione.
Gia’ prima della riforma del titolo V della parte seconda della
Costituzione, la protezione dell’ambiente aveva assunto una propria
autonoma consistenza che, in ragione degli specifici ed unitari
obiettivi perseguiti, non si esauriva ne’ rimaneva assorbita nelle
competenze di settore (sentenza n. 356 del 1994), configurandosi
l’ambiente come bene unitario, che puo’ risultare compromesso anche
da interventi minori e che va pertanto salvaguardato nella sua
interezza (sentenza n. 67 del 1992). La natura di valore trasversale,
idoneo ad incidere anche su materie di competenza di altri enti nella
forma degli standards minimi di tutela, gia’ ricavabile dagli artt. 9
e 32 della Costituzione, trova ora conferma nella previsione
contenuta nella lettera s) del secondo comma della Costituzione, che
affida allo Stato il compito di garantire la tutela dell’ambiente e
dell’ecosistemaý.
Gli standards di tutela sono stati fissati dalla normativa
statale gia’ richiamata, che ha disciplinato anche il trasporto di
materie radioattive (art. 21), per il quale sono state confermate le
disposizioni della legge 31 dicembre 1962, n. 1860 (art. 5), secondo
le quali e’ necessaria una apposita autorizzazione ministeriale,
rilasciata sentiti l’ANPA e il Ministero dell’interno, nella quale
possono essere stabilite particolari prescrizioni definite
dal-l’ANPA, valide per l’intero viaggio e da attuare sui territori di
tutte le regioni interessate.
Il divieto di transito nell’ambito di una regione, incidendo sui
rischi connessi al viaggio, puo’ rendere non piu’ adeguate le
prescrizioni imposte, pregiudicando le possibilita’ di prevenzione e
di controllo dello Stato.
Questi rilievi mettono in evidenza la illegittimita’
costituzionale della norma anche da un diverso punto di vista.
Codesta Corte, dopo averlo chiarito in una occasione precedente,
ha ribadito che ýla valutazione della necessita’ del conferimento di
una funzione amministrativa ad un livello territoriale superiore
rispetto a quello comunale deve essere necessariamente effettuata
dall’organo legislativo corrispondente almeno al livello territoriale
interessato e non certo da un organo legislativo operante ad un
livello territoriale inferiore (come sarebbe un consiglio regionale
in relazione ad una funzione da affidare – per l’esercizio unitario –
al livello nazionale). Questa scelta legislativa che trova sicuro,
seppure implicito, fondamento costituzionale nell’art. 118 Cost., in
relazione al principio di legalita’, deve giustificarsi in base ai
principi di sussidiarieta’, differenziazione ed adeguatezzaý
Un trasporto di materie radioattive, che interessi territori di
piu’ regioni, non puo’ essere disciplinato se non da una fonte capace
di produrre effetti giuridici al di la’ dei singoli territori.
Secondo l’ordinamento italiano e’ solo lo Stato che puo’
provvedere con effetti ultraregionali, con la capacita’ di coordinare
gli interessi dei vari enti interessati e con la garanzia di una
tutela adeguata e bilanciata di tutti.
Trasporti di un tale genere, come e’ stato colto dalla normativa
richiamata, non possono essere lasciati alla iniziativa dei soggetti
interessati, ma richiedono l’intervento preventivo di un organo
amministrativo capace di stabilire le prescrizioni particolari,
necessarie per prevenire i pericoli.
L’organo, in base ai criteri enunciati nel primo comma
dell’art. 118 Cost., non puo’ essere che statale. Secondo i principi
gia’ richiamati, enunciati da codesta Corte, anche la fonte
legislativa non puo’ essere che statale.
Da qui l’illegittimita’ della norma impugnata.
A questo proposito va tenuto presente che la norma impugnata e’
la riproduzione, quasi letterale, di una norma della Regione Sardegna
(legge regionale 3 luglio 2003, n. 8, Dichiarazione della Sardegna
territorio denuclearizzato (B.U.R. n. 20 dell’8 luglio 2003). Anche
questa legge e’ stata a suo tempo impugnata.
Se entrambe fossero dichiarate costituzionalmente legittime, una
potesta’ analoga dovrebbe essere riconosciuta a tutte le altre
regioni con la conseguenza che le materie radioattive, salvi i casi
esclusi, non potrebbero uscire dalla regione in cui sono state
prodotte. L’unico mezzo possibile potrebbe essere solo l’aereo, con i
rischi ambientali ed alla salute che e’ facile immaginare. Ma nemmeno
questa sarebbe una possibilita’ sicura se il transito nel territorio
regionale non fosse solo quello per terra ma dovesse essere inteso,
come non e’ da escludersi, come transito attraverso lo spazio
regionale nella sua integrita’.
La norma sarebbe illegittima anche se valutata dal punto di vista
della tutela della salute, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.
La normativa regionale, infatti, dovrebbe attenersi ai principi
fondamentali posti dalla legge dello Stato.
Questi principi vanno dedotti dal d.lgs. n. 230 del 1995, in
particolare, per quanto riguarda la materia interessata, dall’art. 21
che, nel disciplinare il trasporto di materie radioattive, prevede il
regime dell’autorizzazione con prescrizioni.
Come noto, i principi fondamentali sono quelli che assicurano il
coordinamento tra le normative regionali e l’equilibrio tra gli
interessi rispettivi.
Imponendo il divieto di transito e non attenendosi al regime di
autorizzazione, la Regione Basilicata ha violato il principio
suindicato, squilibrando il sistema normativo complessivo.
La legge impugnata e’ costituzionalmente illegittima anche per
violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. sotto un secondo punto
di vista.
La materia, come si e’ visto, e’ disciplinata dal d.lgs. 17 marzo
1995, n. 230, Attuazione delle direttive 89/618/Euratom,
90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni
ionizzanti.
Nell’art. 1.1 che delimita il campo di applicazione, le
disposizioni del decreto sono dichiarate applicabili (1) alla
ýproduzione, trattamento, manipolazione detenzione, deposito,
trasporto, importazione, esportazione, impiego, commercio, cessazione
della detenzione, raccolta e smaltimento di materie radioattiveý.
Il testo normativo, in attuazione delle direttive comunitarie, ha
posto la disciplina completa della materia che, rivolta a realizzare
in forma coordinata e compatibile gli interessi del mercato e la
tutela dell’ambiente e della salute, investe tutte le attivita’ che
rientrano nel suo Campo di applicazione (art. 1).
Disciplina, in particolare, il Trasporto di materie radioattive
(art. 21), le Spedizioni, importazioni ed esportazioni di rifiuti
radioattivi (art. 32), i Limiti di esposizione (art. 96), ha
introdotto Disposizioni particolari per i rifiuti radioattivi
(art. 102), e sul Controllo sulla radioattivita’ ambientale
(art. 104) e Particolari disposizioni per le attivita’ di protezione
civile e polizia giudiziaria (art. 126-quater). Le legge impugnata,
precludendo in via generale il transito e la presenza nella regione
di materiale nucleare, viola il d.lgs. nel suo complesso, in quanto
fonte di origine comunitaria della disciplina integrale della
materia.
A questa violazione di sistema si aggiunge anche la violazione di
norme singole.
Come noto, i rifiuti, di qualsiasi natura, costituiscono merce e
per essi vige il principio di libera circolazione, che comporta il
divieto di qualsiasi restrizione quantitativa (art. 28 CE).
La norma impugnata costituisce un ostacolo evidente alla
circolazione di una merce, oggetto di commercio intracomunitario.
L’art. 30 CE consente divieti e restrizioni al transito di merci
giustificati, tra gli altri, anche da motivi di ordine pubblico, di
pubblica sicurezza e di tutela della salute.
La giurisprudenza comunitaria, peraltro, e’ costante nel ribadire
che le limitazioni debbono essere proporzionate e indispensabili per
la tutela dell’interesse rilevante.
Il divieto di transito e’ sicuramente non proporzionato. Gli
interessi rilevanti sono tutelati adeguatamente attraverso le
particolari prescrizioni consentite dall’art. 21 d.lgs. n. 230 del
1995.
Viene in questo modo a risultare ancora piu’ evidente l’obiettivo
perseguito dalla norma impugnata, che non e’ quello della tutela
della salute.
Una tale tutela, infatti, si realizza attraverso misure che
investano tutte le materie radioattive, anche quelle prodotte
all’interno della regione.
Il fatto che si precluda il semplice transito di materie
provenienti da altre regioni, indipendentemente dalle condizioni di
sicurezza secondo le quali sono trasportate, sta ad indicare che si
sono voluti evitare oneri di controllo ed eventuali necessita’ di
intervento, vale a dire che si e’ mirato alla tranquillita’
amministrativa degli organi intraregionali e non alla tutela della
salute che, una volta rispettate le apposite particolari
prescrizioni, e’ adeguatamente realizzata.
Si potra’ obiettare che il transito aumenta il rischio di
incidenti; la regione, in altre parole, avrebbe voluto evitare il
rischio del fortuito.
Ancora una volta e’ la giurisprudenza comunitaria che chiarisce
il punto. Il fatto che una certa operazione su merci comporti dei
rischi non ne giustifica la preclusione perche’ la proporzionalita’
va valutata anche in relazione alla percentuale di rischio e non e’
proporzionale quella misura che, per sola tranquillita’ ed al di la’
del rischio effettivo, ne preveda il divieto.
Va ricordato, a questo riguardo, che il trasporto di materiale
radioattivo si svolge con particolare cautela anche per quanto
riguarda la circolazione stradale.
In ogni caso, anche se si prospettasse la via argomentativa
esaminata, sorgerebbe una questione comunitaria che andrebbe risolta
dalla Corte di Giustizia.
La norma impugnata, in conclusione, e’ illegittima per violazione
dell’art. 117, primo comma, o dell’art. 117, secondo comma, lettera
s) o dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Dalla illegittimita’ costituzionale dell’art. 1 della legge
regionale deriva quella dell’art. 2. In esso e’ prevista la
rilevazione tecnica e strumentale di presenze sul territorio
regionale di materiale nucleare, per l’adozione delle misure di
prevenzione necessarie ýai fini di cui al precedente articolo 1,
comma 1-bis quindi sul presupposto della efficacia di quest’ultima
norma.
P. Q. M.
Si conclude perche’ la legge della Regione Basilicata 22 novembre
2003, n. 31 sia dichiarata costituzionalmente illegittima.
Si produce estratto della deliberazione del Consiglio dei
ministri del 9 gennaio 2004.
Roma, addi’ 14 gennaio 2004.
Vice Avvocato generale dello Stato: Glauco Nori