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Province autonome. La Corte Costituzionale frena i controlli del Ministero della Sanità nei laboratori di analisi. Corte costituzionale Sentenza N.103 dell’ anno 2003
Province autonome. La Corte Costituzionale frena i controlli del Ministero della Sanità nei laboratori di analisi
Corte costituzionale
Sentenza N.103 dellanno 2003
LA CORTE COSTITUZIONALE
(&)
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’ art. 3-bis, commi 7 e 5, del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155 (Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti ligiene dei prodotti alimentari), introdotto dall’art. 10, comma 3, della legge 21 dicembre 1999, n. 526 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee Legge comunitaria 1999), promosso con ricorso della Provincia di Trento notificato il 17 febbraio 2000 depositato in cancelleria il 23 successivo ed iscritto al n. 6 del registro ricorsi 2000.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri.
Udito nell’udienza pubblica del 5 novembre 2002 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.
Uditi gli avvocati Giandomenico Falcon per la Provincia di Trento e l’Avvocato dello Stato Ignazio F. Caramazza per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso notificato il 17 febbraio 2000 e depositato il successivo 23 febbraio, la Provincia autonoma di Trento ha promosso questione di legittimità costituzionale dellart. 10, comma 3, della legge 21 dicembre 1999, n. 526 (Disposizioni per ladempimento di obblighi derivanti dallappartenenza dellItalia alle Comunità europee Legge comunitaria 1999), nella parte in cui introduce i commi 5 e 7 dellarticolo 3-bis del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155 (Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti ligiene dei prodotti alimentari), nonché degli stessi commi 5 e 7 del predetto art. 3-bis del decreto legislativo n. 155 del 1997, in quanto prevedono che il Ministro della sanità determini con decreto i requisiti minimi e i criteri generali per il riconoscimento dei laboratori di analisi non annessi alle industrie alimentari utilizzabili in sede di autocontrollo ed attribuiscono ad organi ministeriali (Ministero della sanità) il potere di effettuare sopralluoghi per la verifica della sussistenza dei requisiti, con conseguente violazione dell’autonomia normativa e amministrativa provinciale.
La Provincia autonoma ha dedotto la violazione degli artt. 9, numero 10, e 16 dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige e delle relative norme di attuazione, in particolare del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla Regione Trentino-Alto Adige ed alle Province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) e del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento).
La Provincia ricorrente premette che, in base alle norme statutarie e relative norme di attuazione, è dotata di competenza legislativa in materia di igiene e sanità, con correlative potestà amministrative; osserva che la legge n. 526 del 1999, ha introdotto un nuovo articolo (3-bis) nel corpo del decreto legislativo n. 155 del 1997, che si compone di sette commi. Il primo dei quali, come norma generale, introduce la possibilità di affidare nell’ambito di procedure di autocontrollo lo svolgimento di controlli analitici di prodotti alimentari anche a laboratori esterni, iscritti in elenchi predisposti da Regioni e Province autonome; il secondo ed il terzo prevedono le procedure e la documentazione per l’iscrizione nell’elenco, inoltre il quarto sancisce l’obbligo di conformità alla normativa europea ed a quella tecnica generale. Soltanto il comma 5 ed il comma 7 del nuovo art. 3-bis del decreto legislativo n. 155 del 1997 sono investiti dalla impugnazione, in quanto attribuiscono al Ministro della sanità il potere di fissare i requisiti minimi e i criteri generali per il riconoscimento dei laboratori, nonché le modalità dei sopralluoghi ministeriali (comma 5), affidati alla facoltà di organi ministeriali per verificare la sussistenza dei requisiti degli anzidetti laboratori, pur riconoscendosi “le competenze delle regioni e province autonome, di cui all’art. 115, comma 2, lettera c), del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 112”, destinate a rimanere ferme.
La Provincia di Trento deduce i seguenti motivi:
in ordine al comma 7, la disposizione in questione prevederebbe una funzione amministrativa esercitata da organi statali in una materia ritenuta di competenza provinciale, la quale, peraltro, dalla stessa legge e dalla stessa disposizione impugnata verrebbe riconosciuta di competenza provinciale; non potrebbe dubitarsi della competenza della Provincia nella materia, poiché a parte il d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità) che manteneva ferma la competenza statale per gli “aspetti igienico-sanitari della produzione, commercio di sostanze alimentari e bevande” il successivo d.P.R. n. 526 del 1987 avrebbe trasferito alla Regione Trentino-Alto Adige ed alle Province autonome di Trento e Bolzano ogni competenza legislativa ed amministrativa già rimessa alla competenza delle regioni ordinarie dal d.P.R. n. 616 del 1977 e non ancora ad esse spettanti, mentre lart. 17, comma 1, lettera e) di tale d.P.R. avrebbe trasferito alle regioni la materia relativa agli aspetti igienico-sanitari della produzione e del commercio di sostanze alimentari e bevande.
La nuova disciplina introdurrebbe dei controlli ministeriali paralleli a quelli di competenza provinciale, con evidente contrasto con la disposizione di cui allart. 4 del decreto legislativo n. 266 del 1992, il quale esclude che, nelle materie di competenza della Regione o delle province autonome, la legge possa attribuire ad organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione.
Sottolinea, infine, la Provincia ricorrente, lassenza di una ratio di interesse nazionale atta a giustificare un sistema parallelo di controllo e come tale sistema non potrebbe trarre giustificazione dalle direttive comunitarie 93/43/CEE e 96/3/CE.
In ordine al comma 5 del predetto art. 3-bis del decreto legislativo n. 155 del 1997, come introdotto dalla legge 21 dicembre 1999, n. 526, la previsione di regolamento ministeriale, che disciplini materie di competenza della Provincia, sarebbe illegittima, in quanto verrebbero così limitate le potestà legislative e amministrative della stessa provincia; la censura investirebbe tutti gli aspetti dellart. 3-bis. In particolare, per quanto riguarda le “modalità” dei sopralluoghi e lo svolgimento di tali sopralluoghi. Né varrebbe a sanare la illegittimità la tesi, secondo cui in tali materie vi debbano essere importanti principi fissati dallo Stato, poiché, in primo luogo, tali principi già esistono, sia a livello di normativa comunitaria che a livello di normativa generale dello Stato; in secondo luogo, se vi fosse bisogno di principi nuovi o ulteriori, il decreto ministeriale non sarebbe atto idoneo a fissarli. Il sistema degli atti normativi e di indirizzo statali e le relative modalità di incidenza sulle fonti e sulle funzioni amministrative provinciali, come definite dalle norme di attuazione contenute nel d. lgs. n. 266 del 1992, non lascerebbero spazio a ulteriori fonti di derivazione legislativa, prive di giustificazione e fondamento in Costituzione.
2. Nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la infondatezza del ricorso.
In particolare, l’autorità resistente pone in rilievo il carattere di indirizzo dell’atto impugnato in relazione agli adempimenti degli obblighi comunitari su tutto il territorio nazionale.
3. Nellimminenza della data fissata per la pubblica udienza, la Provincia autonoma di Trento ha depositato una memoria, sottolineando la fondatezza dei motivi di ricorso; in particolare pone in evidenza come la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della Parte seconda della Costituzione) abbia inciso sul comma 5 dellart. 3-bis del decreto legislativo n. 155 del 1997 (introdotto dallart. 10, comma 3, della legge n. 526 del 1999), che prevede la fissazione, da parte del Ministro della sanità, dei requisiti minimi e dei criteri generali per il riconoscimento dei laboratori di cui al comma 1, nonché di quelli regolati da norme specifiche e disciplina, altresì, le modalità dei sopralluoghi di cui al comma 7.
La Provincia osserva che la normativa impugnata ricadrebbe astrattamente nellambito delle materie della “tutela della salute” e “dellalimentazione”, che non rientrerebbero in quelle esclusive riservate allo Stato, ma tutt’al più sarebbero ricomprese nelle materie affidate alla competenza concorrente di Stato e Regioni, in relazione alle quali sarebbe esclusa qualsiasi potestà normativa da parte del Ministro della sanità (oggi della salute).
Secondo la Provincia ricorrente, la norma impugnata di cui al comma 5 dellart. 3-bis dovrebbe ritenersi abrogata per effetto della sopravvenuta normativa di rango superiore di cui al nuovo Titolo V della Costituzione.
Se così fosse, la materia del contendere potrebbe ritenersi cessata, limitatamente alla ipotesi in cui il potere statale non sia stato nel frattempo esercitato; in caso contrario, rimarrebbe necessaria una pronuncia a livello costituzionale al fine di determinare se tale disciplina sia legittima e vincolante sino ad eventuale sostituzione o sia, invece, sin dallinizio illegittima.
Nel caso in cui non si considerasse automaticamente venuto meno, per effetto dellentrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, il potere statale di cui al comma 5 del ripetuto art. 3-bis del decreto legislativo n. 155 del 1997 (introdotto dallart. 10, comma 3, della legge n. 526 del 1999), la materia del contendere non potrebbe considerarsi cessata.
4. Anche lAvvocatura dello Stato ha depositato una memoria, in cui sottolinea che il d.P.R. n. 474 del 1975 avrebbe mantenuto ferma la competenza degli organi statali in ordine agli aspetti igienico-sanitari della produzione e commercio di sostanze alimentari e bevande (art. 3, numero 7). La Provincia di Trento, a seguito del d.P.R. n. 526 del 1987, avrebbe competenza in ordine alla tutela igienico-sanitaria della produzione, commercio e lavorazione delle sostanze alimentari e bevande [(art. 27, lettera c), ma sulla base degli standard di qualità e salubrità stabiliti dallo Stato (art. 30, lettera g)].
La difesa dello Stato, inoltre, pone in rilievo la compatibilità delle disposizioni impugnate con il nuovo assetto di competenze istituzionali. L’art. 117 della Costituzione, al comma 2, lettera m), attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, con la conseguenza della legittimità in materia della potestà regolamentare statale. Tanto è vero che il d.P.C.m. del 20 novembre 2001, emanato previa acquisizione dellintesa con la Conferenza permanente Stato-Regioni-Province autonome del 22 novembre 2001, ricomprende nei c.d. livelli essenziali di assistenza (L.E.A.) la tutela igienico-sanitaria degli alimenti, ivi compreso il controllo igienico-sanitario nei settori della produzione, trasformazione e conservazione degli alimenti e delle bevande.
Considerato in diritto
1. La questione di legittimità costituzionale, proposta in via principale dalla Provincia autonoma di Trento con ricorso 17 febbraio 2000, riguarda lart. 10, comma 3, della legge 21 dicembre 1999, n. 526 (Disposizioni per ladempimento di obblighi derivanti dallappartenenza dellItalia alle Comunità europee Legge comunitaria 1999), nella parte in cui introduce i commi 5 e 7 dellarticolo 3-bis del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155 (Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti ligiene dei prodotti alimentari), nonché degli stessi commi 5 e 7 del predetto art. 3-bis del decreto legislativo n. 155 del 1997 introdotti dall’art. 10 della citata legge n. 526 del 1999, in quanto prevedono che il Ministro della sanità determini i requisiti minimi e i criteri generali per il riconoscimento dei laboratori di analisi non annessi alle industrie alimentari utilizzabili in sede di autocontrollo ed attribuiscono ad organi ministeriali (Ministero della sanità) il potere di effettuare sopralluoghi per la verifica della sussistenza dei requisiti, con conseguente violazione dell’autonomia normativa e amministrativa provinciale.
2. Preliminarmente, deve essere precisato che, trattandosi di ricorsi proposti anteriormente alla entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante “Modifiche al Titolo V della Parte seconda della Costituzione”, con i quali vengono dedotti, nei confronti di atti legislativi, vizi attinenti alla ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni, il giudizio va compiuto alla stregua dei parametri costituzionali vigenti alla data degli stessi atti legislativi impugnati e, quindi, nella formulazione anteriore alla riforma di cui alla citata legge costituzionale (v. sentenze n. 524 e n. 376 del 2002).
D’altro canto occorre tenere presente che, trattandosi di questione attinente alla ripartizione di competenze tra Stato e Provincia autonoma (cosi come per le Regioni a statuto speciale) le disposizioni della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 non sono destinate a prevalere sugli statuti speciali di autonomia e attualmente sono invocabili (art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001) solo per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie di quelle già attribuite e non per restringerle, da considerarsi (per la singola Provincia autonoma o Regione speciale) in modo unitario nella materia o funzione amministrativa presa in considerazione.
3. Le questioni sollevate sono parzialmente fondate.
Quanto al comma 5 dell’art. 3-bis del d.lgs. n. 155 del 1997 è sufficiente rilevare, ai fini della infondatezza della questione, che l’ambito del decreto del Ministero della sanità deve ritenersi limitato alle sole norme tecniche, nei limiti di esigenze unitarie, aventi carattere meramente esplicativo strettamente vincolato (“conformi a”) e di dettaglio in stretta dipendenza con i criteri generali per il funzionamento dei laboratori esterni di cui al comma 1 e con le procedure operative standard richiamate nel precedente comma 4 (conformità alla normativa europea e alle norme tecniche generali). Di conseguenza il decreto ministeriale non può ritenersi esercizio di potere normativo o avente contenuto di principi nuovi cui sarebbero tenute le Regioni e Province autonome, né tantomeno esercizio di potere di direttiva ma piuttosto con valore di atto di recepimento materiale.
4. In ordine al comma 7 deve essere posto in rilievo che è attribuito al “Ministero della sanità” un potere aggiuntivo di effettuare sopralluoghi di verifica accanto al normale e parallelo potere di vigilanza e polizia amministrativa spettante alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
E’ evidente la violazione denunciata del principio di cui all’art. 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, secondo cui, nelle materie di competenza della Regione o delle Province autonome, la legge statale non può attribuire ad organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle attribuite allo Stato in base allo statuto speciale e relative norme di attuazione.
L’igiene e la sanità sono attribuite alla competenza delle Province autonome dall’art. 9, numero 10, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). Il d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla Regione Trentino-Alto Adige e alle Province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del d.P.R. 24 luglio 1977, n.616) ha completato, con l’art. 10, l’attribuzione attraverso una estensione mediante rinvio alle Province autonome della tutela igienico-sanitaria della produzione, commercio e lavorazione di sostanze alimentari e bevande, ancorché sulla base di standard di qualità e salubrità stabiliti dallo Stato [art. 27, lettera e); art. 30 lettera g) del d.P.R. n. 616 del 1977]. Pertanto i controlli e la vigilanza spettano alla stesse Province autonome, non essendo escluse da alcuna previsione dello statuto speciale o delle relative norme di attuazione. Beninteso le violazioni di precetti penali non possono non restare nella sfera di intervento della polizia giudiziaria e della giustizia penale.
Né può trarsi alcuna giustificazione dall’esigenza di intervento statale di vigilanza sull’adempimento di pretesi obblighi comunitari, che non possono toccare, per questa parte, la ripartizione di competenze tra Stato e Regione. L’intervento statale può esservi solo in presenza di un verificato inadempimento da parte delle Province autonome di specifici obblighi di vigilanza, compresi quelli sul rispetto di prescrizioni comunitarie e con le garanzie previste. Ipotesi completamente al di fuori della previsione normativa in esame.
In conclusione deve essere dichiarata la illegittimità costituzionale dellarticolo 3-bis, comma 7, del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155 (Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti ligiene dei prodotti alimentari) introdotto dall’art. 10, comma 3, della legge n. 21 dicembre 1999, n. 526 nella parte in cui si applica alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
5. In ordine al contenuto del decreto ministeriale previsto dal predetto comma 5 dell’art. 3-bis del d.lgs. n. 155 del 1997 per la parte relativa alle “modalità dei sopralluoghi di cui al comma 7”, il denunciato profilo di lesione della sfera di autonomia speciale è dipendente dalla applicabilità dei sopralluoghi ministeriali dello stesso comma 7 nell’ambito delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Questa applicabilità deve ritenersi esclusa in conseguenza della pronuncia parzialmente caducatoria dell’anzidetto comma 7 per quanto attiene alle Province autonome, donde la infondatezza della relativa questione di legittimità costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dellart. 3-bis, comma 7, del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155 (Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti ligiene dei prodotti alimentari) introdotto dall’art. 10, comma 3, della legge n. 21 dicembre 1999, n. 526 (Disposizioni per ladempimento di obblighi derivanti dallappartenenza dellItalia alle Comunità europee Legge comunitaria 1999), nella parte in cui si applica alle Province autonome di Trento e di Bolzano;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dellarticolo 3-bis, comma 5, dello stesso decreto legislativo n. 155 del 1997, introdotto dall’art. 10, comma 3, della legge n. 526 del 1999, sollevata dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli artt. 9, numero 10, e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e alle relative norme di attuazione, con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2003.
F.to:
Riccardo CHIEPPA, Presidente e Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l’1 aprile 2003.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA