Penale
Processo penale. Mutamento della persona fisica del Giudice o della composizione del Giudice collegiale ed utilizzabilità degli atti assunti dal precedente Giudice. Il punto della Corte Costituzionale
Processo penale. Mutamento della persona fisica del
Giudice o della composizione del Giudice collegiale ed utilizzabilità degli
atti assunti dal precedente Giudice. Il punto della Corte Costituzionale
ORDINANZA 13 Dicembre
2004 – 23 Dicembre 2004, n. 418
Giudizio di legittimita’
costituzionale in via incidentale. Processo penale – Mutamento della persona
fisica del giudice monocratico o della composizione
del giudice collegiale – Utilizzabilita’ degli atti
assunti in precedenza da giudice diverso – Subordinazione al consenso delle
parti – Denunciata lesione dei principi di parita’
delle parti, di immediatezza e immutabilita’
del giudice, di ragionevole durata del processo, di eguaglianza rispetto alla
disciplina sulla utilizzabilita’ degli atti non ripetibili
compiuti nella fase delle indagini, del diritto di difesa – Manifesta
infondatezza della questione. – Cod. proc. pen.,
artt. 500, 511, comma 2, 511-bis, 514 e 525, comma 2.
– Costituzione, artt. 3, 24 e 111. Processo penale – Mutamento della persona
fisica del giudice monocratico o della composizione
del giudice collegiale – Utilizzabilita’ degli atti
assunti in precedenza da giudice diverso – Subordinazione al consenso delle
parti – Denunciata lesione dei principi di parita’
delle parti, di immediatezza e immutabilita’
del giudice, di ragionevole durata del processo, di eguaglianza rispetto alla
disciplina sulla utilizzabilita’ degli atti non
ripetibili compiuti nella fase delle indagini – Omessa descrizione della
fattispecie oggetto del giudizio a quo e carenza di motivazione in ordine alla
rilevanza – Manifesta inammissibilita’ della
questione. – Cod. proc. pen., artt. 511,
comma 2, 525, e 526. – Costituzione, artt. 3 e 111. (GU
n. 50 del 29-12-2004 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Valerio ONIDA;
Giudici: Carlo MEZZANOTTE,
Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni
Maria FLICK,
Francesco AMIRANTE, Ugo
DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
nei
giudizi di legittimita’ costituzionale degli artt. 500, 511,
comma 2,
511-bis, 514, 525
e 526 del codice di procedura
penale,
promossi,
nell’ambito di diversi
procedimenti penali, dalla Corte
d’appello di Roma con ordinanza in data 8 aprile 2003,
dal Tribunale
di
Orvieto con ordinanza del 9
maggio 2003, dal Tribunale di Foggia
con
ordinanza del 28
giugno 2002, dal Tribunale della
Spezia con
ordinanza
del 14 novembre 2003 e dal Tribunale di Roma con ordinanza
del
6 novembre 2003, rispettivamente iscritte al n. 401, al n. 707 e
al
n. 900 del registro
ordinanze 2003, al n. 117 e al n.
450 del
registro
ordinanze 2004 e pubblicate nella
Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 26,
n. 37 e n. 45, 1ý serie speciale, dell’anno 2003,
al
n. 11, 1ý serie
speciale, dell’anno 2004 e
nella edizione
straordinaria, 1ý serie speciale, del 3 giugno
2004.
Visti l’atto di
costituzione dell’imputato nel
procedimento
pendente davanti alla Corte d’appello di Roma
(r.o. n. 401 del 2003),
nonche’
gli atti di
intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 17 novembre 2004 il
giudice
relatore Guido Neppi
Modona.
Ritenuto che la Corte d’appello di Roma (r.o.
n. 401 del 2003) ha
sollevato, in riferimento all’art. 111 della
Costituzione, questione
di
legittimita’ costituzionale dell’art. 511,
comma 2, del codice di
procedura
penale, nella parte in cui, ýin caso di rinnovazione del
dibattimento
per mutamento della persona fisica del, fa dipendere la
possibilita’
di utilizzazione mediante
lettura dell’attivita’
istruttoria
dibattimentale gia’ compiuta dal consenso di ciascuna
delle partiý;
che il giudice
rimettente premette: che nel giudizio di primo
grado,
a seguito del mutamento del collegio, era stata
disposta la
rinnovazione
del dibattimento, che
la difesa si era opposta alla
lettura
del verbale delle dichiarazioni
rese da un teste davanti al
giudice
poi sostituito e ne
aveva chiesto il ýnuovoý esame, senza
peraltro
ýspecificare su quali nuovi argomenti o temi di prova o con
quali
nuove domande si
dovesse svolgereý, che il Tribunale, pur
respingendo
la richiesta della difesa, aveva pronunciato la sentenza
utilizzando
nella motivazione anche
le dichiarazioni rese
dal
testimone davanti al precedente giudice;
che l’eccezione
di nullita’
della sentenza di primo grado,
prospettata
dalla difesa per violazione dell’art. 525, comma 2, cod.
proc.
pen., come
interpretato dalle Sezioni Unite della Corte di
cassazione, doveva pertanto ritenersi fondata;
che ad avviso
del rimettente la disposizione censurata appare
in
contrasto con l’art. 111 Cost. e, segnatamente, con i principi di
parita’ delle parti e di ragionevole durata
del processo;
che, in particolare, allorche’
la prova e’ stata assunta dal
giudice
poi sostituito nel
pieno rispetto del
principio del
contraddittorio,
i principi di oralita’, di concentrazione, di
immediatezza
e di immutabilita’ del
giudice risultano assicurati
anche se la decisione viene poi adottata
da giudici diversi da quelli
davanti ai quali le prove sono state
raccolte;
che il
consenso di ciascuna
delle parti, necessario per
evitare
un ýnuovoý esame
del teste, si atteggerebbe come una mera
facolta’,
come ýuna condizione meramente
potestativaý, che, proprio
in
quanto tale, contrasta con i principi di ragionevole
durata del
processo e di parita’
delle parti;
che nel
giudizio si e’ costituito l’imputato nel procedimento
a
quo, chiedendo il
rigetto della questione
di legittimita’
costituzionale
prospettata dal giudice rimettente, e argomentando la
richiesta con memoria depositata il 27 ottobre
2004;
che il
Tribunale di Orvieto
(r.o.
n. 707 del 2003) ha
sollevato,
in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., questione di
legittimita’
costituzionale degli artt. 500, 541 (recte:
511),
541-bis (recte: 511-bis), 514 e 525, comma 2, cod. proc. pen., ýnella
parte
in cui non
prevedono che gli
atti formatisi durante la
conduzione
del dibattimento da
parte di un
giudice (o collegio
giudicante) in seguito mutato di composizione
possano di nuovo essere
acquisiti
al dibattimento nei
casi in cui questi vengano reputati
irripetibili,
sia in senso
proprio che improprioý, nonche’ nella
parte
in cui non
prevedono che gli atti medesimi
ýpossano essere
usati per le contestazioni di cui all’art.
500 cod. proc. pen.ý;
che il
giudice rimettente premette
che ýnon essendo
intervenuto
accordo per l’acquisizione degli atti posti in essere
alla presenza del precedente giudice
[…] ha ordinato la ripetizione
di
tutti gli atti
travolti dalla nullita’ di cui all’art. 525,
comma 2, cod. proc.
pen.ý;
che, al
riguardo, il giudice
a quo rileva che le prove
assunte
da giudici diversi
rispetto a quelli che concorrono
alla
deliberazione
della sentenza sono in ogni caso inutilizzabili, anche
se, in ipotesi, divenute irripetibili,
e che pertanto le disposizioni
censurate,
nella parte in
cui non consentono
in nessun caso di
acquisire
e di utilizzare
gli atti assunti
davanti al diverso
giudice, dettano una disciplina
irragionevolmente differente rispetto
a
quella che regola
l’utilizzabilita’ degli
atti non ripetibili
compiuti nella fase delle indagini;
che la
questione, prosegue il rimettente, si porrebbe negli
stessi
termini anche con
riferimento ai casi
in cui la prova
acquisita
nel dibattimento puo’ essere
ýnuovamenteý assunta, ma in
circostanze,
tempi e modi necessariamente
diversi rispetto a quelli
della
prima assunzione, in
quanto ýla perizia
dialettica
dell’interroganteý e ýl’effetto
sorpresaý possono indurre le persone
interrogate
a fornire risposte piu’ genuine, anche senza
considerare
il
decorso del tempo
che puo’ influire sui ricordi determinando
dichiarazioni meno fedeli;
che le
censure vengono argomentate dal rimettente anche con
riferimento
alla asserita ýinutilizzabilita’ degli atti de
quibus ai
fini della contestazione ai testimoni ex
art. 500 cod. proc. pen.ý;
che le disposizioni impugnate sarebbero percio’ in contrasto
con
l’art. 3 Cost.,
perche’ disciplinano in modo diverso situazioni
sostanzialmente
uguali, con l’art. 24
Cost.,
per la possibile
compromissione
del diritto di difesa, e con l’art. 111 Cost.,
per la
violazione
dei principi di parita’ delle parti e di ragionevole
durata del processo;
che il
Tribunale di Foggia
(r.o.
n. 900 del 2003)
ha
sollevato,
in riferimento agli artt. 3 e
111, secondo comma, Cost.,
questione
di legittimita’ costituzionale degli artt. 511, comma 2,
525 e 526 cod. proc.
pen;
che il
giudice rimettente afferma
la non manifesta
infondatezza
della questione per
l’irragionevole diversita’ del
regime
della ripetizione delle prove orali gia’
assunte nell’ipotesi
di
rinnovazione del dibattimento a causa del mutamento della persona
del
giudice monocratico
o della composizione del giudice collegiale
rispetto
alla disciplina dei
casi previsti dall’art. 190-bis cod.
proc.
pen., nonche’ per
contrasto con il principio di ragionevole
durata del processo;
che il
Tribunale di Roma (r.o. n. 450 del 2004) ha
sollevato,
in
riferimento agli artt. 3 e 111 Cost., questione di legittimita’
costituzionale
dell’art. 525, comma 2, cod. proc. pen., ýnella parte
in
cui impone, a
pena di nullita’, la
partecipazione alla
deliberazione
della sentenza dello stesso giudice che ha partecipato
all’intero dibattimento, subordinando
al consenso delle
parti
l’utilizzabilita’
degli atti assunti
in precedenza da
giudice
diversoý;
che il
giudice rimettente premette
che, a seguito di una
modifica
della composizione del
collegio, e’ stata
disposta la
rinnovazione
del dibattimento e che le difese degli imputati si sono
opposte
all’utilizzabilita’ mediante
lettura degli atti assunti in
precedenza,
cosi’
determinando la necessita’ di un nuovo esame dei
testimoni relativamente a fatti risalenti agli
anni 1992/1993;
che, ad
avviso del rimettente,
mentre i principi
di
immediatezza
e di immutabilita’ del giudice non assurgono a rango
costituzionale,
il principio di ragionevole durata del processo e’
invece espressamente previsto dall’art. 111
Cost;
che, imponendo
la Costituzione e la Convenzione europea dei
diritti
dell’uomo (art. 6) di
contenere i tempi processuali entro
limiti
ragionevoli, deve ritenersi
che l’art. 525, comma 2, cod.
proc.
pen., interpretato
alla luce dell’orientamento delle Sezioni
Unite della
Corte di cassazione, sia incompatibile con l’indicato
parametro costituzionale;
che, peraltro,
il codice di procedura penale conosce numerose
deroghe
al principio dell’immutabilita’ del
giudice, volte,
all’evidenza, ad evitare
l’inutile svolgimento di attivita’
giurisdizionale;
che, infine,
in punto di
ragionevolezza, il giudice
rimettente
segnala che l’art. 190-bis cod. proc. pen., con
riferimento
a procedimenti penali per reati di particolare gravita’,
dispone
che l’esame del
testimone o delle
persone indicate
nell’art. 210 cod. proc.
pen., che abbiano gia’ reso dichiarazioni in
sede
di incidente probatorio o in dibattimento nel
contraddittorio
con
la persona nei cui confronti
le dichiarazioni medesime sono
destinate
ad essere utilizzate, e’ ammesso
solo se riguarda fatti o
circostanze
diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni
ovvero
se il giudice o taluna delle parti lo ritengano necessario in
relazione a specifiche esigenze;
che il
Tribunale della Spezia
(r.o.
n. 117 del 2004) ha
sollevato,
in riferimento agli
stessi parametri costituzionali,
questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 525, comma 2, cod.
proc.
pen., sulla base di
argomentazioni sostanzialmente identiche a
quelle
contenute nell’ordinanza del
Tribunale di Roma recante il
numero 450 del registro ordinanze del 2004;
che in
tutti i giudizi
e’ intervenuto il Presidente del
Consiglio dei
ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura
generale
dello Stato, chiedendo
che le questioni sollevate con le
ordinanze
iscritte al n. 707
del registro ordinanze del 2003 e al
n. 450 del registro ordinanze del 2004
siano dichiarate inammissibili
per
omessa descrizione delle
fattispecie e, in ogni caso, che tutte
le
questioni siano dichiarate
infondate alla luce
dei numerosi
precedenti
con i quali
la Corte ha
deciso questioni analoghe
(ordinanze n. 73 del 2003, n. 59 del 2002 e n.
399 del 2001).
Considerato che tutte
le ordinanze sollevano
questioni
sostanzialmente
identiche, che comunque
investono, da soli o
congiuntamente,
gli artt. 500, 511,
comma 2, 511-bis, 514 e 525,
comma 2,
del codice di
procedura penale, in
quanto, in caso di
mutamento
della persona fisica
del giudice monocratico o della
composizione
del giudice collegiale,
impongono, alla stregua
dell’interpretazione delle
Sezioni Unite della Corte di cassazione,
di
disporre la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale
ove sia
richiesta da una delle parti;
che deve
pertanto essere disposta la
riunione dei relativi
giudizi;
che, in
particolare, quanto alla
questione sollevata dalla
Corte d’appello di Roma (r.o.
n. 401 del 2003), questa Corte ha gia’
avuto
modo di affermare
nell’ordinanza n. 399 del
2001 che il
principio
di ragionevole durata
del processo, che ad avviso del
rimettente sarebbe violato dalla necessita’ di rinnovare l’istruzione
dibattimentale
in precedenza svolta
da un giudice poi sostituito,
deve essere contemperato con le esigenze
di tutela di altri diritti e
interessi
costituzionalmente garantiti rilevanti nel processo penale
e che tale contemperamento, ove
risulti, come nel caso di specie, non
irragionevolmente
realizzato, non si
presta a censure sul terreno
costituzionale;
che, circa
la lamentata violazione del principio di parita’
delle
parti, e’ sufficiente
rilevare che la parte che chiede la
rinnovazione
della prova esercita il proprio
diritto, garantito dai
principi
di oralita’ e immediatezza che connotano il
codice di rito,
all’assunzione della prova davanti al
giudice chiamato a decidere;
che, circa
la questione sollevata dal
Tribunale di Orvieto
(r.o. n. 707 del 2003), il rimettente
muove dall’erroneo presupposto
interpretativo
che gli atti assunti dal giudice poi sostituito siano
in
ogni caso inutilizzabili, anche se divenuti
irripetibili, senza
tenere conto di quanto disposto dall’art.
511 cod. proc. pen.
in tema
di utilizzabilita’
dei verbali di atti contenuti nel fascicolo per il
dibattimento
(v. sentenza n. 17 del 1994, nonche’
ordinanza n. 399
del 2001);
che quanto
alla minore genuinita’ della ýnuovaý prova in
considerazione
della perdita dell’ýeffetto sorpresaý
che
contraddistingue
la prima assunzione,
a prescindere da ogni altra
considerazione,
il rimettente sembra
non considerare che la prova
acquisita
davanti al giudice poi sostituito
fa legittimamente parte
del
fascicolo per il
dibattimento (v., ancora, sentenza n. 17 del
1994) ed e’ quindi anch’essa utilizzabile ai
fini della decisione e,
ovviamente, ai fini delle ýcontestazioniý;
che circa
le questioni sollevate dal Tribunale della Spezia
(r.o. n. 117 del
2004) e dal
Tribunale di Roma (r.o. n. 450 del
2004), tra
loro sostanzialmente identiche,
questa Corte – con
particolare
riferimento alla censura
di irragionevolezza mossa
all’art. 525, comma 2,
cod. proc. pen. in
quanto subordina al
consenso
delle parti l’utilizzabilita’ degli atti
assunti davanti ad
un
giudice poi sostituito,
diversamente da quanto
previsto
dall’art. 190-bis cod. proc. pen. –
ha gia’ avuto occasione di
affermare
che la disciplina
assunta quale tertium
comparationis,
derogando ai principi di oralita’
e di immediatezza a cui e’ ispirato
l’ordinamento processuale, oltre
a non avere
contenuto
costituzionalmente vincolato, ha carattere eccezionale
e non potrebbe
quindi
essere estesa oltre
i casi espressamente previsti
(v., da
ultimo, ordinanza n. 73 del 2003);
che, infine,
quanto alla questione sollevata dal Tribunale di
Foggia (r.o. n. 900
del 2003), la relativa ordinanza
e’ del tutto
priva
della descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo
e non contiene alcuna motivazione in
ordine alla rilevanza;
che, sulla
base delle considerazioni sopra
svolte, le
questioni
sollevate dalla Corte d’appello di Roma e dai Tribunali di
Orvieto, della Spezia
e di Roma
devono essere dichiarate
manifestamente
infondate e la questione sollevata dal Tribunale di
Foggia deve essere dichiarata
manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,
e 9, comma 2, delle norme integrative per i
giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
Per questi
motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi,
Dichiara la manifesta
inammissibilita’ della
questione di
legittimita’
costituzionale degli artt. 511, comma 2, 525 e 526 del
codice
di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e
111 della
Costituzione, dal Tribunale di Foggia, con l’ordinanza in
epigrafe;
Dichiara la manifesta
infondatezza delle questioni
di
legittimita’
costituzionale degli artt. 500, 511, comma 2, 511-bis,
514 e
525, comma 2, del codice di procedura penale, sollevate, in
riferimento
agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dalla
Corte
d’appello di Roma e dai Tribunali di
Orvieto, della Spezia e di Roma,
con le ordinanze in epigrafe.
Cosi’ deciso
in Roma, nella
sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 dicembre
2004.
Depositata in Cancelleria il 23 dicembre 2004.
Il Presidente: Onida
Il redattore: Neppi Madonna
Il cancelliere:Di Paola