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Friday 03 June 2005

Per la Corte Costituzionale l’ obbligo di adeguare la velocità nell’ attraversamento dei centri abitati non è del tutto indeterminato Corte Costituzionale – Ordinanza 23 – 31 maggio 2005 – 218/2005

Per la
Corte Costituzionale l’obbligo di adeguare la velocità nell’attraversamento dei
centri abitati non è del tutto indeterminato

Corte Costituzionale – Ordinanza 23 –
31 maggio 2005 – 218/2005 – Ordinanza. – Presidente Capotosti
– Relatore Vaccarella

Nel giudizio di legittimità
costituzionale dell’art. 141, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso con ordinanza del 14 maggio 2004
dal Giudice di pace di Isernia
nel procedimento civile vertente tra Valvona Pasquale
contro la Prefettura di Isernia, iscritta al n. 715
del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 2004.

Visto l’atto d’intervento nonché del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 20
aprile 2005 il Giudice relatore Paolo Maddalena.

Ritenuto che il Giudice di pace di Isernia, con ordinanza del 14
maggio 2004, ha
sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 141, comma 3, del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), “nella
parte in cui non è previsto alcun criterio legale di riferimento per la
configurabilità dell’infrazione amministrativamente
sanzionata dal comma ottavo dello stesso articolo”;

che il remittente
è chiamato a pronunciarsi in un giudizio di opposizione ad ordinanza
ingiunzione emessa dal Prefetto di Isernia nei
confronti di un conducente di motoveicolo, al quale è stata ascritta la
violazione del citato art. 141, comma 3, del codice della strada, per aver
omesso – secondo il verbale redatto dagli agenti accertatori – “di regolare
adeguatamente la velocità in modo da non costituire pericolo
nell’attraversamento di un centro abitato fiancheggiato da edifici”;

che, ad avviso del giudice a quo, la
disposizione denunciata subordinerebbe l’accertamento dell’infrazione “alla
mera valutazione soggettiva del verbalizzante, senza alcun parametro legale di
riferimento circa la valutazione del comportamento di guida tenuto dal
conducente”, così da configurarsi come norma “a trama aperta”, indeterminata
quanto al presupposto della pretesa sanzionatoria, giacché questo
prescinderebbe dall’esistenza di una segnaletica stradale, che dovrebbe invece
essere l’unico “parametro valutativo circa la legittimità o meno del
comportamento dell’utente”;

che, argomenta ancora il remittente, il censurato comma 3 dell’art. 141, essendo
carente nella “predeterminazione di specifici criteri di comportamento idonei a
costituire di volta in volta la fattispecie sanzionabile”, contrasterebbe
dunque:

a) con l’art. 3 Cost., “poiché l’estrema discrezionalità offerta all’agente di
ritenere, in un dato contesto temporale e geografico, se la condotta del
conducente costituisca o meno infrazione sanzionabile, anche a prescindere
dall’esistenza – e del rispetto – di una segnaletica stradale, provoca
un’inevitabile discriminazione tra gli utenti che tengano un identico
comportamento di guida, lasciando alla mera valutazione soggettiva del
verbalizzante l’individuazione del contravventore ed il conseguente
destinatario della pretesa sanzionatoria”;

b) con l’art. 97, comma primo, Cost., in riferimento ai principi
del buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa, giacché “la
configurabilità di un comportamento sanzionabile” sarebbe rimessa “all’arbitrio
dei pubblici funzionari”;

c) con l’art. 24, secondo comma, Cost., comprimendo oltremodo il
diritto di difesa per l’impossibilità del ricorrente di fornire prova contraria
in suo favore e, segnatamente, di superare “la presunzione di legittimità ed il
valore probatorio del verbale di accertamento dichiarando o facendo dichiarare
da testimoni che la sua condotta era in effetti congrua, ovvero di aver
adeguatamente regolato la velocità, avuto riguardo alle caratteristiche dei
luoghi, del carico del veicolo e di ogni altra circostanza di qualsiasi natura
nell’attraversare centri abitati o comunque tratti di strada fiancheggiata da
edifici”;

che, quanto alla rilevanza della
questione, il giudice a quo, escludendo di poter far ricorso al giudizio di
equità e, comunque, di poter “emettere una decisione totalmente avulsa da ogni
parametro legale di riferimento”, tale da sostituire all’arbitrio della
pubblica amministrazione quello del giudice, sostiene che, proprio per la
evidenziata configurazione della disposizione denunciata, il ricorso in
opposizione dell’interessato dovrebbe essere respinto;

che è intervenuto in giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, concludendo per l’infondatezza della questione;

che, secondo la difesa erariale, il
denunciato art. 141, comma 3, del d.lgs. n. 285 del
1992, introdurrebbe il principio secondo cui, anche in mancanza di specifica
segnaletica stradale, il conducente “deve riferire la velocità di marcia a
condizioni obiettive, in concreto percepibili con
l’uso dei normali criteri di attenzione, prudenza e diligenza”, e ciò in forza
delle superiori esigenze di sicurezza della circolazione;

che, pertanto, rileva ancora
l’Avvocatura, la disposizione censurata configurerebbe un illecito
amministrativo di pericolo a forma libera, integrando il precetto con parametri
– quali: caratteristiche del veicolo, della strada, del traffico, etc. –
assunti dalla comune esperienza, “fornendo all’agente accertatore le chiavi di
valutazione dei comportamenti posti in essere dagli utenti”;

che, conclude l’Avvocatura dello Stato,
proprio in forza di tali principi la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto
manifestamente infondata analoga questione di costituzionalità prospettata, in
riferimento agli artt. 24 e 25 Cost.,
avverso il comma 1 dello stesso art. 141 del nuovo codice della strada.

Considerato che il Giudice di pace di Isernia dubita, in riferimento
agli artt. 3, 24, secondo comma, e 97, primo comma, Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 141, comma 3,
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada),
“nella parte in cui non è previsto alcun criterio legale di riferimento per la
configurabilità dell’infrazione amministrativamente
sanzionata dal comma ottavo dello stesso articolo”;

che il remittente
muove dalla premessa che la norma denunciata sarebbe priva di specifici criteri
di determinazione della condotta oggetto di sanzione, giacché il precetto non
terrebbe in alcun conto l’esistenza di una segnaletica stradale, quale unico
parametro idoneo a valutare “la legittimità o meno del comportamento
dell’utente”;

che, pertanto, sempre secondo la
prospettazione del giudice a quo, ciò comporterebbe la lesione dei parametri
evocati, in considerazione del fatto che la stessa configurabilità del
comportamento sanzionabile sarebbe rimessa al mero arbitrio dell’agente
accertatore dell’infrazione, ciò che renderebbe, altresì, impossibile l’esercizio
della difesa in giudizio da parte dell’interessato, non potendo questi fornire
prova contraria rispetto a quanto riportato nel verbale di accertamento,
assistito dalla presunzione di legittimità;

che, contrariamente a quanto sostiene il
giudice a quo, il sistema normativo sulla circolazione, essendo ispirato al
principio di salvaguardia della sicurezza stradale in vista della protezione
dell’incolumità personale, impone agli utenti della strada di conformare la
propria condotta anzitutto alle comuni regole di prudenza e diligenza, pur in
assenza di specifica segnaletica di pericolo (art. 140 del codice della
strada);

che, a maggior ragione, tale principio
trova applicazione in riferimento all’obbligo di adeguare la velocità del
veicolo alle contingenti situazioni di fatto, anche là dove non siano
prescritti precisi limiti di marcia, costituendo la velocità del mezzo di
trasporto uno dei fattori principali di pericolosità della circolazione
stradale;

che, in raccordo con siffatte finalità,
l’art. 141, comma 1, del d.lgs. n. 285 del 1992,
prescrive l’obbligo del conducente di regolare la velocità del
veicolo, tra l’altro, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del
traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, affinché si possa
evitare ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose;

che il denunciato comma 3 dello stesso
art. 141 costituisce specificazione del precetto più generale del citato comma
1, imponendo al conducente di tenere una velocità adeguata in situazioni di
particolare esposizione al pericolo, quali quelle che possono concretizzarsi
“nei tratti di strada a visibilità limitata, nelle curve, in prossimità delle
intersezioni e delle scuole o di altri luoghi frequentati da fanciulli indicati
dagli appositi segnali, nelle forti discese, nei passaggi stretti o ingombrati,
nelle ore notturne, nei casi di insufficiente visibilità per condizioni
atmosferiche o per altre cause, nell’attraversamento degli abitati o comunque
nei tratti di strada fiancheggiati da edifici”;

che la stessa giurisprudenza di
legittimità, nell’interpretare la norma censurata, ha precisato che il giudizio
sulla valutazione della velocità non è ancorato ad astratti valori numerici,
bensì assume un connotato relativo, postulando che il concreto apprezzamento
della condotta del conducente si svolga proprio in rapporto a quelle
determinate circostanze di tempo e di luogo che la fattispecie legale evidenzia
come parametri di riferimento per un comportamento prudente;

che, dunque, il precetto posto dal comma
3 denunciato, lungi dall’essere privo di criteri indicativi della condotta alla
quale è tenuto l’utente della strada, presenta invece un contenuto
sufficientemente determinato, giacché l’obbligo di adeguare la velocità alla
situazione contingente, sebbene si atteggi in modo elastico, risulta tuttavia
percepibile chiaramente dal conducente proprio in base ad elementi e
circostanze di fatto tratti dalla comune esperienza della circolazione stradale
e che ne circoscrivono i margini di applicazione;

che, pertanto, deve escludersi che il
legislatore, nel configurare la fattispecie sanzionatoria in esame, abbia
esorbitato, nell’esercizio della sua discrezionalità, dai limiti della
ragionevolezza e lasciato all’arbitrio dell’agente accertatore dell’infrazione
il compito di riempirne il contenuto;

che, quanto alla dedotta violazione
dell’art. 24, secondo comma, Cost., tale parametro
non può dirsi vulnerato dal valore probatorio privilegiato che, nella sede
processuale, assiste il verbale del pubblico ufficiale che contesta
l’infrazione, trovando ciò fondamento nella tutela dell’interesse,
costituzionalmente garantito, al buon andamento della pubblica amministrazione,
senza tuttavia limitare il diritto di difesa dell’interessato (ordinanza n. 504
del 1987 e sentenza n. 255 del 1994);

che, difatti, a presidio della garanzia
di difesa, non solo vi è la possibilità di ricorrere ai normali mezzi di prova
tramite l’apposito procedimento di querela di falso, ma rileva altresì la
circostanza che la fede privilegiata del verbale di contestazione, richiedendo
anzitutto, da parte dell’autore, una redazione particolareggiata sugli elementi
di fatto che riguardano le norme violate (così, la citata sentenza n. 255 del
1994), non si estende in ogni caso – secondo il prevalente orientamento della
giurisprudenza ordinaria – alla verità sostanziale delle dichiarazioni del
verbalizzante, ovvero alla fondatezza dei suoi meri apprezzamenti e
valutazioni;

che, dunque, alla luce delle
argomentazioni che precedono, la questione deve essere dichiarata
manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26,
secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi la Corte
Costituzionale

dichiara la manifesta infondatezza della
questione di legittimità costituzionale dell’art. 141, comma 3, del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in
riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 97, primo comma, della
Costituzione, dal Giudice di pace di Isernia con l’ordinanza in epigrafe indicata.