Imprese ed Aziende
Parmigiano Reggiano e PARMESAN
Parmigiano Reggiano e PARMESAN
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE
COMUNITA’ EUROPEE – GRANDE SEZIONE – Sentenza 26 febbraio 2008
Pres. V. SKOURIS, Rel. J.N. CUNHA RODRIGUES.
Comunità europea
Regolamento CEE n. 2081/92 Denominazioni d’origine protetta –
Denominazione “Parmigiano Reggiano” – Carattere generico – Esclusione – Uso del
termine “Parmesan” – Capacità evocativa – Sussiste.
Comunità europea
Regolamento CEE n. 2081/92 Denominazioni d’origine protetta –
Usurpazione – Strumenti di tutela dei privati – Necessità
– Repressione degli illeciti – Obbligo dello Stato di agire d’ufficio –
Sussiste – Fattispecie.
La denominazione “Parmigiano
Reggiano” non ha carattere generico; l’uso del termine “Parmesan” ne
costituisce senz’altro un’evocazione vietata ai sensi del regolamento CEE n.
2081/92.
Gli Stati membri debbono
garantire l’esistenza di strumenti per la concreta attuazione del regolamento
CEE n. 2081/92, sia a tutela dei privati sia agendo d’ufficio.
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SENTENZA DELLA CORTE (Grande
Sezione)
26 febbraio 2008
Nella causa C 132/05,
avente
ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il
21 marzo 2005,
Commissione delle Comunità
europee, rappresentata dal sig. E. de March, dalla
sig.ra S. Grünheid e dal sig. B. Martenczuk, in qualità di agenti, con
domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
sostenuta
da:
Repubblica ceca, rappresentata
dal sig. T. Boček, in qualità di agente,
Repubblica italiana,
rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig.
G. Aiello, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,
intervenienti,
contro
Repubblica federale di Germania,
rappresentata dai sigg. M. Lumma e A. Dittrich, in qualità di agenti, assistiti
dall’avv. M. Loschelder, Rechtsanwalt,
convenuta,
sostenuta
da:
Regno di Danimarca, rappresentato
dal sig. J. Molde, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,
Repubblica d’Austria,
rappresentata dal sig. E. Riedl, in qualità di agente, con domicilio eletto in
Lussemburgo,
intervenienti,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta
dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K.
Lenaerts e U. Lõhmus, presidenti di sezione, dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues
(relatore), K. Schiemann, P. Kūris, E. Juhász, E. Levits e A. Ó Caoimh,
giudici,
avvocato
generale: sig. J. Mazák
cancelliere:
sig. B. Fülöp, amministratore
vista la
fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 13
febbraio 2007,
sentite
le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 giugno
2007,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il ricorso in esame la Commissione delle
Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica federale di
Germania, rifiutando formalmente di perseguire come illecito l’impiego nel suo
territorio della denominazione «parmesan» nell’etichettatura di prodotti non
corrispondenti al disciplinare della denominazione d’origine protetta (in
prosieguo: la «DOP») «Parmigiano Reggiano», favorendo così l’usurpazione da
parte di terzi della notorietà di cui gode il prodotto autentico, tutelato a
livello comunitario, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza
dell’art. 13, n. 1, lett. b), del regolamento (CEE) del Consiglio 14 luglio
1992, n. 2081, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni
d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari (GU L
208, pag. 1).
Contesto normativo
2 Il regolamento n. 2081/92
istituisce una protezione comunitaria delle denominazioni d’origine e delle
indicazioni geografiche dei prodotti agricoli ed alimentari.
3 L’art. 2 del regolamento n.
2081/92 dispone quanto segue:
«1. La protezione comunitaria
delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti
agricoli ed alimentari è ottenuta conformemente al presente regolamento.
2. Ai fini del presente
regolamento si intende per:
a) “denominazione d’origine”: il
nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un
paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare
– originario di tale regione, di
tale luogo determinato o di tale paese e
– la cui qualità o le cui
caratteristiche siano dovute essenzialmente o
esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori naturali ed
umani e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengano nell’area
geografica delimitata;
(…)».
4 L’art. 3, n. 1, di tale
regolamento è così formulato:
«Le denominazioni divenute
generiche non possono essere registrate.
Ai fini del presente regolamento,
si intende per “denominazione divenuta generica” il nome di un prodotto
agricolo o alimentare che, pur collegato col nome del luogo o della regione in
cui il prodotto agricolo o alimentare è stato inizialmente ottenuto o
commercializzato, è divenuto, nel linguaggio corrente, il nome comune di un
prodotto agricolo o alimentare.
Per determinare se una
denominazione sia divenuta generica o meno, si tiene conto di tutti i fattori,
in particolare:
– della situazione esistente
nello Stato membro in cui il nome ha la sua origine e nelle zone di consumo,
– della situazione esistente in
altri Stati membri,
– delle pertinenti legislazioni
nazionali o comunitarie.
(…)».
5 Ai sensi dell’art. 4, n. 2,
lett. g), del regolamento n. 2081/92, il disciplinare comprende almeno «i
riferimenti relativi alle strutture di controllo previste all’articolo
10».
6 L’art. 5, nn. 3 e 4, di tale
regolamento recita:
«3. La domanda di registrazione
include segnatamente il disciplinare di cui all’articolo 4.
4. La domanda di registrazione è
inviata allo Stato membro sul cui territorio è situata l’area geografica».
7 L’art. 10 del detto regolamento
così dispone:
«1. Gli Stati membri provvedono a
che entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente regolamento vi siano
strutture di controllo aventi il compito di garantire che i prodotti agricoli e
alimentari recanti una denominazione protetta rispondano
ai requisiti del disciplinare.
2. La struttura di controllo può
essere composta da una o più autorità di controllo
designate e/o da uno o più organismi privati autorizzati a tal fine dallo Stato
membro. Gli Stati membri comunicano alla Commissione l’elenco delle autorità
e/o degli organismi autorizzati, nonché le loro rispettive competenze. La Commissione pubblica
queste informazioni nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
3. Le autorità di controllo
designate e/o gli organismi privati devono offrire garanzie sufficienti di
obiettività e di imparzialità nei confronti di ogni produttore o trasformatore
soggetto al controllo e disporre permanentemente degli esperti e dei mezzi
necessari per assicurare i controlli dei prodotti agricoli e dei prodotti
alimentari recanti una denominazione protetta.
Se la struttura di controllo si
avvale, per taluni controlli, di un organismo terzo, quest’ultimo deve offrire
le stesse garanzie. Tuttavia, le autorità di controllo designate e/o gli
organismi privati autorizzati sono […] responsabili, nei confronti dello Stato membro, della
totalità dei controlli.
A decorrere dal 1° gennaio 1998,
per ottenere l’autorizzazione dello Stato membro ai fini del presente
regolamento, gli organismi devono adempiere le condizioni stabilite nella norma
EN 45011, del 26 giugno 1989.
4. Qualora constatino che un
prodotto agricolo o alimentare recante una denominazione protetta originaria
del suo Stato membro non risponde ai requisiti del disciplinare, le autorità di
controllo designate e/o gli organismi privati di uno Stato membro prendono i
necessari provvedimenti per assicurare il rispetto del presente regolamento.
(…)
5. Qualora le condizioni di cui
ai paragrafi 2 e 3 non siano più soddisfatte, lo Stato
membro revoca l’autorizzazione dell’organismo di controllo. Esso ne informa la Commissione che
pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee un elenco riveduto
degli organismi autorizzati.
6. Gli Stati membri adottano le
misure necessarie per garantire che il produttore che rispetta il presente
regolamento abbia accesso al sistema di controllo.
7. I costi dei controlli previsti
dal presente regolamento sono sostenuti dai produttori che utilizzano la
denominazione protetta».
8 Ai sensi dell’art. 13 del
medesimo regolamento:
«1. Le denominazioni registrate
sono tutelate contro:
(…)
b) qualsiasi usurpazione,
imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del prodotto è indicata o se
la denominazione protetta è una traduzione o è accompagnata da espressioni
quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione” o simili;
(…)
Se una denominazione registrata
contiene la denominazione di un prodotto agricolo o alimentare che è
considerata generica, l’uso di questa denominazione generica per il prodotto
agricolo o alimentare appropriato non è contrario al primo comma, lettera a) o
b).
(…)
3. Le denominazioni protette non
possono diventare generiche».
9 Ai sensi dell’art. 2 del
regolamento (CE) della Commissione 12 giugno 1996, n. 1107, relativo alla
registrazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine
nel quadro della procedura di cui all’articolo 17 del regolamento (…) n.
2081/92 (GU L 148, pag. 1), nonché della parte A
dell’allegato di tale regolamento, la denominazione «Parmigiano Reggiano»
costituisce una DOP a decorrere dal 21 giugno 1996.
Fase precontenziosa
10 In seguito alla denuncia
sporta da vari operatori economici, la Commissione chiedeva alle autorità tedesche, con
lettera 15 aprile 2003, di impartire chiare istruzioni agli organismi pubblici
incaricati di perseguire le frodi affinché ponessero fine alla
commercializzazione nel territorio tedesco di prodotti denominati «parmesan»
non conformi al disciplinare della DOP «Parmigiano Reggiano». Secondo la Commissione, il
termine «parmesan» era la traduzione della DOP «Parmigiano Reggiano» e il suo
uso costituiva perciò una violazione dell’art. 13, n. 1, lett. b), del
regolamento n. 2081/92.
11 La Repubblica federale di
Germania rispondeva, con lettera 13 maggio 2003, che il termine «parmesan», se
pure storicamente legato alla regione di Parma, era divenuto una denominazione
generica per formaggi a pasta dura di varia provenienza geografica, grattugiati
o da grattugiare, distinguendosi dalla DOP «Parmigiano Reggiano». Pertanto,
l’uso di tale termine non integrerebbe una violazione del regolamento n.
2081/92.
12 Il 17 ottobre 2003 la Commissione inviava
una lettera di diffida alla Repubblica federale di Germania cui quest’ultima
rispondeva con lettera del 17 dicembre 2003.
13 La Commissione, non
essendo soddisfatta delle spiegazioni ricevute dalla Repubblica federale di
Germania, il 30 marzo 2004 emetteva un parere motivato, invitando tale Stato
membro ad adottare le misure necessarie a
conformarvisi entro due mesi dalla notifica.
14 Con lettera 15 giugno 2004 la Repubblica federale di
Germania comunicava alla Commissione di voler mantenere la posizione
precedentemente espressa.
15 In tale contesto, la Commissione ha deciso
di proporre il presente ricorso.
Sul ricorso
16 Con ordinanza del presidente
della Corte 6 settembre 2005 la
Repubblica italiana, da un lato, e il Regno di Danimarca
nonché la Repubblica
d’Austria, dall’altro, sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle
conclusioni, rispettivamente, della Commissione e della Repubblica federale di
Germania.
17 Con ordinanza del presidente
della Corte 15 maggio 2006 la
Repubblica ceca è stata ammessa ad intervenire a sostegno
delle conclusioni della Commissione.
18 A sostegno del ricorso la Commissione deduce una
sola censura, relativa al rifiuto, da parte della Repubblica federale di
Germania, di perseguire come illecito l’impiego nel suo territorio della
denominazione «parmesan» nell’etichettatura di prodotti non corrispondenti al
disciplinare della DOP «Parmigiano Reggiano».
19 La Repubblica federale di
Germania contesta l’inadempimento sulla base di tre ordini di motivi:
– in primo luogo, una
denominazione d’origine è protetta ai sensi dell’art. 13 del regolamento n.
2081/92 solo nella forma precisa in cui è registrata;
– in secondo luogo, l’uso della
parola «parmesan» non è in contrasto con la tutela garantita alla denominazione
d’origine «Parmigiano Reggiano» e
– in terzo luogo, essa non è
tenuta a perseguire d’ufficio le violazioni del detto art. 13.
Quanto alla protezione delle
denominazioni composte
20 La Commissione sostiene
che il sistema di tutela comunitaria è retto dal principio secondo cui la
registrazione di una denominazione contenente più termini conferisce la tutela
del diritto comunitario sia ai singoli elementi costitutivi della denominazione
composta sia all’intera denominazione composta. L’effettiva tutela delle
denominazioni composte implicherebbe, quindi, che, in linea
di principio, tutti gli elementi costitutivi di una denominazione composta
siano protetti contro utilizzazioni abusive. La Commissione ritiene
che, per garantire tale tutela, il regolamento n. 2081/92 non richieda la
registrazione di ognuno dei singoli elementi di una denominazione composta
suscettibili di tutela, ma presupponga che ogni singolo elemento sia
intrinsecamente protetto. Un’interpretazione del genere avrebbe trovato
riscontro nella sentenza della Corte 9 giugno 1998, cause riunite C 129/97 e C
130/97, Chiciak e Fol (Racc. pag. I 3315).
21 La Commissione osserva
che il principio della protezione di tutti gli elementi costitutivi di una
denominazione composta ammette un’unica eccezione, prevista all’art. 13, n. 1,
secondo comma, del regolamento n. 2081/92: l’utilizzazione di un singolo
elemento di una denominazione composta non è contraria all’art. 13, n. 1, lett.
a) e b), del detto regolamento, quando tale elemento è la denominazione di un
prodotto agricolo o alimentare considerata denominazione generica. Orbene,
questa disposizione sarebbe superflua se si dovesse ritenere che i singoli
elementi costitutivi di denominazioni registrate unicamente come denominazioni
composte non siano in alcun modo tutelati.
22 Un elemento costitutivo di una
denominazione utilizzato isolatamente non beneficerebbe della protezione
concessa dal regolamento n. 2081/92 anche qualora gli Stati membri interessati,
nel comunicare la denominazione composta in oggetto, abbiano
dichiarato di non richiedere la tutela per certe parti di tale
denominazione.
23 La Commissione avrebbe
tenuto conto [di tale dichiarazione] al momento dell’adozione del regolamento
n. 1107/96 precisando, eventualmente, in una nota a piè di pagina, che non era
richiesta tutela per una parte della denominazione composta.
24 Nel caso della denominazione
«Parmigiano Reggiano» nessuno dei due elementi costitutivi sarebbe stato
menzionato in una nota a piè di pagina.
25 La Repubblica federale di
Germania replica che una DOP beneficia della tutela ex art. 13 del regolamento
n. 2081/92 solo nella forma precisa in cui è registrata. Contrariamente a
quanto sostenuto dalla Commissione, non si può trarre una conclusione di segno
opposto dalla citata sentenza Chiciak e Fol.
26 Inoltre, nell’ambito della
controversia decisa con sentenza 25 giugno 2002, causa C 66/00, Bigi (Racc.
pag. I 5917), la stessa Repubblica italiana avrebbe espressamente confermato di
aver rinunciato alla registrazione della denominazione «Parmigiano». In tale
contesto, in mancanza di registrazione, tale denominazione non rientrerebbe
nell’ambito di tutela del diritto comunitario.
27 A tale proposito,
dall’ottavo ‘considerando’ del regolamento n. 1107/96 risulta «che alcuni Stati
membri hanno fatto presente che per talune parti delle denominazioni la
protezione non era richiesta e che è opportuno tenerne conto».
28 Il regolamento n. 1107/96
precisa, rinviando alle note a piè di pagina del suo allegato, in quali casi
non è stata richiesta la tutela di una parte della denominazione considerata.
29 Si deve osservare, tuttavia,
che l’inesistenza di una dichiarazione nel senso che, per talune componenti di
una denominazione, la tutela conferita dall’art. 13 del regolamento n. 2081/92
non è stata richiesta non può costituire un argomento sufficiente per
determinare l’ampiezza di tale protezione (v., in tal senso, sentenza Chiciak e
Fol, cit., punto 37).
30 Nel sistema di protezione
istituito mediante il regolamento n. 2081/92 le questioni relative alla
protezione da accordare ai singoli elementi di una denominazione, e
segnatamente quelle relative all’eventualità che si tratti di un nome generico
o di un elemento protetto contro le prassi oggetto dell’art. 13 del detto
regolamento, rientrano nella competenza del giudice nazionale, che le risolverà
in base ad un’analisi approfondita del contesto fattuale quale ricostruito ed
illustrato dagli interessati (sentenza Chiciak e Fol, cit.,
punto 38).
31 In tale contesto non può
avere fortuna l’argomento della Repubblica federale di Germania secondo cui una
DOP beneficia della tutela ex art. 13 del regolamento n. 2081/92 solo nella
forma precisa in cui è registrata.
Quanto al pregiudizio arrecato
alla DOP «Parmigiano Reggiano»
32 Secondo la Commissione, la
commercializzazione di formaggi denominati «parmesan» non conformi al disciplinare
della DOP «Parmigiano Reggiano» costituisce una violazione dell’art. 13, n. 1,
lett. b), del regolamento n. 2081/92 perché il termine «parmesan» è la
traduzione esatta della DOP «Parmigiano Reggiano». La traduzione, al pari della
DOP nella lingua dello Stato membro che ne ha ottenuto la registrazione,
sarebbe riservata esclusivamente ai prodotti conformi al disciplinare.
33 La Commissione aggiunge
che, come dimostra lo stretto legame, attestato dagli sviluppi storici, tra la
particolare regione geografica d’Italia dalla quale proviene tale tipo di
formaggio e il termine «parmesan», quest’ultimo non è una denominazione
generica distinguibile dalla DOP «Parmigiano Reggiano».
34 In ogni caso, l’uso della
denominazione «parmesan» per un formaggio non conforme al disciplinare della
DOP «Parmigiano Reggiano» costituirebbe un’evocazione di tale denominazione,
vietata dall’art. 13, n. 1, lett. b), del regolamento n. 2081/92.
35 La Commissione afferma
altresì che il termine «parmesan» non è divenuto una denominazione generica.
36 Naturalmente, una
denominazione geografica potrebbe, nel tempo e attraverso l’uso, diventare una
denominazione generica, nel senso che il consumatore potrebbe giungere a
considerarla indicazione di un certo tipo di prodotto piuttosto che
dell’origine geografica del prodotto stesso. Tale slittamento di senso si
sarebbe verificato in particolare nel caso delle denominazioni «Camembert» e
«Brie».
37 La Commissione prosegue
affermando che il termine «parmesan» non ha mai perso la sua connotazione
geografica. Infatti, se «parmesan» fosse realmente un termine neutro privo di
tale connotazione, non vi sarebbero spiegazioni plausibili all’ostinazione dei
produttori di imitazioni a stabilire con parole o con immagini un nesso tra i
loro prodotti e l’Italia.
38 Inoltre, secondo la Commissione, il fatto
che fino al 2000 venisse prodotto sul territorio
italiano un formaggio denominato «parmesan» non conforme al disciplinare della
DOP «Parmigiano Reggiano» non significa che il termine costituisca una
denominazione generica, in Italia, per formaggi a pasta dura di origine
diversa, dato che quel formaggio era destinato unicamente all’esportazione
verso paesi in cui il termine «parmesan» non fruiva di alcuna protezione
particolare, conformemente al principio di territorialità. D’altronde, la
denominazione d’origine «Parmigiano Reggiano» è stata
protetta a livello comunitario solo a partire dal 21 giugno 1996, data in cui è
entrato in vigore il regolamento n. 1107/96.
39 La Repubblica federale di
Germania afferma che l’uso del termine «parmesan» non costituisce una
violazione dell’art. 13, n. 1, lett. b), del regolamento n. 2081/92
dato che, già secondo la
Commissione, rappresenterebbe solo la traduzione della parola
«Parmigiano» che è una denominazione generica, come dimostrano la situazione in
Italia e in altri Stati membri nonché le normative nazionali
e comunitaria. Tale termine, in quanto denominazione generica, non
potrebbe beneficiare della tutela del detto regolamento.
40 In subordine, la Repubblica federale di
Germania sostiene che, anche supponendo che il termine «Parmigiano» non sia una
denominazione generica e che, pertanto, non si applichino a tale elemento
costitutivo le disposizioni dell’art. 13, n. 1, secondo comma, del regolamento
n. 2081/92, l’uso del termine «parmesan» non integra una violazione delle
disposizioni relative alla tutela della denominazione d’origine
«Parmigiano Reggiano». Il nome «parmesan» avrebbe subito un’evoluzione secolare
a sé stante e sarebbe divenuto, in Germania, come pure in altri Stati membri,
una denominazione generica. Il suo uso non costituirebbe dunque né
un’usurpazione né un’evocazione della DOP «Parmigiano Reggiano».
41 A suffragio di tale tesi la Repubblica federale di
Germania invoca, in primo luogo, il paragrafo 35 delle conclusioni
dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa C 317/95, definita
dall’ordinanza 8 agosto 1997, Canadane Cheese Trading e Kouri (Racc. pag. I
4681); in secondo luogo, la citata sentenza Bigi, dove la Corte ha espressamente
lasciato insoluta la questione se il termine «parmesan» costituisca un nome
generico, e, in terzo luogo, il fatto che non è sufficiente constatare che il
nome di un prodotto è la traduzione di una denominazione di origine.
Occorrerebbe verificare di volta in volta se tale traduzione evochi
effettivamente la denominazione di cui trattasi. Non la evocherebbe
nell’ipotesi in cui la denominazione controversa, pur essendo inizialmente una
traduzione, abbia assunto col tempo un altro
significato nell’accezione corrente dei consumatori, divenendo in tal modo una
denominazione generica. In quarto luogo, il detto Stato membro si appella al
fatto che in Germania, unico Stato membro in cui la valutazione della
genericità del termine «parmesan» è decisiva, visto il presente procedimento
per inadempimento, il termine «parmesan» è considerato da sempre la
denominazione generica di un formaggio a pasta dura grattugiato o da
grattugiare. Ciò varrebbe, del resto, anche in altri Stati membri, Italia
compresa.
42 Occorre anzitutto stabilire
se, rispetto alla DOP «Parmigiano Reggiano», l’uso della denominazione
«parmesan» rientri in uno dei casi contemplati dall’art. 13, n. 1, del
regolamento n. 2081/92.
43 A tale proposito giova
ricordare che, in forza dell’art. 13, n. 1, lett. b), del detto regolamento, le
denominazioni registrate sono tutelate, in particolare, contro qualsiasi
usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del prodotto è
indicata o se la denominazione protetta è una traduzione.
44 In merito all’evocazione
di una DOP, la Corte
ha stabilito che tale nozione si riferisce all’ipotesi in cui il termine
utilizzato per designare un prodotto incorpori una parte di una denominazione
protetta, di modo che il consumatore, in presenza del
nome del prodotto, sia indotto ad aver in mente, come immagine di riferimento,
la merce che fruisce della denominazione (sentenza 4 marzo 1999, causa C 87/97,
Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola, Racc. pag. I 1301, punto 25).
45 La Corte ha precisato che può
esservi evocazione di una DOP in mancanza di qualunque rischio di confusione
tra i prodotti di cui è causa e anche quando nessuna tutela comunitaria si
applichi agli elementi della denominazione di riferimento ripresi dalla
terminologia controversa (sentenza Consorzio per la tutela del formaggio
Gorgonzola, cit., punto 26).
46 Nella presente causa
sussistono analogie fonetiche ed ottiche fra le denominazioni «parmesan» e
«Parmigiano Reggiano» in un contesto in cui i prodotti di cui è causa sono
formaggi a pasta dura, grattugiati o da grattugiare, cioè simili nel loro
aspetto esterno (v., in tal senso, sentenza Consorzio per la tutela del
formaggio Gorgonzola, cit., punto 27).
47 Peraltro, che la denominazione
«parmesan» sia o meno la traduzione esatta della DOP
«Parmigiano Reggiano» o del termine «Parmigiano», si deve tener conto anche
della somiglianza concettuale tra tali due termini, pur di lingue diverse,
testimoniata dal dibattito dinanzi alla Corte.
48 Tale
somiglianza, come già le somiglianze fonetiche e ottiche rilevate al
punto 46 della presente sentenza, è idonea ad indurre il consumatore a prendere
come immagine di riferimento il formaggio recante la DOP «Parmigiano Reggiano»
quando si trova dinanzi ad un formaggio a pasta duro, grattugiato o da
grattugiare, recante la denominazione «parmesan».
49 In tale contesto, l’uso
della denominazione «parmesan» dev’essere considerato un’evocazione della DOP
«Parmigiano Reggiano» ai sensi dell’art. 13, n. 1, lett. b), del regolamento n.
2081/92.
50 Sapere
se la denominazione «parmesan» sia la traduzione della DOP «Parmigiano
Reggiano» è quindi irrilevante ai fini dell’esame del presente ricorso.
51 La Repubblica federale di
Germania sostiene, tuttavia, che, siccome la denominazione «parmesan» è
divenuta una denominazione generica, utilizzarla non equivale ad evocare
illecitamente la DOP
«Parmigiano Reggiano».
52 Spettava alla Repubblica
federale di Germania dimostrare la fondatezza di tale argomento, tanto più che la Corte ha già affermato che è
tutt’altro che evidente che la denominazione «parmesan» sia divenuta generica
(sentenza Bigi, cit., punto 20).
53 Nel valutare la genericità di
una denominazione occorre prendere in considerazione, conformemente all’art. 3,
n. 1, del regolamento n. 2081/92, i luoghi di produzione del prodotto
considerato sia all’interno sia al di fuori dello Stato membro che ha ottenuto
la registrazione della denominazione in oggetto, il consumo di tale prodotto e
il modo in cui viene percepita dai consumatori la sua
denominazione all’interno e al di fuori del detto Stato membro, l’esistenza di
una normativa nazionale specifica relativa al detto prodotto, nonché il modo in
cui la detta denominazione è stata utilizzata nella legislazione comunitaria
(v. sentenza 25 ottobre 2005, cause riunite C 465/02 e C 466/02, Germania e
Danimarca/Commissione, Racc. pag. I 9115, punti 76 99).
54 Orbene, come ha rilevato
l’avvocato generale ai paragrafi 63 e 64 delle conclusioni, la Repubblica federale di
Germania si è limitata a produrre citazioni tratte da dizionari e da
letteratura specializzata che non offrono un quadro completo del modo in cui il
termine «parmesan» è percepito dai consumatori in Germania e in altri Stati
membri, e non ha presentato neppure dati relativi alla produzione o al consumo
del formaggio commercializzato con la denominazione «parmesan» in Germania o in
altri Stati membri.
55 Inoltre, dalla documentazione
sottoposta alla Corte risulta che in Germania alcuni produttori di formaggio
recante la denominazione «parmesan» commercializzano tale prodotto con
etichette che richiamano tradizioni culturali e paesaggi italiani. È legittimo
dedurne che i consumatori in tale Stato membro percepiscono il formaggio
«parmesan» come un formaggio associato all’Italia anche se,
in realtà, è stato prodotto in un altro Stato membro (v., in tal senso,
sentenza Germania e Danimarca/Commissione, cit., punto 87).
56 All’udienza, infine, la Repubblica federale di
Germania non ha fornito informazioni neppure sulle quantità di formaggio
prodotto in Italia con la DOP
«Parmigiano Reggiano» importate in Germania, non permettendo così alla Corte di
avvalersi dei dati relativi al consumo di tale formaggio per concludere in
ordine alla genericità o meno della denominazione «parmesan» (v., in tal senso,
sentenza Germania e Danimarca/Commissione, cit., punto 88).
57 Ne consegue che, non avendo la Repubblica federale di
Germania dimostrato che la denominazione «parmesan» riveste carattere generico,
l’utilizzazione del termine «parmesan» per formaggi che non sono conformi al
disciplinare della DOP «Parmigiano Reggiano» deve essere considerata, nella
fattispecie, lesiva della tutela riconosciuta dall’art. 13, n. 1, lett. b), del
regolamento n. 2081/92.
Quanto all’obbligo della
Repubblica federale di Germania di perseguire le violazioni dell’art. 13, n. 1,
del regolamento n. 2081/92
58 La Commissione fa valere
che la Repubblica
federale di Germania è tenuta, ai sensi degli artt. 10 e 13 del regolamento n.
2081/92, a prendere d’ufficio le misure necessarie per reprimere i
comportamenti lesivi delle DOP. A suo avviso, l’intervento degli Stati membri
comprende, sui piani amministrativo e penale, misure
atte a permettere la realizzazione degli obiettivi di tale regolamento in
materia di protezione delle denominazioni d’origine. I prodotti non conformi
alle prescrizioni del regolamento non potrebbero essere messi in circolazione.
59 La Commissione precisa
che le sue censure non riguardano né la normativa tedesca né una qualsivoglia
impossibilità di ricorso dinanzi ai tribunali nazionali, bensì la prassi
amministrativa delle autorità tedesche in contrasto con la legislazione comunitaria.
Se gli Stati membri fossero sollevati dal loro obbligo di intervento e se,
quindi, i singoli operatori economici dovessero agire in giudizio ogniqualvolta
venga violato il loro diritto d’uso esclusivo della
DOP sull’intero territorio dell’Unione europea, gli obiettivi del regolamento
n. 2081/92 non potrebbero essere raggiunti.
60 Sempre secondo la Commissione, in una
causa che oppone operatori economici privati, il punto centrale è che siano
rispettati i diritti di proprietà intellettuale di cui godono i produttori
stabiliti nella regione d’origine del prodotto in questione, laddove la
repressione da parte dei poteri pubblici delle infrazioni all’art. 13 del
regolamento n. 2081/92 è volta a tutelare non interessi economici privati,
bensì i consumatori, le cui aspettative quanto a qualità e ad origine
geografica del prodotto non devono essere deluse. La tutela dei consumatori
perseguita dal regolamento sarebbe compromessa se l’attuazione dei divieti
previsti dallo stesso fosse rimessa integralmente all’iniziativa processuale
degli operatori economici privati.
61 La Commissione conclude
che il comportamento della Repubblica federale di Germania deve essere
assimilato ad una violazione per omissione del diritto comunitario.
62 Da parte sua, la Repubblica federale di
Germania sostiene che l’art. 13 del regolamento n. 2081/92 definisce l’ambito
d’applicazione della protezione delle indicazioni geografiche e delle
denominazioni d’origine registrate. Dato l’effetto diretto del regolamento,
tale articolo sarebbe idoneo a conferire ai titolari o agli utilizzatori
legittimi delle DOP diritti che le giurisdizioni
nazionali hanno l’obbligo di tutelare.
63 L’applicabilità diretta del
regolamento n. 2081/92 non dispenserebbe gli Stati membri dall’obbligo di adottare
misure nazionali che permettano di assicurare la sua
attuazione. La Repubblica
federale di Germania avrebbe adottato, in ogni caso, numerose disposizioni
legislative atte a contrastare l’uso illecito delle DOP, in particolare la
legge sulla lotta alla concorrenza sleale (Gesetz gegen den unlauteren
Wettbewerb), del 7 giugno 1909, e la legge relativa alla tutela dei marchi e di
altri segni distintivi (Gesetz über den Schutz von Marken und sonstigen
Kennzeichen), del 25 ottobre 1994 (BGBl. 1994 I, pag.
3085).
64 Non solo. La possibilità di
impugnare ogni comportamento lesivo dei diritti derivanti da una DOP non
sarebbe riservata al solo titolare della medesima. Al contrario, essa sarebbe
aperta ai concorrenti, alle associazioni d’imprese e alle associazioni dei
consumatori. L’ampia cerchia di soggetti legittimati a proporre ricorso già
basterebbe a mostrare che le disposizioni in vigore nella Repubblica federale
di Germania non si limitano ad offrire una tutela dei diritti di proprietà
intellettuale propri dei produttori stabiliti nella regione d’origine del
prodotto in questione. Esse creerebbero un sistema generale ed efficace atto ad
impedire violazioni dell’art. 13 del regolamento n. 2081/92 e a sanzionarle
efficacemente per via giudiziaria.
65 Riconoscendo questi diritti
civili, la Repubblica
federale di Germania avrebbe preso tutte le dovute misure per assicurare la
piena e completa applicazione dell’art. 13, n. 1, del regolamento n. 2081/92.
Non sarebbe necessario che le autorità pubbliche sanzionino d’ufficio, con
misure di polizia amministrativa, le violazioni di tale disposizione, né lo
imporrebbero gli artt. 10 e 13 del medesimo regolamento. Secondo la Repubblica federale di
Germania, dal confronto tra le varie versioni linguistiche dell’art. 10, n. 4,
del regolamento n. 2081/92 emerge che, data l’origine italiana della DOP
«Parmigiano Reggiano», spetta al Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano, e
non agli organi di controllo tedeschi, verificare che la denominazione venga utilizzata in maniera conforme al disciplinare.
66 Se è vero – come considera la Commissione – che la
sanzione inflitta dallo Stato membro interessato per le violazioni dell’art. 13
del regolamento n. 2081/92 deve assicurare la tutela non soltanto degli
interessi economici privati, ma anche dei consumatori, nulla nel regolamento
lascerebbe ritenere che, contrariamente a quanto accade per altri diritti di
proprietà intellettuale o per disposizioni di tutela della concorrenza, per la
protezione delle denominazioni d’origine i rimedi giurisdizionali non siano
sufficienti.
67 La Repubblica federale di
Germania fa valere, infine, che se, in Germania, l’uso della denominazione
«parmesan» per prodotti non corrispondenti al disciplinare della DOP
«Parmigiano Reggiano» non è oggetto di procedimenti d’ufficio né di sanzioni
penali, ammesso che tale utilizzo integri una
violazione dell’art. 13, n. 1, del regolamento n. 2081/92, è semplicemente
perché essa ha rinunciato a modalità sanzionatorie che gli Stati membri
possono, sì, prevedere, ma che allo stato attuale del diritto comunitario non
sono tenute ad adottare.
68 A tale proposito occorre
ricordare che la facoltà di cui godono i cittadini di far valere le
disposizioni di un regolamento dinanzi ai giudici nazionali non dispensa gli
Stati membri dall’adottare le misure interne che permettano di assicurarne la
piena e completa applicazione qualora ciò si renda necessario (v., in
particolare, sentenza 20 marzo 1986, causa 72/85, Commissione/Paesi Bassi,
Racc. pag. 1219, punto 20).
69 Non è in discussione che
l’ordinamento giuridico tedesco dispone di strumenti giuridici, come le
disposizioni legislative menzionate al punto 63 della
presente sentenza, per assicurare una tutela effettiva dei diritti che i
singoli traggono dal regolamento n. 2081/92. Non è in discussione neppure che
la possibilità di impugnare ogni comportamento idoneo a ledere i diritti
derivanti da una DOP non è riservata al solo utilizzatore legittimo della
stessa, ma è, al contrario, aperta ai concorrenti, alle associazioni di imprese
e alle associazioni di consumatori.
70 Se ne desume che una normativa
siffatta è idonea a garantire la tutela di interessi diversi da quelli dei
produttori dei beni protetti da una DOP, segnatamente: gli interessi dei
consumatori.
71 All’udienza, la Repubblica federale di
Germania ha del resto indicato che a quella data erano in corso dinanzi ai
giudici tedeschi procedimenti relativi all’uso in Germania della denominazione
«parmesan», uno dei quali avviato dal Consorzio del Formaggio Parmigiano
Reggiano.
72 Per quanto riguarda la censura
della Commissione vertente sull’obbligo degli Stati membri di adottare
d’ufficio le misure necessarie a perseguire la violazione dell’art. 13, n. 1,
del detto regolamento, occorre considerare quanto segue.
73 Innanzi tutto, un obbligo del
genere non deriva dall’art. 10 del regolamento n. 2081/92.
74 Vero è che, per assicurare
l’efficacia delle disposizioni del regolamento n. 2081/92, l’art. 10, n. 1,
prevede che gli Stati membri provvedano a che entro sei mesi dall’entrata in
vigore del regolamento siano predisposte strutture di controllo. Essi sono
dunque tenuti a creare tali strutture.
75 Tuttavia, l’art. 10, n. 4, del
regolamento n. 2081/92, disponendo che «[q]ualora constatino che un prodotto
agricolo o alimentare recante una denominazione protetta originaria del suo
Stato membro non risponde ai requisiti del disciplinare, le autorità di
controllo designate e/o gli organismi privati di uno Stato membro prendono i
necessari provvedimenti per assicurare il rispetto del presente regolamento
(…)», indica che le autorità di controllo designate e/o gli organismi privati
di uno Stato membro sono quelli dello Stato membro di provenienza della DOP.
76 Il fatto che, al n. 3, parli
di «produttore o trasformatore soggetto al controllo», al n. 6, del diritto dei
produttori all’accesso al sistema di controllo e, al n. 7, dell’obbligo dei
produttori di sostenere i costi dei controlli, conferma che l’art. 10 del
regolamento n. 2081/92 riguarda obblighi degli Stati membri da cui proviene la DOP.
77 Tale
interpretazione è ulteriormente confortata dal combinato disposto degli
artt. 4, n. 2, lett. g), e 5, nn. 3 e 4, del regolamento n. 2081/92 dal quale
emerge che la domanda di registrazione deve includere il disciplinare, che tale
domanda deve essere inviata allo Stato membro sul cui territorio è situata
l’area geografica interessata e che il detto disciplinare deve contenere «i
riferimenti relativi alle strutture di controllo previste all’articolo
10».
78 Ne consegue che gli organi di
controllo cui incombe l’obbligo di assicurare il rispetto del disciplinare
delle DOP sono quelli dello Stato membro da cui proviene la DOP medesima. Il controllo sul
rispetto del disciplinare nell’uso della DOP «Parmigiano Reggiano» non compete
quindi alle autorità di controllo tedesche.
79 È vero che l’art. 13, n. 1,
lett. b), del regolamento n. 2081/92 prescrive la protezione delle
denominazioni registrate contro qualsiasi «usurpazione, imitazione o
evocazione, anche se l’origine vera del prodotto è indicata o se la denominazione
protetta è una traduzione o è accompagnata da espressioni quali “genere”,
“tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione” o simili».
80 Nondimeno, da un lato, la Commissione non ha
dimostrato che la
Repubblica federale di Germania ha disatteso gli obblighi
derivanti dal regolamento n. 2081/92 e, dall’altro, non ha presentato elementi
nel senso che misure come quelle menzionate al punto 63
della presente sentenza non siano state adottate o non fossero idonee a
tutelare la DOP
«Parmigiano Reggiano».
81 Tutto ciò considerato, occorre
dichiarare che la
Commissione non ha dimostrato che la Repubblica federale di
Germania, rifiutando formalmente di perseguire come illecito l’impiego nel suo
territorio della denominazione «parmesan» nell’etichettatura di prodotti non
corrispondenti al disciplinare della DOP «Parmigiano Reggiano», è venuta meno
agli obblighi che le incombono in forza dell’art. 13, n. 1, lett. b), del
regolamento n. 2081/92.
82 Pertanto, il ricorso della
Commissione deve essere respinto.
Sulle spese
83 A norma dell’art. 69, n. 2,
del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se
ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica federale di Germania ne ha fatto
domanda, la Commissione,
rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese. Ai sensi del n. 4 del
detto articolo, la
Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica italiana
nonché la Repubblica
d’Austria sopporteranno ciascuna le proprie spese.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La Commissione delle
Comunità europee è condannata alle spese.
3) La Repubblica ceca, il
Regno di Danimarca, la
Repubblica italiana nonché la Repubblica d’Austria
sopporteranno ciascuna le proprie spese.
Firme