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Wednesday 30 March 2005

Ordinamento del notariato: le sanzioni sono irrisorie ma, secondo la Corte Costituzionale, non irragionevoli Corte Costituzionale – Ordinanza 7 – 18 marzo 2005 – 113/2005

Ordinamento del notariato: le sanzioni sono irrisorie ma, secondo la Corte Costituzionale, non irragionevoli

Corte Costituzionale – Ordinanza 7 –
18 marzo 2005 – 113/2005

Ordinanza.

Presidente Contri
– Relatore Contri

Nel giudizio di
legittimità costituzionale dell’art. 137 della legge 16 febbraio 1913, n. 89
(Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), promosso con ordinanza del 9
luglio 2003 dal Tribunale di Savona nel procedimento disciplinare nei confronti
del notaio K. G., iscritta al n. 391 del registro ordinanze 2004 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale,
dell’anno 2004.

Visto l’atto di intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26
gennaio 2005 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che il Tribunale di Savona,
con ordinanza emessa il 9 luglio 2003, ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3, 54, 97 e 111 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 137 della legge 16
febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili),
“nella parte in cui determina l’ammontare delle ammende notarili”;

che il collegio rimettente, investito di
un procedimento disciplinare a carico di un notaio, osserva come l’irrisorietà
della misura edittale delle sanzioni pecuniarie
previste dalla norma impugnata renda del tutto inutile l’attività demandata
all’amministrazione della giustizia, sotto il profilo sia finanziario che organizzativo-funzionale, in palese contrasto con il
principio di buon andamento della pubblica amministrazione e snaturando inoltre
la volontà del legislatore di disciplinare i tratti pubblicistici dell’attività
notarile con un sistema sanzionatorio ormai privo di contenuto;

che, ad avviso del giudice a quo, non
dovrebbe temersi il vuoto normativo derivante da una eventuale pronuncia di
incostituzionalità, in quanto l’assenza totale di una misura sanzionatoria
determinerebbe una situazione preferibile, poiché eviterebbe inutili costi a
carico dell’amministrazione ed eliminerebbe i pregiudizi di immagine
dell’apparato statuale anche in ambito comunitario;

che il Tribunale rimettente ritiene la
norma in oggetto lesiva anche dell’art. 54 della Costituzione, che impone ai
cittadini cui sono affidate pubbliche funzioni il dovere di adempierle con
disciplina, in quanto tale dovere sarebbe incompatibile con l’assenza di un
effettivo sistema sanzionatorio, posto quale garanzia di disciplina;

che sussisterebbe inoltre una violazione
del principio di giusto processo, dal momento che la misura irrisoria delle
sanzioni pecuniarie trasformerebbe il procedimento disciplinare in una “farsa”,
nonché dei principî di eguaglianza e di ragionevolezza, poiché solo per la
categoria di professionisti in esame la condotta illecita resterebbe priva di
una effettiva sanzione;

che il rimettente sottolinea infine come
la giurisprudenza costituzionale abbia ritenuto sindacabile l’esercizio del
potere discrezionale del legislatore nei casi in cui non sia stato rispettato
il limite della ragionevolezza;

che è intervenuto nel giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, rilevando la manifesta infondatezza della sollevata
questione, sulla quale la Corte
si è già pronunciata in tutte le prospettazioni evidenziate.

Considerato che la norma censurata
dal Tribunale di Savona è stata più volte sottoposta a scrutinio di
costituzionalità da questa Corte che, pur constatando la irrisorietà
della misura delle sanzioni pecuniarie ivi stabilite, ha ritenuto preclusa ogni
possibilità di intervento, poiché la determinazione dei precetti così come il
tipo e l’entità delle rispettive sanzioni costituiscono scelte spettanti alla
discrezionalità del legislatore (ordinanze n. 377 del 2004, n. 18 del 2003, n.
274 e n. 279 del 2002);

che nelle richiamate pronunce si è anche
affermata l’estraneità dei principî costituzionali contenuti negli artt. 54 e
97 Cost. alla materia delle sanzioni disciplinari, sia in
relazione alla previsione dei precetti sia in ordine alle conseguenti
sanzioni;

che la pronuncia auspicata dal giudice
rimettente, ad avviso del quale dovrebbe essere dichiarata la illegittimità
costituzionale dell’art. 137 della legge n. 89 del 1913 “nella parte in cui
determina l’ammontare delle ammende notarili”, provocherebbe una situazione di diseguaglianza e di grave pregiudizio all’interno del
sistema sanzionatorio, poiché rimarrebbero del tutto privi di conseguenze
disciplinari, ancorché di consistenza irrisoria, comportamenti più gravi di
quelli per i quali è prevista la sanzione dell’avvertimento o della censura;

che appare opportuno comunque
sottolineare come nel sistema disciplinare stabilito per i notai “il profilo
sanzionatorio morale” – che secondo il rimettente non costituirebbe nemmeno un
risultato concreto dell’azione disciplinare – derivi non tanto dalla entità
della sanzione medesima quanto dalla stessa sottoposizione al procedimento
disciplinare, ove si consideri che l’applicazione delle pene disciplinari
dall’ammenda alla sospensione e fino alla destituzione spetta al tribunale
civile all’esito di un procedimento che prevede l’intervento obbligatorio del
pubblico ministero;

che pertanto, contrariamente a quanto
sostenuto dal giudice a quo, la misura irrisoria delle sanzioni pecuniarie non
equivale a trasformare il procedimento disciplinare in una “farsa”, perché esso
reca in sé comunque un notevole grado di afflittività;

che, infine, non è nemmeno invocabile la
violazione del principio di eguaglianza, in relazione alla dedotta circostanza
che solo per la categoria di professionisti in esame la condotta illecita
resterebbe priva di una effettiva sanzione, data l’assenza di termini omogenei
di comparazione;

che, infatti, il sistema disciplinare
dei notai prevede oltre alle pene disciplinari dell’avvertimento, della
censura, della sospensione e della destituzione, anche la sanzione
dell’ammenda, che non è invece contemplata per gli illeciti disciplinari di
altre categorie professionali;

che la questione sollevata risulta
manifestamente infondata sotto tutti i profili.

Visti gli artt. 26,
secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi la Corte
Costituzionale

dichiara la manifesta infondatezza della
questione di legittimità costituzionale dell’art. 137 della legge 16 febbraio
1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), sollevata, in
riferimento agli artt. 3, 54, 97 e 111 della Costituzione,
dal Tribunale di Savona con l’ordinanza in epigrafe.