Penale
Non commette il reato, ma solo un illecito disciplinare, il Magistrato che usa l’ auto blu a fini privati. Cassazione – Sezione sesta penale (up) – sentenza 13 maggio-20 giugno 2003, n. 27007
Non commette il reato, ma solo un illecito disciplinare, il Magistrato che usa lauto blu a fini privati
Cassazione Sezione sesta penale (up) sentenza 13 maggio-20 giugno 2003, n. 27007
Presidente Fulgenzi relatore Serpico
Pm Viglietta ricorrente Pg in proc. Grassi
Osserva
Con sentenza del 10 gennaio 2002 il Tribunale di Ancona assolveva perché il fatto non costituisce reato Grassi Alberto dal reato di cui allarticolo 314 comma 1 Cp, contestatogli perché, essendo Presidente del Tribunale di Reggio Emilia, si appropriava dalle auto destinate al Tribunale stesso, facendone uso per fini personali e condizionando, in tal modo, il regolare funzionamento dellufficio, con lutilizzazione di tali vetture con i rispettivi autisti per farsi condurre dalla propria abitazione in Parma ovvero in Bettola (Pc) allufficio di Reggio Emilia e viceversa, o in altre località (Piacenza e Correggio), con contestuale pari danno dellamministrazione, derivante dallutilizzo degli autisti, dal distoglimento ei mezzi dagli scopi di servizio, dallusura di tali mezzi, dal consumo di carburante e lubrificante e dal pagamento delle tariffe autostradali (fatti commessi nel corso del 1999).
In proposito, i giudici anconetani rilevavano che la istruttoria dibattimentale aveva consentito di accertare che, comunque, lutilizzo delle autovetture di servizio non era «mai avvenuto per ragioni di carattere personale e privato, posto che lutilizzo stesso, essendo esclusivamente relativo al percorso casa-ufficio, è da ritenersi riguardante lespletamento delle funzioni proprie dellimputato; sicché non può di certo definirsi personale e privato luso in questione».
Rilevato, inoltre, che, alla stregua delle deposizioni testimoniali, era emerso che il comportamento dellimputato con aveva, comunque, comportato alcun intralcio allinterno del Tribunale i cui servizi erano stati tutti assicurati, i giudici anconetani concludevano ritenendo che tale comportamento del Grassi non potesse integrare il resto di peculato, tenuto conto del fatto che il predetto utilizzo di vetture con autisti, seppur avvenuto in termini non ortodossi rispetto alle circolari ministeriali emanate in materia, era avvenuto pur sempre per ragioni di servizio, «segnatamente per consentire gli spostamenti dellimputato dalle proprie abitazioni allufficio, con la conseguenza che la fattispecie al vaglio del tribunale non si ritiene costituisca un illecito di natura penale, bensì un grave fatto disciplinarmente rilevante».
Né, ad avviso del tribunale decidente, la condotta dellimputato poteva integrare il reato di abuso dufficio ex articolo 323 Cp, come novellato dalla legge 234/97, non potendosi ravvisare in tale condotta «una tipica violazione di legge o di regolamento&atteso che il divieto di utilizzare le autovetture di servizio per il percorso extracomunale casa-ufficio, in assenza di forme specifiche di tutela, non è contenuto in alcun atto normativo primario o secondario, ma solo in atti ed efficacia interna, quali le circolari devono correttamente essere considerate».
Avverso tale sentenza il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ancona ha proposto ricorso immediato per cassazione ex articolo 569 Cpp, deducendo a motivi del gravame:
1. violazione dellarticolo 314 Cp in relazione allarticolo 606 lettera b) Cpp, posto che lutilizzazione delle vetture di servizio al di fuori dellambito di cui alla normativa in materia che ne perimetra luso di auto pubblica in termini di ragioni di ufficio, vale a configurare un evidente «interversione del possesso, perché consente di usare una vettura pubblica come personale, lucrando i vantaggi patrimoniali derivanti dal risparmio di mezzi propri con pari aggravio per lamministrazione pubblica».
Infatti, secondo il ricorrente, il regime desumibile dal complesso delle norme regolanti la materia in esame consente lutilizzo delle auto pubbliche per il trasporto dei magistrati non protetti, nei tragitti casa-ufficio «solo con uso promiscuo, nellambito dei piani di utilizzazione intensiva che lo consentono ed esclusivamente nel caso in esame, difettando: la disposizione di un piano di utilizzazione intensiva dei mezzi in dotazione al tribunale; lautorizzazione a risiedere fuori sede; provvedimento di sottoposizione a misure individuali di protezione, sicché luso delle vetture di servizio, fuori dallambito comunale di Reggio Emilia, si risolve in uso con esclusività e quindi interversione del possesso dalla detenzione, integrante il contestato delitto di peculato, alla cui configurabilità è estranea la finalità dellutilizzo delle vetture che, fuori dai limiti imposti dalla normativa in materia, configura un uso dominicale illegittimo ed illecito, né alcuna incidenza può avere il fatto che luso delle vetture non avesse asseritamene comportato particolari intralci nel servizio del tribunale, elemento che avrebbe potuto essere rilevante solo se si fosse contestato il reato di cui allarticolo 331 [omissis].
2. Violazione dellarticolo 314 Cp in relazione allarticolo 606 lettera b) Cpp, avendo il tribunale erroneamente ritenuto il peculato un reato abituale, con la conseguenza, altrettanto errata, che ununica violazione non valesse a configurare lillecito contestato;
3. Violazione dellarticolo 323 Cp in relazione allarticolo 6060 lettera b) Cpp, posto che il precetto limitativo alluso delle vetture di servizio «va collocato non nelle circolari esplicative, ma nelle norme primarie ricordate (dallo stesso tribunale n.d.r.), rispetto alle quali le circolari non potrebbero, come fonti subordinate (e ammesso che siano fonti) configurare alcuna innovazione precettiva (come sembra aver ragionato il tribunale), ma solo una specificazione ed una integrazione di fonti normative rinvenibili aliunde, la cui violazione, costituirebbe allora, in presenza degli altri requisiti pure rinvenuti dal tribunale, il reato di abuso di ufficio, configurabile in via subordinata a quello di peculato.
Con memoria difensiva di replica, ritualmente depositata in atti nelle more del presente giudizio, il ricorrente, nel richiamarsi alla stessa giurisprudenza di questa Corte di legittimità, ha ribadito che, agli effetti del concetto di appropriazione, costituente uno degli elementi tipicizzanti il reato di peculato, per verificare la legittimità o meno dellutilizzo dellautovettura pubblica, va tenuto riguardo quale parametro di discrimine al divieto assoluto delluso per ragioni personali di carattere privato che, solo, determina un mutamento della destinazione giuridica della cosa appartenente alla pubblica amministrazione, quale terzo e vale a configurare un uso uti dominus del bene oggetto del reato in contestazione.
Ciò posto, ad avviso della difesa, non è dato comprendere il preteso travisamento del concetto di appropriazione, asserito dal Pm ricorrente, posto che, nella specie, lutilizzo dellautomezzo è stato fatto allinterno del pubblico servizio, essendo tale uso sempre ed esclusivamente avvenuto per ragioni di servizio e giammai per finalità privata del magistrato, sicché il bene è «sempre oggettivamente rimasto nellambito della sua normale destinazione giuridica e cioè nel possesso della pubblica amministrazione».
Né è dato configurare nella condotta del ricorrente, il reato di abuso di ufficio, posto che la normativa in materia di regolamentazione delluso delle vetture di servizio consolo risulta priva di sanzione penale, ma non contiene «la descrizione di unipotesi criminosa ad integrazione della particolare fattispecie», sicché «la citata normativa è destinata a regolare rapporti giuridici di natura diversa da quella penale» e quindi collegabili neppure implicitamente nella fattispecie criminosa dellabuso di ufficio.
In sostanza, le disposizioni contenute nelle circolari ministeriali non hanno natura di norme regolamentari, da qualificarsi come erroneamente pretende il ricorrente come fonti subprimarie in base a provvedimenti di legge, sicché non è configurabile il reato di cui allarticolo 323 Cp, anche per evidente difetto del dolo che deve essere specifico, ossia intenzionale, irrilevante essendo il dolo eventuale o diretto, pacifico essendo che la volontà dellimputato era diretta a «garantire il buon funzionamento dellorgano giudiziario da lui presieduto e quindi ora determinato da esigenze del servizio; non certo da un vantaggio patrimoniale, per di più ingiusto, che apparirebbe incompatibile rispetto allaccertamento di fatto compiuto dal giudice di merito».
Quanto al motivo sub 2) trattasi di una doglianza infondata perché riguarda un fatto non specificamente contestato, sicché il silenzio del Pm al riguardo determina la violazione dellarticolo 521 Cpp ove si fosse ritenuto configurabile, per tale episodio, il reato di peculato, a prescindere dal non secondario rilievo che, comunque, si sarebbe trattato di un uso del tutto occasionale ed eccezionale e, come tale, non idoneo ad integrare lipotesi di tale reato.
Nel richiedere lintegrale rigetto del ricorso del Pm la difesa dellimputato ha invocato che questa Corte, ex articolo 619 Cpp, anche dufficio, provvedesse direttamente alla rettificazione della formula di proscioglimento nel senso di insussistenza del fatto di appropriazione della cosa mobile appartenente alla pubblica amministrazione, sostituendo, quindi, alla formula usata dal tribunale quella perché il fatto non sussiste.
Il ricorso è infondato e va rigettato.
Ed invero, quanto al motivo sub 1), correttamente il tribunale decidente ha escluso, nella specie, la configurabilità della interversione del possesso o della disponibilità della cosa mobile di appartenenza della pubblica amministrazione, onde poter ragionevolmente ipotizzare la figura dellappropriazione, necessaria ad integrare la contestata fattispecie di peculato.
Infatti, stante la motivata è comprovata utilizzazione delle vetture di servizio ad esclusiva uso di ufficio, ancorché in termini non ortodossi quanto a conformità alle disposizioni regolamentari della materia de qua, va esclusa la configurabilità della appropriazione, quale elemento materiale integrante il reato di peculato, ove, come nella specie, difatti linterversio possessionis, attraverso un comprovato animus rem sibi abendi da parte del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, in relazione alla cosa mobile altrui di cui abbia il possesso o la disponibilità per ragioni del suo ufficio a servizio.
Tanto vale ad opportunamente picchettare lambito in cui luso dellautovettura di servizio, con limpiego dellautista, può correttamente ritenersi esulante da ragioni di servizio (quali, inequivocamente invece va ricompressa lipotesi di accompagnamento casa-ufficio e viceversa) ove risulti comprovato luso, sia pur in via parziale e, comunque, temporalmente e giuridicamente apprezzabile, per mere ragioni personali di carattere privato, la cui valutazione peraltro, è riservata al potere discrezionale del giudice di merito che, ove accompagnato da sufficiente e non manifestamente illogico supporto motivazionale, è insindacabile in sede di legittimità, come del resto, questa Corte ha già più volte ribadito (cfr., tra le altre, Cassazione penale, sezione sesta, 1703/97 Zanella).
Se non vi è dubbio, come del resto lo stesso giudice di merito evidenzia, anche con significativo reprimenda, che la condotta dellimputato possa eventualmente configurare aspetti rilevanti in altra e competente sede, stante il difetto delle condizioni autorizzanti luso delle vetture di servizio fuori dallambito comunale, è tuttavia da escludere che tale uso possa ragionevolmente e provatamente inquadrarsi in ambiti diversi dal necessario quadro logico-giuridico qualificante le ragioni di servizio, nel contesto delle intuibili, opportune e necessarie esigenze di servizio perché il funzionamento dellufficio possa essere utilmente, tempestivamente e concretamente assicurato.
In tal modo, dovendosi correttamente ritenere che, come esattamente rileva il giudice di merito nella sentenza impugnata e ribadisce limputato nella sua memoria difensiva in atti, il bene oggetto della asserita appropriazione è sempre rimasto, per contro, nellambito della sua normale destinazione giuridica, ossia è rimasto, in termini sostanziali e di funzionalità, nella sfera di possesso della pubblica amministrazione.
Il motivo sub 2) è manifestamente infondato, posto che il relativo episodio, cui intuibilmente si riferisce il ricorrente (accompagnamento a Sabbioneta per la mostra di antiquariato), non risulta giammai contestato né formalmente né implicitamente in fatto, come è da rilevare anche da una semplice verifica letterale del capo dimputazione, né vi è traccia di iniziativa tempestiva e rituale da parte dellufficio del Pm agli effetti di una sanatoria della lacuna della imputazione, attraverso la procedura della contestazione suppletiva ex articoli 520 e 521 comma 2 e 3 Cpp, come esattamente si è rilevato nellimpugnata sentenza (fol. II), il tutto a prescindere dalla pur corretta censura in merito alla asserita non configurabilità del reato contestato, stante lepisodicità del fatto, in difetto della reiterazione della condotta.
Parimenti infondato è il motivo sub 3).
Correttamente, infatti, i giudici del tribunale anconetano (cfr. fol. 12), hanno motivatamente escluso la configurabilità dellipotesi di abuso di ufficio, in via subordinata invocata dallaccusa.
In proposito, a prescindere dal non marginale e significativo riferimento al carattere tipicizzante il dolo per la fattispecie in oggetto, che, secondo largomentato avviso dellimputato (cfr. memoria difensiva in atti (cfr. foll. 6-7), va escluso nella specie, la pur accertata violazione di un complesso di disposizioni regolanti la materia (crf. il puntuale richiamo ai foll. 5-6 della sentenza impugnata, ripreso dallufficio ricorrente nel motivo sub 3)), non può valere ad integrare i necessari caratteri di violazione di norme di legge o di regolamento, richiesta ad substantiam per la configurabilità del rato di abuso di ufficio, a titolo di mezzo per la perpetrazione di detto reato, posto che i decreti presidenziali e le relative circolari in materia non assumono né il carattere formale e sostanziale di cogenza autonoma uti universi tipicizzante le norme di legge, anche agli effetti della rilevanza penale delle condotte in violazione delle cennate disposizioni (come puntualmente rileva la difesa dellimputato ai foll. 6-7 citati della memoria in atti), né quello del regolamento, per difetto di contenuto di efficacia primaria o secondaria erga omnes, risolvendosi in disposizioni regolamentari il funzionamento interno dellufficio e, come tali correttamente qualificabili come normativa ad efficacia interna che non può essere ricompressa nella sfera di tipica violazione di legge e regolamento, cui si richiama larticolo 323 Cp.
Di qui linconfigurabilità della figura delittuosa prospettata dallaccusa in via subordinata.
Non merita accoglimento la richiesta fatta dalla difesa dellimputato a conclusione della sua memoria in atti, posto che, pur essendo sostanzialmente fondata, avuto riguardo al tenore della decisione in esame, non può trovare accoglimento in questa sede, non potendo operare il disposto di cui allarticolo 619 Cpp, in difetto di impugnazione da parte del Grassi sulla formula di assoluzione ex articolo 593, in combinato disposto con larticolo 529 ss. Cpp.
In conclusione, alla stregua delle anzidette argomentazioni, le censure dedotte in ricorso dal Pm sono infondate e, pertanto, il gravame va rigettato.
PQM
Rigetta il ricorso.