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Tuesday 28 October 2003

No alla cauzione per il ricorso al Giudice di Pace. Anche Palermo invoca l’ intervento della Consulta. Tribunale di Palermo – Ufficio del giudice di Pace – ordinanza 22 settembre 2003, n. 9891

No alla cauzione per il ricorso al Giudice di Pace. Anche Palermo invoca lintervento della Consulta

Tribunale di Palermo Ufficio del giudice di Pace – ordinanza 22 settembre 2003, n. 9891

Giudice Catania

Con atto del 12 settembre 2003 – D.C.- proponeva personalmente ricorso a questo Giudice avverso il verbale di accertamento – datato 7 settembre 2003 – con il quale la Sezione Polizia Stradale di Palermo gli aveva contestato la violazione di alcune norme previste dal Codice della Strada.

Documentava la sua totale indigenza, perché disoccupato; padre di una numerosa famiglia (5 figli ) e con il coniuge riconosciuto portatore di handicap grave,essendo totalmente cieco.

Dichiarava, pertanto, di essere nella impossibilità di effettuare il deposito giudiziario di cui allarticolo 204bis, per un importo pari a quasi mille euro, anche perché spesso non ha i mezzi per comprare il pane per tutta la sua famiglia.

La cancelleria di questo Ufficio annotava lomesso deposito del libretto giudiziario, portante la cauzione dovuta, e, giusta quanto deciso dalla Corte Costituzionale – con sentenza 8/1993 – rimetteva il fascicolo alle decisioni di questo giudice.

La nuova normativa introdotta dalla legge 214/03 – in vigore dal 13 agosto u.s. – all articolo 204bis, comma 3 – prevede che:

«Allatto del deposito del ricorso, il ricorrente deve versare presso la cancelleria del Giudice di Pace, a pena di inammissibilità del ricorso, una somma pari alla metà del massimo edittale della sanzione inflitta dallo organo accertatore. Detta somma, in caso di accoglimento del ricorso,è restituita al ricorrente».

Pertanto, questo giudice, pur avendo fissato la data per la comparizione delle parti, preliminarmente , dovrebbe dichiarare inammissibile il ricorso de quo.

Però la disposizione sopra richiamata, comparata con le numerose pronunce della Corte costituzionale, evidenzia una palese violazione degli articoli 3 e 24 della nostra Carta costituzionale.

Una violazione che ci riporta al famoso principio del solve et repete, già cancellato dal nostro ordinamento giuridico con sentenza del Giudice delle leggi 21/1961.

Invero lobbligo di versare anticipatamente, mediante deposito di una cauzione, metà della sanzione prevista, contrasta con il principio di eguaglianza perché favorisce il cittadino in grado di versare immediatamente la cauzione (dovere al quale è tenuto dalla disposizione citata) e penalizza il cittadino che, come nel caso in esame , ha problemi di sopravvivenza per sé e per la sua famiglia.

E queste considerazioni sono tali da giustificare la censura anche ex articolo 24 Costituzione, posto che tale norma – come la Corte costituzionale ha riconosciuto- (con la citata sentenza 21/1961 che ha dichiarato l incostituzionalità del principio del solve et repete) lede o limita il diritto di agire in giudizio, diritto che è garantito a tutti allo scopo di assicurare l uguaglianza di fatto dei cittadini in ordine alla possibilità di ottenere tutela giurisdizionale.

Il fondamentale diritto alla difesa , infatti, non può essere condizionato al pagamento di una cauzione.

Così come ha riconosciuto lo stesso Giudice delle leggi con la sentenza 8/1993 – nel punto in cui ha ritenuto che, non essendo il mancato od omesso versamento di una imposta di bollo ostativo alla produzione in giudizio di documenti e di difese scritte – parimenti non può essere precluso o pregiudicato il diritto di agire in giudizio-riconosciuto dallarticolo 24 Costituzione- dal deposito di una cauzione.

Né sono convincenti al riguardo le osservazioni fatte dalla Presidenza del Consiglio – tramite lAvvocatura dello Stato – quando afferma che la Costituzione non vieta di imporre prestazioni fiscali (o cauzioni ) in stretta e razionale correlazione con il processo, sia che configurino vere e proprie tasse giudiziarie, sia che abbiano riguardo all uso di documenti necessari alla pronuncia del giudice.

Su tali problematiche la Corte,infatti ha già espresso il proprio parere con le sentenze 7/1999, 45/1963 e 157/69.

Daltro canto, nel caso in esame, il legislatore non ha previsto deroghe al principio espresso nella norma, così come previsto dallarticolo 66,comma 1 del Dpr 131/86.

Nella norma sopra citata,infatti, così come ha evidenziato la Corte costituzionale – con sentenza 522/02 – il legislatore ha «consentito in alcuni casi di evitare il pagamento dell imposta di registro», come nellipotesi, prevista dallarticolo 59,comma 1, del Dpr – di registrazione a debito delle sentenze emesse nei confronti di soggetti ammessi al gratuito patrocinio.

In questi casi, il legislatore, nellesercizio della sua discrezionalità, ha individuato delle specie di interesse nelle quali l interesse alla riscossione (o delle cauzioni) non può prevalere di fronte a situazioni particolari, in cui,rispettivamente, la situazione di indigenza del soggetto sia tale per cui il pagamento del tributo (o della cauzione) si rivelerebbe un ostacolo insormontabile allesercizio dellazione, finalizzato a contrastare una presunta illegittima azione sanzionatoria.

Altre deroghe, «però al solo rilascio di copia autentica della sentenza previo pagamento dellimposta» sono contenute, inoltre, nello stesso articolo 2 dellarticolo 66.

«Al di fuori dei casi previsti, linteresse alla riscossione, dovrebbe, invece, prevalere, e del resto, non potrebbe ammettersi che la Corte possa introdurne altri.

La lesione dell articolo 3 Costituzione, sotto il profilo della disparità di trattamento – ha sancito ancora il Giudice delle leggi – sentenza 522/02 – sarebbe insussistente, essendosene il legislatore fatto carico con la disciplina del gratuito patrocinio».

Ma nel caso in esame detta disciplina è manifestamente non applicabile perché non prevista dal legislatore e, pertanto, il principio della disparità di trattamento diventa di solare evidenza.

L onere di versare la cauzione prevista dallarticolo 204bis del nuovo CdS resta estraneo al giudizio in se stesso, poiché, al massimo, l unico onere fiscale razionalmente collegato al giudizio da promuovere sarebbe quello relativo al pagamento del cosiddetto contributo unificato per le spese degli atti giudiziari, di cui allarticolo 9 della legge 488/99.

La cauzione per accedere ad un servizio primario,come quello della giustizia, non è nei principi della nostra Costituzione.

La norma che la prevede, infatti, viola, a giudizio di questo rimettente, larticolo 3 della nostra Carta Fondamentale per disparità di trattamento fra cittadino in grado di pagare immediatamente la cauzione dovuta per ottenere una decisione giurisdizionale e quello privo dei mezzi necessari per tale pagamento (al quale, invece, lonere di versare somme eventualmente ingenti,come nel caso in esame, rende la proposizione del ricorsoinammissibile.

La stessa disposizione viola altresì larticolo 24 della Costituzione, in quanto il diritto di agire in giudizio non può essere condizionato al pagamento di una cauzione.

Ed il Giudice delle leggi ha più volte affermato – (vedi sentenze 522/02 – 45/1993 – 80/1966 – ecc. ) che occorre distinguere fra oneri che siano razionalmente collegati alla pretesa dedotta in giudizio allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione da ritenersi consentiti, e oneri che invece tendano «alla soddisfazione di interessi del tutto estranei alle finalità predette, e, conducendo al risultato di precludere o ostacolare gravemente lesperimento della tutela giurisdizionale, incorrono nella sanzione della incostituzionalità».

Ed ha altresì più volte deciso che «condizionare lesercizio del diritto del cittadino alla tutela giurisdizionale, alladempimento del suo dovere di contribuente non contrasta con la Costituzione, salvo il caso dellazione giudiziaria diretta a contestare la legittimità del tributo» (o della sanzione) (sentenze 157/69 e 111/71).

Ora considerando questo tipo di bilanciamento fra i due interessi alla luce del principio secondo cui la garanzia della tutela giurisdizionale posta dallo articolo 24 Costituzione, comprende anche la fase impositiva e quello di cui alla disposizione di cui allarticolo 204bis del CdS, appare evidente come la scelta compiuta con la norma impugnata sia irragionevole e si risolva anche in lesione dellarticolo 24 della Costituzione.

PQM

Visti gli articoli 134 Costituzione e 23 legge 87/1953;

solleva dufficio questione di legittimità costituzionale, in relazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione , dellarticolo 204bis, 3 comma della legge 214/03, nella parte in cui impone lobbligo di versare in cancelleria , a pena di inammissibilità, una somma pari alla metà del massimo edittale della sanzione inflitta dall organo accertatore.

Sospende il giudizio e dispone l immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Manda alla cancelleria di notificare la presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e di darne comunicazione ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.