Tributario e Fiscale
Niente patrocinio a spese dello Stato per gli imputati di reati di evasione di imposte sui redditi o IVA. La norma, secondo la Consulta,non è incostituzionale
Niente patrocinio a spese dello Stato per gli imputati di reati di evasione di imposte sui redditi o IVA. La norma, secondo la Consulta,non è incostituzionale
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
Giudici: Fernanda CONTRI,
Guido NEPPI MODONA, Annibale MARINI,
Giovanni Maria
FLICK, Francesco AMIRANTE,
Ugo DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA,
Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
nei
giudizi di legittimita’ costituzionale dell’art. 91, comma 1,
lettera a)
del d.P.R. 30 maggio
2002, n. 115 (Testo unico delle
disposizioni
legislative e regolamentari
in materia di spese di
giustizia),
promossi con ordinanze
del 13 maggio 2004 dalla Corte
d’appello di
Torino e del 6 maggio 2004 dal giudice per l’udienza
preliminare del Tribunale di Venezia nei
procedimenti penali a carico
di
F.
B. e di
D. F.
F.
ed altri iscritte ai nn. 723 e 934 del
registro
ordinanze 2004 e pubblicate nella
Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn.
38 e 48, 1ª serie speciale, dell’anno 2004.
Visto l’atto di
intervento del Presidente
del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera
di consiglio del 6 aprile 2005 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
Ritenuto che, con ordinanza del 13 maggio 2004 la Corte d’appello
di
Torino ha sollevato,
in riferimento all’art. 24, terzo
comma,
della
Costituzione, questione di legittimita’
costituzionale
dell’art. 91, comma 1, lettera a), del d.P.R.
30 maggio 2002, n. 115
(Testo
unico delle disposizioni
legislative e regolamentari
in
materia
di spese di giustizia), secondo cui l’ammissione al gratuito
patrocinio
e’ esclusa per l’indagato, l’imputato
o il condannato di
reati
commessi in violazione
delle norme per
la repressione
dell’evasione in
materia di imposte
sui redditi e
sul valore
aggiunto;
che, rileva
il rimettente, B. F. aveva
presentato ricorso
contro il
provvedimento di altra sezione
della Corte d’appello che
aveva rigettato la sua istanza di
ammissione al gratuito patrocinio;
che il
ricorrente era stato condannato per i reati di cui
agli
artt. 8 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (Norme generali per la
repressione
delle violazioni delle norme finanziarie), 110 cod. pen.
e
4 lettera d), del decreto-legge
10 luglio 1982, n. 429 (Norme per
la
repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul
valore
aggiunto e per
agevolare la definizione delle
pendenze in
materia tributaria), convertito, con
modificazioni, in legge 7 agosto
1982, n. 516, per avere emesso
fatture per operazioni inesistenti nei
confronti
di diverse societa’ negli
anni 1995 e 1996
e aveva
documentato
i requisiti reddituali
richiesti dal d.P.R. n. 115 del
2002 per ottenere il gratuito
patrocinio;
che, pertanto,
la decisione della
questione di
costituzionalita’
e’, ad avviso
del rimettente, rilevante
nel
giudizio a quo;
che, quanto
alla non manifesta
infondatezza, la Corte
d’appello rileva che il legislatore costituzionale ha
previsto, come
unico
requisito per l’ammissione al gratuito patrocinio, lo stato di
non abbienza,
con esclusione di ulteriori limitazioni (art. 24, terzo
comma,
della Costituzione), mentre
con la norma
impugnata il
legislatore
ordinario ha apportato una deroga al principio sancito
dalla norma costituzionale;
che con
ordinanza del 6 maggio 2004 il giudice dell’udienza
preliminare
del Tribunale di
Venezia ha sollevato
questione di
legittimita’
costituzionale della stessa
norma impugnata con
l’ordinanza di
cui sopra, in
riferimento agli artt. 3, 24 e
27,
secondo comma, della Costituzione;
che, secondo
il rimettente, F. D. F., imputato del reato di
cui
all’art. 8 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74
(Nuova disciplina dei
reati
in materia di imposte sui redditi
e sul valore aggiunto), per
aver
emesso, al fine di consentire a terzi l’evasione fiscale, delle
fatture
relative ad operazioni
inesistenti, aveva chiesto di essere
ammesso
al gratuito patrocinio, e che la questione di legittimita’
costituzionale
aveva decisiva rilevanza nel processo, riguardando il
fondamentale diritto di difesa dell’imputato;
che la norma
costituzionale garantirebbe il diritto di difesa
dei
non abbienti, senza
alcuna limitazione, per cui non sarebbe
consentito
al legislatore escludere coloro che siano in possesso dei
requisiti
reddituali previsti solo perche’
e’ stato loro ascritto un
particolare tipo di reato;
che la
disposizione impugnata porrebbe,
invece, una
presunzione
assoluta per cui chi e’ indagato ovvero imputato di un
reato finanziario non possa essere in condizioni
economiche disagiate
o,
comunque, non sia meritevole della tutela a spese dello Stato, in
contrasto
con altra disposizione costituzionale per cui la
persona
non
puo’
essere considerata colpevole fino alla condanna definitiva
(art. 27,
secondo comma, della
Costituzione), ed in violazione,
altresi’,
di un semplice
criterio di ragionevolezza, giacche’ e’
evidente
che taluno possa essere incriminato erroneamente e
venire
poi assolto;
che la
limitazione introdotta dal legislatore creerebbe
inoltre,
a giudizio del rimettente,
un’ingiustificata disparita’ di
trattamento
nei confronti degli
indagati o imputati
di altre
violazioni
penali, in violazione
del principio di cui all’art. 3
Costituzione;
che, nel
caso di specie, peraltro, sarebbe stata contestata
non
gia’
una condotta di
vera e propria evasione fiscale bensi’,
sostanzialmente,
una condotta di
favoreggiamento dell’evasione di
altri;
che il
Presidente del Consiglio dei ministri,
intervenuto,
con
il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, nel giudizio
introdotto
con l’ordinanza del Tribunale di
Venezia, ha chiesto che
la questione venga dichiarata
inammissibile o comunque infondata.
Considerato che i
due giudizi, avendo ad oggetto la medesima
questione, vanno riuniti per essere decisi con
unico provvedimento;
che i
provvedimenti di rimessione
omettono di fornire
qualsiasi
descrizione in ordine alle fattispecie concrete sottoposte
all’esame
dei giudici a quibus, dal momento
che, in particolare,
l’ordinanza del
giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di
Venezia non
accenna alla sussistenza
dei presupposti reddituali
previsti
per la concessione del beneficio, mentre quella della Corte
d’appello di
Torino si limita
ad affermare che
il Fabbri «ha
documentato i requisiti reddituali
richiesti dal d.P.R. n. 115/2002»,
senza
tenere presente l’insufficienza della sola documentazione al
predetto
fine, ove non avvalorata dal riferimento al tenore di vita,
alle
condizioni personali e
familiari e alle attivita’ economiche
eventualmente
svolte (art. 96, secondo comma,
del d.P.R. n. 115 del
2002), dal
momento che, come riconosciuto dalla giurisprudenza di
legittimita’,
la norma impugnata,
nell’escludere il beneficio del
patrocinio
dello Stato limitatamente ad una particolare categoria di
reati,
presume, non irragionevolmente,
l’impossibilita’ di verifica
delle
condizioni economiche dell’autore
sulla sola base documentale
(Cass. n. 31177 del 2004 e n. 2023 del
2000);
che, per costante giurisprudenza di questa Corte,
il giudice
deve
rendere esplicite le
ragioni che lo inducono a
sollevare la
questione
di costituzionalita’
con una motivazione autosufficiente,
tale
da permettere la
verifica della valutazione sulla rilevanza,
cio’
che, per le evidenziate lacune,
non risulta possibile nei casi
di specie;
che tale
insufficienza della motivazione, non consentendo
alla Corte il controllo sulla rilevanza
della questione nei giudizi a
quibus,
determina la manifesta
inammissibilita’ della
questione
sollevata
(cfr., ex plurimis,
ordinanze n. 365, n. 309 e n. 257 del
2004).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,
e 9, comma 2, delle norme integrative per i
giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
Per questi
motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi,
Dichiara la manifesta
inammissibilita’ delle
questioni di
legittimita’
costituzionale dell’art. 91, comma 1, lettera a), del
d.P.R.
30 maggio 2002, n. 115
(Testo unico delle
disposizioni
legislative
e regolamentari in
materia di spese
di giustizia),
sollevate,
in riferimento all’articolo 24, terzo
comma, della
Costituzione, dalla Corte d’appello
di Torino, e, in riferimento agli
articoli 3,
24 e 27, secondo comma, della
Costituzione, dal giudice
dell’udienza preliminare
del Tribunale di Venezia, con le ordinanze
in epigrafe.
Cosi’ deciso
in Roma, nella
sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno
2005.
Il Presidente: Capotosti
Il redattore: Finocchiaro
Il cancelliere:Fruscella
Depositata in cancelleria il 1° luglio 2005.
Il cancelliere:Fruscella