Civile

Saturday 02 August 2003

Niente assegno una tantum per chi ha contratto l’ epatite C dopo una trasfusione in ospedale Cassazione Sezione lavoro sentenza 4 marzo-29 luglio 2003, n. 11659

Niente assegno una tantum per chi ha contratto l’epatite C dopo una trasfusione in ospedale

Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 4 marzo-29 luglio 2003, n. 11659

Presidente Mattone – relatore Stile

PmFuzio – conforme – ricorrente Nani – controricorrente Ministero della sanità

Svolgimento del processo

Con ricorso in appello, depositato il 2 febbraio 2000, Renzo Nani impugnava la sentenza del 2-17 novembre 1999, con la quale il Tribunale di Piacenza aveva rigettato la domanda, dallo stesso proposta in quanto danneggiato da epatite C post-trasfusionale, diretta ad ottenere l’accertamento del suo diritto all’indennizzo di cui all’articolo 2 della legge 210/92, e la conseguente condanna del Ministero della sanità al relativo pagamento per il periodo 1 gennaio 1988-30 giugno 1992, oltre interessi dal 121° giorno successivo alla proposizione dell’istanza amministrativa.

Si costituiva il Ministero, chiedendo la conferma della impugnata decisione.

Con sentenza del 29 maggio-26 ottobre 2000, l’adita Corte d’appello di Bologna, ritenendo che il diritto vantato dal Nani non trovava riscontro nel complesso della normativa invocata, rigettava il gravame.

In particolare, osservava la Corte che l’articolo 2, secondo comma, ultimo periodo, della legge citata, rinviando ai soggetti di cui al primo comma dell’articolo 1 e quindi ai menomati permanentemente da vaccinazioni obbligatorie, per identificare i beneficiari dell’assegno una tantum per il periodo tra il manifestarsi della malattia e l’ottenimento dell’indennizzo ordinario, escludeva tutti coloro che avessero riportato menomazioni da epatiti post-trasfusionali.

Il terzo comma dell’articolo 1 («I benefici di cui alla presente legge spettano altresì a coloro che presentino danni irreversibili da epatite post-trasfusionale») sottintendeva, infatti, pur sempre -ad avviso del Giudice d’appello-, che i benefici spettassero alle condizioni ed ai modi stabiliti dalla legge stessa (così come del resto precisato al primo comma relativo ai soggetti lesi da vaccinazioni obbligatorie).

Per la cassazione di tale sentenza ricorre Renzo Nani con un unico articolato motivo, ulteriormente illustrato da memoria ex articolo378 Cpc.

Resiste il Ministero della Sanità con controricorso.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo, il ricorrente Renzo Nani, denunciando violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 2 legge 210/92, del decreto legge 548/96, convertito in legge 641/96, dell’articolo 1 legge 238/97 e articoli 12 e 14 preleggi, nonché omessa e insufficiente motivazione (articolo 360 nn. 3 e 5 Cpc), deduce che la erroneità della impugnata decisione per avere la Corte d’appello di Bologna sostenuto che la legge 238/97, al comma 2 dell’articolo 1, nel reiterare la previsione dell’assegno una tantum per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo, avrebbe confermato che detto assegno poteva essere corrisposto ai soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 1 della legge 210/92, cioè non a tutti i soggetti considerati da detta legge, ma esclusivamente ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie.

Al contrario, una interpretazione corretta e rispettosa dei principi contenuti negli articoli 12 e 14 preleggi, avrebbe dovuto condurre a diversa conclusione, riconoscendo il beneficio anche ai danneggiati da trasfusioni.

Il motivo, così sinteticamente esposto, è infondato.

Giova puntualizzare che il primo comma dell’articolo 1 della legge 210/92 – la quale, prescindendo dalle regole della responsabilità civile, per prima ha inteso tutelare in termini di “sicurezza sociale” i soggetti «danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati»-, dispone che «chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazione obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla … legge stessa».

Il secondo comma dello stesso articolo riconosce il beneficio anche «ai soggetti che risultino contagiati da infezioni da HIV a seguito di somministrazione di sangue e suoi derivati».

Il terzo comma aggiunge che «i benefici di cui alla presente legge spettano altresì a coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali».

L’articolo 2, dopo aver determinato al primo comma la struttura e l’ammontare dell’indennizzo di cui all’articolo 1, comma 1, ne chiarisce al comma seguente la decorrenza, specificando ulteriormente che «ai soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 1, anche nel caso in cui l’indennizzo sia stato già concesso, è corrisposta, a domanda, per il periodo compreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo previsto dalla legge (stessa), un assegno una tantum nella misura pari, per ciascun anno, al 30 per cento dell’indennizzo dovuto ai sensi del comma 1 e del primo periodo del presente comma, con esclusione di interessi e rivalutazione monetaria».

Va precisato, al riguardo ‑come opportunamente osservato dal Giudice a quo-, che la previsione del beneficio dell’assegno una tantum venne introdotta nella legge 210/92 soltanto con il decreto legge 548/96, convertito nella legge 641/96 (legge di accompagnamento alla legge finanziaria), il cui articolo 7 sostituì il precedente testo dell’articolo 2 della legge 210, dopo che la Corte costituzionale, con la sentenza 19/1996, aveva dichiarato la illegittimità costituzionale degli articoli 2, comma 2, e 3, comma 7, di tale legge nella parte in cui escludevano, «per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell’evento prima dell’entrata in vigore della predetta legge e l’ottenimento della prestazione determinata a norma della stessa legge, il diritto ‑fuori dell’ipotesi dell’articolo 2043 del Cc ‑ a un equo indennizzo a carico dello Stato per le menomazioni riportate a causa di vaccinazione obbligatoria antipoliomelitica».

Successivamente, la legge 238/97 («Modifiche ed integrazioni alla legge 210/92, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati»), al comma 2 dell’articolo 1, nel reiterare la previsione dell’assegno una tantum «per il periodo compreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo», ha confermato che detto assegno poteva essere corrisposto «ai soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 1 della legge 210/92» e, quindi, non a tutti i soggetti considerati dalla legge 210, ma esclusivamente ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie.

Tale interpretazione ‑che è quella accolta nella impugnata decisione – trova conforto in un duplice ordine di considerazioni.

In primo luogo non sembra possibile estendere la previsione, di cui al citato terzo comma dell’articolo 1 della legge 210/92, dei benefici spettanti anche a soggetti danneggiati da trasfusioni, fino ad includervi l’assegno una tantum, che non rientrava nei benefici previsti in origine, risultando introdotto soltanto a seguito dell’approvazione, provocata dall’intervento della Corte costituzionale, di una normativa successiva.

In secondo luogo tale interpretazione risulta autorevolmente presupposta e, per ciò stesso avallata, dalla Corte costituzionale con le sentenza 226/00 e 423/00, e con l’ordinanza 522/00.

Con la prima di tali pronunce la Consulta ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 1 e 2 della legge 210/92, come integrata dall’articolo 1, comma secondo, della legge 238/97, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3, 32 e 38 Costituzione, nella parte in cui, in caso di infezione da virus HIV e HCV (epatiti C), conseguente a trasfusione di sangue o derivati, verificatasi anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 210/92, fanno decorrere l’indennizzo previsto dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda e non dal verificarsi dell’evento dannoso o dalla conoscenza che di esso abbia avuto l’interessato.

Ha osservato la Corte costituzionale, in tale occasione, che, ai fini della decorrenza dell’indennizzo, a carico dello Stato, in conseguenza di un danno irrimediabile alla salute, non può essere confrontata la disciplina apprestata in caso di danno da vaccinazione obbligatoria con quella del danno da trasfusione (che quindi la Corte ha ritenuto diversamente disciplinato), ancorché quest’ultimo trattamento, pur non essendo imposto per legge, sia comunque necessitato, pena il rischio della vita, instaurandosi, a tal fine, il rapporto tra “cogenza” dell’obbligo legale e la “necessità” della misura terapeutica. Infatti, la ragione determinante del diritto all’indennizzo risiede nell’interesse pubblico di promozione della salute collettiva tramite il trattamento sanitario e lo stesso interesse ‑ una volta che sia assunto a ragione dell’imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio o dì una politica incentivante ‑ è fondamento dell’obbligo generale di solidarietà nei confronti di quanti, sottoponendosi al trattamento, vengono a soffrire di un pregiudizio alla loro salute.

La Corte costituzionale ha anche sottolineato come il diritto a misure di sostegno quali l’equo indennizzo a carico dello Stato per i danni irreversibili da epatiti posttrasfusionali ‑ per il periodo compreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo già stabilito dall’articolo 1, comma terzo, della legge 210/92 ‑ non è indipendente dal necessario intervento del legislatore nell’esercizio dei suoi poteri di apprezzamento della qualità, della misura e delle modalità di erogazione delle provvidenze da adottarsi, nonché della loro gradualità, in relazione a tutti gli elementi di natura costituzionale in gioco, compresi quelli finanziari, la cui ponderazione rientra nell’ambito della sua discrezionalità.

Con analoghe argomentazioni, il Giudice costituzionale (sentenza 423/00) ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità relativa alla mancata previsione da parte della legge 210/92, a favore dei soggetti danneggiati irreversibilmente da epatiti post-trasfusionali, del diritto all’assegno “una tantum”, previsto, invece, per quanti abbiano subito una menomazione permanente alla salute da vaccinazione obbligatoria: anche tale pronuncia ha dunque presupposto l’interpretazione della normativa di riferimento nel senso che l’assegno “una tantum” non è concedibile ai poli-trasfusi.

In conseguenza di tale declaratoria, con successiva ordinanza 522/00, la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata analoga questione di legittimità nella quale il giudice rimettente aveva richiesto una pronuncia che estendesse il diritto al predetto assegno, previsto per il caso di menomazione permanente della salute da vaccinazione obbligatoria (o promossa e incentivata nell’ambito di una politica sanitaria pubblica) al diverso caso di chi abbia subito un danno irreversibile da infezione HIV o da epatite post-trasfusionale.

Conclusivamente, assorbito ogni altro profilo di censura, il ricorso deve essere rigettato.

Non deve provvedersi sulle spese ‑ trattandosi di controversia di carattere assistenziale in senso lato (Cassazione 6799/01; 13923/00), rientrante tra quelle previste dall’articolo 442 Cpc ‑, secondo il disposto dell’articolo 152 disp. att. Cpc (in relazione alla sentenza della Corte costituzionale 134/94 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4, comma 2 e 3 del decreto legge 384/92, convertito con modificazioni in legge 438/92), non ricorrendo l’ipotesi della pretesa manifestamente infondata e temeraria.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

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Niente assegno una tantum per chi ha contratto l’epatite C dopo una trasfusione in ospedale

Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 4 marzo-29 luglio 2003, n. 11659

Presidente Mattone – relatore Stile

PmFuzio – conforme – ricorrente Nani – controricorrente Ministero della sanità

Svolgimento del processo

Con ricorso in appello, depositato il 2 febbraio 2000, Renzo Nani impugnava la sentenza del 2-17 novembre 1999, con la quale il Tribunale di Piacenza aveva rigettato la domanda, dallo stesso proposta in quanto danneggiato da epatite C post-trasfusionale, diretta ad ottenere l’accertamento del suo diritto all’indennizzo di cui all’articolo 2 della legge 210/92, e la conseguente condanna del Ministero della sanità al relativo pagamento per il periodo 1 gennaio 1988-30 giugno 1992, oltre interessi dal 121° giorno successivo alla proposizione dell’istanza amministrativa.

Si costituiva il Ministero, chiedendo la conferma della impugnata decisione.

Con sentenza del 29 maggio-26 ottobre 2000, l’adita Corte d’appello di Bologna, ritenendo che il diritto vantato dal Nani non trovava riscontro nel complesso della normativa invocata, rigettava il gravame.

In particolare, osservava la Corte che l’articolo 2, secondo comma, ultimo periodo, della legge citata, rinviando ai soggetti di cui al primo comma dell’articolo 1 e quindi ai menomati permanentemente da vaccinazioni obbligatorie, per identificare i beneficiari dell’assegno una tantum per il periodo tra il manifestarsi della malattia e l’ottenimento dell’indennizzo ordinario, escludeva tutti coloro che avessero riportato menomazioni da epatiti post-trasfusionali.

Il terzo comma dell’articolo 1 («I benefici di cui alla presente legge spettano altresì a coloro che presentino danni irreversibili da epatite post-trasfusionale») sottintendeva, infatti, pur sempre -ad avviso del Giudice d’appello-, che i benefici spettassero alle condizioni ed ai modi stabiliti dalla legge stessa (così come del resto precisato al primo comma relativo ai soggetti lesi da vaccinazioni obbligatorie).

Per la cassazione di tale sentenza ricorre Renzo Nani con un unico articolato motivo, ulteriormente illustrato da memoria ex articolo378 Cpc.

Resiste il Ministero della Sanità con controricorso.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo, il ricorrente Renzo Nani, denunciando violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 2 legge 210/92, del decreto legge 548/96, convertito in legge 641/96, dell’articolo 1 legge 238/97 e articoli 12 e 14 preleggi, nonché omessa e insufficiente motivazione (articolo 360 nn. 3 e 5 Cpc), deduce che la erroneità della impugnata decisione per avere la Corte d’appello di Bologna sostenuto che la legge 238/97, al comma 2 dell’articolo 1, nel reiterare la previsione dell’assegno una tantum per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo, avrebbe confermato che detto assegno poteva essere corrisposto ai soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 1 della legge 210/92, cioè non a tutti i soggetti considerati da detta legge, ma esclusivamente ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie.

Al contrario, una interpretazione corretta e rispettosa dei principi contenuti negli articoli 12 e 14 preleggi, avrebbe dovuto condurre a diversa conclusione, riconoscendo il beneficio anche ai danneggiati da trasfusioni.

Il motivo, così sinteticamente esposto, è infondato.

Giova puntualizzare che il primo comma dell’articolo 1 della legge 210/92 – la quale, prescindendo dalle regole della responsabilità civile, per prima ha inteso tutelare in termini di “sicurezza sociale” i soggetti «danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati»-, dispone che «chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazione obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla … legge stessa».

Il secondo comma dello stesso articolo riconosce il beneficio anche «ai soggetti che risultino contagiati da infezioni da HIV a seguito di somministrazione di sangue e suoi derivati».

Il terzo comma aggiunge che «i benefici di cui alla presente legge spettano altresì a coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali».

L’articolo 2, dopo aver determinato al primo comma la struttura e l’ammontare dell’indennizzo di cui all’articolo 1, comma 1, ne chiarisce al comma seguente la decorrenza, specificando ulteriormente che «ai soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 1, anche nel caso in cui l’indennizzo sia stato già concesso, è corrisposta, a domanda, per il periodo compreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo previsto dalla legge (stessa), un assegno una tantum nella misura pari, per ciascun anno, al 30 per cento dell’indennizzo dovuto ai sensi del comma 1 e del primo periodo del presente comma, con esclusione di interessi e rivalutazione monetaria».

Va precisato, al riguardo ‑come opportunamente osservato dal Giudice a quo-, che la previsione del beneficio dell’assegno una tantum venne introdotta nella legge 210/92 soltanto con il decreto legge 548/96, convertito nella legge 641/96 (legge di accompagnamento alla legge finanziaria), il cui articolo 7 sostituì il precedente testo dell’articolo 2 della legge 210, dopo che la Corte costituzionale, con la sentenza 19/1996, aveva dichiarato la illegittimità costituzionale degli articoli 2, comma 2, e 3, comma 7, di tale legge nella parte in cui escludevano, «per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell’evento prima dell’entrata in vigore della predetta legge e l’ottenimento della prestazione determinata a norma della stessa legge, il diritto ‑fuori dell’ipotesi dell’articolo 2043 del Cc ‑ a un equo indennizzo a carico dello Stato per le menomazioni riportate a causa di vaccinazione obbligatoria antipoliomelitica».

Successivamente, la legge 238/97 («Modifiche ed integrazioni alla legge 210/92, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati»), al comma 2 dell’articolo 1, nel reiterare la previsione dell’assegno una tantum «per il periodo compreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo», ha confermato che detto assegno poteva essere corrisposto «ai soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 1 della legge 210/92» e, quindi, non a tutti i soggetti considerati dalla legge 210, ma esclusivamente ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie.

Tale interpretazione ‑che è quella accolta nella impugnata decisione – trova conforto in un duplice ordine di considerazioni.

In primo luogo non sembra possibile estendere la previsione, di cui al citato terzo comma dell’articolo 1 della legge 210/92, dei benefici spettanti anche a soggetti danneggiati da trasfusioni, fino ad includervi l’assegno una tantum, che non rientrava nei benefici previsti in origine, risultando introdotto soltanto a seguito dell’approvazione, provocata dall’intervento della Corte costituzionale, di una normativa successiva.

In secondo luogo tale interpretazione risulta autorevolmente presupposta e, per ciò stesso avallata, dalla Corte costituzionale con le sentenza 226/00 e 423/00, e con l’ordinanza 522/00.

Con la prima di tali pronunce la Consulta ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 1 e 2 della legge 210/92, come integrata dall’articolo 1, comma secondo, della legge 238/97, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3, 32 e 38 Costituzione, nella parte in cui, in caso di infezione da virus HIV e HCV (epatiti C), conseguente a trasfusione di sangue o derivati, verificatasi anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 210/92, fanno decorrere l’indennizzo previsto dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda e non dal verificarsi dell’evento dannoso o dalla conoscenza che di esso abbia avuto l’interessato.

Ha osservato la Corte costituzionale, in tale occasione, che, ai fini della decorrenza dell’indennizzo, a carico dello Stato, in conseguenza di un danno irrimediabile alla salute, non può essere confrontata la disciplina apprestata in caso di danno da vaccinazione obbligatoria con quella del danno da trasfusione (che quindi la Corte ha ritenuto diversamente disciplinato), ancorché quest’ultimo trattamento, pur non essendo imposto per legge, sia comunque necessitato, pena il rischio della vita, instaurandosi, a tal fine, il rapporto tra “cogenza” dell’obbligo legale e la “necessità” della misura terapeutica. Infatti, la ragione determinante del diritto all’indennizzo risiede nell’interesse pubblico di promozione della salute collettiva tramite il trattamento sanitario e lo stesso interesse ‑ una volta che sia assunto a ragione dell’imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio o dì una politica incentivante ‑ è fondamento dell’obbligo generale di solidarietà nei confronti di quanti, sottoponendosi al trattamento, vengono a soffrire di un pregiudizio alla loro salute.

La Corte costituzionale ha anche sottolineato come il diritto a misure di sostegno quali l’equo indennizzo a carico dello Stato per i danni irreversibili da epatiti posttrasfusionali ‑ per il periodo compreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo già stabilito dall’articolo 1, comma terzo, della legge 210/92 ‑ non è indipendente dal necessario intervento del legislatore nell’esercizio dei suoi poteri di apprezzamento della qualità, della misura e delle modalità di erogazione delle provvidenze da adottarsi, nonché della loro gradualità, in relazione a tutti gli elementi di natura costituzionale in gioco, compresi quelli finanziari, la cui ponderazione rientra nell’ambito della sua discrezionalità.

Con analoghe argomentazioni, il Giudice costituzionale (sentenza 423/00) ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità relativa alla mancata previsione da parte della legge 210/92, a favore dei soggetti danneggiati irreversibilmente da epatiti post-trasfusionali, del diritto all’assegno “una tantum”, previsto, invece, per quanti abbiano subito una menomazione permanente alla salute da vaccinazione obbligatoria: anche tale pronuncia ha dunque presupposto l’interpretazione della normativa di riferimento nel senso che l’assegno “una tantum” non è concedibile ai poli-trasfusi.

In conseguenza di tale declaratoria, con successiva ordinanza 522/00, la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata analoga questione di legittimità nella quale il giudice rimettente aveva richiesto una pronuncia che estendesse il diritto al predetto assegno, previsto per il caso di menomazione permanente della salute da vaccinazione obbligatoria (o promossa e incentivata nell’ambito di una politica sanitaria pubblica) al diverso caso di chi abbia subito un danno irreversibile da infezione HIV o da epatite post-trasfusionale.

Conclusivamente, assorbito ogni altro profilo di censura, il ricorso deve essere rigettato.

Non deve provvedersi sulle spese ‑ trattandosi di controversia di carattere assistenziale in senso lato (Cassazione 6799/01; 13923/00), rientrante tra quelle previste dall’articolo 442 Cpc ‑, secondo il disposto dell’articolo 152 disp. att. Cpc (in relazione alla sentenza della Corte costituzionale 134/94 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4, comma 2 e 3 del decreto legge 384/92, convertito con modificazioni in legge 438/92), non ricorrendo l’ipotesi della pretesa manifestamente infondata e temeraria.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

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