Lavoro e Previdenza

Wednesday 29 October 2003

Mansioni, inquadramento del personale e autonomia collettiva. I chiarimenti della Cassazione. Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 13 marzo-28 agosto 2003, n. 12632

Mansioni, inquadramento del personale e autonomia collettiva. I chiarimenti della Cassazione

Cassazione Sezione lavoro sentenza 13 marzo-28 agosto 2003, n. 12632

Presidente Senese relatore Foglia

Pm Sorrentino conforme ricorrente De Floridi ed altri

Svolgimento del processo

Con sentenza del 24 novembre 1999 il Tribunale di Roma, confermando la decisione pretorile n. 10645/94, respingeva il ricorso proposto da Umberto Agostini, più altri venti tutti dipendenti della spa Banca di Roma, con qualifica di ausiliari, tendenti ad ottenere linquadramento ‑ e le relative differenze retributive ‑ come impiegati di Ila a far data dal gennaio 1984, o, in subordine, come commessi, con pari decorrenza.

Osservava il Giudice del gravame che la domanda formulata dagli attori non era supportata da precise ed univoche allegazioni sulla consistenza e durata delle prestazioni da ciascuno di loro rese. Del resto le attività descritte nel ricorso non erano né riconducibili né assimilabili alle declaratorie degli impiegati di Ila o dei commessi, così come contenute negli articoli 10 e 12 del Ccnl del 1983, trattandosi piuttosto di incombenze proprie della qualifica di appartenenza.

In particolare, con riferimento allintroduzione dei computers ‑ che avrebbe in qualche misura influito sulla qualità e quantità delle mansioni svolte precisava il Tribunale che la pretesa dei ricorrenti avrebbe incontrato il limite della clausola del citato ceni, nonché degli articoli 10 del Ccl aziendale del 1980 e 11 del contratto integrativo aziendale del 1985 secondo cui, in caso di innovazioni tecnologiche che comportassero lesercizio di mansioni non riferibili ad un preciso inquadramento contrattuale, si sarebbe provveduto attraverso apposite intese ad integrazione del contratto aziendale.

Avverso detta sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.

Resiste la Banca di Roma con controricorso.

Motivi della decisione

Col primo motivo ‑ deducendo la violazione degli articoli 2697, 2724, n. 1, 2103 e 1362 Cc ‑ lamentano i ricorrenti che, sebbene puntigliosamente articolate, non erano state ammesse le prove offerte, né erano stati valutati i documenti prodotti sin dallatto introduttivo di primo grado, nel quali sono descritti ed elencati i fatti posti a fondamento della loro domanda. In sostanza i ricorrenti lamentano un travisamento delle acquisizioni istruttorie da parte della sentenza impugnata, dal momento che la maggior parte delle mansioni affidate loro coincideva con quelle contrattualmente previste per i dipendenti inquadrati in una delle due categorie superiori invocate.

Col secondo motivo ‑ censurandosi la violazione degli articoli 2103 e 1362 Cc in relazione allarticolo 19 del Ccnl del 1983, allarticolo 10 del contratto integrativo aziendale del 1980, allarticolo 11 del cc integrativo aziendale del 1985, e 11 del cc integrativo aziendale del 1988, oltre a vizi di motivazione ‑ i ricorrenti osservano che il Tribunale ha travisato il senso delle citate norme collettive le quali rinviano ad intese future solo nel caso di impossibilità di inquadrare le nuove mansioni svolte dai lavoratori sulla base di quelle stesse norme, e non anche nel caso in cui tali mansioni non fossero riferibili ad un preciso inquadramento.

Secondo i ricorrenti, il mancato raggiungimento delle intese non potrebbe essere elevato ad un rango tale ‑ in omaggio ad un astratto dogma dintangibilità dellautonomia collettiva ‑ da impedire lesercizio del diritto consacrato dallarticolo 2103 Cc.

Col terzo motivo ‑ deducendo lomessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ‑ i ricorrenti osservano che il Tribunale si è limitato a valutare le nuove mansioni da loro svolte, senza considerare quelle precedenti, di per sé sufficienti a giustificare la loro pretesa.

Con lultimo motivo ‑ deducendo la violazione degli articoli 3, 36 e 41 Costituzione, 2087, 2099, 2103 Cc, 15 e 16 della legge 300/70, nonché della dichiarazione dei diritti delluomo, della Convenzione OIL del 22 giugno 1962, del Patto Internazionale dei diritti economici 19 dicembre 1966 ‑ i ricorrenti lamentano la violazione, da parte della sentenza impugnata, del principio di parità di trattamento (Corte costituzionale 103/89).

Va preliminarmente dichiarata linammissibilità del ricorso proposto da Ercole Silvestri atteso che il medesimo non figura tra i sottoscrittori del mandato in calce allatto di appello, né figura tra i nominativi delle parti appellanti nella intestazione della impugnata sentenza del Tribunale di Roma. Ne consegue che nei confronti del Silvestri la sentenza di primo grado è passata in cosa giudicata, come tale preclusiva di ogni iniziativa in questa sede di legittimità.

Quanto al primo motivo del ricorso si osserva che i ricorrenti, dopo aver denunziato un travisamento delle acquisizioni istruttorie da parte della sentenza impugnata, non individuano con la dovuta precisione gli aspetti di tale vizio, e, in particolare non pongono a confronto ‑ in termini espressi, come sarebbe stato necessario al fine di rispettare il requisito dellautosufficienza del ricorso di legittimità ‑ le mansioni indicate nelle declaratorie contrattuali concernenti le categorie superiori prese a parametro di riferimento, con quelle effettivamente svolte alle dipendenze della società intimata, con carattere di continuità e normalità.

Ma vè di più: premesso che va riconosciuta, in via di principio, allautonomia collettiva il potere di stabilire gli inquadramenti del personale, ovvero la giusta collocazione del medesimo, in riferimento non solo alla consistenza professionale delle mansioni affidate a ciascun dipendente, ma anche alle caratteristiche ed allarticolazione del contesto produttivo nel quale esse sì inseriscono (salvo, naturalmente, il caso estremo in cui la normativa contrattuale determini i requisiti di appartenenza alle categorie legati con criteri tali da sconvolgere la natura sostanziale delle stesse: così, Cassazione, 5050/81), non può negarsi rilievo decisivo allavviso espresso dal Tribunale di Roma il quale ha sottolineato come il contratto collettivo applicabile ai rapporti di lavoro in esame non assimila affatto lattività di guardiania e custodia svolta dai ricorrenti alle mansioni proprie dellimpiegato di Ila né del commesso.

Anche il secondo e il terzo motivo ‑ logicamente connessi tra loro e, dunque congiuntamente esaminabili ‑ appaiono infondati.

Secondo larticolo 19 del Ccnl del 1983 e larticolo 11 del contratto integrativo aziendale del 1988, in caso di innovazioni tecnologiche che comportassero lesercizio di mansioni per le quali non fosse possibile un preciso inquadramento del personale interessato sulla base delle norme del presente contratto e di quelle dei contratti integrativi aziendali, largomento avrebbe formato oggetto di esame in sede aziendale tra le parti (direzione aziendale e organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti).

Orbene, sostengono i ricorrenti che il mancato raggiungimento delle intese ‑ riscontrato nel caso di specie ‑ non potrebbe essere elevato «ad un rango tale, in omaggio ad un astratto ed immotivato dogma dintangibilità dellautonomia, collettiva… da impedire lesercizio del diritto consacrato dallarticolo 2103 Cc e, in definitiva, della volontà della legge».

Sennonché, sul punto la sentenza impugnata ha correttamente argomentato che, quandanche effettivamente lelemento di novità nellattività prestata dei ricorrenti fosse costituito dal lintroduzione dei computers, nessun diritto poteva discendere automaticamente dalla sopra richiamata clausola contrattuale limitandosi questa a rinviare ad una apposita sede collettiva la determinazione di un diverso inquadramento che tenesse conto, appunto, dellincidenza qualitativa e quantitativa dellinnovazione tecnologica sulle mansioni.

Vale anche a questultimo proposito quanto già rilevato in ordine alla riserva di competenza da riconoscersi allautonomia collettiva in merito alla determinazione dei nessi tra mansioni e corrispondenti qualifiche o inquadramenti, il che costituisce il tramite normale per garantire lattuazione del principio costituzionale di proporzionalità della retribuzione.

Il che, evidentemente, non esclude, in astratto, che ‑ in difetto di un tale tramite dellautonomia collettiva ‑ non possa pervenirsi per altra via ad una adeguata ed autonoma valutazione della mansione lavorativa nella sua inedita configurazione e qualità. Trattasi, peraltro, di una eventualità alquanto remota, in presenza di una disciplina collettiva, direttamente applicabile al rapporto in esame, che, pur prevedendo una interrelazione tra mansioni e qualifiche, ometta di contemplare in termini specifici modalità nuove di svolgimento di una attività lavorativa, tali da incidere sulla sua qualità, o tali da presupporre una professionalità nuova per laddetto. Ed infatti deve trattarsi di modalità veramente innovative delle mansioni ‑ di cui comunque occorre fornire una prova rigorosa (che qui è mancata) ‑ tali da non consentirne la riconduzione ad alcuna delle declaratorie espresse nel contratto collettivo, rispetto alle quali potrebbe soccorrere lo strumento normativo offerto dallarticolo 2099, comma 2 del Cc che permette di pervenire, per via giudiziaria, alla determinazione della giusta retribuzione attraverso lutilizzazione di parametri esterni (tratti cioè dalla previsione contenuta in altri contratti collettivi regolanti rapporti di eguale natura) ovvero anche interni (ricavati, in via equitativa, da una assimilazione della prestazione inedita ad una delle altre prestazioni descritte nelle declaratorie del contratto collettivo applicabile al rapporto.

Un approccio del genere non appare utilmente adottabile nel caso di specie, in mancanza dei rigorosi apporti probatori che esso avrebbe richiesto da parte dei ricorrenti.

Inaccoglibile è infine lultimo motivo del ricorso con il quale viene invocato un principio di parità di trattamento retributivo il quale, anche sulla base delle fonti internazionali richiamate (e, potrebbe aggiungersi, sulla base delle numerose fonti comunitarie), non solo non può essere invocato meccanicisticamente a parità di lavoro in senso ampio, ma opera esclusivamente in presenza di situazioni che possono rivelare intenti discriminatori che lordinamento di volta in volta censura (discriminazioni per sesso e per età: articolo 37 Costituzione e articolo 141 del Trattato sulla Comunità europea; per cittadinanza allinterno degli Stati membri dellUnione europea: articolo 7 del regolamento Cee 1612/68; articoli 15 e 16 della legge 300/70 ecc.) (vedi Cassazione, Sezioni unite 6031-6032/93; 557/96; 62/1999 ed altre).

Nel caso di specie manca sia lindividuazione delle mansioni che si assumono corrispondenti e ciononostante diversamente retribuite, sia il profilo discriminatorio che potrebbe consentire lapplicazione del principio di parità come sopra inteso dalla giurisprudenza ormai consolidata.

Per le esposte ragioni il ricorso non merita accoglimento. Le spese seguono la soccombenza nei termini di cui al dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da Silvestri Ercole. Rigetta il ricorso proposto dagli altri ricorrenti. Pone a carico di tutti i ricorrenti le spese del presente giudizio pari ad euro 27,00 oltre ad euro 4.000,00 per onorari.