Penale
Mancato versamento di ritenute fiscali e mancato versamento di ritenute previdenziali. Secondo la consulta, la differenza sanzionatoria non è incostituzionale. ORDINANZA 29 Aprile 2004 – 7 Maggio 2004, n. 139
Mancato versamento di ritenute fiscali e mancato versamento di ritenute previdenziali. Secondo la consulta, la differenza sanzionatoria non è incostituzionale
ORDINANZA 29 Aprile 2004 – 7 Maggio 2004, n. 139
Giudizio di legittimita’ costituzionale in via incidentale. Reati e pene – Reato di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali – Depenalizzazione – Mancata previsione – Asserita disparita’ di trattamento rispetto all’omesso versamento delle ritenute fiscali da parte del datore di lavoro quale sostituto di imposta – Manifesta infondatezza della questione. – D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 2, comma 1-bis. – Costituzione, art. 3, primo comma. (GU n. 19 del 12-5-2004 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
Giudici: Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 2, comma 1-bis,
del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in
materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa
pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica
amministrazione e proroga di taluni termini), convertito, con
modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638, promosso,
nell’ambito di un procedimento penale, dal Tribunale di Reggio Emilia
con ordinanza del 29 maggio 2003, iscritta al n. 787 del registro
ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 40, 1ý serie speciale, dell’anno 2003.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 24 marzo 2004 il giudice
relatore Francesco Amirante.
Ritenuto che, con ordinanza del 29 maggio 2003, il Tribunale di
Reggio Emilia ha sollevato, in riferimento all’art. 3, primo comma,
della Costituzione, questione di legittimita’ costituzionale
dell’art. 2, comma 1-bis, della legge 11 novembre 1983, n. 638 –
recte: del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in
materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa
pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica
amministrazione e proroga di taluni termini), convertito, con
modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638 – nella parte in
cui punisce con sanzione penale il datore di lavoro che non effettua
il prescritto versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali
operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti;
che, in punto di rilevanza della questione, il giudice
remittente osserva che il giudizio a lui demandato – concernente il
controllo di cui all’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., in
riferimento al contestato reato di omesso versamento di ritenute
previdenziali e assistenziali, per il quale l’imputato ha concordato
con il pubblico ministero l’applicazione della pena – comporta
senz’altro la valutazione della legittimita’ costituzionale della
norma incriminatrice, sicche’ la risoluzione della sollevata
questione ha influenza decisiva sul relativo esito;
che, quanto al merito della questione, il giudice a quo
sostiene che il reato attualmente contestato all’imputato e quello di
mancato versamento delle ritenute di acconto – previsto dall’art. 2,
commi 2, 3 e 4, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito,
con modificazioni, nella legge 7 agosto 1982, n. 516 (successivamente
abrogato dall’art. 25 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74,
recante ýNuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi
e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25
giugno 1999, n. 205ý) – si inserivano in egual modo nell’ambito del
rapporto di lavoro e della sua esecuzione, poiche’ entrambi
sanzionavano penalmente l’obbligo del datore di lavoro di provvedere
ad estinguere, attraverso il versamento delle somme trattenute allo
scopo sulla retribuzione, i debiti del lavoratore verso il fisco e
verso l’ente previdenziale di appartenenza, secondo uno schema
analogo a quello della delegazione di pagamento;
che, pertanto, ad avviso del remittente, i suddetti reati
avrebbero avuto ýidentica situazione tipicaý (il pagamento della
retribuzione) e identica condotta (l’omissione del versamento
dovuto), mentre l’unico elemento che li differenziava era il bene
tutelato che, per il primo, era l’interesse degli enti previdenziali
alla percezione dei contributi e, per il secondo, quello del fisco
alla riscossione dei tributi;
che, secondo il Tribunale di Reggio Emilia, si tratta di
interessi ýabbastanza omogeneiý tra i quali, quindi, si puo’
istituire un confronto al cui esito appare irragionevole che per la
sola protezione del primo dei suddetti interessi sia rimasta la
previsione della sanzione penale, mentre con la riforma operata dal
d.lgs. n. 74 del 2000 si sia ritenuto non piu’ meritevole di analoga
sanzione l’interesse del fisco, il quale sembra essere quello di
rango piu’ elevato avendo il fisco compiti di maggiore ampiezza
rispetto a quelli degli enti previdenziali;
che e’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, che ha concluso per la dichiarazione di manifesta
inammissibilita’ e, comunque, di manifesta infondatezza della
questione sostenendo, in primo luogo, che la motivazione sulla
rilevanza contenuta nell’ordinanza di rimessione non puo’
considerarsi esauriente e richiamando, in secondo luogo, l’ordinanza
di questa Corte n. 206 del 2003 che ha dichiarato la manifesta
infondatezza di una questione identica.
Considerato che il Tribunale di Reggio Emilia dubita, in
riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, della
legittimita’ costituzionale dell’art. 2, comma 1-bis, del
decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia
previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica,
disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e
proroga di taluni termini), convertito, con modificazioni, nella
legge 11 novembre 1983, n. 638;
che, secondo il remittente, il reato di mancato versamento
delle ritenute previdenziali da parte del datore di lavoro, previsto
dalla norma censurata, presenta elementi di analogia con il reato di
omesso versamento delle ritenute fiscali da parte del datore di
lavoro quale sostituto di imposta, reato che era previsto dall’art. 2
del decreto-legge n. 429 del 1982, convertito, con modificazioni,
nella legge n. 516 del 1982, il quale e’ stato abrogato dall’art. 25
del d.lgs. n. 74 del 2000;
che l’eccezione di inammissibilita’ sollevata dal Presidente
del Consiglio dei ministri non puo’ essere accolta in quanto il
remittente ha sufficientemente motivato sulla rilevanza della
questione;
che questa Corte, con ordinanza n. 206 del 2003, successiva
all’atto introduttivo del presente giudizio, ha dichiarato la
manifesta infondatezza di una identica questione sollevata dal
medesimo remittente;
che in tale decisione si e’ richiamato il principio,
costantemente affermato da questa Corte, secondo cui uno scrutinio
che investa direttamente il merito delle scelte sanzionatorie del
legislatore e’ possibile soltanto ýove l’opzione normativa contrasti
con il principio di eguaglianza, sotto il profilo dell’arbitrarieta’
o della manifesta irragionevolezzaý (sentenze n. 287 del 2001 e
n. 313 del 1995 nonche’ ordinanze n. 109 del 2004, n. 323 del 2002,
n. 110 del 2002, n. 144 del 2001 e n. 58 del 1999);
che tale situazione non e’ ravvisabile nel caso in esame,
data la disomogeneita’ della fattispecie oggetto della norma
censurata rispetto al tertium comparationis individuato dal
remittente;
che, infatti, gli obblighi tributari e gli obblighi
previdenziali di cui si tratta, pur rientrando nell’ampia categoria
delle obbligazioni pubbliche, sono correlativi a interessi diversi,
rispettivamente presi in considerazione dai due diversi precetti
costituzionali di cui agli articoli 53 e 38 della Costituzione;
che per assicurare il rituale adempimento dei suddetti
obblighi sono prevedibili diversi e specifici sistemi nell’ambito di
ciascuno dei quali la sanzione penale rappresenta soltanto uno dei
mezzi cui il legislatore puo’ ricorrere, sicche’ la valutazione della
ragionevolezza delle diverse opzioni sanzionatorie prescelte va
effettuata nell’ambito di ciascun sistema e comunque ýrientra nella
piu’ ampia discrezionalita’ legislativa, non spettando alla Corte
rimodulare le scelte punitive del legislatore ne’ stabilire la
misuraý (v. ordinanza n. 323 del 2002 citata) e la tipologia delle
sanzioni;
che l’ordinanza di rimessione introduttiva del presente
giudizio non prospetta profili o argomentazioni differenti ed
ulteriori rispetto a quelli gia’ scrutinati;
che la questione deve essere, pertanto, dichiarata
manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimita’ costituzionale dell’art. 2, comma 1-bis, del
decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia
previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica,
disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e
proroga di taluni termini), convertito, con modificazioni, nella
legge 11 novembre 1983, n. 638, sollevata, in riferimento all’art. 3,
primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Reggio Emilia, con
l’ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 29 aprile 2004.
Il Presidente: Zagrebelsky
Il redattore: Amirante
Il cancelliere:Di Paola
Depositata in cancelleria il 7 maggio 2004.
Il direttore della cancelleria:Di Paola