Enti pubblici
Magistrati. Le Sezioni Unite della Cassazione fanno il punto in tema di illeciti disciplinari
Magistrati. Le Sezioni Unite della Cassazione fanno il punto in tema di illeciti disciplinari
Cassazione Su civili sentenza 6 maggio-5 luglio 2004, n. 12268
Presidente Grieco Relatore Lo Piano
Pm Martone difforme ricorrente Passanisi
Svolgimento del processo
Il 17 settembre 2001 il ministro della Giustizia promosse azione disciplinare nei confronti della dott.ssa Maria Angela Passanisi, allepoca sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Nuoro, e richiese il Procuratore generale presso la Corte di cassazione di attivare la relativa procedura.
Si attribuiva al magistrato la violazione dellarticolo 18 Rdl 511/46, per avere gravemente mancato ai propri doveri di diligenza e di correttezza, «mediante linosservanza dellobbligo di trasmettere, ai sensi dellarticolo 11 Cpp, gli atti dei procedimenti penali relativi al dott. Salvatore Guido Bonsignore».
In particolare lincolpazione era stata così specificata:
«La dottoressa Passanisi, in qualità di sostituto procuratore della Repubblica presso la Procura della Repubblica di Oristano, ha omesso di trasmettere alla Procura della Repubblica di Palermo gli atti relativi ai procedimenti penali n. 1389/00 (già 154193 Procura della Repubblica di Oristano) a carico di Maria Grazia Sechi e n. 1395/2000 (già n. 282193 Procura della Repubblica di Oristano) a carico del dott. Salvatore Guido Bonsignore.
Trattandosi di procedimenti nei quali il dott. Bonsignore, allepoca consigliere pretore di Oristano, era coinvolto, rispettivamente, quale denunciante e quale denunciato, la dottoressa Passanisi avrebbe dovuto dichiararsi incompetente e trasmettere i fascicoli ai sensi dellarticolo 11 Cpp.
La predetta, invece, non solo ha omesso di provvedere allincombente, ma ha altresì interrogato il dott. Bonsignore, ha svolto atti di indagine delegando la polizia giudiziaria ed ha emesso un decreto di sequestro.
Con la descritta condotta, la dottoressa Passanisi si è resa immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere un magistrato e ha compromesso il prestigio e la credibilità dellOrdine giudiziario».
Allesito del procedimento la Sezione disciplinare del Csm, con sentenza del 9 maggio 2003, inflisse alla dottoressa Passanisi la sanzione della censura.
Con successivo provvedimento del 26 settembre 2003, emesso a seguito di procedimento per correzione di errore materiale, la Sezione disciplinare provvide alla correzione di talune parti della motivazione.
Per la cassazione della sentenza della Sezione disciplinare e del provvedimento di correzione ha proposto ricorso la dottoressa Passanisi.
Il ricorso è stato notificato al ministro della Giustizia, al Pg della Repubblica presso la Corte di cassazione ed al Csm.
Motivi della decisione
Il ricorso contiene tre motivi: il primo attiene sia alla nullità della sentenza per contrasto insanabile tra il dispositivo e la motivazione con riferimento alla natura della pena inflitta, sia alla inammissibilità della procedura di correzione di errore materiale adottata per eliminare detto contrasto; il secondo attiene al giudizio di colpevolezza espresso dalla Sezione disciplinare; il terzo attiene al rispetto del termine per la promozione dellazione disciplinare.
Esigenze di ordine logico impongono di esaminare le censure a partire dalla terza.
Con il terzo motivo si denuncia: Violazione dellarticolo 59 Dpr 916/58.
Premesso che i commi sesto, settimo ed ottavo della citata disposizione, come risultanti dalle modifiche apportate dalla legge 1/1981, devono essere interpretati nel senso che lazione disciplinare non può essere promossa se entro un anno dal giorno in cui il Ministro ha avuto notizia del fatto che forma oggetto dellillecito disciplinare non viene comunicata allincolpato la richiesta del Ministro al Pg ovvero la richiesta o la comunicazione del Pg al Csm, si deduce che tra la data in cui il Ministro aveva avuto notizia del fatto (5 ottobre 2000) e la data in cui allincolpata era stata data comunicazione del procedimento (8 novembre 2001) era trascorso oltre un anno.
La censura è infondata.
Larticolo 59 del Dpr 916/58, come modificato dalla legge 1/1981, dopo avere stabilito (comma sesto) che «lazione disciplinare non può essere promossa dopo un anno dal giorno in cui il Ministro o il Pg hanno avuto notizia del fatto che forma oggetto delladdebito disciplinare», dispone (comma settimo) che «la richiesta del Ministro al Pg ovvero la richiesta o la comunicazione del Procuratore generale al Csm determina a tutti gli effetti linizio del procedimento».
La lettura del citato settimo comma rende chiaro che al fine di evitare la preclusione di cui al sesto comma è sufficiente che il Ministro o il Pg manifestino, a mezzo degli atti previsti dalla legge, la loro volontà di esercitare lazione disciplinare.
In questo senso si sono già pronunciate questa Su, che hanno ritenuto che la tempestività o meno della richiesta del ministro di Grazia e giustizia, in rapporto al termine di un anno previsto dallarticolo 59 comma sesto del Dpr 916/58 (e successive modificazioni), deve essere verificata tenendo conto ‑ alla stregua della lettera della legge e dei principi generali in materia di procedimento ‑ dalla data della richiesta predetta, in quanto tale atto, da esternarsi in forma certa e documentale, è sufficiente a far considerare iniziato il procedimento (v. Cassazione Su, 2055/92; 759/99).
Nella specie, come riferito dalla stessa ricorrente, la richiesta del ministro della Giustizia è del 17 settembre 2001 e, pertanto, lazione disciplinare è stata promossa tempestivamente atteso che il Ministro aveva avuto la notizia del fatto, che aveva poi formato oggetto delladdebito disciplinare, il 5 ottobre 2000.
Non assume rilievo, pertanto, la data in cui, ai sensi dellottavo comma dellarticolo 59 del Dpr 916/58, avvenuta la comunicazione allincolpata dellinizio del procedimento, ché anzi la comunicazione, presuppone che lazione disciplinare sia stata già promossa.
Sempre per esigenze di ordine logico deve di seguito essere esaminato il secondo motivo.
Lesame di questo motivo comporta la necessità di riferire quali siano stati i fatti accertati dalla Sezione disciplinare e la valutazione che degli stessi essa ne ha fatto al fine di pervenire allaffermazione della responsabilità disciplinare della dottoressa Passanisi.
La Sezione disciplinare ha così ricostruito i fatti che hanno portato alla irrogazione della sanzione disciplinare alla dottoressa Passanisi:
A) ‑ Procedimento n. 1389/2000 Rgnr Mod. 21 nei confronti di Sechi Maria Grazia nata ad Oristano il 18 novembre 1941 ivi domiciliata.
– Già procedimento n. 752/99 Registro Mod. 45 Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo;
– Già procedimento n. 154/93 Registro Mod. 45 Procura della Repubblica presso il Tribunale di Oristano.
Il 17 marzo 1993 Bonsignore Guido ‑ nella qualità di Presidente del Comitato Regionale Sardo della Federazione Italiana Sport Equestri (CR della Fise) ‑ depositava presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Oristano un esposto avente ad oggetto delle irregolarità, a suo dire, perpetrate da Sechi Maria Grazia nella sua qualità di Presidente del Cr Sardo della Fise dal 1987 al giugno 1990 precisando, altresì, che di dette irregolarità era già stata informata la Federazione Italiana Sport Equestri di Roma.
A seguito di detto esposto veniva iscritto, in data 20 marzo 1993, presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Oristano procedimento n. 154193 Reg, Mod. 45, assegnato al Sostituto Procuratore dott.ssa Passanisi che, in data 1° aprile 1995, emetteva decreto di sequestro la cui esecuzione delegava alla Sezione di P.G. della Guardia di Finanza in servizio presso quella Procura che lo restituiva, dopo averlo eseguito, il 5 aprile 1995.
Il 4 aprile 1996 la dott.ssa A. M. Passanisi chiedeva alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari copia di procedimento ivi iscritto apparentemente connesso a quello pendente ad Oristano.
Il 19 aprile 1996 il dott.. Paolo De Angelis ‑ sostituto presso la Procura presso il Tribunale di Cagliari ‑ autorizzava lestrazione di copia del procedimento di cui alla richiesta.
Il 26 marzo 1999 la Sezione di P.G. della Guardia di Finanza presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Oristano trasmetteva al dott. Emanuele Secci ‑ sostituto presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Oristano ‑ «come da disposizioni verbali impartite» dallo stesso «tutta la documentazione ancora in possesso di questa Sezione acquisita nellambito di accertamenti preliminari relativi al fascicolo n. 154/93 mod. 45 e n. 282/93 Mod. 45 delegati rispettivamente in data 9.12.94 e in data 1° aprile 1995».
Con riferimento al procedimento scaturito dallesposto di Bonsignore, nella nota si precisava, comunque, che lunica attività compiuta era stata lesecuzione del decreto di sequestro del 1° aprile 1995.
La delega del 1° aprile 1995 è contenuta nel procedimento n. 282/C3 mod. 45 di Oristano.
La nota della Guardia di Finanza di Oristano concludeva precisando che i due fascicoli in trattazione, nellaprile 1996, venivano richiesti informalmente in visione dallallora Procuratore della Repubblica dott. W. Basilone il quale, il 30 aprile 1996, li restituiva alla Sezione di Pg senza delegare indagini.
Il 24 marzo 1999 il Procuratore della Repubblica il dott. Emanuele Secci trasmetteva per competenza, ai sensi dellarticolo 11 Cpp, entrambi i procedimenti precisando di averli avuti in consegna il 23 marzo 1999 dal responsabile della locale Sezione di Pg della Guardia di Finanza il quale, a sua volta, ne aveva la disponibilità su delega del Pm allepoca titolare delle indagini.
La trasmissione ex articolo 11 Cpp è stata dovuta al fatto che il dott. Guido Bonsignore rivestiva le funzioni di consigliere pretore dirigente presso la Pretura di Oristano.
Il 17 aprile 1999 veniva iscritto al registro mod. 45 il procedimento n. 752/99 poi iscritto a mod. 21 il 26 gennaio 2000 nei confronti di Sechi Maria Grazia per i reati di cui agli articoli 81 cpv., 640 cpv. n. 1, 48 e 479. 323 Cp. Commesso in Oristano dal 1987 al giugno 1990.
Di detto procedimento il Pm titolare chiedeva, in data 2 febbraio 2000, larchiviazione ma la richiesta veniva rigettata dal Gip il successivo 1° giugno 2000 con provvedimento con cui veniva disposto lespletamento di ulteriori indagini.
La richiesta di archiviazione veniva reiterata in data 2 settembre 2000.
B) Procedimento n. 1395/2000 Rgnr Mod. 21 nei confronti di Bonsignore Guido Salvatore per il reato di cui agli articoli 81 cpv. e 323 Cp. Commesso in Oristano fino al novembre 1992, proveniente da procedimento n. 282/93 Registro Mod. 45 Procura della Repubblica presso il Tribunale di Oristano inizialmente iscritto al n. 753199 Registro Mod 45 di questo Ufficio.
In data 21 maggio 1993, Sechi Maria Grazia (nata a Oristano il 18 novembre 1941 ivi domiciliata) presentava un esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Oristano.
In detto esposto, la stessa lamentava, intanto, presunte irregolarità, commesse da Bonsignore Guido (già presidente del Comitato Regionale Sardo della Fise) in occasione della campagna elettorale che aveva preceduto le elezioni per il rinnovo delle cariche sociali di detto comitato regionale.
Sechi Maria Grazia lamentava, altresì, delle irregolarità, a suo dire, verificatesi nel corso dellassemblea ordinaria convocata per il 14 novembre 1992 dal Bonsignore e durante la quale si era proceduto a dette votazioni nonché delle irregolarità nello svolgimento delle votazioni di cui aveva, quindi, richiesto ai competenti organi lannullamento.
Allesito di dette votazioni svoltesi durante lassemblea ordinaria del 14 novembre 1992, Bonsignore Guido era stato confermato nella carica di presidente del Comitato Regionale sardo della Fise sconfiggendo laltra candidata che era, appunto, Sechi Maria Grazia.
Sechi Maria Grazia denunciava, ancora presunte irregolarità verificatesi nel corso di un concorso ippico e nella gestione del comitato regionale sardo del Fise, imputabili a Bonsignore Guido.
Il 25 maggio 1993 veniva, quindi, iscritto presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Oristano il procedimento n. 282/93 Registro Mod. 45 che veniva assegnato al sostituto dott. Passanisi.
Il 12 ottobre 1993 la dott.ssa Passanisi assumeva a sommarie informazioni Bonsignore Guido che il giorno successivo depositava una memoria in cui forniva la sua versione dei fatti.
Il 10 aprile 1995 il Pm dott, Passanisi delegava indagini alla locale Sezione di Pg della Guardia di Finanza che rispondeva il 26 marzo 1999 con nota alla attenzione del dott. Emanuele Secci ‑ sostituto presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Oristano ‑ «come da disposizioni verbali impartite» dallo stesso, trasmettendo «tutta la documentazione ancora in possesso di questa Sezione acquisita nellambito di accertamenti preliminari relativi al fascicolo n. 154/93 mod. 45 (di cui si è già detto) e n. 282193 Mod. 45 (ora in esame) delegati rispettivamente in data 9 dicembre 1994 e in data 1° aprile 1995.
In detta nota si precisava che le indagini svolte nellambito del procedimento erano consistite nellassunzione a sommarie informazioni della denunciante e di altre persone informate sui fatti e nellacquisizione dei documenti in detta nota indicati.
Il 24 marzo 1999 il Procuratore della Repubblica il dott. Emanuele Secci trasmetteva per competenza, ai sensi dellarticolo 11 Cpp, entrambi i procedimenti precisando di averli avuti in consegna il 23 marzo 1999 dal responsabile della locale Sezione di Pg della Guardia di Finanza il quale, a sua volta, ne aveva la disponibilità su delega del Pm allepoca titolare delle indagini.
Il 17 aprile 1999 veniva iscritto presso la Procura di Palermo il procedimento n. 753/99 Registro Mod. 45; il 26 gennaio 2000 veniva iscritto a mod. 21 nei confronti di Bonsignore Guido per il reato di cui agli articoli 81 cpv. e 323 Cp.
Detto procedimento veniva archiviato dal Gip, su conforme richiesta della Procura, con decreto del 10 febbraio 2000.
Sulla base di tali accertamenti, la Sezione disciplinare, premesso che la difesa dellincolpata si era basata sul fatto che:
a) «i fascicoli erano stati sottoposti al Procuratore della Repubblica dellepoca, dott Basilone, deceduto, il quale non aveva dato alcuna disposizione al riguardo»;
b) «si era trattato di una scelta non autonoma della dottoressa Passanisi ma condivisa dal capo dellufficio anzi propria del capo dellufficio».
c) «in ogni caso la dottoressa Passanisi aveva lasciato la Procura di Oristano nellanno 1997»;
ha osservato che le circostanze dedotte non erano idonee ad escludere la responsabilità disciplinare dellincolpata, in base alle seguenti considerazioni:
1) «a prescindere dalla impossibilità di riscontrare la versione resa dallincolpata, in ogni caso, in linea di principio la dottoressa Passanisi quale magistrato assegnatario dei fascicoli avrebbe dovuto formalizzare in un atto espresso la decisione di inviare gli atti alla Procura competente secondo quanto imposto dallarticolo 11 Cpp »;
2) «mentre ben può comprendersi liscrizione in prima battuta di un fascicolo a mod. 45, non si comprende il motivo per cui non sia stata fatta in tempi ragionevoli e accettabili liscrizione a mod. 21 e la trasmissione alla Procura di Palermo»;
3) «vanno ancora rilevate macroscopiche irritualità quale quella di sentire ex articolo 362 Cpp il dott. Bonsignore, qualificato nellatto come magistrato, di metterlo a conoscenza dellesposto della Sechi e di verbalizzare la riserva del Bonsignore di far pervenire una memoria sui fatti»;
4) «sono state inoltre compiute altre tipiche attività di indagine ed emesso un decreto di sequestro»;
5) «non possono infine essere trascurate le circostanze che i fatti si sono svolti in un ufficio giudiziario di piccole dimensioni in cui U dott. Bonsignore svolgeva funzioni di Consigliere Pretore»;
6) «va ancora rilevato che linottemperanza ad un adempimento imposto da una norma processuale si è protratta per un lasso di tempo non indifferente».
Pertanto, secondo la Sezione disciplinare, «può in definitiva concludersi sulla scorta degli elementi evidenziati che il comportamento della dottoressa Passanisi come descritto nel capo di incolpazione sia stato tale da sostanziare una mancanza ai doveri incombenti sul magistrato, mancanza che per la oggettiva valenza processuale della stessa e per le circostanze di tempo e di luogo in cui si è verificata ha compromesso il prestigio dellordine giudiziario».
In riferimento alla ritenuta responsabilità disciplinare, con il secondo motivo si denuncia: Violazione e falsa applicazione dellarticolo 18 RD.Lgs 511/46 e degli articoli 11 e 54 Cpp,
– Omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia ‑ in relazione allarticolo 360 nn. 3 e 5 Cpc..
Si deduce, sia sotto il profilo della violazione di legge sia sotto il profilo del vizio di motivazione, che la Sezione disciplinare ha ritenuto la sussistenza dellillecito sulla base della mera constatazione della violazione di norme processuali e del ritardo con il quale era avvenuto il compimento di talune attività.
Richiamata copiosa giurisprudenza di queste Su, si assume che «la violazione di un dovere processuale, ovvero un ritardo nelladozione di un determinato atto, non sono di per sé sufficienti ad integrare un illecito disciplinare concretante la responsabilità di cui allarticolo 18 RD.Lgs 511/46, essendo ineliminabili elementi costitutivi di questo anche la perdita della fiducia e della considerazione di cui deve godere il magistrato e la compromissione del prestigio dellordine giudiziario con la conseguenza che «il giudice disciplinare non può limitarsi alla mera constatazione della violazione di un dovere processuale, ovvero di un ritardo nelladozione di un determinato atto da parte del magistrato ma deve sempre procedere, in aggiunta, ad una serie di ulteriori indagini ‑ con correlata adeguata motivazione ‑ in ordine:
a) a tutte le circostanze di fatto tra le quali rientrano anche le difese dellincolpato;
b) alleventuale effetto pregiudizievole del fatto contestato sulla fiducia e della considerazione di cui il magistrato deve godere ed alleventuale compromissione del prestigio dellordine giudiziario; agli eventuali riflessi esterni della condotta incriminata; ed alla complessiva figura professionale e morale del magistrato».
Con riferimento al punto a) si deduce:
– che la Sezione disciplinare non ha tenuto in alcun conto le difese della incolpata con riferimento alle indicazione fornite in ordine al ruolo avuto nella vicenda dal dott. Basilone, allepoca procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Oristano; in particolare la Sezione disciplinare non ha considerato che laffermazione dellincolpata, secondo cui tutta la vicenda si era svolta sotto la vigilanza diretta del dott. Basilone, trovava riscontro nelle annotazioni contenute sulle copertine dei due fascicoli e nella nota della Guardia di finanza del 26 marzo 1999, dalla quale risultava che i due fascicoli erano stati richiesti nellaprile del 1996 dal dott. Basilone, che dopo averli presi in visione, li aveva restituiti a quel Corpo.
– Che la Sezione disciplinare non ha tenuto conto della tesi difensiva secondo cui larticolo 11 Cpp non aveva ragione di essere applicato con riferimento al fascicolo aperto a seguito dellesposto presentato nellinteresse del Comitato regionale sardo della Federazione Italiana Sport Equestri, atteso che in relazione ai fatti in esso esposti il dott. Bonsignore, il quale rivestiva la carica di presidente, non aveva la veste di persona offesa o danneggiata dal reato, giacché, eventualmente, tale ultima qualità spettava allente da lui rappresentato;
– che la Sezione disciplinare non ha considerato, con riferimento al fascicolo relativo allesposto presentato da Sechi Maria Grazia., che il dott. Bonsignore non aveva assunto la veste di persona sottoposta ad indagine per cui non ricorrevano i presupposti per lapplicazione dellarticolo 11 Cpp;
che la Sezione disciplinare si è limitata a definire «non indifferente» il lasso di tempo in cui si era protratta linottemperanza al dovere di provvedere alla rimessione dei procedimenti, senza tuttavia specificare quale fosse il tempo preso in considerazione ed omettendo di valutare: che la ricorrente solo nel dicembre 1993 aveva assunto lincarico di sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica, mentre in precedenza vi era stata solamente applicata saltuariamente e che nel 1994 era stata applicata alla procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari; che nel 1996 il procuratore dott. Basilone si era autoassegnato entrambi i fascicoli; che la ricorrente, tra il luglio del 1996 e il maggio 1997 era stata applicata alla procura della Repubblica presso la Pretura di Oristano e successivamente trasferita a Nuoro;
– che la Sezione disciplinare non ha preso in considerazione alcuna delle ragioni addotte dallincolpata, in sede di interrogatorio, per giustificare la necessità del compimento delle indagini istruttorie effettuate al fine di verificare se il dott. Bonsignore potesse assumere la veste di persona indagata.
Con riferimento al punto b) si deduce che la Sezione disciplinare si è limitata ad affermare apoditticamente che vi era stata una perdita di credibilità della incolpata e la compromissione del prestigio dellordine giudiziario senza addurre alcun elemento a sostegno di detta affermazione ed anzi ignorando: che nessuna lamentala vi era stata ad opera delle parti interessate e che il fatto non aveva avuto alcun riflesso esterno; che il procedimento contro il dott. Bonsignore era stato archiviato con provvedimento del Gip di Palermo.
Si deduce, infine, che la Sezione disciplinare non ha spiegato le ragioni per le quali aveva ritenuto più adeguata la sanzione della censura rispetto a quella dellammonimento richiesta dal procuratore generale, il quale, peraltro, aveva chiesto il proscioglimento della ricorrente con riferimento al ritardo nellinvio del fascicolo scaturito dallesposto presentato dal dott. Bonsignore nella sua qualità di presidente del Comitato regionale sardo della Federazione Italiana Sport Equestri.
La censura è fondata nei limiti di quanto si dirà.
La Corte ritiene, in primo luogo, di dovere richiamare la disciplina delliscrizione degli atti nei registri denominati «mod. 21» e «mod 45».
In proposito, sono rilevanti le precisazioni contenute nella sentenza 34/2001, emessa dalla Su di questa Corte, in tema di potere del Pm di inviare in archivio (c.d. cestinazione) atti pervenuti al suo ufficio, ed iscritti al mod. 45, senza adottare la procedura di archiviazione prevista dallarticolo 408 Cpp.
Secondo la suddetta sentenza:
‑ nel registro delle notizie di reato (articolo 335 Cpp), costituito dai mod. 21, 22 e 52, devono essere iscritte le notizie suscettibili di mettere in moto le indagini preliminari, indipendentemente dal loro esito, che può essere quello dellesercizio dellazione penale e quello della richiesta di archiviazione;
‑ nel registro delle pseudonotizie di reato, il cui fondamento normativo è rinvenuto nellarticolo 109 del D.Lgs 271/89, devono essere iscritti quegli atti che, a giudizio insindacabile del Pm non contengono notizie di reato;
– questultimo registro, denominato mod. 45, è destinato, infatti, secondo quanto precisato nella circolare Vassalli del 18 ottobre 1989 del ministero della Giustizia, (elaborata in ossequio al principio della non dispersione degli atti), a contenere la registrazione di atti ed informative «del tutto privi di rilevanza penale» (esposti o ricorsi in materia civile o amministrativa, esposti privi di senso, o di contenuto abnorme o assurdo, atti riguardanti eventi accidentali);
– gli atti iscritti nel registro mod. 21, in quanto contenenti notizie di reato (così valutate dal Pm allatto dellarrivo nellufficio di Procura) non possono avere altro sbocco che lesercizio dellazione penale o la richiesta di archiviazione, come stabilito nellarticolo 405, 1 Cpp;
– quando gli atti vengono iscritti nel registro (mod. 45) delle pseudonotizie, si hanno due possibilità:
– se la notizia richiede il compimento di indagini preliminari o comunque sopravviene una notizia di reato occorre procedere ad una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato, con lo sbocco naturale dellarchiviazione o dellesercizio dellazione penale;
– se, per converso, non siano compiute indagini, perché ad esempio ritenute inutili, ovvero non sopraggiungano informazioni che in relazione ai medesimi fatti forniscano una notizia di reato, il Pm ha il potere di inviare gli atti al proprio archivio.
Le Su penali di questa Corte, con successiva sentenza 34536/01 hanno poi chiarito che qualora il Pm, dinanzi a un atto contenente una notizia di reato, abbia omesso liscrizione nel registro mod. 21 ovvero labbia eseguita nel registro mod. 45 delle cosiddette pseudonotizie di reato, il Pg ha facoltà di avocare le indagini preliminari.
Alla luce della richiamata disciplina non può essere disconosciuto che, con riferimento a quanto emerge dagli accertamenti di fatto compiuti dal Csm, vi sia stata nella specie una violazione di norme processuali. Invero, lo svolgimento di indagini preliminari svolte dal Pm direttamente o delegando la polizia giudiziaria, e ciò a prescindere dal fatto che gli esposti fossero stati iscritti al mod. 45 ovvero al mod. 21, dimostra che gli esposti, nella valutazione dello stesso Pm, o contenevano notizie di reato o indicavano fatti suscettibili di essere qualificati come reato sia pure a seguito delle indagini.
Gli esposti, pertanto, originariamente iscritti al mod. 45 avrebbero dovuto essere nuovamente iscritti al mod. 21, e comunque, a prescindere dalla loro nuova iscrizione, avrebbero dovuto essere trasmessi alla procura competente per territorio ai sensi dellarticolo 11 del Cpp, atteso che, almeno con riferimento al procedimento iscritto al n. 282/93 del registro mod. 45 della procura di Oristano, era certo che la posizione del dott. Guido Bonsignore, consigliere pretore di Oristano, era quella di persona indagata.
Ed in proposito occorre ricordare che sebbene solo dopo le modifiche apportate dalla legge 420/98, larticolo 11 Cpp faccia riferimento ai procedimenti in cui «un magistrato assume la qualità di persona sottoposta ad indagini» mentre il testo precedente faceva riferimento solo ai «procedimenti in cui un magistrato assume la qualità di imputato», tuttavia la giurisprudenza di questa Corte aveva ritenuto che la speciale competenza per territorio stabilita dal citato articolo 11 Cpp, per i procedimenti in cui un magistrato assume la qualità di imputato, si radica allinizio del procedimento anche in riferimento alla fase delle indagini preliminari conseguente immediatamente alla notitia criminis.
Sulla scorta di quanto sopra esposto devono essere ritenute prive di fondamento le censure con le quali la ricorrente imputa alla Sezione disciplinare di non avere considerato, con riferimento al fascicolo relativo allesposto presentato da Sechi Maria Grazia, che il dott. Bonsignore non aveva assunto la veste di persona sottoposta ad indagine, per cui non ricorrevano i presupposti per lapplicazione dellarticolo 11 Cpp, nonché di non avere preso in considerazione alcuna delle ragioni addotte in sede di interrogatorio per giustificare la necessità del compimento delle indagini istruttorie al fine di verificare se il dott. Bonsignore potesse assumere la veste di persona indagata.
Fondata appare, invece, la censura con la quale si imputa alla Sezione disciplinare di non avere tenuto conto della tesi difensiva secondo cui larticolo 11 Cpp non aveva ragione di essere applicato con riferimento al fascicolo aperto a seguito dellesposto presentato dal Bonsignore quale presidente del Comitato regionale sardo della Federazione Italiana Sport Equestri, atteso che in relazione ai fatti in esso esposti il predetto magistrato non aveva una veste personale di persona offesa. o danneggiata dal reato, eventualmente tale veste spettando allente da lui rappresentato.
La tesi è fondata perché la norma di cui allarticolo 11 Cpp ‑ ponendo una deroga alla competenza del giudice che sarebbe naturalmente competente per territorio ‑ è una norma di stretta interpretazione e, quindi, applicabile nei soli casi in cui è il magistrato personalmente ad assumere la veste di persona offesa o di danneggiato e non quando tale veste sia assunta dallente da lui temporaneamente rappresentato.
Nella specie, non risulta accertato ‑ e laccertamento sarebbe stato necessario in presenza della specifica deduzione svolta dalla incolpata ‑ né che, in relazione allesposto registrato al n. 154/93, il dott. Bonsignore avesse assunto anche personalmente la veste di persona offesa o danneggiata dal reato, né che tra i due procedimenti ‑ e cioè quello recante il n. 154/93 e quello recante il n. 282/93, entrambi del registro mod. 45 della procura di Oristano ‑ vi fosse una connessione idonea a giustificare una deroga alla competenza territoriale anche per il primo dei detti fascicoli, in applicazione del disposto del terzo comma dellarticolo 11 del Cpp.
Sebbene alla circostanza non possa attribuirsi effetto decisivo, non può, infine, essere trascurato il rilievo che in esito alla sua requisitoria il procuratore generale aveva chiesto alla Sezione disciplinare lassoluzione dellincolpata con riferimento alla gestione del fascicolo 154/93, circostanza questa che avrebbe pur dovuto essere valutata dalla Sezione disciplinare, se non altro per confutarne le argomentazioni poste a sostegno.
Prima di esaminare le altre censure svolte dalla ricorrente, sempre con il secondo motivo, appare opportuno richiamare alcuni principi affermati da questa Corte in tema di illecito disciplinare dei magistrati derivante dallinosservanza di norme processuali, con particolare riferimento alla disposizione dellarticolo 124 Cpp.
In proposito, queste Su hanno più volte affermato, con riferimento allattività compiuta ed ai provvedimenti resi da un magistrato nellesercizio delle sue funzioni, che la ricorrenza di un illecito disciplinare ai sensi dellart, 18 Rdl 511/46 non può essere configurata per effetto della semplice violazione della legge, e cioè dalla inesattezza tecnico‑giuridica degli atti o dei provvedimenti ‑ sempre denunciabile con i mezzi di impugnazione ‑ richiedendosi, invece, ai fini considerati, che linosservanza della norma sia frutto di dolo o colpa grave, e risulti idonea ad evidenziare un comportamento di scarsa ponderazione, approssimazione, frettolosità o limitata diligenza, suscettibile di incidere negativamente, in concreto, sul piano del prestigio dellordine giudiziario (v. in questo senso ‑ in massima o in motivazione ‑ Cassazione 7/2001; 1052/00; 923/99; 170/99; 1670/97; 9092/97).
Queste Su, inoltre, premesso che, ai sensi dellarticolo 18 del Rdl 511/46, è soggetto a sanzione disciplinare il magistrato che manchi ai suoi doveri, o tenga in ufficio o fuori una condotta tale, che lo renda immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere, o che comprometta il prestigio dellordine giudiziario, hanno ritenuto che per la sussistenza dellillecito disciplinare devono ricorrere tre condizioni: un elemento oggettivo (la violazione di una regola di condotta), uno soggettivo (che essa sia stata commessa per dolo o colpa), ed infine un evento esterno, e cioè che la violazione incida appunto sulla credibilità del singolo magistrato oppure sul prestigio dellordine giudiziario (v. Cassazione 278/99 e successivamente 1161/00).
Con riferimento a questi principi la sentenza impugnata non appare sufficientemente motivata ‑ ed incorre, quindi, nel vizio di cui allarticolo 360 n. 5 Cpc. ‑ in relazione ai seguenti punti specificamente indicati dalla ricorrente.
Come ha ricordato la stessa sentenza impugnata, la difesa della ricorrente si era incentrata sul fatto «che i fascicoli erano stati sottoposti al procuratore della Repubblica dellepoca, dott. Basitone, deceduto, il quale non aveva dato alcuna disposizione al riguardo; che si era trattato di una scelta non autonoma della dottoressa Passanisi ma condivisa dal capo dellufficio anzi propria del capo dellufficio».
Le circostanze di cui sopra erano tali da assumere un significato rilevante in relazione ad un punto decisivo qual era quello concernete la sussistenza dellelemento soggettivo del fatto ritenuto meritevole di sanzione disciplinare.
Basti, in proposito, considerare che la dottoressa Passanisi agiva quale sostituto allinterno di un ufficio qual è la procura della Repubblica, connotato dal principio di gerarchia, ancorché attenuato dopo le modifiche apportate dallarticolo 20 del Dpr 499/88 allarticolo 70 del Rd 12/1941 (v. Cassazione, Su, sentenza 12339/92 e 10840/95) e, peraltro, di piccole dimensioni dove il controllo era di necessità immediato e diretto.
La Sezione disciplinare, stando quindi alle deduzioni difensive dalla dottoressa Passanisi, avrebbe dovuto valutare se le modalità di gestione dei fascicoli alla stessa assegnati fossero flutto di una scelta autonoma del detto magistrato ovvero di una direttiva del capo dellufficio e in questultimo caso se tali direttive fossero idonee ad incidere sulla sussistenza dellelemento soggettivo dellillecito disciplinare.
La Sezione disciplinare, però. non ha compiuto detta valutazione avendo ritenuto la «impossibilità di riscontrare la versione resa dallincolpata».
Senonché questa affermazione è contraddetta da una decisiva circostanza che la stessa decisione impugnata aveva posto in rilievo e cioè che i due fascicoli, nel mese di aprile del 1996, erano stati richiesti informalmente in visione dal procuratore dott. Basilone il quale li aveva successivamente restituiti (la ricorrente precisa: dopo esserseli autoassegnati, cosicché da quella data era cessata la gestione dei fascicoli da parte sua).
Invero, la circostanza che il dott. Basilone avesse preso visione dei fascicoli e se li fosse autoassegnati, senza prendere iniziative diverse da quelle fino ad allora adottate dalla dottoressa Passanisi, costituiva un indubbio elemento di riscontro alla tesi da costei sostenuta, cosicché, fermo il principio che laccertamento dei fatti e la valutazione del comportamento del magistrato, ai fini del giudizio disciplinare, è rimesso al giudice del merito, era necessario che la Sezione disciplinare prendesse in considerazione lelemento trascurato, che nella fattispecie assumeva valore decisivo, così come assumevano valore decisivo altri elementi, pur trascurati nella valutazione che la Sezione disciplinare avrebbe dovuto compiere, quali quelli relativi alle molteplici attività svolte dalla incolpata nel periodo di tempo in cui essa aveva avuto la gestione dei fascicoli.
Solo il motivato superamento delle trascurate deduzioni difensive avrebbe consentito alla Sezione disciplinare, una volta ritenuto che sotto il profilo soggettivo i fatti accertati erano da imputare alla autonoma condotta della incolpatae non invece alla esclusiva condotta altrui ‑ in questultimo caso dovendosi accertare quali fossero le possibilità del sostituto di non aderire alle direttive (se accertate) del procuratore capo ‑ di affermare la responsabilità disciplinare dellincolpata medesima.
Quanto alla censura che la ricorrente muove alla sentenza impugnata in ordine allaccertamento del terzo elemento dellillecito e cioè di quello che più sopra è stato definito come «evento esterno», e cioè la incidenza del fatto sulla credibilità del singolo magistrato oppure sul prestigio dellordine giudiziario, la stessa non ha ragione di essere esaminata atteso che, fermo restando il principio di diritto in precedenza affermato, laccertamento della idoneità del fatto ad incidere sulla credibilità del magistrato o sul prestigio dellordine giudiziario (evento esterno) presuppone che siano prima accertati i cosiddetti elementi interni dellillecito.
Ora, poiché il ricorso viene accolto in relazione allaccertato difetto di motivazione concernente lelemento oggettivo e quello soggettivo con riferimento alla gestione del fascicolo n. 153/83 e il
solo elemento soggettivo con riferimento alla gestione del fascicolo 283/93, il conseguente annullamento della decisione impugnata importa che la Sezione disciplinare, quale giudice di rinvio,d rinnovare il proprio giudizio tenendo conto degli elementi trascurati e solo successivamente, ove dovesse ritenere comunque sussistenti gli elementi interni dellillecito, procedere alla verifica della idoneità dei fatti, accertati in tutti i loro componenti, ad incidere sulla credibilità del magistrato o sul prestigio dellordine giudiziario.
Laccoglimento del secondo motivo nei termini di cui sopra comporta lassorbimento del primo motivo, il quale avrebbe potuto essere esaminato solo nel caso in cui fosse stata ritenuta infondata la censura relativa allaccertata responsabilità della incolpata.
Ricorrono giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese del giudizio.
PQM
La Corte di cassazione, Su, accoglie il secondo motivo del ricorso, dichiara assorbito il primo motivo e rigetta il terzo; cassa con rinvio alla Sezione disciplinare del Csm; compensa le spese processuali.