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Thursday 21 July 2005

Lottizzazione abusiva e confisca delle aree. Sez. 3, Sentenza n. 37086 del 07/07/2004

Lottizzazione abusiva e confisca
delle aree.

Sez. 3, Sentenza n. 37086 del 07/07/2004
Cc. (dep. 22/09/2004 ) Rv. 230031

Presidente: Savignano
G. Estensore: Squassoni C.
Relatore: Squassoni C. Imputato: Perniciaro.
P.M. Passacantando G. (Conf.)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi
Sigg.ri Magistrati: Camera
di consiglio

Dott. SAVIGNANO Giuseppe – Presidente –
del 07/07/2004

Dott. ZUMBO Antonio – Consigliere – SENTENZA

Dott. ONORATO Pierluigi – Consigliere – N.
00919

Dott. SQUASSONI Claudia – Consigliere –
REGISTRO GENERALE

Dott. GRILLO Carlo – Consigliere – N.
006790/2004

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) PERNICIARO SALVATORE N. IL
05/08/1951;

avverso ORDINANZA del 19/12/2003 TRIB. LIBERTÀ di PALERMO;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SQUASSONI CLAUDIA;

sentite le conclusioni del P.G. Dr. G. Passacantando: rigetto del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza 25.7.2004, il Tribunale
di Termini Imerese ha condannato, tra l’altro, Perniciaro Salvatore per vari reati edilizi disponendo la
confisca degli immobili abusivi; su tali beni, è stato disposto il sequestro
preventivo con decreto 17.11.2003 avverso il quale l’imputato ha proposto
riesame che il competente Tribunale, con la ordinanza
in epigrafe precisata, ha respinto.

Per giungere a tale conclusione, i
Giudici hanno ritenuto configurabili gli illeciti per la esistenza
di una sentenza di condanna sia pure non definitiva. Relativamente
alle esigenze cautelari, il Tribunale ha rilevato che gli immobili sono
utilizzati senza che siano state realizzate le opere di urbanizzazione
secondaria; tale situazione rende evidente che la disponibilità dei beni
comporta un danneggiamento dell’ambiente ed il protrarsi delle conseguenze dei
reati.

Per l’annullamento dell’ordinanza,
l’imputato ricorre in Cassazione deducendo:

– che è persona estranea al reato e,
pertanto, la confisca non obbligatoria è illegittima per il disposto dell’art.
240 c. 3 c.p.;

– che, non
essendo stata depositata la sentenza di condanna al momento della decisione del
Tribunale del riesame, non poteva darsi per scontato il fumus
commissi delicti;

– che gli immobili
oggetto della lottizzazione sono stati venduti con atti pubblici per cui
è impossibile oggettivamente la prosecuzione della condotta antigiuridica;

– che, essendo i manufatti ultimati,
i Giudici avrebbero dovuto indagare se l’attuale disponibilità del bene
costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività o implichi una ulteriore lesione del bene
protetto (alla luce della sentenza Sezioni Unite 12878/20002);

– che, nel caso concreto, il
mutamento di uso (da alberghiero a residenziale
stagionale) non comportava un maggior carico urbanistico;

– che,
pertanto, non è sorretto da adeguata motivazione il punto delle ritenute
esigenze cautelari;

– che la ordinanza
fonda le sue argomentazioni su una valutazione dell’uso del territorio di
competenza esclusiva del Giudice amministrativo (art. 34 DLvo
80/1998 sostituito dagli artt. 1, 7 L. 205/2000).

Il Collegio ritiene che le deduzioni
non siano meritevoli di accoglimento.

Per quanto concerne la prima censura,
va precisato che la disciplina dell’art. 240 c.p. non è applicabile alla
confisca in esame regolata dalla normativa derogatoria di cui all’art. 19 L. 47/1985 (ora art. 44 DPR 380/2001).

In base a tale previsione, la misura è
obbligatoria ogni qual volta il Giudice penale accerti che vi è stata
lottizzazione abusiva indipendentemente dalla persona del condannato e
addirittura da una sentenza di condanna (potendo la confisca conseguire ad una
declaratoria di prescrizione o di amnistia); in conseguenza della natura reale
e non personale della confisca, la restituzione dell’area abusivamente
lottizzata non è consentita dall’alt. 19 citato neppure a favore dei
proprietari estranei al processo penale. Relativamente alla
configurabilità del reato, la conclusione del
Tribunale non è censurabile. Per l’applicazione del sequestro preventivo è
necessaria e sufficiente la possibilità di inquadrare una fattispecie concreta
in un determinata ipotesi di reato senza indagare nel
merito della pretesa punitiva che forma oggetto di investigazioni nel processo
principale.

Tale requisito è soddisfatto dalla emanazione di una sentenza di condanna che, qualunque
siano i motivi a fondamento della decisione, supera il giudizio prognostico di
seria verosimiglianza dell’ipotesi accusatoria e consente di ritenere non
arbitraria la contestazione e, di conseguenza, applicabile la misura cautelare.

La circostanza che la condotta di
lottizzazione abusiva sia terminata non è rilevante;
la dizione dell’art. 321 c.p.p. è chiara
nell’esplicitare che il Legislatore consente il sequestro preventivo nei casi
in cui un reato sia già stato commesso attraverso la condotta nei reati formali
e la produzione dello evento in quelli materiali.

La misura, nella previsione dell’art.
321 c. 1 c.p.p., tende a
neutralizzare le ulteriori conseguenze del commesso reato che continuano nel
tempo o approfondiscono in intensità l’offesa del bene giuridico protetto.
Diversa è la funzione del sequestro preventivo funzionale alla confisca
disciplinato dall’art. 321 c. 2 c.p.p.
(come è evidenziato dall’avverbio "altrimenti") che costituisce una
figura specifica e peculiare che si pone come rimedio distinto da quello
regolato dal primo comma. La conferma che l’art. 321 c. 2 c.p.p. costituisca una ipotesi autonoma di sequestro
preventivo, disciplinato secondo schemi propri, emerge dal fatto che la
possibilità di chiedere la revoca della misura, quando risultino mancali o
vengano meno le condizioni per la sua applicabilità, è limitata al caso di cui
al comma primo. La particolarità del mezzo cautelare reale in esame consiste
nella circostanza che per l’applicabilità di esso si
può prescindere dai presupposti indefettibili per il sequestro tipico e, cioè,
dal pericolo che la libera disponibilità dei beni aggravino o protraggano le
conseguenze del reato e agevolino la commissione di altri illeciti. La
previsione richiede solo che sia ipotizzabile, sia
pure in termini di astrattezza, una fattispecie di reato e che le cose da
sottoporre a sequestro siano suscettibili di confisca; tali condizioni
sussistono nel caso concreto come sopra rilevato.

Pertanto, nessuna motivazione era dovuta in merito alla prognosi di pericolosità connessa
alla libera disponibilità dei beni i quali, proprio perché confiscabili, sono
di per sè pericolosi. Di
conseguenza tutte le, pur articolare, deduzioni del ricorrente sul periculum in mora sono inconferenti.

Da ultimo, il Collegio rileva che la
devoluzione al Giudice amministrativo delle controversie aventi ad oggetto i
provvedimenti della P.A. concernenti la materia
urbanistica e l’uso del territorio esclude la competenza del Giudice civile in
materia, ma non di quello penale in merito ai reati edilizi.

P.Q.M.

La
Corte
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma, il 7 luglio
2004.

Depositato in Cancelleria il 22
settembre 2004.