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L’indirizzo non c’è, ma notificarti non è un problema…
Reati commessi con violenza alla persona: l’omessa dichiarazione di domicilio o la mancata nomina del difensore da parte della persona offesa, non sollevano l’indagato dall’onere di notifica dell’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare in essere.
Alla vittima deve darsi piena e completa informazione circa l’evoluzione del procedimento cautelare in modo da consentirle di prendere le proprie decisioni nel procedimento e nella vita sociale per evitare ulteriori delitti (o pericoli) a suo danno.
Detto obbligo discende direttamente dalla direttiva UE 2012/29 del 25.10.2012 articolo 6 paragrafi 5 e 6.
Il complesso normativo, generato dalla lettura combinata dell’articolo 299 c.p.p., dalla direttiva UE citata e dalla decisione quadro 2001/220 GAI, è quello di evitare in assoluto di far trovare la vittima di fronte al fatto compiuto di una scarcerazione (o di una modifica di misura cautelare) senza una previa informazione (al fine della partecipazione attiva al procedimento cautelare) e conseguente tutela della sua persona da eventuali pericoli che il nuovo status dell’indagato potrebbe comportare.
Il caso: la vicenda sottoposta all’attenzione della Corte trae origine dal provvedimento emesso dal Tribunale di Lecce, sezione riesame, con il quale veniva dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’indagato avverso ordinanza resa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale che aveva rigettato la sua istanza volta ad ottenere revoca o sostituzione degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico o con altra misura meno gravosa, relativamente al reato previsto e punito dall’articolo 609 bis c.p., a causa dell’omessa notifica dell’istanza di revoca o sostituzione della misura alla persona offesa.
Persona offesa che non aveva provveduto né ad eleggere domicilio né a nominare difensore di fiducia.
Avverso detto provvedimento veniva proposto ricorso eccependo violazione di legge con riferimento al disposto dell’articolo 299 c.p.p.
L’articolo 299 c.p.p. (comma 3): la norma che il ricorrente ritiene violata è quella prevista dall’articolo 299 comma 3 c.p.p. che recita: “Il pubblico ministero e l’imputato richiedono la revoca o la sostituzione delle misure al giudice, il quale provvede con ordinanza entro cinque giorni dal deposito della richiesta. La richiesta di revoca o di sostituzione delle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al comma 2-bis del presente articolo, che non sia stata proposta in sede di interrogatorio di garanzia, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest’ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio. Il difensore e la persona offesa possono, nei due giorni successivi alla notifica, presentare memorie ai sensi dell’articolo 121. Decorso il predetto termine il giudice procede. Il giudice provvede anche di ufficio quando assume l’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare o quando è richiesto della proroga del termine per le indagini preliminari o dell’assunzione di incidente probatorio ovvero quando procede all’udienza preliminare o al giudizio.”
Il tenore della norma ha condotto a due distinte interpretazioni (rara avis) da parte degli Ermellini.
Con pronuncia del 17.01.2020 n. 5552 (Gangemi) la prima sezione della Corte ha statuito che “nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona, l’istanza di revoca o modifica della misura cautelare non proposta in sede di interrogatorio di garanzia non deve essere notificata alla persona offesa che non abbia provveduto a nominare un difensore o ad effettuare elezione di domicilio”
Con altra decisione (Corte Cassazione sezione VI del 14.11.2017) si era invece ritenuto che “nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona, l’istanza di revoca o di modifica della misura cautelare deve essere notificata alla persona offesa anche in assenza di una sua formale dichiarazione o elezione di domicilio, atteso che l’articolo 299 comma 3 c.p.p. prevede a pena di inammissibilità di detta richiesta distinte modalità di notifica alla persona offesa”
Dette modalità veniva individuate, sulla scorta della disposizione normativa, nella notifica presso il difensore di fiducia o presso la persona offesa nel caso in cui essa non avesse nominato un difensore di fiducia, fatta salva l’ipotesi in cui la persona offesa abbia eletto o dichiarato domicilio, caso in cui la notifica va, ovviamente, effettuata presso il domicilio eletto anche nel caso in cui sia già intervenuta nomina del difensore.
Il contrasto giurisprudenziale è del tutto evidente e la terza sezione della Corte decide di intervenire, sviluppando un lungo ragionamento logico giuridico che si rivolge e fonda anche sulla norma sovranazionale e convenzionale.
Se la prima sezione della Corte aveva affermato la non necessità della notifica alla persona offesa nel caso in cui essa avesse omesso la dichiarazione di domicilio e/o la nomina del difensore, alla luce del tenore “non equivoco” dell’articolo 299 comma 3 c.p.p. secondo periodo “nell’inciso in cui, dopo aver previsto l’obbligo di notifica della richiesta presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa medesima, fa salva, in quest’ultimo caso, l’eventualità che questa non abbia provveduto a dichiarare od eleggere domicilio”, la terza sezione della Corte, ritiene non equivoca la disposizione in senso diametralmente opposto.
La terza sezione legge la disposizione de qua individuando “nella sua formulazione iniziale il dovere della notifica a cura della parte richiedente presso il difensore o in mancanza alla persona offesa. Successivamente la disposizione individua solo le modalità della notifica non mettendo in discussione l’obbligo di notifica imposto a pena di nullità”
A fronte della ricostruzione della norma, dichiarata quale di tenore inequivoco, gli Ermellini, si dedicano ad un’analisi della stessa anche sulla scorta delle disposizioni sovranazionali (UE) e di quelle originate dall’adesione a Convenzioni (cfr. Convenzione di Lanzarote), giungendo ad affermare come nel sistema positivo, “la vittima, da sconosciuta nel sistema cautelare, divent(i) protagonista”
In questa visione, propria della vittimologia, l’attenzione del Legislatore, e più ancora degli interpreti in un sistema orami irreversibilmente votato all’approdo pretorile, deve essere rivolta a coloro che “subiscono il crimine, con strumenti capaci di incidere nel processo decisionale.
La persona offesa dal reato, la vittima dello stesso diviene dunque, a sensi della ricostruzione proposta dalla Corte, protagonista nelle e delle scansioni che caratterizzano lo status cautelare ed i suoi (possibili) cambiamenti, assumendo la veste di interlocutore necessario.
Essa ha diritto, anche a sensi della legge 15.10.2013 n. 119 e del d.lgs. 15.12.2015 n. 212, “di avere piena e completa informazione circa l’evoluzione del procedimento cautelare in modo da consentirle di prendere le proprie decisioni nel procedimento cautelare (con memorie) e nella vita sociale per evitare ulteriori delitti (o pericoli) a suo danno”
La conclusione del ragionamento, logica partendo dal punto di vista espresso dai giudici della terza sezione, è che il sistema positivo, inteso quale complesso normativo formato dalla norma procedurale e dalla norma sostanziale, voglia evitare in modo assoluto che la vittima sia posta di fronte al fatto compiuto di una scarcerazione o di una modifica della misura cautelare, senza una previa informazione, finalizzata alla sua attiva partecipazione al procedimento cautelare e conseguente tutela della propria persona con comportamenti atti ad evitare eventuali pericoli che la revoca o la modifica della misura cautelare potrebbero comportare.
Possiamo concludere questo commento con un’unica certezza: il tenore dell’articolo 299 comma 3 del c.p.p. è assolutamente chiaro, ma certamente non univoco.
Avv. Claudio Bossi