Lavoro e Previdenza
Licenziabile il dipendente che denigra l’ azienda.
Licenziabile il dipendente che
denigra l’azienda.
Cassazione – Sezione lavoro –
sentenza 29 marzo – 14 settembre 2007, n. 19232
Presidente Mattone – Relatore
Cuoco
Pm Fuzio – Parzialmente conforme
– Ricorrente Multimedica Holding Spa – Controricorrente Rossetti
Svolgimento del processo
Con sentenza del 16 aprile 2003
il Tribunale di Monza, accogliendo la domanda proposta da
Elena Rossetti, dichiarò l’illegittimità del licenziamento intimato
dalla Multimedica Holding S.p.a. l’8 aprile 2002 e condannò la Società alla
reintegrazione nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno.
Con sentenza del 27 dicembre 2004
la Corte
d’Appello di Milano limitò il risarcimento del danno al pagamento
dell’indennità pari alle retribuzioni dal licenziamento al 30 settembre 2002,
nel resto confermando la sentenza del primo giudice.
Analiticamente esaminando
gli elementi dell’impugnazione, il giudicante osserva che:
1. in ordine alla
contestazione del 27 marzo 2002, poiché la lettera di giustificazioni e la
lettera di licenziamento sono egualmente datate 8 aprile 2002, la deduzione
della Società, per cui il termine di 5 giorni dalla
contestazione può anche non rispettarsi ove il lavoratore abbia presentato le
sue giustificazioni, è inconferente;
2. in ordine alla contestazione
del 14 febbraio 2002:
2.a. il
fatto di aver "proferito espressioni offensive sulla capacità e sulla
professionalità del personale", per la sua genericità (esaurendosi in un
aggettivo), non consente di percepirne la rilevanza e la gravità;
2.b. il
fatto di aver divulgato "gli addebiti contenuti nella precedente lettera
di contestazione del 12 febbraio (relativi al ritrovamento di prodotti scaduti
presso il blocco operatorio), assume scarso significato, poiché la Rossetti si era limitata
a parlare con altri dipendenti (non con terzi), e la consistenza del lamentato
"danno di immagine" non è comprensibile;
3. anche i fatti relativi alla
contestazione del 26 febbraio 2002 (essersi recata, pur cautelarmente sospesa,
presso la sede della Società, avere chiesto di parlare con la R.S.I. ed avere tentato
contatti con il personale al fine di propalare notizie offensive nei confronti
della Società) sono poco significativi, poiché la sospensione cautelare non
poteva impedire alla Rossetti di entrare in azienda; ed
il comportamento era solo alquanto scorretto;
4. in ordine alla
contestazione del 12 febbraio 2002 (ritrovamento di prodotti scaduti presso il
blocco operatorio), il fatto stesso non è provato con certezza
(poiché la Rossetti
era stata assente dal 4 febbraio: ed altri aveva avuto la gestione degli
armadi) ed è di limitata entità (la pregressa scadenza del materiale non era
particolarmente “eccessiva”).
I fatti in contestazione non
integravano una giusta causa, e, non configurando un grave inadempimento degli
obblighi contrattuali, non costituivano neanche un giustificato motivo
oggettivo.
Poiché la Società non aveva
specificamente dedotto sull’esatto ammontare del danno per il mancato utilizzo
di materiale (per Euro 7.129), sulla tempistica delle ordinazioni e sul
rapporto causale fra la funzione della Rossetti ed il
danno, la condanna della Società alla restituzione della somma in quanto
indebitamente trattenuta, era legittima.
Per la cassazione di questa
sentenza la
Multimedica Holding S.p.a. propone ricorso, articolato in 8
motivi, e coltivato con memoria; Elena Rossetti resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo,
denunciando per l’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
violazione dell’art. 7 della Legge 20 maggio 1970 n. 300 e dell’art. 2119 cod.
civ. nonché insufficiente motivazione, la ricorrente
sostiene che:
1.a. i
fatti esposti nella lettera del 27 marzo 2002, “seppur non costituenti
legittima contestazione in senso formale, concorrono al convincimento del
Giudice in ordine ad aspetti quali la personalità del lavoratore, la continuità
dei comportamenti illegittimi, la prevedibile reiterabilità dei fatti, …
inserendosi nella valutazione ai fini della determinazione della legittimità
del licenziamento”;
1.b. d’altro
canto, il giudice può ben tener conto "dei fatti antecedenti i due anni,
per valutare il complessivo comportamento del lavoratore";
l.c. e
nel caso in esame i fatti contestati il 27 marzo 2002 ed accertati l’11 marzo
2002 erano integrazione e reiterazione di quelli relativi alla contestazione
del 12 febbraio 2002.
2. Con il secondo motivo,
denunciando per l’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
violazione dell’art. 7 della Legge 20 maggio 1970 n. 300 e degli artt. 115 e
244 cod. proc. civ. e dell’art. 1362 cod. civ. nonché insufficiente motivazione, la ricorrente, in
relazione alla contestazione del 14 febbraio 2002, sostiene che:
2.a. la
frase "ha proferito espressioni offensive sulla capacità e sulla
professionalità del personale, ed in particolare nei confronti della signora S.
Grandi (caposala del reparto sterilizzazione) e nei confronti della signora
Soffiantini (caposala del day hospital)", era completa ed esaustiva:
erroneamente il giudicante aveva ritenuto che la contestazione non consentiva
di valutare la rilevanza e la gravità disciplinare delle espressioni;
2.b. poiché
la specificità della contestazione ha la funzione di consentire al lavoratore
di presentare le proprie giustificazioni, nel caso in esame il fatto che la Rossetti, con la lettera
di giustificazioni, aveva dichiarato che essa non aveva "mai pronunciato
espressioni di questo genere", dimostrava che ella aveva ben compreso i
fatti contestati ed aveva avuto la possibilità di difendersi.
2.c. la
ricorrente aveva divulgato il contenuto della contestazione del 12 febbraio
2002 (erano stati rinvenuti nella struttura ospedaliera medicinali ed
attrezzature e supporti medico ‑ chirurgici scaduti, mobili e
suppellettili non sterilizzati, nonché ‑ quali oggetti estranei alla
struttura ‑ creme per mani di uso personale con cibi e bevande varie); la
propalazione di queste notizie riservate “ledeva l’estimazione di serietà d’una
struttura ospedaliera particolarmente nota e di alto prestigio, quale è la Multimedica”;
2.d. il
giudice non aveva ammesso le prove richieste per l’accertamento dei fatti.
3. Con il terzo motivo,
denunciando per l’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e degli artt.
2119, 2094 e 2104 cod. civ. nonché insufficiente
motivazione, ed in relazione alla contestazione del 26 febbraio 2002, la
ricorrente sostiene che:
3.a. poiché
la Rossetti
era stata ripetutamente ed inutilmente invitata a lasciare la struttura, il suo
comportamento integrava il reato di violazione di domicilio;
3.b. il
suo comportamento concretizzava una grave insubordinazione, in quanto
violazione di ordini e disposizioni impartite;
3.c. valutando
come generico l’addebito (“aver cercato contatti con il personale al fine di
propalare notizie e valutazioni offensive nei confronti della Società”), il
giudicante non aveva dato alcuna motivazione.
4. Con il quarto motivo,
denunciando per l’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. nonché
insufficiente motivazione, ed in relazione alla contestazione del 12 febbraio
2002, la ricorrente sostiene che:
4.a. non
si era considerato che i fatti addebitati riguardavano la sicurezza e l’igiene
di un ospedale, ed in particolare di uno dei blocchi operatori;
4.b. l’avvenuta
scadenza di medicinali e strumenti in tempi remoti o non remoti non escludeva
l’inadempimento dell’obbligo della Rossetti e la gravità del fatto;
4.c. la
ritenuta assenza della Rossetti dal 4 febbraio 2002 avrebbe potuto incidere
solo sulla presenza degli oggetti personali (estranei alla struttura): non sulla
scadenza di medicinali e supporti;
4.d. l’inadempimento
della Rossetti era da valutare con riguardo alla particolare natura della sua
attività ed al grado di diligenza richiesta.
5. Con il quinto motivo,
denunciando per l’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art.
2119 cod. civ. nonché insufficiente motivazione, la
ricorrente sostiene che il prestatore deve fornire una prestazione funzionale
alla categoria, alla qualifica, alle funzioni ed ai poteri assegnatile; il
giudicante non aveva tenuto conto della particolare posizione della Rossetti,
che era infermiera professionale e Capo sala, ed assumeva la conseguente
rilevante responsabilità.
6. Con il sesto motivo,
denunciando per l’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art.
2119 cod. civ. nonché insufficiente motivazione, la
ricorrente sostiene che il primo giudice (come segnalato con l’appello) aveva
valutato atomisticamente i singoli comportamenti addebitati, svalutandone il
peso e la portata complessivi, senza valutarli nel loro complesso e nella loro
globalità, e senza tener conto della gravità del comportamento e della
"continuazione" degli inadempimenti; ed il giudice d’appello non
aveva preso in esame la censura formulata nei confronti di questa errata
valutazione.
7. Con il settimo motivo,
denunciando per l’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
violazione dell’art. 3 della Legge 15 luglio 1966 n. 604 e dell’art. 2119 cod.
civ. nonché insufficiente motivazione, la ricorrente
sostiene che il giudicante non aveva dato motivazione alcuna del fatto che
mancherebbe anche il giustificato motivo oggettivo.
8. Con l’ottavo motivo,
denunciando per l’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e dell’art.
2119 cod. civ. nonché insufficiente motivazione sulla
mancata ammissione delle prove orali, la ricorrente sostiene che il giudicante
non aveva preso in esame le specifiche ed analitiche richieste istruttorie,
formulate in primo grado e riproposte con l’appello.
9. I motivi, che essendo
interconnessi devono essere esaminati congiuntamente, sono, per quanto di
ragione, fondati.
10. Su un piano generale è da
premettere che:
10.a. in
tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, allorquando siano
contestati al dipendente diversi episodi, il giudice di merito non deve
valutarli separatamente, bensì globalmente, al fine di verificare se la loro
rilevanza complessiva sia tale da minare la fiducia che il datore di lavoro
deve poter riporre nel dipendente (e plurimis, Cass. 23 marzo 20206 n. 6454);
ed invero, la stessa molteplicità degli episodi, oltre ad esprimere
un’intensità complessiva maggiore dei singoli fatti (e della loro somma
aritmetica), delinea una persistenza che è di per sé ulteriore negazione degli
obblighi del dipendente, ed una potenzialità negativa sul futuro adempimento di
tali obblighi; poiché il singolo comportamento può assumere valore di giusta
causa indipendentemente dalla specifica previsione contrattuale, la molteplicità
(quale moltiplicazione di singoli fatti pur di per sé soli insufficienti) deve
essere valutata anche da questa angolazione (ciò, indipendentemente dal formale
rilievo della recidiva);
10.b. nel
giudicare se la violazione disciplinare addebitata al lavoratore abbia
compromesso la fiducia necessaria ai fini della permanenza del rapporto di
lavoro e quindi costituisca giusta causa di licenziamento, va tenuto presente
che l’intensità della fiducia richiesta è differenziata a seconda della natura
e della qualità del singolo rapporto, della posizione delle parti, dell’oggetto
delle mansioni e del grado di affidamento che queste richiedono, e che il fatto
concreto deve essere valutato nella sua portata oggettiva e soggettiva,
attribuendo rilievo determinante, ai fini in esame, alla sua potenzialità di
negazione della futura correttezza dell’adempimento (e plurimis, Cass. 10
giugno 2005 n. 12263).
11. Nel caso in esame,
11.a. nella molteplicità delle
contestazioni e nella molteplicità dei fatti interni alle singole
contestazioni, una valutazione globale del comportamento è assolutamente
assente;
11.b. i singoli fatti addebitati
non sono stati in alcun modo valutati nell’ambito
della particolare delicatezza della funzione assegnata (infermiera
professionale in un ospedale), dello specifico settore in cui il lavoro si
svolgeva (blocco operatorio), della elevata responsabilità che ne conseguiva, e
della fiducia che esigeva;
11.c. ciò
è dirsi in modo particolare per i fatti oggetto della contestazione del 12
febbraio 2002 (medicinali scaduti, attrezzature e supporti medico ‑
chirurgici scaduti, mancata sterilizzazione di mobili e suppellettili,
ingiustificata presenza di creme per mani di uso personale nonché cibi e
bevande); né il giudicante ha dato adeguata ragione della decisione, in
considerazione della specifica competenza della Rossetti in materia, né del
differenziato rilievo conferito a scadenze recenti (e del ritenuto minore
potenziale danno), né della ritenuta non gravità che i fatti assumevano (in
relazione al luogo: blocco operatorio d’una struttura ospedaliera)
particolarmente nei confronti dei terzi degenti;
11.d. né
(in relazione a quanto prospettato nel secondo motivo del ricorso) il
giudicante ha dato ragione alcuna della ritenuta assenza di danno che la divulgazione
(anche nei confronti dello stesso personale dell’azienda, nonché per la
diffusiva potenzialità verso l’esterno) della notizia (presenza di medicinali
ed attrezzature e supporti medico ‑ chirurgici scaduti) assumeva per
l’immagine d’una struttura ospedaliera.
12. Il ricorso, per quanto di
ragione, deve essere accolto. Con la conseguente cassazione della sentenza, la
causa deve essere rinviata a contiguo giudice di merito, che applicherà gli
indicati principi (precedentemente esposti sub "10.") adeguatamente
valutando i fatti dedotti in controversia (esposti sub “11.”) e nel contempo
provvedendo alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso,
per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata; e rinvia alla Corte
d’Appello di Brescia, anche per le spese dei giudizio
di legittimità.