Penale
Le limitazioni procedurali alle intercettazioni non incidono sull’obbligo dell’azione penale
Le limitazioni procedurali alle intercettazioni non incidono sull’obbligo dell’azione penale
Corte costituzionale ordinanza 5-6 luglio 2004, n. 209
Presidente Zagrebelsky Relatore Flick
Ritenuto
che con lordinanza in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dellarticolo 268 comma 3 del Cpp, in forza del quale il pubblico ministero può disporre, con provvedimento motivato, che le operazioni di intercettazione siano compiute mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria unicamente quando gli impianti installati nella procura della Repubblica risultino insufficienti o inidonei ed esistano eccezionali ragioni di urgenza; nonché dellarticolo 271 comma 1 del medesimo codice, nella parte in cui prevede linutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni qualora non siano state osservate le disposizioni di cui al citato articolo 268 comma 3;
che il giudice a quo premette di essere investito di una richiesta di rinvio a giudizio, formulata dal pubblico ministero nei confronti di persona imputata del reato di illecita detenzione e cessione a terzi di sostanze stupefacenti: contestazione fondata essenzialmente sui risultati di una serie di intercettazioni telefoniche, eseguite mediante impianti in dotazione allArma dei Carabinieri;
che nel corso delludienza preliminare il difensore dellimputato aveva eccepito linutilizzabilità di tali risultati ai sensi degli articoli 268 comma 3, e 271 comma 1Cpp stante il difetto, nei provvedimenti del pubblico ministero che avevano disposto il compimento delle operazioni, di ogni motivazione riguardo ai presupposti legittimanti lutilizzazione di impianti esterni alla procura della Repubblica: eccezione che, ad avviso del giudice a quo, si presenterebbe fondata;
che secondo il rimettente, tuttavia, la sanzione di inutilizzabilità, posta dal legislatore a presidio dellosservanza delle regole di cui allarticolo 268 comma 3 Cpp risulterebbe affatto irragionevole;
che, al riguardo, il giudice a quo ricorda come questa Corte nello scrutinare, con ordinanze 259/01 e 304/00, analoghe questioni di legittimità costituzionale abbia escluso lipotizzato vulnus del principio di ragionevolezza, affermando che la disciplina in esame risponde allesigenza evidenziata nella sentenza 34/73 di prevenire abusi in sede di esecuzione delle operazioni, evitando, in specie, che gli organi ad essa preposti effettuino controlli sul traffico telefonico al di fuori di una specifica e puntuale verifica da parte dellautorità giudiziaria;
che tale giustificazione la quale poggia sul presupposto che lutilizzazione di impianti intra moenia consenta un controllo da parte del pubblico ministero, viceversa non garantito nel caso di impiego di impianti esterni risulterebbe peraltro anacronistica, a fronte del progresso tecnologico e del correlato mutamento delle modalità tecniche di esecuzione delle operazioni di intercettazione: mutamento sul quale lordinanza di rimessione si sofferma in modo diffuso;
che attualmente, infatti, dette operazioni non si eseguirebbero più, come in passato, collegando materialmente dei cavi presso impianti pubblici di telefonia sistema che poteva prestarsi, in effetti, ad abusi da parte della polizia giudiziaria ma tramite la comunicazione del decreto del pubblico ministero al gestore del servizio telefonico, i cui tecnici provvedono quindi ad inserire il numero telefonico cellulare da intercettare allinterno di un sistema automatizzato, convogliando la relativa fonia presso il punto di ascolto sino allo scadere del periodo di intercettazione indicato nel decreto stesso;
che, in simile cornice operativa, i paventati abusi della polizia giudiziaria risulterebbero «ben difficili e collegati solo ad attività patologiche e di rilevanza penale» (quale, ad esempio, la comunicazione al gestore telefonico di falsi decreti): attività peraltro possibili anche qualora le operazioni venissero eseguite tramite gli impianti installati nella procura della Repubblica;
che, in difetto di unadeguata ratio tecnica, le disposizioni impugnate sacrificherebbero dunque ingiustificatamente linteresse pure costituzionalmente garantito alla prevenzione e alla repressione dei reati;
che esse impedirebbero, infatti, per ragioni puramente contingenti quale la mancanza di impianti presso la procura della Repubblica di svolgere indagini che pure lo stesso legislatore presuppone come «assolutamente indispensabili» (tale essendo la condizione che legittima le intercettazioni), ove non concorra lulteriore requisito dell«eccezionale urgenza»: requisito che qualora non venga fatto coincidere con la stessa «indispensabilità investigativa» (il che lo renderebbe peraltro superfluo) finirebbe per precludere «nella stragrande maggioranza dei casi», con intrinseca incoerenza dellassetto normativo, il ricorso al mezzo investigativo in questione;
che, a fronte di ciò, risulterebbe ancor più irragionevole che linosservanza delle regole sulla localizzazione degli impianti venga equiparata dallarticolo 271 comma 1 Cpp quanto alla previsione della sanzione di inutilizzabilità alle ipotesi di totale mancanza di autorizzazione e di esecuzione delle intercettazioni fuori dei casi consentiti;
che le norme impugnate risulterebbero altresì incompatibili con larticolo 112 Costituzione;
che in presenza, infatti, di un reato accertato attraverso intercettazioni telefoniche, contrasterebbe con il principio di obbligatorietà dellazione penale impedire che questultima venga esercitata tramite la previsione dellinutilizzabilità della fonte di prova per violazione di una norma irragionevole, quale dovrebbe ritenersi quella dellarticolo 268 comma 3 Cpp;
che, in base a tale considerazione, il rimettente invita quindi questa Corte a rivedere la posizione assunta con la citata ordinanza 259/01, che aveva negato la lesione anche del parametro costituzionale da ultimo indicato;
che nel giudizio di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata.
Considerato
che come lo stesso giudice rimettente ricorda questa Corte ha già escluso che le disposizioni impugnate si pongano in contrasto con gli articoli 3 e 112 della Costituzione, dichiarando manifestamente infondate questioni di legittimità costituzionale analoghe a quella odierna (cfr. ordinanza 259/01; e, in riferimento al solo articolo 3 Costituzione, ordinanza 304/00);
che, riguardo alla supposta violazione dellarticolo 3 Costituzione, questa Corte ha in particolare rilevato che lavere il legislatore in adesione allinvito alla predisposizione di garanzie anche tecniche per leffettuazione delle operazioni di intercettazione, formulato dalla Corte stessa con sentenza 34/1973 privilegiato limpiego degli apparati esistenti negli uffici giudiziari, dettando una disciplina volta a circoscrivere con apposite garanzie luso di impianti esterni, non può qualificarsi, in sé, come scelta arbitraria, avuto riguardo anche alla particolare invasività del mezzo nella sfera della segretezza e libertà delle comunicazioni costituzionalmente presidiata: e ciò proprio perché si tratta di una scelta finalizzata «ad evitare che gli organi deputati alla esecuzione delle operazioni di intercettazione ed al relativo ascolto» possano «operare controlli sul traffico telefonico al di fuori di una specifica e puntuale verifica da parte dellautorità giudiziaria»;
che, quanto al carattere anacronistico impresso, in assunto, ad una simile giustificazione dallevoluzione delle modalità tecniche di esecuzione delle intercettazioni che lodierna ordinanza di rimessione prospetta quale argomento nuovo non è evidentemente compito di questa Corte inseguire il «progresso tecnologico», valutando se esso renda necessario od opportuno un adeguamento, o addirittura il superamento delle originarie regole di cautela: trattandosi, al contrario, di valutazione istituzionalmente rimessa al legislatore;
che, analogamente, rientra in un ragionevole ambito di discrezionalità legislativa avuto riguardo alla pregnanza dei valori in gioco stabilire se la violazione delle regole di cui si discute debba essere o meno equiparata, sul piano della sanzione processuale, alla carenza dellautorizzazione e allesecuzione delle intercettazioni al di fuori dei casi consentiti dalla legge;
che con riguardo, infine, allasserita violazione dellarticolo 112 Costituzione, resta pienamente valida laffermazione che le disposizioni censurate non incidono sullobbligo del pubblico ministero di esercitare lazione penale, ma si limitano a stabilire, «con finalità di salvaguardia di un valore di rango costituzionale», «le garanzie tecniche di espletamento di un mezzo di ricerca della prova particolarmente invasivo» (cfr. ordinanza 259/01);
che la questione deve essere dichiarata, pertanto, manifestamente infondata.
Visti gli articoli 26 comma 2 della legge 87/1953, e 9 comma 2 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PQM
La Corte costituzionale dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 268 comma 3 e 271 comma 1del Cpp sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 112 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze con lordinanza indicata in epigrafe.