Civile
Le cure all’ estero sono rimborsate solo se autorizzate dall’ ASLLe cure all’ estero sono rimborsate solo se autorizzate dall’ ASL Le cure all’ estero sono rimborsate solo se autorizzate dall’ ASL
Consiglio di Stato – Sezione quinta – decisione 18 novembre 2003-29 gennaio 2004, n. 309 Presidente Quaranta – estensore Deodato Ricorrente Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Como Fatto e diritto 1. Con la sentenza appellata veniva annullato, in accoglimento del ricorso proposto dal Sig. Francesco Frigerio, il diniego di autorizzazione, adottato dall’Asl di Como sulla base del parere contrario reso dal centro regionale di riferimento, alla fruizione da parte del ricorrente di assistenza sanitaria indiretta presso un centro di altissima specializzazione all’estero. Avverso tale decisione proponeva rituale appello l’Asl di Como, criticando la correttezza del giudizio di illegittimità del proprio provvedimento negativo e domandando la riforma della statuizione gravata e la conseguente reiezione del ricorso di primo grado. Resisteva il Frigerio, difendendo il convincimento espresso dai primi giudici, ribadendo l’illegittimità del diniego originariamente impugnato e concludendo per la conferma della pronuncia del suo annullamento. Con ordinanza 1261, resa nella camera di consiglio dell’1 aprile 2003, veniva sospesa l’esecuzione della sentenza appellata. Alla pubblica udienza del 18 novembre 2003 il ricorso veniva trattenuto in decisione. 2. L’appello è fondato e merita accoglimento. 2.1. Occorre premettere brevi cenni sulla normativa di riferimento, alla cui stregua deve giudicarsi la legittimità del diniego controverso, onde ricavarne le regole di condotta che presiedono all’attività amministrativa giudicata. L’articolo 3, comma 1, della legge 595/85 afferma, in via generale, che le prestazioni di assistenza sanitaria vengono erogate in via diretta dalle strutture pubbliche o da quelle private convenzionate con il servizio sanitario nazionale, ma il comma 5 della medesima norma, stabilisce, in deroga al predetto principio, la possibilità per i cittadini residenti in Italia di fruire in forma indiretta di prestazioni sanitarie presso centri di altissima specializzazione ubicati all’estero e riserva ad un decreto del ministro della Sanità (oggi: della Salute) la determinazione regolamentare dei criteri e delle modalità di accesso a tale forma di assistenza. Il decreto ministeriale 3 novembre 1989, emanato in attuazione dell’articolo 3, comma 5, legge 595/85, ha, quindi, chiarito che possono essere erogate in forma indiretta le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione che non sono ottenibili tempestivamente o adeguatamente presso i presidi e servizi pubblici o convenzionati con il Ssn (articolo 2) ed ha definito le caratteristiche essenziali che devono possedere i centri di altissima specializzazione all’estero, assegnando al centro regionale di riferimento territorialmente competente il compito di valutare la sussistenza dei predetti requisiti (articolo 5). Dalla disciplina, primaria e secondaria, di riferimento si ricava, quindi, che l’assistenza sanitaria indiretta costituisce una forma eccezionale di erogazione del servizio, che la stessa postula l’inidoneità, sotto il profilo (temporale) della tempestività o sotto quello (qualitativo) dell’adeguatezza, delle strutture pubbliche o private convenzionate con il Ssn ad assicurare una prestazione conforme alle esigenze dell’utente e che, comunque, la fruizione di assistenza presso centri di altissima specializzazione all’estero dev’essere espressamente autorizzata, in esito ad una valutazione della ricorrenza degli anzidetti presupposti – che si risolve, a ben vedere, nella verifica dell’inesistenza di una struttura italiana (pubblica o privata – convenzionata) capace di fornire (tempestivamente o adeguatamente) la terapia o la riabilitazione richieste dall’interessato. 2.2. Come si vede, l’apprezzamento riservato al centro regionale di riferimento in merito alla sussistenza dei presupposti per l’ammissione dell’utente alla fruizione dell’assistenza in forma indiretta risulta connotato da un elevato tasso di discrezionalità tecnica, dovendosi accertare l’idoneità del personale, delle attrezzature e dei protocolli terapeutici a disposizione del Ssn a soddisfare le esigenze di cura e riabilitazione dell’interessato, che non permette un sindacato pregnante della legittimità della scelta finale e che impone, anzi, di circoscrivere il giudizio di legalità al rispetto dei canoni di condotta imposti dalla menzionata normativa di riferimento. Occorre, quindi, in particolare, verificare se l’amministrazione sanitaria ha proceduto, in concreto, all’analisi della possibilità di fruire in forma diretta della medesima prestazione richiesta e, in caso positivo, se abbia o meno espressamente indicato le strutture del Ssn capaci di erogarla. 2.3- In applicazione di tali parametri di giudizio, si deve rilevare che, nella fattispecie, il centro regionale di riferimento ha correttamente proceduto, in coerenza con le regole di condotta sopra delineate, a verificare la praticabilità della terapia richiesta dal Frigerio nelle strutture nazionali, riferendo, addirittura, che «la patologia è trattabile presso qualsiasi divisione oculistica italiana», ed ha provveduto ad indicare nella Divisione Oftalmica degli Ospedali Civili di Brescia e dell’Ospedale di Milano i centri di cura disponibili del Ssn. Ora, a fronte di conclusioni così sicure, puntuali ed univoche raggiunte dall’organismo titolare della relativa potestà valutativa, appare arduo negare, come ha erroneamente fatto il Tar, che l’amministrazione sanitaria abbia congruamente valutato la possibilità per l’interessato di ricevere le medesime prestazioni, in forma adeguata, presso strutture pubbliche in Italia: risulta, al contrario, da un’indagine formale (nella quale si risolve il sindacato di legalità configurabile nella fattispecie considerata), che quella delibazione è stata compiuta, non solo in astratto ma anche in concreto, e che ha dato esito sfavorevole per l’interessato. 2.4. In presenza di un accertamento così preciso circa la soddisfacente praticabilità in Italia della medesima terapia richiesta dall’utente, peraltro, ogni diverso apprezzamento (pure astrattamente concepibile e, nella fattispecie, sollecitato dal ricorrente) esigerebbe l’acquisizione di informazioni scientifiche (allo stato non disponibili, siccome non allegate dalla parte oneratavi) che smentiscano validamente, sotto un profilo strettamente tecnico, il parere reso dal centro regionale, risolvendosi, in caso contrario, in una inammissibile sostituzione arbitraria della valutazione del giudice a quella dell’amministrazione. 2.5. Ne consegue che il diniego controverso si rivela conforme alle regole di azione dettate nella disciplina di riferimento e che risulta, quindi, immune dai vizi denunziati a suo carico dall’originario ricorrente e, in parte, riscontrati con la decisione appellata. 3. Alle considerazioni che precedono conseguono, in conclusione, l’accoglimento dell’appello e, in riforma della decisione impugnata, la reiezione del ricorso in primo grado. 4. Ragioni di equità giustificano la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi di giudizio. PQM Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quinta, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, in riforma della decisione appellata, respinge il ricorso in primo grado; dichiara compensate le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio. ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.