Lavoro e Previdenza
Le critiche all’ azienda non costituiscono giusta causa di licenziamento salvo che non trascendano in offese e denigrazioniCassazione – Sezione Lavoro – sentenza 3 novembre 2004-17 gennaio 2005, n. 775
Le critiche allazienda non costituiscono giusta causa di licenziamento salvo che non trascendano in offese e denigrazioni
Cassazione – Sezione Lavoro – sentenza 3 novembre 2004-17 gennaio 2005, n. 775
Presidente Sciarelli – relatore Lamorgese
Svolgimento del processo
La domanda proposta da Francesco Lonzi nei confronti dellAssociazione Industriale Bresciana, alle cui dipendenze aveva lavorato come dirigente e dalla quale asseriva di essere stato illegittimamente licenziato, per ottenere lindennità sostitutiva del preavviso, la penale prevista dal ccnl, il risarcimento del danno biologico e morale, rigettata dal Tribunale di Brescia con pronuncia del 31 luglio 2000, era parzialmente accolta dalla Corte di appello di quella città, con sentenza depositata il 28 novembre 2001.
Riguardo ai numerosi addebiti contestati dallAssociazione al predetto dirigente, il giudice del gravame in parte li riteneva insussistenti e per altra parte li ridimensionava, escludendo che potessero avere alcuna valenza ai fini della cessazione del rapporto; mentre i tre addebiti, ritenuti dimostrati e che concernevano a) il funzionamento di un Comitato operativo rientrante nel progetto organizzativo stilato dal medesimo dirigente, b) la continua sovrapposizione e interferenza di ruoli e compiti del dirigente Lonzi e del direttore DErasmo, c) la scarsa collaborazione del primo nei confronti del secondo nellambito della vicenda dellanagrafe e della riscossione dei contributi associativi, li inquadrava come manifestazioni dellinsanabile contrasto venutosi a creare tra il Lonzi e il direttore DErasmo, contrasto che aveva indotto lAssociazione a recedere dal rapporto di lavoro con il Lonzi. Il giudice del gravame specificava che nessuno degli addebiti che erano stati provati aveva un contenuto di responsabilità soggettiva tale da elidere lelemento fiduciario del rapporto in modo così totale da renderne impossibile la prosecuzione anche solo per il periodo di preavviso. Condannava lappellata perciò al pagamento in favore del Lonzi della relativa indennità sostitutiva, mentre confermava il rigetto delle altre richieste formulate dallex dirigente, in quanto il recesso risultava comunque giustificato.
La cassazione di questa sentenza è stata richiesta dallAssociazione con ricorso basato su quattro motivi, illustrati con memoria.
Laltra parte ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale con tre motivi.
Motivi della decisione
I due ricorsi, in quanto proposti contro la stessa sentenza, devono essere riuniti.
Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione e/o falsa applicazione dellarticolo 2119 Cc e vizio di motivazione. Censura la sentenza impugnata, perché, pur avendo ritenuto lesistenza di un insanabile contrasto tra il dirigente Lonzi e il suo superiore gerarchico, di nocumento ad un ordinato e proficuo svolgimento dellattività e dei rapporti aziendali tale da richiedere un intervento drastico e risolutivo, ha poi escluso che quel contrasto integrava una giusta causa di recesso. Deduce che la stessa sentenza aveva evidenziato come il comportamento del Lonzi, manifestato con lirrigidimento delle proprie posizioni, con sostanziale mancanza di collaborazione e nello scontro aperto con il direttore, andava a incidere sullelemento fiduciario del rapporto, ma poi aveva concluso per linesistenza di una giusta causa di licenziamento.
La censura non è fondata. Il giudice del merito ha evidenziato tutta una situazione che traeva origine da ragioni lontane e prossime e nelle implicazioni operative, e nel contempo la mancanza di una responsabilità del dirigente poi licenziato, tale da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto anche solo per il periodo di preavviso. Da un lato, lassenza di responsabilità del dipendente nella determinazione della rimarcata situazione di contrasto fra i vertici dellamministrazione esclude che quella situazione possa integrare una giusta causa di licenziamento, intesa come mancanza addebitabile al dipendente di gravità tale da farlo ritenere inidoneo alla prosecuzione del rapporto, e, dallaltro lato, considerato che si trattava di divergenze e difficoltà di rapporti fra i due dirigenti determinatesi non allimprovviso, ma per ragioni lontane e prossime e nelle implicazione operative – alcuni fatti, ha specificato la Corte territoriale, erano molto risalenti nel tempo, e su questa ricostruzione della vicenda non vi è alcuna censura – deve ritenersi che siffatta situazione di contrasto, in quanto tollerata dalla società almeno per un certo periodo, non può essere invocata poi come fatto che renda impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro anche soltanto per il periodo del preavviso. La sentenza impugnata per uno delle contestazioni, ritenute ampiamente provate attraverso le deposizioni dei testi e la documentazione acquisita, riferendosi in particolare al funzionamento del Comitato operativo ha sottolineato che esso non aveva mai funzionato nel modo desiderato, in quanto osteggiato innanzi tutto dai dirigenti di settore & tantè che le riunioni da settimanali (erano) diventate bisettimanali, e coerente con questo accertamento è largomentazione svolta dalla sentenza impugnata laddove ha messo in luce che le divergenze e i dissidi fra i dirigenti erano noti allAssociazione ed erano stati da essa tollerati.
Il secondo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2119 e 2967 cod. civ. Critica la sentenza impugnata, perché malgrado le accertate critiche del dirigente Lonzi nei confronti dellAssociazione e dei suoi vertici, non ha ritenuto sussistente la giusta causa di recesso.
Il motivo è infondato.
Il giudice del merito ha escluso la sussistenza delle denigrazioni e, considerate le critiche generiche, formulate senza che fosse dimostrato il loro contenuto – i testimoni si erano limitati a riferire che le critiche erano rivolte nei confronti dei vertici dellAssociazione – le ha ritenute episodi non integranti una giusta causa di recesso. Si tratta di una valutazione congruamente motivata e immune da errori logico-giuridici. Infatti, come più volte ha avuto occasione di rilevare la giurisprudenza di questa Corte, perché le critiche possano costituire una giusta causa di licenziamento occorre che esse travalichino i limiti della correttezza e che il comportamento del dipendente si traduca in un atto illecito, quale lingiuria o la diffamazione, o comunque in una condotta manifestamente riprovevole, così potendo riscontrarsi, sotto il profilo sia soggettivo che oggettivo, quella gravità necessaria e sufficiente a compromettere in modo irreparabile il vincolo fiduciario, e tale da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto (Cassazione 10511/98, Cassazione 19350/93). La censura svoltasi limita, invece, ad insistere sulla valenza denigratoria delle critiche mosse dal Lonzi ai vertici dellAssociazione, senza che, come si è detto, ne sia stato accertato il contenuto, e quindi si risolve in una inammissibile richiesta di riesame della medesima circostanza.
Il terzo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1362 e 2119 Cc. Addebita al giudice del merito di avere negato in relazione al licenziamento del dirigente il concetto di immediatezza, da intendersi in senso relativo. Nella specie, si assume in ricorso, si era trattato di una giusta causa a formazione progressiva, e nella deposizione resa il teste Bui aveva riferito ai vertici dellAssociazione in merito alle critiche del Lonzi ed al suo tentativo di esautorare il direttore DErasmo solo dopo il 19 giugno 1996, mentre la lettera di contestazione è del successivo giorno 24.
Anche questa censura deve essere disattesa. La sentenza impugnata non ha affatto rilevato un difetto di immediatezza della contestazione, ma come risulta chiaramente dal brano della sentenza, riportato nel presente ricorso (v. fine di pag. 28 e pag. 29) e da cui la ricorrente vorrebbe desumere la violazione del principio di diritto indicato, la Corte territoriale ha osservato che essendo alcuni fatti risalenti nel tempo, era necessario adottare un criterio rigoroso nella valutazione della prova della sussistenza e della rilevanza degli stessi fatti, che la giustificazione del recesso dal rapporto di lavoro con il dirigente può essere tratta da analisi complessiva del suo operato e non solo dai fatti immediatamente precedenti il licenziamento, poi aggiungendo che la mancanza di contestazioni immediate può costituire un elemento di interpretazione della volontà delle parti in ordine al contenuto dei reciproci diritti ed obblighi.
Orbene, ciò evidenziato, non si tratta della violazione del criterio della immediatezza tra contestazione degli addebiti e irrogazione della sanzione, violazione che qui non può avere valore causale, non dovendo quel criterio essere osservato nel licenziamento del dirigente (v. fra le più recenti Cassazione 6606/03), come del resto la stessa Associazione sembra propendere, allorché cita Cassazione 3148/99, che è nello stesso senso dellaltro precedente giurisprudenziale.
Il quarto motivo denuncia vizio di motivazione e deduce la contraddizione in cui è caduta la sentenza impugnata, da un lato affermando che lirrigidimento del Lonzi sulle proprie posizioni, con sostanziale rifiuto di collaborazione e scontro aperto con il direttore era un comportamento sicuramente destinato a incidere sullelemento fiduciario del rapporto, e dallaltro negando che alcuno fra gli addebiti mossi al dirigente avesse effettivamente un contenuto di responsabilità soggettiva tale da elidere lelemento fiduciario del rapporto in modo così totale da rendere impossibile la prosecuzione anche solo per il periodo di preavviso.
Il motivo è privo di fondamento. Come è noto il vizio di contraddittorietà della motivazione sussiste allorché esista un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire lidentificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione, ipotesi che qui non ricorre, in quanto il giudice del gravame ha spiegato in modo esauriente le ragioni in base alle quali ha ritenuto che il comportamento del Lonzi non erano di gravità tale da precludere la prosecuzione neppure temporanea del rapporto, anche solo per il periodo di preavviso.
Passando allesame del ricorso incidentale, il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dellarticolo 2697 Cc, 116 Cpc e vizio di motivazione. La sentenza impugnata ha accertato la mancanza di responsabilità del Lonzi in relazione al primo dei tre addebiti innanzi specificati concernente il Comitato operativo, la continua interferenza del direttore DErasmo per il secondo addebito, cioè nella vicenda relativa alla continua sovrapposizione dei ruoli e compiti assegnati al Lonzi, mentre con riferimento al terzo addebito, lirrigidimento del Lonzi sulle proprie posizioni che aveva portato poi a quella netta frattura di rapporti con il DErasmo, il giudice del merito ha omesso di valutare le circostanze che, si assume in ricorso, erano state allegate nellatto di appello sub. 12 pag. 29, e i documenti là indicati, da cui risulta, sottolinea il resistente, che non solo egli si era occupato della questione dellUfficio sviluppo e delle connesse questioni dellanagrafe e dei contributi associativi, ma anche che dette questioni erano state portate a conoscenza del DErasmo. In sostanza per tutti e tre gli addebiti vi era, ad avviso del ricorrente, la prova non di una inadempienza del dirigente, che comunque sarebbe stata di scarsa entità, ma dellesistenza di un contrasto di vedute fra il Lonzi e il DErasmo. In mancanza di addebiti, conclude il ricorrente, il licenziamento è ingiustificato e quindi erroneamente il giudice del merito ha negato lindennità supplementare ai sensi dellarticolo 19 ccnldai, che la prevede per la totale mancanza di giustificatezza del licenziamento.
Il secondo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2119 e 2118 Cc. Assume che erroneamente la Corte territoriale, la quale aveva escluso una giusta causa di recesso, lo ha ritenuto giustificato alla luce delle disposizioni collettive regolanti la materia: per giungere a tale conclusione, il giudice del merito ha operato la conversione del licenziamento per giusta causa in recesso per giustificato motivo, ma nellindividuare la giustificazione del licenziamento nel contrasto insanabile tra il Lonzi e il DErasmo, anziché nelle inadempienze addebitate dallAssociazione al dirigente licenziato, in precedenza escluse dal medesimo giudice, questi ha inammissibilmente mutato i fatti posti a base del licenziamento.
Questi due motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente trattati, sono infondati.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la nozione di giustificatezza del licenziamento, che rileva ai fini del riconoscimento del diritto alla indennità supplementare, spettante in base alla contrattazione collettiva al dirigente, non coincide con quelle di giusta causa o giustificato motivo del licenziamento del lavoratore subordinato, ma è molto più ampia, e si estende sino a comprendere qualsiasi motivo di recesso che ne escluda larbitrarietà, con i limiti del rispetto dei principi di correttezza e buona fede nellesecuzione del contratto, e del divieto del licenziamento discriminatorio (Cassazione 322/03, Cassazione 1591/00 e numerose altre). E si è precisato che fatti o condotte, che con riguardo al rapporto di lavoro in generale non integrano giusta causa o giustificato motivo, possono giustificare il licenziamento del dirigente con conseguente disconoscimento dellindennità supplementare prevista dalla contrattazione collettiva (Cassazione 22/2000). Di conseguenza tutte le circostanze e i documenti di cui il Lonzi lamenta la omessa o insufficiente valutazione – a prescindere dallinosservanza in proposito del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, essendosi il ricorrente incidentale limitato a rinviare alle indicazioni riportate nellatto di appello – sono prive di decisività, e le critiche mosse non riguardano il ragionamento seguito dal giudice del merito laddove ha concluso per la giustificatezza del licenziamento a seguito dellinsanabile contrasto verificatosi tra il Lonzi e il direttore generale DErasmo, che il primo ha pacificamente ammesso anche nel presente ricorso. Ciò esclude anche che ricorra il denunciato vizio di diritto in ordine alla insussistenza di inadempienze che avessero potuto legittimare un recesso per giusta causa, ai sensi dellarticolo 2119 Cc riportato nella rubrica del secondo motivo. Né è riscontrabile in sentenza la asserita conversione del licenziamento per giusta causa in recesso per giustificato motivo, avendo invece la Corte territoriale concluso per la giustificatezza del licenziamento, che, come si è rilevato, è nozione diversa dalla giusta causa e dal giustificato motivo. Neppure ricorre la violazione dellarticolo 2118 Cc, in quanto il giudice del gravame, esclusa la giusta causa del licenziamento, ha riconosciuto al Lonzi lindennità sostitutiva del preavviso.
Rigettati i primi due motivi di ricorso, resta assorbito il terzo, con il quale il Lonzi denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articolo 2043 e 2057 Cc, nonché vizi di motivazione, addebitando alla sentenza impugnata di aver giudicato infondate, senza fornire alcuna motivazione, le richieste di risarcimento delle voci di danno alla salute, allimmagine professionale e alla vita di relazione: la risarcibilità di tali voci di danno presuppone un comportamento illegittimo del datore di lavoro, che il giudice del merito ha escluso, avendo correttamente deciso per la giustificatezza del recesso.
I due ricorsi vanno dunque rigettati.
Ricorrono giusti motivi, anche in considerazione della reciproca soccombenza, per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.
PQM
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa interamente fra le parti le spese del giudizio di cassazione.