Lavoro e Previdenza

Friday 07 October 2005

Lavoro. Valida ed efficace la rinuncia alla facoltà di recesso Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 12 luglio-7 settembre 2005, n. 17817

Lavoro. Valida ed efficace la rinuncia alla facoltà di recesso

Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 12 luglio-7 settembre 2005, n. 17817 Presidente
Ciciretti – relatore Balletti – Pm
Frazzini – parzialmente conforme – ricorrente Air
Vallee Spa

Svolgimento del processo

Con ricorso dinanzi al Tribunale di Aosta Paolo Ronc proponeva
opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui la Spa
Air Valleé (sua ex datrice di lavoro) gli aveva
ingiunto il pagamento della somma di lire 33.000.000, oltre gli interessi
legali, in forza dell’accordo sottoscritto in data 12 luglio 1996 ‑
mediante il quale la cennata società datrice di
lavoro si assumeva ogni onere concernente l’effettuazione di un corso di
abilitazione negli Stati Uniti del Ronc pilota in addestramento di primo livello) e
si conveniva che, in caso di dimissioni del Ronc
prima del termine di quattro anni dalla conclusione di detto corso, lo stesso
avrebbe dovuto rimborsare alla società la somma, appunto, di lire 33.000.000
corrispondente al costo dei corso di abilitazione ‑ e
in relazione al fatto che il Ronc si era dimesso in
data 30 settembre 1997 e, dunque, prima della scadenza dei termine quadriennale
di cui al citato accordo.

Il ricorrente in opposizione deduceva
l’annullabilità dell’accordo in questione ai sensi dell’articolo 2113 Cc, trattandosi di una transazione avente ad oggetto
diritti indisponibili e, in subordine, deduceva l’annullabilità dello stesso
per vizio del consenso; in via riconvenzionale, poi, chiedeva la condanna della
datrice di lavoro al pagamento di tutte le differenze retributive dovute al suo
errato inquadramento quale pilota in addestramento anziché quale membro
effettivo di equipaggio.

Nel relativo giudizio si costituiva la Spa Air
Valleé che contestava tutte le avverse pretese e
chiedeva la conferma dell’opposto decreto ingiuntivo.

L’adito Tribunale di
Aosta ‑ con sentenza del 13 maggio 2000
revocava l’opposto decreto ingiuntivo e condannava la Spa Air
Valleé a pagare al Ronc la
somma di lire 28.577.984 e ‑ su appello principale della società
e appello incidentale del Ronc ‑ la Corte di Appello di Torino così provvedeva: «respinge
l’appello principale; in parziale accoglimento dell’appello incidentale
condanna la Spa Air Valleé
a pagare a Ronc Paolo la somma di euro 2.498,38,
oltre interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo, ed a rimborsare al
medesimo i 2/3 delle spese del primo grado e del presente grado».

Per quello che rileva in questa sede
la Corte territoriale ha rimarcato che: a/1 «poiché è
pacifico che tra le parti ora in corso un rapporto di lavoro subordinato e
poiché non vi è traccia di un contratto scritto di segno, eventualmente,
contrario, si dove ritenere che si trattasse di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato»; a/2) «se così è, però, l’accordo di cui si discute ha comportato
un limite non indifferente alla facoltà di recesso del lavoratore dipendente,
essendosi questi assunto l’obbligo di provvedere al pagamento di una somma di
denaro di importo variabile ‑ ma consistente ‑ in
relazione al momento del recesso futuro: in altre parole, il dipendente ha
limitato notevolmente la propria facoltà di recesso, facoltà che egli invece
aveva “in qualunque momento” ai sensi dell’articolo 2118 Cc,
disposizione sicuramente inderogabile»; a/3) «sussiste dunque la lesione di
diritti indisponibili del lavoratore subordinato a tempo indeterminato, lesione
che giustifica l’impugnazione e l’annullamento dell’accordo de quo, come
sancito dal primo giudice»; b) la domanda

appare sufficientemente chiara, corredata
di tutti gli elementi necessari sia alla sua piena identificazione giuridica
sia alla sua disamina, nonché e soprattutto di tutti gli elementi prescritti
dall’articolo 414 Cpc, e ciò anche se non ne è stato
indicato con precisione, nel ricorso introduttivo, il quantum»; c) «il ctu, nominato in grado di appello ha spiegato le modalità
operative seguite, modalità che superano i dubbi prospettati dall’appellante
principale, in quanto ha evidenziato come le fonti utilizzate siano, per
ammissione concorde delle parti, il regolamento interno, il “Ccnl industria metalmeccanica
privata!”e la legge, come l’indennità di contingenza sia quella dell’operaio
comune del citato “Ccnl”, come l’indennità di volo
risulti sempre corrisposta dalla Spa Air Valleé in misura fissa, “per importo diverso a seconda dei
livelli di inquadramento del dipendente” precisando ancora come sull’indennità
di volo ‑ in base al raffronto con le retribuzioni di tutti gli altri
piloti della società ‑ non incida assolutamente l’anzianità
di servizio».

Per la cassazione di tale sentenza la Spa Air Valleé
propone ricorso affidato a cinque motivi e sostenuto da memoria ex articolo 378
Cpc.

L’intimato Paolo Ronc
resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1 ‑. Si deve, anzitutto dichiarare ‑
come richiesto dalla società ricorrente con la summenzionata memoria difensiva ‑
l’inammissibilità del controricorso proposto
dall’intimato con atto notificato in data 19 settembre 2003 e quindi, essendo
stato il ricorso per cassazione notificato il 23 giugno 2003, dopo che era scaduto il termine perentorio ex primo comma
dell’articolo 370 Cpc.

A conferma della declaratoria di inammissibilità si evidenzia che la cd. sospensione
feriale dei termini processuali non si applica alle controversie di lavoro e
previdenza neppure nel giudizio di cassazione (Cassazione 20372/04 e, in
generale, Cassazione, Su, 13970/04).

2
‑. Con il primo motivo di ricorso la
ricorrente ‑ denunciando la violazione degli
articoli1965 e 2113 Cc e degli articoli 1362 e segg. Cc nell’interpretazione dell’accordo 12 luglio 1996, nonché
difetto di motivazione” ‑ censura la sentenza impugnata per avere
la Corte di
Appello di Torino omesso l’esame dell’accordo cennato
e della sua reale qualificazione, ritenendone la natura transattiva sulla base
di elementi che non attestavano affatto che di vera e propria transazione si
fosse trattato.

Con il secondo motivo la società
ricorrente ‑ denunciando la violazione
dell’articolo 2113 Cc in relazione
agli articoli 2118 Cc e 36 Costituzione, degli
articoli 1362 e segg. Cc nell’interpretazione
dell’accordo 12 luglio 1996 e dell’articolo 112 Cpc,
nonché difetto di motivazione” ‑ addebita alla Corte territoriale di
avere erroneamente respinto «l’eccezione della società inerente l’oggetto della
ravvisata transazione» e censura quale «petizione di principio, ed in palese
contraddizione con la riconosciuta natura di “rimborso delle spese”, l’aver ritenuto
‑ come ha fatto la
Corte di Appello di Torino ‑ che la pattuizione in esame avrebbe
potuto incidere sui livelli retributivi minimi”.

Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente – denunciando la violazione degli
articoli 732 e 739 Cc e 2 del Dpr
1411/67, dell’articolo 1372 Cc e degli articoli 112 e
116 Cpc, nonché vizio di motivazione» ‑
rileva che «la decisione della Corte di Appello in merito alla domanda di
differenze retributive conseguenti al preteso errato inquadramento appare
erronea, priva come essa è di ragioni obiettive, sufficienti ed adeguate ‑
alla stregua delle risultanze e della stessa regolamentazione in atti (se
ritenuta applicabile) ‑ a suffragare il convincimento
espresso nella decisione impugnata».

Con il quarto motivo
la ricorrente ‑ denunciando “violazione degli
articoli 2099 e 2103 Cc e degli articoli 1362 e 1363 Cc, nonché vizio di motivazione” ‑
rileva che «il giudice di appello ha fatto, apoditticamente, applicazione di
una regola inesistente, non esistendo, infatti, nel rapporto di lavoro privato,
alcun principio di parità di trattamento economico che possa condurre ad una
automatica perequazione della posizione economica di due soggetti (fra l’altro
con storia professionale, anzianità e mansioni differenti)».

Con il quinto motivo di ricorso la società ricorrente ‑denunciando “violazione dell’articolo
1 del Rdl 1334/97 e degli articoli 1199 e segg. Cc, nonché vizi di motivazione” ‑
censura il capo della sentenza impugnata concernente il “congedo matrimoniale”
e quello relativo alle “ferie non godute” asserendo (con riferimento alla prima
di dette censure) che «le argomentazioni della Corte di Appello di Torino
manifestano, al loro interno, un insanabile contrasto, con conseguente
necessità di cassazione della relativa statuizione».

3 ‑. I primi due
motivi di ricorso ‑ esaminabili congiuntamente in quanto
intrinsecamente connessi ‑ si appalesano fondati.

Infatti, del tutto erroneamente la Corte territoriale ha
qualificato l’accordo contrattuale intervenuto tra le parti in data 12 luglio
1996 quale «vera e propria transazione» e ciò in chiaro contrasto, con il
contenuto dell’atto in contestazione interpretato dal giudice del merito m
violazione dei canoni ermeneuticì ex articolo 1362 Cc [specie del fondamentale e prioritario “criterio
letterale” che resta suscettibile d’integrazione mediante gli altri criteri
interpretativi ‑ i quali svolgono una funzione
sussidiaria e complementare ‑ solo quando le espressioni dei
contraenti siano di oscuro o equivoco significato
(Cassazione, Su 4635/88)] per pervenire, cosi nella specie, ad una inesatto
accertamento e, conseguentemente, ad una illegittima definizione del contratto
de quo quale “contratto di transazione”.

Al riguardo si rimarca che con il
summenzionato accordo le parti ‑ dopo avere premesso che: a) era in
corso un rapporto di lavoro con il Ronc per
l’espletamento di mansioni di copilota, b) i piloti ed i copiloti preposti alla
conduzione del velivolo Learjet 31 (di proprietà
della società datrice di lavoro) dovevano possedere l’abilitazione
ministeriale; c) il Ronc doveva svolgere un corso di addestramento da tenersi in U.S.A. al fine di conseguire
detta abilitazione di cui non era in possesso; d) la società intendeva
provvedere a far effettuare il corso di abilitazione al Ronc
con una spesa a suo carico del costo di lire 33.000.000 avente una durata di
ammortamento di anni tre ‑stabilivano espressamente quanto
segue: «1) il Ronc accetta dì effettuare
l’abilitazione; 2) la società si impegna a farsi carico delle spese necessarie
al conseguimento dell’abilitazione; 3) il Ronc si
impegna a prestare servizio alle dipendenze della società quale copilota per
almeno quattro anni interi dopo il conseguimento dei corso; 4) il Ronc, in caso di dimissioni anticipate, sarà tenuto a
rimborsare alla società la quota di spese non ammortizzata nel previsto periodo
di anni tre in modo che l’eventuale cessazione del rapporto nell’anno 1997 prevederà il rimborso totale della spesa di lire
33.000.000, l’eventuale cessazione del rapporto nell’anno 1998 prevederà il rimborso di 2/3 della spesa di lire
33.000.000, l’eventuale cessazione del rapporto nell’anno 1999 prevederà il rimborso di 1/3 della spesa di lire
33.000.000».

Benvero, anche se costituisce indirizzo
giurisprudenziale scontatamente consolidato che l’interpretazione della volontà
negoziale delle parti compiuta dal giudice di merito
non è soggetta al sindacato di legittimità (da ultimo, ex plurimis,
Cassazione 20593/04) e in particolare che l’accertamento della natura
transattiva o meno di un negozio è rimessa all’apprezzamento di fatto dei
giudice di merito sottratto al sindacato di legittimità, sempre in base alla cennata giurisprudenza è stato pure stabilito che siffatto
accertamento della volontà degli stipulanti in relazione al contenuto del
contratto appare, invece, censurabile in cassazione quando la motivazione non
consenta la ricostruzione dell’iter logico seguito da quel giudice per giungere
ad attribuire al negozio un determinato significato oppure nel caso dì
violazione delle norme di ermeneutica ex articolo 1362 e segg. Cc ovvero se la relativa decisione non sia sorretta da una motivazione
congrua, logica e completa.

Al riguardo, specie alla luce del
disposto del n. 5 dell’articolo 360 Cpc e del
raffronto tra il testo vigente e quello anteriore alla “novella” del 1950, la Corte regolatrice non può
abdicare ad ogni compito di verifica della sussistenza di una “valida”
motivazione, dovendosi
pur sempre discriminare tra obbligo formale di motivare e obbligo di fondare in
modo sufficiente il proprio convincimento: ma, in entrambe le ipotesi, è
imposto al giudice di spiegare il decisum in base a
criteri non viziati da errori logici o giuridici e, anche, di risolvere la
questione di fatto secondo i canoni metodologici che dall’ordinamento giuridico
sono per essa immediatamente espressi o, comunque, ricavabili‑
doveri che, nella specie, la
Corte di appello dì Torino non ha sicuramente osservato
quando ha qualificato “vera e propria transazione” l’accordo contrattuale
dinanzi testualmente trascritto ove dal relativo dato letterale
(chiarissimamente emergente dalle espressioni usate dalle parti contraenti a
conferma della comune intenzione delle stesse) non si evinceva certo
l’esistenza di una res dubia costituente elemento
essenziale qualificante una transazione ex articolo 1965 Cc.

In particolare, a conferma
dell’erroneità della decisione della Corte territoriale su tale punto, si
rimarca che ‑ al fine di ritenere una transazione
validamente perfezionata ‑ è necessario, da un lato, che essa
abbia ad oggetto una res dubia (e, cioè,
che cada su un rapporto giuridico avente, almeno nella opinione delle parti,
carattere di certezza) e, dall’altro, che, nell’intento di far cessare la
situazione di dubbio, venutasi a creare tra loro, i contraenti si facciano
delle concessioni reciproche; l’oggetto della transazione, peraltro, non è il
rapporto o la situazione giuridica cui si riferisce la discorde valutazione
delle parti, ma la lite cui questa ha dato luogo o può dar luogo, e che le
parti stesse intendono eliminare mediante reciproche concessioni, che possono
consistere anche in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese,
in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un quid medium
tra le prospettazioni iniziali (Cassazione, 6662/01).

Parimenti errata ‑ sulla base di un percorso argomentativo viziato anch’esso da
errori logico‑giuridici e insufficiente ‑ è
la statuizione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui con l’accordo
contrattuale de quo si sarebbe verificata «una lesione di diritti indisponibili
del lavoratore subordinato che giustificava l’impugnazione e l’annullamento
dell’accordo».

A conferma della cennata
erroneità vale riportarsi integralmente ‑ anche per la relativa parte
motivazionale ‑ alla decisione di questa Corte (in
fattispecie del tutto identica alla presente e, cioè,
di contratto stipulato tra un pilota e una compagnia aerea che aveva sostenuto
i costi dell’addestramento per il conseguimento dell’abilitazione a condurre un
dato tipo di aeromobile) a mente della quale «il lavoratore subordinato può
liberalmente disporre della propria facoltà di recesso dal rapporto, come
nell’ipotesi di pattuizione di una garanzia di durata minima dello stesso, per
cui non contrasta con alcuna norma o principio dell’ordinamento giuridico la
clausola con cui vengono previsti limiti all’esercizio di detta facoltà,
stabilendosi a carico del lavoratore un obbligo risarcitorio per l’ipotesi di
dimissioni anticipate rispetto ad un periodo di durata minima; con l’ulteriore
precisazione che la medesima clausola non rientra neppure in alcuna delle
ipotesi di cui al secondo comma dell’articolo 1341 Cc,
per le quali è richiesta l’approvazione specifica per iscritto (cosi
espressamente Cassazione 1453/98).

In conclusione, la statuizione del
Giudice di appello su tale punto deve essere cassata
con rinvio della causa ad altro giudice perché proceda al riesame ‑
anche in relazione alla prevista procedura di “ammortamento” ‑
dell’accordo contrattuale in questione che non deve essere qualificato come
“azione” e, comunque, non è attinente a “diritti indisponibili” del lavoratore.

4 ‑. Il terzo ed il quarto motivo di
ricorso ‑ oggetto di esame unitario perché
connessi ‑ non sono, invece, meritevoli di
accoglimento.

Al riguardo le
censure proposte dalla società ricorrente si appuntano sostanzialmente nei
confronti delle risultanze della “nuova” consulenza tecnica disposta dalla
Corte d’appello che ha “quantificato” le differenze retributive a credito del Ronc, ma l’ammissibilità di tali dettagliatissime censure
urta in questa sede con il principio secondo il quale nel giudizio di
legittimità non possono essere prospettati termini nuovi di dibattimento non
tempestivamente affrontati nelle precedenti fasi e che trova peculiare
applicazione con riferimento alle contestazioni mosse alle conclusioni del
consulente tecnico e, per esse, alla sentenza che le abbia recepite in sede di
motivazione: sicché dette contestazioni sono ammissibili in sede di ricorso per
cassazione sempre che ne risulti la tempestiva proposizione dinanzi al giudice
di merito, e che la tempestività di tale proposizione risulti, a sua volta,
dalla sentenza impugnata o, in mancanza, da adeguata segnalazione contenuta nel
ricorso, con specifica indicazione dell’atto del procedimento di merito in cui
le contestazioni predette erano state formulate, onde consentire alla Corte di
controllare, ex actis, la veridicità dell’asserzione
prima di esaminare nel merito la questione sottopostale.

Nella specie la ricorrente non ha adempiuto ai cennati specifici
oneri, per cui i relativi motivi di ricorso non possono che essere dichiarati
inammissibili.

5 ‑. Deve, al contrario, trovare
accoglimento il quinto motivo di ricorso in base al quale
è stata denunciata la contraddittorietà della motivazione nel punto in cui il
Giudice di appello ‑ pur riportandosi (come dinanzi si è
constatato con ogni relativa implicazione) alle risultanze della consulenza
tecnica di ufficio ‑ si è discostato da tali risultanze
nel punto concernente “il congedo matrimoniale” che – giusta quanto viene
apoditticamente rilevato in sentenza ‑ «il Ctu
non ha ricompreso nel computo globale del dovuto».

Al riguardo sussiste, pertanto, un
evidente vizio di motivazione ‑ confermandosi qui quanto dinanzi
rimarcato in generale sub “capo” III ‑ a cui non
può certo supplirsi con la stentoria affermazione
contenuta in sentenza della sussistenza di un generico «errore materiale»: per
cui anche su tale punto la decisione della Corte di appello di Torino deve
essere cassata con rinvio della causa ad altro giudice per il riesame della
relativa questione.

6 ‑. In definitiva, alla stregua delle
considerazioni svolte, debbono essere accolti il
primo, il secondo ed il quinto motivo di ricorso e vanno rigettati il terzo ed
il quarto motivo; per l’effetto la sentenza impugnata deve essere cassata ‑ in
relazione ai motivi di ricorso siccome accolti ‑ e la causa rinviata ad altro giudice
‑ che si designa nella Corte di Appello di Genova ‑
perché proceda al riesame della controversia entro i limiti suindicati
e provveda, poi, alla corretta motivazione del conseguente decisum.

Il Giudice del rinvio provvederà,
altresì, in ordine alle spese del giudizio di
cassazione (articolo 385, terzo comma, Cpc).

PQM

La
Corte accoglie il primo, il secondo ed il quinto motivo di
ricorso; rigetta il terzo ed il quarto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese,
alla Corte di appello di Genova.