Lavoro e Previdenza

Monday 07 February 2005

Lavoratori e mobbing. Verso un testo unificato che definisca il fenomeno mobbing e le tutele previste per le vittime

Lavoratori e mobbing. Verso un testo unificato
che definisca il fenomeno mobbing e le tutele
previste per le vittime

SCHEMA DI TESTO UNIFICATO PER I
DISEGNI DI LEGGE N. 122 E CONNESSI IN MATERIA DI TUTELA DEI LAVORATORI DAL
FENOMENO DEL MOBBING

Articolo 1.

(Definizione ed ambito di applicazione)

1. Ai fini della presente legge, si intende per violenza o persecuzione psicologica ogni atto
o comportamento adottati dal datore di lavoro, dal committente, da superiori
ovvero da colleghi di pari grado o di grado inferiore, con carattere
sistematico, intenso e duraturo, finalizzati a danneggiare l’integrità
psico-fisica della lavoratrice o del lavoratore.

2. Le disposizioni di cui alla
presente legge si applicano a tutte le tipologie di lavoro, pubblico e privato,
indipendentemente dalla loro natura, nonché dalla
mansione svolta e dalla qualifica ricoperta.

Articolo 2.

(Attività di prevenzione e di accertamento)

1. I datori di lavoro o i
committenti, pubblici o privati, e le rappresentanze sindacali adottano tutte
le iniziative necessarie, intese a prevenire e a
contrastare i fenomeni di violenza e di persecuzione psicologica di cui
all’articolo 1, comma 1.

2. Qualora
siano denunciati, da parte di singoli o di gruppi di lavoratori, atti o
comportamenti di cui all’articolo 1, comma 1, il datore di lavoro o il
committente, sentite le rappresentanze sindacali e ricorrendo, ove ne ravvisi
la necessità, a forme di consultazione dei lavoratori dell’area interessata,
provvede tempestivamente all’accertamento dei fatti denunciati e predispone
misure idonee per il loro superamento.

3. Il servizio di prevenzione e
protezione, nell’ambito dei compiti di cui all’articolo 9, comma 1, del decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, individua le misure per la sicurezza
volte a prevenire e a contrastare i fenomeni di violenza e persecuzione
psicologica di cui all’articolo 1, comma 1.

4. Il medico competente, nell’ambito
dei compiti di cui all’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 626 del
1994, collabora in relazione all’attuazione di misure
finalizzate a prevenire e a contrastare i fenomeni di violenza e di
persecuzione psicologica di cui all’articolo 1, comma 1.

5. Il rappresentante per la
sicurezza, nell’ambito dei compiti di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto
legislativo n. 626 del 1994, espleta anche l’attività
di promozione volta all’elaborazione, individuazione e attuazione di misure di
prevenzione relative ai fenomeni di violenza e di persecuzione psicologica di
cui all’articolo 1, comma 1.

Articolo 3.

(Attività di informazione)

1. I datori di lavoro o i
committenti, pubblici o privati, e le rappresentanze sindacali pongono in
essere iniziative di informazione periodica sulle
fattispecie di cui all’articolo 1, comma 1. I datori di lavoro o i committenti
sono altresì tenuti a dare, su richiesta del
lavoratore interessato, tutte le informazioni pertinenti ai motivi soggettivi
del richiedente e rilevanti, relative all’assegnazione degli incarichi, ai
trasferimenti, alle variazioni delle mansioni e delle qualifiche e all’utilizzo
dei lavoratori.

2. I lavoratori hanno diritto di
riunirsi fuori dall’orario di lavoro, nei limiti di
cinque ore su base annuale, per discutere riguardo alle violenze ed alle
persecuzioni psicologiche di cui all’articolo 1, comma 1. Le riunioni sono
indette e si svolgono con le modalità e con le forme di cui all’articolo 20
della legge 20 maggio 1970, n. 300.

Articolo 4.

(Responsabilità disciplinare)

1. A coloro
che pongono in essere gli atti o i comportamenti di cui all’articolo 1, comma
1, si applicano le misure previste con riferimento alla responsabilità
disciplinare.

2. La medesima
responsabilità di cui al comma 1 grava su chi denuncia consapevolmente atti o
comportamenti, di cui all’articolo 1, comma 1, inesistenti, al fine di trarre
vantaggio per sé o per altri.

Articolo 5.

(Tutela giudiziaria)

1. Qualora vengano
posti in essere atti o comportamenti definiti ai sensi dell’articolo 1, comma
1, su ricorso del lavoratore o, per sua delega, di organizzazioni sindacali, il
tribunale territorialmente competente in funzione di giudice del lavoro, nei
cinque giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni,
se ritenga sussistente la violazione di cui al ricorso, ordina al responsabile
del comportamento denunziato, con provvedimento motivato e immediatamente
esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo, dispone la rimozione
degli effetti degli atti illegittimi, stabilisce le modalità di esecuzione
della decisione e determina in via equitativa la riparazione pecuniaria dovuta
al lavoratore per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento.
Contro tale decisione è ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione alle
parti, opposizione davanti al tribunale, che decide in composizione collegiale, con sentenza immediatamente esecutiva. Si
osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura
civile. L’efficacia esecutiva del provvedimento non può essere revocata fino
alla sentenza del tribunale che definisce il giudizio instaurato ai sensi del
secondo periodo del presente comma.

2. Qualora
dagli atti o comportamenti di cui all’articolo 1, comma 1, derivi un
pregiudizio per il lavoratore, quest’ultimo ha
diritto al risarcimento dei danni, ivi compresi quelli non patrimoniali. Resta comunque fermo quanto previsto dall’articolo 13 del decreto
legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, e successive modificazioni.

3. Le variazioni nelle qualifiche,
nelle mansioni e negli incarichi ed i trasferimenti che costituiscano
atti o comportamenti di cui all’articolo 1, comma 1, nonché le dimissioni
determinate dai medesimi atti o comportamenti sono impugnabili ai sensi
dell’articolo 2113 del codice civile, secondo, terzo e quarto comma, fatto
salvo il risarcimento dei danni ai sensi del comma 2 del presente articolo.

Articolo 6.

(Pubblicità del provvedimento del giudice)

1. Su istanza
della parte interessata, il giudice può disporre che del provvedimento di
condanna o di assoluzione venga data informazione, a cura del datore di lavoro
o del committente, mediante lettera ai lavoratori interessati, per reparto e
attività in relazione ai quali si sia manifestato il caso di violenza o
persecuzione psicologica, oggetto dell’intervento giudiziario, omettendo il
nome della persona che ha subito tali azioni.

Articolo 7.

(Norme "leggere")

1. I soggetti che stipulano i
contratti collettivi nazionali di lavoro hanno la
facoltà di adottare codici antimolestie e, in particolare, codici volti alla
prevenzione degli atti e comportamenti di cui all’articolo 1, comma 1, anche
mediante procedure di carattere conciliativo e tecniche incentivanti.

Articolo 8.

(Norme finanziarie)

1. Gli obblighi derivanti dagli
articoli 2 e 3 a
carico delle pubbliche amministrazioni, in qualità di
datori di lavoro o di committenti, trovano applicazione esclusivamente nei
limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio.

2. Dall’attuazione dei medesimi
articoli 2 e 3 non possono derivare nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica.