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La tutela giurisdizionale amministrativa contro il silenzio-rifiuto non è ammissibile se non nelle materia di giurisdizione esclusiva. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 10 febbraio 2004 n. 497
La tutela giurisdizionale amministrativa contro il silenzio-rifiuto non è ammissibile se non nelle materia di giurisdizione esclusiva.
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 10 febbraio 2004 n. 497
Angela Paumgardhen c/ A.S.L. NA/2 – Pres. Elefante – Est. Mastrandrea
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione,
N.497/04 Reg.Dec.
N.2559 Reg.Ric.
Anno: 2003
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 2559/03, proposto da
Angela Paumgardhen, rappresentata e difesa dall’avv. Andrea Abbamonte, ed elettivamente domiciliata presso di lui in Roma, v. degli Avignonesi n. 5,
contro
la ASL NA/2, in persona del Direttore Generale p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Raffaello Capunzo, ed elettivamente domiciliata in Roma, Lungotevere Flaminio n. 46 (studio Grez),
per l’annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, V, 28 settembre 2002, n. 5864, resa inter partes, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’attuale appellante avverso il silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di ricostruzione della carriera a fini giuridico-economici.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della ASL intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 4 novembre 2003 il Consigliere Gerardo Mastrandrea; uditi per le parti gli avv.ti A. Abbamonte e Manzi per delega dell’avv.to Capunzo;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. La dottoressa Angela Paumgardhen rappresentava, con ricorso dinanzi al TAR Campania, di aver partecipato al concorso pubblico per sociologo collaboratore, di cui alla delibera n. 321 del 19 dicembre 1994 della ex U.S.L. n. 23 della Campania, e di essere risultata idonea al settimo posto nella graduatoria finale, nonché di aver proposto sin dal mese di luglio del 1996 formale istanza per lo scorrimento della graduatoria, seguita da rituale diffida e dalla conseguente impugnativa giudiziale del silenzio-rifiuto, in considerazione delle vacanze riscontrabili nell’organico della A.S.L. Napoli 2 con riferimento ai posti per la qualifica di cui in premessa.
Con sentenza 2 marzo 1998, n. 765, il TAR di Napoli, IV Sezione, accoglieva il ricorso, nei limiti dell’obbligo dell’Amministrazione sanitaria di pronunziarsi in maniera espressa e chiarificatrice sulla richiesta di scorrimento formulata dalla ricorrente.
Al passaggio in giudicato della sentenza, mai appellata, seguiva una prima diffida ad ottemperare notificata in data 27 gennaio 2000, mentre una seconda diffida, avente lo stesso oggetto, veniva notificata il 9 giugno 2001.
Nel frattempo, la dottoressa Paumgardhen veniva inquadrata nella qualifica di sociologo collaboratore con decorrenza 1° giugno 2000, a seguito del superamento di un concorso interno.
Con deliberazione n. 1263 del 23 luglio 2001, la A.S.L. NA/2 provvedeva a riconoscere all’interessata, ai soli fini giuridici, l’anzianità di servizio nella qualifica in questione per il periodo antecedente (11 marzo 1998 – 31 maggio 2000, con il dies a quo individuato nel giorno successivo a quello della notifica della sentenza).
A questo punto, con istanza in data 11 ottobre 2001, notificata il 18 ottobre 2001, la dott.ssa Paumgardhen affermava che dal riconoscimento della predetta anzianità di servizio doveva discendere il diritto alla percezione delle relative differenze stipendiali, e ne chiedeva la relativa liquidazione, nella misura complessiva di £. 90.476.151, oltre ad interessi e rivalutazione medio tempore maturati.
2. A fronte dell’ulteriore inerzia dell’Amministrazione, l’interessata proponeva nel febbraio 2002 nuovo ricorso (n. 1967/02) dinanzi al TAR Campania, con cui, in relazione alla dedotta illegittimità del silenzio formatosi sull’istanza notificata il 18 ottobre 2001, chiedeva la condanna della A.S.L. resistente:
– alla ricostruzione della sua carriera ai fini giuridici ed economici, a far data dall’approvazione della graduatoria avvenuta addì 19 dicembre 1994 ovvero, al più tardi, e in via gradata, a far data dal verificarsi della relativa vacanza nella pianta organica della A.S.L. NA/2, oppure, e in via ulteriormente gradata, a far data dalla notifica della sentenza del TAR Campania – IV Sezione, 2 marzo 1998, n. 765;
– in via subordinata, al risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente in ragione dell’illegittima tardiva assunzione, facendo riferimento, analogamente, alle date sopraindicate.
Il ricorso si basava su vari profili di violazione di legge e di eccesso di potere.
L’Amministrazione sanitaria intimata non si costituiva in giudizio.
3. Con la sentenza impugnata, in epigrafe indicata, il ricorso veniva dichiarato inammissibile, avendo rilevato, in particolare, il primo Collegio che la pretesa azionata era estranea alla giurisdizione del giudice amministrativo sotto ogni possibile profilo.
4. La d.ssa Paumgardhen ha dunque interposto l’appello in trattazione avverso la prefata pronunzia, contestando le relative argomentazioni e comunque insistendo nelle proprie pretese, in termini di accertamento dei diritti e condanna dell’Azienda sanitaria.
5. La ASL NA/2 si è costituita in giudizio per resistere all’appello.
Le parti hanno depositato memoria.
Alla pubblica udienza del 4 novembre 2003 il ricorso in appello è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
1. L’appello va rigettato.
Aspetto preliminare e dirimente è stabilire la sussistenza, o meno, della giurisdizione del giudice amministrativo circa le pretese avanzate.
In tal senso, tra l’altro, a nulla giova la riproposizione dei motivi del ricorso introduttivo da parte dell’odierna appellante, atteso che in caso di fondatezza delle sue deduzioni in ordine alla giurisdizione del g.a. (declinata dal primo giudice), il giudizio della Sezione avrebbe portata meramente cassatoria e demolitoria e non rinnovatoria, per translatio iudicii, della vertenza originaria.
In altri termini, per consolidato orientamento (Cons. Stato, A.P., 8 novembre 1996, n. 23), il Collegio non potrebbe far altro che disporre l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio al giudice di prima istanza per la valutazione del merito.
2. L’oggetto del giudizio è stato inquadrato dal Giudice territoriale nei termini che seguono: formalmente, l’impugnativa affronta il silenzio formatosi sulla diffida presentata dalla ricorrente; sostanzialmente, la pretesa azionata in giudizio attiene alla piena ricostruzione della carriera della ricorrente a seguito della sentenza del TAR Campania, IV Sezione, 2 marzo 1998, n. 765. In particolare, la ricorrente chiede:
– sotto il profilo giuridico, un inquadramento decorrente dalla data dell’approvazione della graduatoria originaria, o quanto meno dalla data in cui si è verificata la vacanza in organico;
– sotto il profilo economico, la liquidazione delle differenze stipendiali maturate, ovvero, in alternativa, il risarcimento del danno derivante dalla tardività dell’assunzione.
Ciò premesso, il Collegio di prime cure ha ritenuto che la pretesa azionata sia estranea alla giurisdizione del giudice amministrativo sotto ogni possibile profilo.
3. Il contestato impianto decisorio di primo grado può essere sostanzialmente condiviso e comunque non viene scalfito in maniera decisiva dalle deduzioni di parte appellante.
Anzitutto, le vicende relative al contenuto della delibera n. 1263 del 23 luglio 2001 della A.S.L. Napoli 2, e alle relative pretese della ricorrente, non sono in effetti conoscibili dal giudice amministrativo, trattandosi di materia attribuita alla cognizione del giudice ordinario (cfr. l’art. 63, comma 1, del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165); e il difetto di giurisdizione sussiste anche qualora ci si voglia riferire essenzialmente a fatti anteriori al 30 giugno 1998: come è noto, infatti, sotto questo profilo i ricorsi proposti dopo il 15 settembre 2000 sono esclusi dall’ambito della giurisdizione amministrativa, ai sensi dell’art. 69, comma 7, secondo periodo, del citato D. Lgs. n. 165/2001.
Né il difetto di giurisdizione può essere aggirato azionando il meccanismo del silenzio-rifiuto.
Merita adesione, al riguardo, l’impostazione sposata dal TAR Campania, secondo cui il rimedio del silenzio-rifiuto, regolato da ultimo, per gli aspetti processuali, dall’art. 21-bis della legge TAR, non è esperibile nel caso in cui il giudice amministrativo sia privo di giurisdizione in ordine al rapporto cui inerisce la richiesta rimasta inevasa.
Se è vero, infatti, che per certi versi è riscontrabile la tentazione di configurare l’istituto in questione come rimedio “di chiusura”, esperibile in qualunque caso di comportamento inerte della P.A. in seguito alla proposizione di un’istanza da parte di un privato, non è d’altra parte ipotizzabile una sorta di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sul silenzio: in mancanza di univoche indicazioni testuali in senso contrario, l’istituto del silenzio va letto in continuità con la consolidata tradizione giurisprudenziale, che lo ha configurato come strumento diretto a superare l’inerzia della P.A. nell’emanazione di un provvedimento amministrativo, a fronte di una posizione di mero interesse legittimo in capo al cittadino. Con la conseguenza che in presenza di una posizione di diritto soggettivo correlata ad un rapporto di pubblico impiego la tutela giurisdizionale è ammissibile recta via in sede esclusiva attraverso una pronuncia di accertamento (salvo il sopravvenuto difetto di giurisdizione in materia).
Conclusione, questa, che rimane indubbiamente valida anche a seguito della devoluzione della materia al giudice ordinario (con l’attribuzione al medesimo dei necessari poteri di adottare “tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati”: art. 63, comma 2, del D. Lgs. n. 165/2001).
La sentenza impugnata accenna, a titolo di riflessione, a come sotto questo profilo non esista, quindi, nell’ordinamento alcun vuoto di tutela censurabile sotto il profilo costituzionale e a come la soluzione accolta si riveli pienamente coerente sotto il profilo sistematico, anche perché impedisce di configurare un’indebita commistione di giurisdizioni diverse sullo stesso rapporto; commistione che contrasterebbe con l’intento delle recenti riforme volte a privatizzare il rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e a disciplinare di conseguenza, razionalizzandolo, il relativo sistema di tutela giurisdizionale.
L’impostazione non ha, di certo, trovato smentita nella sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 9 gennaio 2002, n. 1, la quale, nel circoscrivere la portata dei poteri del giudice amministrativo al mero accertamento dell’illegittimità del silenzio, ha ritenuto, tra l’altro, “determinante che il silenzio riguardi l’esercizio di una potestà amministrativa e che la posizione del privato si configuri come un interesse legittimo”.
4. Le vicende in argomento sembrano dover sfuggire pure all’ambito del giudizio di ottemperanza, per l’assorbente considerazione che la sentenza del TAR napoletano n. 765/98, di cui si è lamentata la mancata perfetta esecuzione, si limitava ad accertare l’obbligo dell’Amministrazione di provvedere espressamente sull’istanza, senza pronunciarsi sulla fondatezza sostanziale della pretesa della ricorrente (applicando dunque i principi definitivamente affermatisi con la pronunzia dell’Adunanza Plenaria n. 1/02); obbligo di pronuncia a cui l’Azienda Sanitaria, appunto, ha fatto fronte con la menzionata delibera n. 1263/01, che, tra l’altro, non si è limitata a rispondere in maniera espressa ma ha anche riconosciuto l’anzianità di servizio pretesa in via gradata, seppur ai soli fini giuridici. Con la conseguenza, dunque, che legittimamente il primo Collegio non si è dovuto porre il problema del possibile ricorso al rimedio della conversione del gravame.
5. In conclusione, quanto al profilo della situazione giuridica soggettiva tutelata, risulta evidente che, nella sostanza, l’istante ha azionato la residua pretesa a spettanze di carattere retributivo, con gli accessori secondo legge, e che quindi essa si è mossa a tutela di un proprio diritto soggettivo perfetto; il che esclude definitivamente l’utilizzabilità dei meccanismi del silenzio-rifiuto, per quanto sopra si è rammentato in ordine ai principi sedimentati in giurisprudenza, e ribaditi da ultimo dalla citata decisione dell’Adunanza Plenaria.
6. Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello interposto va rigettato, con conseguente conferma della declaratoria di inammissibilità formulata in prime cure.
Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe, lo rigetta.
Spese del grado di giudizio compensate tra le parti.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2003, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l’intervento dei seguenti Magistrati:
Agostino Elefante Presidente
Giuseppe Farina Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Marco Lipari Consigliere
Gerardo Mastrandrea Consigliere est.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Gerardo Mastrandrea f.to Agostino Elefante
IL SEGRETARIO
f.to Antonietta Fancello
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 10 febbraio 2004
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Dirigente
f.to Antonio Natale