Enti pubblici

Monday 01 December 2003

La Spagna non adempie ad una sentenza della Corte di Giustizia UE: nuova condanna. SENTENZA DELLA CORTE (in seduta plenaria). Direttiva 76/160/CEE», 25 novembre 2003

La Spagna non adempie ad una sentenza della Corte di Giustizia UE: nuova condanna

SENTENZA DELLA CORTE (in seduta plenaria) «Inadempimento di uno Stato – Sentenza della Corte che dichiara l’inadempimento – Mancata esecuzione – Art. 228 CE – Sanzioni pecuniarie – Penalità – Qualità delle acque di balneazione – Direttiva 76/160/CEE», 25 novembre 2003

Nella causa C-278/01,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. G. Valero Jordana, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Regno di Spagna, rappresentato dal sig. S. Ortiz Vaamonde, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuto,

avente ad oggetto un ricorso diretto, da una parte, a far dichiarare che il Regno di Spagna, non avendo adottato i provvedimenti necessari per garantire che la qualità delle acque di balneazione interne nel territorio spagnolo sia resa conforme ai valori limite fissati a norma dell’art. 3 della direttiva del Consiglio 8 dicembre 1975, 76/160/CEE, concernente la qualità delle acque di balneazione (GU 1976, L 31, pag. 1), in violazione degli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’art. 4 di tale direttiva medesima, non ha eseguito la sentenza della Corte 12 febbraio 1998, causa C-92/96, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-505) e, così facendo, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’228 CE, nonché, dall’altra parte, a far ingiungere al Regno di Spagna di versare alla Commissione, sul conto “risorse proprie della Comunità europea”, una penalità di EUR 45 600 per ogni giorno di ritardo nell’adozione dei provvedimenti necessari per eseguire la detta sentenza Commissione/Spagna, a partire dal giorno in cui sarà pronunciata la sentenza nella presente causa e fino al giorno in cui la citata sentenza Commissione/Spagna sarà stata eseguita,

LA CORTE (in seduta plenaria),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. C.W.A. Timmermans, C. Gulmann e J.N. Cunha Rodrigues (relatore), presidenti di sezione, dai sigg. D.A.O. Edward, A. La Pergola, J.-P. Puissochet e R. Schintgen, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, e dal S. von Bahr, giudici,

avvocato generale: sig. J. Mischo

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la relazione d’udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all’udienza del 6 maggio 2003,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 giugno 2003,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1. Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 13 luglio 2001, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell’art. 228 CE, un ricorso diretto, da una parte, a far dichiarare che il Regno di Spagna, non avendo adottato i provvedimenti necessari per garantire che la qualità delle acque di balneazione interne nel territorio spagnolo sia resa conforme ai valori limite fissati ai sensi dell’art. 3 della direttiva del Consiglio 8 dicembre 1975, 76/160/CEE, concernente la qualità delle acque di balneazione (GU 1976, L 31, pag. 1; in prosieguo: la “direttiva”), in violazione degli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’art. 4 di tale direttiva medesima, non ha eseguito la sentenza della Corte 12 febbraio 1998, causa C-92/96, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-505) e, così facendo, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’228 CE, nonché, dall’altra parte, a far ingiungere al Regno di Spagna di versare alla Commissione, sul conto “risorse proprie della Comunità europea”, una penalità di EUR 45 600 per ogni giorno di ritardo nell’adozione dei provvedimenti necessari per eseguire la detta sentenza Commissione/Spagna, a partire dal giorno in cui sarà pronunciata la sentenza nella presente causa e fino al giorno in cui la citata sentenza Commissione/Spagna sarà stata eseguita.

Normativa comunitaria

2. Secondo il primo considerando della direttiva, questa mira a proteggere l’ambiente e la salute pubblica mediante la riduzione dell’inquinamento delle acque di balneazione e la preservazione di tali acque da un ulteriore deterioramento.

3. Gli artt. 2 e 3 della direttiva impongono agli Stati membri di fissare i valori applicabili alle acque di balneazione per ciò che concerne i parametri fisico-chimici e microbiologici indicati nel suo allegato, valori che non possono essere meno rigorosi di quelli menzionati nella colonna I di tale allegato.

4. A norma dell’art. 4, n. 1, della direttiva, la qualità delle acque di balneazione dev’essere resa conforme ai valori limite fissati ai sensi dell’art. 3 entro dieci anni dalla notifica della direttiva.

5. Poiché l’art. 395 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese e agli adattamenti dei Trattati (GU 1985, L 302, pag. 23) non prevede, a favore del Regno di Spagna, alcuna deroga per quanto riguarda la direttiva, la qualità delle acque di balneazione spagnole doveva essere conforme ai valori fissati dalla direttiva dal 1° gennaio 1986.

6. L’articolo 13 della direttiva, come modificata dalla direttiva del Consiglio 23 dicembre 1991, 91/692/CEE, per la standardizzazione e la razionalizzazione delle relazioni relative all’attuazione di talune direttive concernenti l’ambiente (GU L 377, pag. 48), dispone quanto segue:

“Ogni anno e per la prima volta il 31 dicembre 1993, gli Stati membri comunicano alla Commissione una relazione sull’applicazione della presente direttiva. Tale relazione è elaborata sulla base di un questionario o di uno schema elaborato dalla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 6 della direttiva 91/692/CEE. Il questionario o lo schema sono inviati agli Stati membri sei mesi prima dell’inizio del periodo contemplato dalla relazione. La relazione è trasmessa alla Commissione entro la fine dell’anno in questione.

La Commissione pubblica una relazione comunitaria sull’applicazione della direttiva entro quattro mesi dalla ricezione delle relazioni degli Stati membri”.

La sentenza Commissione/Spagna

7. Nella citata sentenza Commissione/Spagna, la Corte ha dichiarato che il Regno di Spagna, non avendo emanato le disposizioni necessarie per rendere la qualità delle acque di balneazione interne nel territorio spagnolo conforme ai valori limite fissati a norma dell’art. 3 della direttiva, era venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’art. 4 della direttiva medesima.

Procedimento precontenzioso

8. Con lettera 17 marzo 1998, la Commissione ha ricordato alle autorità spagnole la necessità di conformarsi agli obblighi derivanti dalla citata sentenza Commissione/Spagna.

9. In risposta, con lettere 5, 11 e 19 giugno 1998, nonché 5 gennaio e 12 marzo 1999, le autorità spagnole hanno informato la Commissione dei provvedimenti adottati o in corso di adozione per conformarsi alla detta sentenza, tra i quali figurava l’esecuzione di alcuni progetti per la depurazione delle acque reflue urbane nell’ambito del piano nazionale di depurazione del 1995, il controllo, il monitoraggio e la sanzione degli scarichi, il divieto di balneazione nelle zone individuate come non conformi, l’adozione di taluni provvedimenti concreti e l’avvio, nel 1999, di uno studio delle zone di balneazione, degli scarichi che incidono sulle varie zone, delle caratteristiche qualitative delle acque di balneazione e dell’incidenza degli scarichi in ogni zona, nonché delle soluzioni previste e proposte in funzione delle conclusioni tratte.

10. Il 24 gennaio 2000, la Commissione ha inviato al Regno di Spagna, ai sensi dell’art. 228 CE, una lettera di diffida, sostenendo che esso non aveva adottato i provvedimenti necessari per conformarsi alla citata sentenza Commissione/Spagna.

11. Con lettera 26 maggio 2000, le autorità spagnole hanno spiegato alla Commissione che il Ministero dell’Ambiente aveva commissionato uno studio sullo stato delle acque interne destinate alla balneazione in conformità alla direttiva, studio che, secondo le dette autorità, avrebbe dovuto essere concluso nel corso del 2000. Queste ultime hanno inoltre esposto gli obiettivi e la portata dello studio, nonché il calendario delle azioni da intraprendere per l’adeguamento alla direttiva, calendario che, in base alle previsioni, doveva essere completato nel 2005.

12. Ritenendo che tali provvedimenti non fossero idonei a dimostrare che l’inadempimento non sussisteva più, il 27 luglio 2000 la Commissione, in applicazione dell’art. 228 CE, ha inviato al Regno di Spagna un parere motivato. Essa ha concluso che tale Stato membro, essendo venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 4 della direttiva per non aver adottato i provvedimenti necessari affinché la qualità delle acque di balneazione interne nel territorio spagnolo fosse resa conforme ai valori limite fissati ai sensi dell’art. 3 della direttiva, non aveva eseguito la citata sentenza Commissione/Spagna, e pertanto era venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’art. 228 CE. La Commissione ricordava al detto Stato membro che, se la controversia fosse stata portata dinanzi alla Corte, essa avrebbe proposto di infliggere una penalità. Essa ha fissato un termine di due mesi affinché il Regno di Spagna adottasse i provvedimenti necessari per conformarsi al parere motivato.

13. In risposta a tale parere, il governo spagnolo ha inviato due lettere, di data 26 e 27 settembre 2000, con cui ha informato la Commissione dell’esistenza di un piano d’azione, del grado di conformità della qualità delle acque di balneazione nel corso delle stagioni balneari 1998 e 1999 nonché dell’esecuzione di un piano nazionale di bonifica e di depurazione delle acque reflue urbane.

14. L’11 gennaio 2001 si è tenuta una riunione tra il Ministro dell’Ambiente spagnolo e la direzione generale dell’Ambiente della Commissione per consentire al governo spagnolo di completare l’esposizione delle informazioni relative ai detti provvedimenti.

15. Il 16 gennaio 2001, il Ministero spagnolo dell’Ambiente ha inviato al membro della Commissione responsabile dell’Ambiente una lettera contenente il nuovo piano d’azione e si è impegnato a concludere le azioni necessarie nel 2003.

16. Il 26 marzo 2001, le autorità spagnole hanno inviato alla Commissione una relazione redatta dal Ministero dell’Ambiente sull’avanzamento delle azioni intraprese per dare esecuzione alla citata sentenza Commissione/Spagna, nonché una lettera del segretario di Stato responsabile delle acque e delle coste.

17. Ritenendo che il Regno di Spagna non avesse dato esecuzione alla detta sentenza, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

Conclusioni delle parti

18. La Commissione chiede che la Corte voglia:

– dichiarare che il Regno di Spagna, non avendo emanato i provvedimenti necessari per garantire che la qualità delle acque di balneazione interne nel territorio spagnolo sia resa conforme ai valori limite fissati a norma dell’art. 3 della direttiva, nonostante gli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’art. 4 della direttiva, non ha eseguito la citata sentenza Commissione/Spagna, ed è così venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’art. 228 CE;

– ingiungere al Regno di Spagna di pagare alla Commissione, sul conto “risorse proprie della Comunità europea”, una penalità di EUR 45 600 per ogni giorno di ritardo nell’adozione dei provvedimenti necessari per dare esecuzione alla citata sentenza Commissione/Spagna, dal giorno in cui la sentenza è stata pronunciata nella causa in esame sino al giorno in cui la citata sentenza Commissione/Spagna sarà stata eseguita;

– condannare il Regno di Spagna alle spese.

19. Il Regno di Spagna chiede che la Corte voglia:

– respingere il ricorso in toto;

– in subordine, respingere la domanda diretta all’imposizione di una penalità giornaliera;

– in ulteriore subordine, imporre una penalità giornaliera non superiore a EUR 11 400;

– in ogni caso, condannare la Commissione alle spese.

Nel merito

Argomenti delle parti

20. Nel ricorso, la Commissione afferma che, per quanto riguarda la qualità delle acque di balneazione interne nel territorio spagnolo, la percentuale delle zone di balneazione conformi ai valori obbligatori era del 73% per la stagione balneare 1998, del 76,5% per la stagione balneare 1999 e del 79,2% per la stagione balneare 2000.

21. Nel corso del procedimento, essa ha altresì informato la Corte che tale percentuale era pari all’80% per la stagione balneare 2001, e all’85,1% per la stagione balneare 2002.

22. Il Regno di Spagna non contesta tali dati che, peraltro, emergono da relazioni che esso stesso ha trasmesso alla Commissione ai sensi dell’art. 13 della direttiva come modificata.

23. Il Regno di Spagna sostiene tuttavia che il ricorso vada respinto in quanto la Commissione non ha atteso un lasso di tempo sufficiente per poter concludere che la citata sentenza Commissione/Spagna non era stata eseguita. A suo avviso, alla luce delle peculiarità della direttiva e delle acque spagnole, per eseguire integralmente la citata sentenza era necessario un termine più lungo di quello concesso dalla Commissione, vale a dire dal 12 febbraio 1998, data di pronuncia della detta sentenza, al 27 settembre 2000, data in cui è scaduto il termine fissato nel parere motivato emanato nella fattispecie.

24. Nella maggior parte dei casi, infatti, sarebbero necessarie varie stagioni balneari per individuare le reali fonti di inquinamento e, una volta scoperto il problema, la sua soluzione richiederebbe l’elaborazione e l’attuazione di piani d’azione, o addirittura di programmi di lunga durata per il miglioramento delle pratiche colturali. La soluzione dei problemi relativi alla qualità delle acque di balneazione passerebbe per la realizzazione di lavori, talvolta notevoli, che richiederebbero formalità rigorose ai sensi delle direttive in materia di appalti pubblici. Occorrerebbe inoltre tener conto del gran numero di zone di balneazione dichiarate dalle autorità spagnole, nonché del fatto che i corsi d’acqua spagnoli, se paragonati a quelli della maggior parte degli altri Stati membri, non hanno grande portata. Pertanto, la Commissione avrebbe dovuto attendere il completamento dell’esecuzione del calendario delle azioni che le era stato trasmesso in risposta alla lettera di diffida, completamento annunciato, inizialmente, per la fine del 2005, come indicato nella lettera delle autorità spagnole 26 maggio 2000, e successivamente per il 2003, come precisato nella lettera del Ministro spagnolo dell’Ambiente 16 gennaio 2001.

Giudizio della Corte

25. Nella citata sentenza Commissione/Spagna, la Corte ha dichiarato che il Regno di Spagna, non avendo emanato le disposizioni necessarie per rendere la qualità delle acque di balneazione interne nel territorio spagnolo conforme ai valori limite fissati a norma dell’art. 3 della direttiva, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’art. 4 della direttiva medesima.

26. Ai sensi dell’art. 228, n. 1, CE, il Regno di Spagna era tenuto a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza comporta.

27. L’art. 228 CE non precisa il termine entro il quale l’esecuzione di una sentenza deve aver luogo. Tuttavia, per giurisprudenza consolidata, l’esigenza di un’immediata e uniforme applicazione del diritto comunitario impone che tale esecuzione sia iniziata immediatamente e conclusa entro termini il più possibile ristretti (sentenza 4 luglio 2000, causa C-387/97, Racc. pag. I-5047, punto 82, e giurisprudenza citata).

28. Ai sensi dell’art. 228, n. 2, CE, qualora lo Stato membro in questione non abbia preso entro il termine fissato dalla Commissione nel parere motivato i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta, la Commissione può adire la Corte precisando l’importo della somma forfettaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che consideri adeguato alle circostanze.

29. A tal fine, la Commissione deve valutare la situazione così come si presenta alla scadenza del termine da essa fissato nel parere motivato adottato sul fondamento dell’art. 228, n. 2, primo comma, CE.

30. Occorre rilevare che tra la pronuncia della citata sentenza Commissione/Spagna e la scadenza del termine fissato nel parere motivato nel caso di specie sono trascorse tre stagioni balneari. Anche se, come fa valere il governo spagnolo, l’esecuzione della detta sentenza implica operazioni complesse e di lunga durata, si deve ritenere che un tale lasso di tempo sia sufficiente per prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta ai sensi dell’art. 228 CE.

31. Le considerazioni fatte valere dal governo spagnolo e vertenti sulla complessità e sulla durata delle operazioni necessarie per eseguire la citata sentenza Commissione/Spagna non possono pertanto condurre al rigetto del ricorso in esame.

32. Quanto ai provvedimenti presi dal Regno di Spagna per l’esecuzione della detta sentenza, le statistiche più recenti comunicate alla Corte indicano come il tasso di conformità delle acque di balneazione in questione ai valori obbligatori fissati dalla direttiva abbia registrato un certo incremento, raggiungendo l’85,1% per la stagione balneare 2002. Tuttavia, è chiaro che le acque di balneazione interne nel territorio spagnolo non sono state ancora rese conformi ai detti valori obbligatori.

33. La Commissione ha poi rilevato che il governo spagnolo avrebbe ridotto nel corso degli anni il numero delle zone di balneazione nelle acque di balneazione interne senza giustificare tale soppressione. A suo parere, sarebbero state soppresse 39 zone nel 1998, 10 nel 1999 e 14 nel 2000. Il numero delle zone di balneazione nelle acque di balneazione interne sarebbe passato da 302 nel 1996 a 202 nel 2000. Il Regno di Spagna cercherebbe così di dare esecuzione alla citata sentenza Commissione/Spagna non tanto migliorando la qualità delle sue acque, quanto piuttosto con un espediente che consiste nel ridurre il numero delle dette zone.

34. Senza pronunciarsi sulla fondatezza di tale argomento, è sufficiente rilevare che esso non è pertinente ai fini dell’accertamento di un inadempimento nel caso di specie dato che la Commissione ha fondato il presente ricorso sui dati contenuti nelle sue relazioni annuali ed esposti ai punti 20 e 21 di questa sentenza, i quali prescindono dalle zone tolte dall’elenco delle zone di balneazione.

35. Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, occorre dichiarare che il Regno di Spagna, non avendo adottato i provvedimenti necessari per garantire che la qualità delle acque di balneazione interne nel territorio spagnolo sia resa conforme ai valori limite fissati a norma dell’art. 3 della direttiva, in violazione degli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’art. 4 di tale direttiva, non ha preso tutte le misure che l’esecuzione della citata sentenza Commissione/Spagna comporta e, così facendo, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’228 CE.

Sulla fissazione della penalità

Argomenti delle parti

36. Basandosi sul metodo di calcolo che essa ha definito nelle sue comunicazioni 21 agosto 1996, 96/C242/07, concernente l’attuazione dell’art. 228 CE (GU C 242, pag. 6), e 28 febbraio 1997, 97/C63/02, concernente il metodo di calcolo della penalità prevista dall’articolo [228] del Trattato CE (GU C 63, pag. 2), la Commissione propone alla Corte di comminare al Regno di Spagna una penalità di EUR 45 600 per ogni giorno di ritardo per punire la mancata esecuzione della citata sentenza Commissione/Spagna, a decorrere dalla data della pronuncia della sentenza nella causa in esame sino al giorno in cui la citata sentenza Commissione/Spagna sarà stata eseguita.

37. La Commissione ritiene che la condanna al versamento di una penalità sia lo strumento più appropriato per porre fine, nel modo più veloce possibile, ad un’infrazione accertata e che, nella fattispecie, una penalità di EUR 45 600 per ogni giorno di ritardo sia adatta alla gravità e alla durata dell’infrazione alla luce della necessità che la sanzione risulti effettiva. Tale importo verrebbe calcolato moltiplicando una base uniforme di EUR 500 per un coefficiente di 4 (su una scala da 1 a 20) per la gravità dell’infrazione, un coefficiente di 2 (su una scala da 1 a 3) per la durata dell’infrazione e un coefficiente di 11,4 (basato sul prodotto interno lordo dello Stato membro di cui trattasi e sulla ponderazione dei voti al Consiglio), ritenuto idoneo a rappresentare la capacità finanziaria del suddetto Stato.

38. Il Regno di Spagna afferma che la penalità giornaliera non è il meccanismo adeguato per ottenere l’esecuzione della citata sentenza Commissione/Spagna. Una penalità del genere rimarrebbe applicabile anche se lo Stato membro adottasse tutti i provvedimenti necessari per l’esecuzione di tale sentenza. Si dovrebbe attendere di disporre dei dati relativi alla stagione balneare successiva per verificare se il risultato ottenuto è quello richiesto. La Commissione avrebbe dovuto considerare l’opportunità di proporre una penalità annuale da versare in funzione della messa a disposizione dei risultati di ogni stagione balneare. Non avrebbe senso infliggere una penalità giornaliera per imporre il rispetto di un obbligo che può essere adempiuto solo di anno in anno.

39. In subordine, il Regno di Spagna sostiene che l’importo della penalità proposta è, in ogni caso, eccessivo. Per quanto riguarda il coefficiente relativo alla durata dell’infrazione, il fatto che dalla pronuncia della citata sentenza Commissione/Spagna siano trascorse solo poche stagioni balneari giustificherebbe un coefficiente di 1, e non di 2. Quanto al coefficiente relativo alla gravità dell’infrazione, occorrerebbe tener conto del fatto che, al momento del deposito del ricorso relativo alla causa in esame, la percentuale di conformità delle zone di balneazione nelle acque di balneazione interne nel territorio spagnolo ai valori obbligatori della direttiva aveva raggiunto il 79,2%. Si dovrebbe altresì considerare il fatto che il Regno di Spagna non avrebbe beneficiato del termine di attuazione di dieci anni di cui hanno disposto gli altri Stati membri. Alla luce di questi due elementi, il coefficiente relativo alla gravità dell’infrazione andrebbe ridotto da 4 a 2. Applicando queste due correzioni al calcolo della penalità giornaliera, il suo importo risulterebbe pari a EUR 11 400.

Giudizio della Corte

40. Poiché la Corte ha riconosciuto che il Regno di Spagna non si è conformato alla sua citata sentenza Commissione/Spagna, essa può comminargli, in applicazione dell’art. 228, n. 2, terzo comma, CE, il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità.

41. A tale riguardo, occorre ricordare che le proposte della Commissione non possono vincolare la Corte e che esse costituiscono solo una base di riferimento utile. Nell’esercizio del proprio potere discrezionale, spetta alla Corte fissare la somma forfettaria o la penalità in modo che essa sia, da una parte, adeguata alle circostanze e, dall’altra, commisurata all’inadempimento accertato nonché alla capacità finanziaria dello Stato membro di cui trattasi (v. in tal senso, citata sentenza Commissione/Grecia, punti 89 e 90).

42. E’ evidente che una penalità è idonea ad indurre lo Stato membro inadempiente a porre fine, nel termine più breve possibile, all’inadempimento accertato. Al fine di infliggerla nel caso di specie occorre esaminare, in primo luogo, la periodicità della penalità proposta, in secondo luogo, il carattere costante o decrescente dell’importo di tale penalità e, in terzo luogo, il calcolo esatto del suo ammontare.

43. Quanto alla periodicità della penalità proposta nella fattispecie, occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 13 della direttiva come modificata, l’accertamento dello stato delle acque di balneazione si svolge su base annuale. In forza di tale disposizione, gli Stati membri sono tenuti a comunicare tutti gli anni alla Commissione una relazione sull’attuazione della direttiva. La relazione deve essere trasmessa alla Commissione prima della fine dell’anno in questione.

44. Ne consegue che l’eventuale constatazione della fine dell’infrazione può avvenire solo annualmente, in occasione della presentazione di tali relazioni.

45. Un penalità giornaliera potrebbe quindi essere inflitta per un periodo nel corso del quale le condizioni richieste dalla direttiva sono già state soddisfatte e anche se fosse possibile accertare tale esecuzione della direttiva solo successivamente. Lo Stato membro potrebbe pertanto essere costretto a versare la penalità per periodi in cui, in realtà, l’infrazione non sussisteva più.

46. La penalità deve pertanto essere comminata non su base giornaliera, bensì su base annuale, in seguito alla presentazione della relazione annuale relativa all’attuazione della direttiva da parte dello Stato membro in questione.

47. Quanto al carattere costante dell’importo della penalità proposta dalla Commissione, occorre rilevare che è particolarmente difficile per gli Stati membri realizzare la completa esecuzione della direttiva, come ha fatto notare l’avvocato generale ai paragrafi 66 e 67 delle conclusioni.

48. Alla luce di tale peculiarità, è possibile che lo Stato membro convenuto riesca ad aumentare sostanzialmente in grado di esecuzione della direttiva senza realizzarne la completa esecuzione a breve termine. Se l’importo della penalità fosse costante, essa rimarrebbe interamente esigibile per tutto il tempo in cui lo Stato membro interessato non ha completamente attuato la direttiva.

49. Pertanto, una sanzione che non tenesse conto dei progressi eventualmente realizzati dallo Stato membro nell’esecuzione dei suoi obblighi non sarebbe né adeguata alle circostanze, né commisurata all’inadempimento accertato.

50. Affinché la penalità sia adeguata alle particolari circostanze del caso di specie e commisurata all’inadempimento accertato, nel fissare il suo importo si deve tener conto dei progressi realizzati dallo Stato membro convenuto nell’esecuzione della citata sentenza Commissione/Spagna. A tal fine, occorre comminare a tale Stato il pagamento annuo di un importo calcolato in funzione della percentuale delle zone di balneazione nelle acque interne spagnole non ancora rese conformi ai valori obbligatori fissati in forza della direttiva.

51. Tale pagamento sarà dovuto a partire dall’accertamento della qualità delle acque di balneazione raggiunta in occasione della prima stagione balneare successiva alla pronuncia di questa sentenza e, se del caso, al momento dei successivi accertamenti annuali.

52. Quanto all’importo della penalità, i criteri fondamentali da prendere in considerazione sono, in linea di principio, la durata dell’infrazione, il suo grado di gravità e la capacità finanziaria dello Stato membro di cui è causa (v. citata sentenza Commissione/Grecia, punto 92).

53. Per quanto riguarda la durata dell’infrazione, bisogna riconoscere che l’esecuzione della citata sentenza Commissione/Spagna da parte dello Stato membro interessato risulta difficilmente realizzabile in un breve lasso di tempo. Nel caso di specie, tale esecuzione presuppone l’individuazione dei problemi, la messa a punto dei piani di azione e l’esecuzione di tali piani. In tale contesto, occorre tener presente, tra l’altro, la circostanza che le direttive comunitarie sugli appalti pubblici richiedono, in particolare, che i capitolati d’oneri siano stabiliti in maniera esaustiva prima dell’avvio della procedura di aggiudicazione degli appalti, senza possibilità di successive modifiche. Inoltre, tali direttive impongono alle amministrazioni aggiudicatrici taluni termini che non possono essere ridotti e limitano rigorosamente la possibilità di far ricorso a procedure d’urgenza.

54. Alla luce di tali considerazioni, occorre concludere che il coefficiente di 2 (su una scale che va da 1 a 3) proposto dalla Commissione per valutare la durata dell’infrazione nella fattispecie risulta eccessivamente severo e che appare più adeguato un coefficiente di 1,5.

55. Per quanto riguarda la gravità dell’infrazione, occorre respingere l’argomento del governo spagnolo secondo cui, nel fissare la penalità, si dovrebbe tener conto del fatto che il 79,2% delle zone di balneazione in questione era già conforme ai valori limite della direttiva al momento della presentazione del ricorso in esame. Dal fascicolo risulta che la Commissione, nella sua proposta, ha già preso in considerazione il grado di esecuzione della direttiva raggiunto dalla autorità spagnole aumentando il tasso di conformità delle acque in questione dal 54,5% nel 1992 al 79,2% nel 2000.

56. Si deve altresì respingere l’argomento del governo spagnolo relativo al fatto che esso non avrebbe beneficiato del termine di attuazione di dieci anni di cui hanno fruito gli altri Stati membri. Il Regno di Spagna, al momento della sua adesione alle Comunità europee, poteva infatti benissimo chiedere un periodo transitorio per l’applicazione della direttiva. Non avendo presentato tale domanda, esso non può, oggi, avvalersi della sua inerzia per richiedere una riduzione della penalità.

57. Occorre inoltre ricordare che l’adeguamento delle acque di balneazione ai valori limite della direttiva ha lo scopo di tutelare la salute pubblica e l’ambiente. Dato che l’inadempimento accertato al punto 35 della presente sentenza può mettere in pericolo la salute dell’uomo e può arrecare pregiudizio all’ambiente, esso è decisamente rilevante.

58. Alla luce di tali elementi, il coefficiente di 4 (su una scala da 1 a 20) proposto dalla Commissione sembra riflettere adeguatamente il grado di gravità dell’infrazione.

59. La proposta della Commissione di moltiplicare un importo di base per un coefficiente pari a 11,4, fondato sul prodotto interno lordo del Regno di Spagna e sul numero di voti di cui esso dispone in seno al Consiglio, risulta adeguata a riflettere la capacità finanziaria di tale Stato membro pur mantenendo un divario ragionevole tra i diversi Stati membri (v. sentenza Commissione/Grecia, citata, punto 88).

60. Moltiplicando l’importo di base, pari a EUR 500, per i coefficienti di 11,4 (per la capacità finanziaria), di 4 (per la gravità dell’infrazione) e di 1,5 (per la durata dell’infrazione) si ottiene l’importo di EUR 34 200 al giorno, pari a EUR 12 483 000 all’anno. Poiché tale importo è basato sulla considerazione che il 20% delle zone di balneazione in questione non erano conformi ai valori limite della direttiva, esso va diviso per 20 per ottenere l’importo corrispondente all’1% di zone non conformi, vale a dire EUR 624 150 all’anno.

61. Si svolgerà pertanto una giusta valutazione delle peculiari circostanze della fattispecie fissando l’importo della penalità in EUR 624 150 all’anno e per punto percentuale delle zone di balneazione non conformi ai valori limite della direttiva.

62. Pertanto, occorre condannare il Regno di Spagna a versare alla Commissione, sul conto “risorse proprie della Comunità europea”, una penalità di EUR 624 150 per anno e per punto percentuale delle zone di balneazione nelle acque interne spagnole la cui difformità dai valori limite fissati in forza della direttiva verrà accertata per l’anno in questione, a decorrere dall’accertamento della qualità delle acque di balneazione nella prima stagione balneare successiva alla pronuncia della presente sentenza fino all’anno nel corso del quale sarà avvenuta la piena esecuzione della citata sentenza Commissione/Spagna.

Sulle spese

63. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna del Regno di Spagna alle spese e quest’ultimo è rimasto sostanzialmente soccombente, occorre condannarlo alle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE

dichiara e statuisce:

1) Il Regno di Spagna, non avendo adottato i provvedimenti necessari per garantire che la qualità delle acque di balneazione interne nel territorio spagnolo sia resa conforme ai valori limite fissati a norma dell’art. 3 della direttiva del Consiglio 8 dicembre 1975, 76/160/CEE, concernente la qualità delle acque di balneazione, in violazione degli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’art. 4 di tale direttiva, non ha preso tutti i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte 12 febbraio 1998, causa C-92/96, Commissione/Spagna comporta e, così facendo, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’228 CE.

2) Il Regno di Spagna è condannato a versare alla Commissione delle Comunità europee, sul conto “risorse proprie della Comunità europea”, una penalità di EUR 624 150 per anno e per punto percentuale delle zone di balneazione nelle acque interne spagnole la cui difformità dai valori limite fissati a norma della direttiva 76/160 verrà accertata per l’anno in questione, a decorrere dall’accertamento della qualità delle acque di balneazione nella prima stagione balneare successiva alla pronuncia della presente sentenza fino all’anno nel corso del quale sarà avvenuta la piena esecuzione della citata sentenza Commissione/Spagna.

3) Il Regno di Spagna è condannato alle spese