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Tuesday 27 July 2004

La ristrutturazione edilizia alla luce del nuovo T.U.- TAR PUGLIA – BARI, SEZ. III – sentenza 22 luglio 2004 n. 3210

La ristrutturazione edilizia alla luce del nuovo T.U.

TAR PUGLIA – BARI, SEZ. III – sentenza 22 luglio 2004 n. 3210 – Pres. Urbano, Est. Durante – Constructa s.r.l. (Avv.ti Lavitola e Cavalli) c.
Comune di Andria (Avv.ti Di Bari e Matera) –
(accoglie).

per l’annullamento

della nota prot.
52401 del 7.11.2003, notificata il 10 detti, a firma del Capo Servizio Edilizia
Privata con cui la società ricorrente è stata diffidata dall’effettuare le
trasformazioni di cui alla denuncia di inizio attività
dalla stessa presentata in data 17.10.2003, relativa a ristrutturazione
edilizia di un fabbricato in Andria, Corso Cavour nn. 43, 45 e 47;

nonché per l’accertamento e la condanna

ai sensi degli artt.34
e 35, d.lgv. n.80/1998,
come modificati dall’art.7, l. n.205/2000, al risarcimento dei danni subiti e subendi a causa del provvedimento.

F A T T O E D I R I T T O

1.- La società Constructa,
proprietaria di un fabbricato destinato ad attività commerciale, sito in Andria al Corso Cavour civici 43, 45 e 47, in zona definita di
completamento dal PRG, disciplinata dall’art.6.6
delle NTA che prevede la possibilità di effettuare interventi di
ristrutturazione edilizia, presentava al Comune di Andria
denuncia di inizio attività per l’esecuzione di lavori di ristrutturazione
edilizia, mediante demolizione e ricostruzione del fabbricato con la
realizzazione di due piani cantinati, un piano terra
destinato ad attività commerciale, con galleria di collegamento tra Corso
Cavour e Vico Cavallotti, tre piani in elevazione adibiti a civili abitazioni e
uffici.

2.- Il Comune di Andria,
con nota prot.52401 del 7.11.2003, a firma del Capo
Servizio Edilizia Privata, diffidava la società dall’effettuare le
trasformazioni di cui alla denuncia di inizio attività, non rientrando i lavori
nella fattispecie di cui all’art.3, TU 6 giugno 2001,
n.380, integrando l’intervento progettato:

maggiore altezza, precisamente mt.13,60 rispetto ai mt.12,20 di
cui al nulla osta n.276/496 del 14.10.1976;

modifica della sagoma;

diminuzione del volume esistente pari a mc 16.682,44 rispetto al nuovo volume di mc 13.800,56;

la non conformità all’art.6.6bis NTA che nelle zone "B3.4
di completamento" prescrive la "non alterazione" dei
"volumi esistenti".

3.- La società ricorrente sostiene la
illegittimità del provvedimento e sviluppa una lineare tesi definisiva
articolata sui seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione
dell’art.1, co. 6, lett.b), l. 443/2001 come recepita
nel T.U. dell’edilizia approvato con DPR n.380/2001
ed in particolare nella modifica all’art.3 apportata
con l’art.1, co.1, lett.a) d.lgv. 27 dicembre 2001,
n.301; eccesso di potere per errore e falsità dei
presupposti e carenza di istruttoria. Afferma, in
specie che:

l’altezza dell’edificio è rispettosa di
quanto previsto nelle precedenti autorizzazioni, mt.
13,60 sul lato via Cavour e mt. 12,20 su lato via
Cavallotti (tra le due strade poste al confine dell’immobile Via Cavour e Via
Cavallotti vi è dislivello fedelmente rappresentato nel progetto);

non v’è modifica della sagoma intesa
quale contorno dell’edificio;

la diminuzione del volume rispetto a
quello esistente non è ostativa all’intervento di ristrutturazione, atteso che
la disposizione sul rispetto della volumetria è finalizzata ad impedire
l’aumento e non già la diminuzione della volumetria;

2) violazione e falsa applicazione
dell’art.22, co.6, DPR
380/2001 come integrato dal d.lgv. 301/2002, poiché
la norma richiamata nel provvedimento del Comune si riferisce ad immobile
gravato da vincolo ex. L. 490/99 mentre l’immobile de quo non è gravato da alcun vincolo, né
storico- artistico, né paesaggistico ambientale.

4.- Il Comune di Andria,
costituitosi in giudizio, ha sostenuto che la ristrutturazione deve essere
"fedele" in base all’art.31, l. 457/78, richiamato
senza modifiche dal TU 380/2001; che l’intervento oggetto della DIA non costituisce fedele ricostruzione dell’esistente
sicché è nuova costruzione e richiede il permesso di costruire.

5.- Le parti hanno depositato
documentazione e memorie difensive.

6.- Alla pubblica udienza del
27.5.2004, il difensore della ricorrente ha dichiarato di rinuciare
alla domanda di risarcimento danni; le parti hanno illustrato le tesi difensive
ed il ricorso è stato assegnato in decisione.

7.- La questione in esame è se
rientra nel concetto di ristrutturazione edilizia, quale delineato dall’art.3, DPR 380/2001 come modificato dalla l. 443/2001 (legge Lunardi) e dal d.lgv. 27 dicembre
2002, n.301 un intervento di demolizione e
ricostruzione con riduzione del volume e modifica del prospetto.

L’intervento consiste, infatti, in
una ristrutturazione edilizia realizzata mediante demolizione e ricostruzione
di un fabbricato destinato ad attività commerciale, trasformato in un
fabbricato destinato a residenza conformemente alla zonizzazione, con identico
ingombro e superficie ma con diminuzione di volume e modifica del prospetto.

8.- Il concetto di ristrutturazione
edilizia, quale enunciato dall’art.31, lett.d, l. 5 agosto 1978, n.431
"interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un
insieme sistematico di opere che possono anche portare ad un organismo edilizio
in tutto o in parte diverso dal precedente" ha subito nel tempo
diversificate interpretazioni e diffuse incertezze soprattutto con riguardo alla
ristrutturazione per demolizione e ricostruzione nella ricerca del quid novi
che distingue la fattispecie dalla ristrutturazione.

La oggettiva difficoltà di individuazione del "novum"
ammissibile è stata variamente trattata dalla giurisprudenza attestatasi su
posizioni contrapposte a seconda che il concetto di ristrutturazione fosse
collegato all’obbligo di pagare gli oneri di urbanizzazione in quanto nuova
costruzione, ovvero alla soggezione dell’intervento alla più limitativa
normativa sopravvenuta.

Ad un primo orientamento che
escludeva la demolizione e ricostruzione dalla fattispecie di
ristrutturazione (Cons. St.,
V, 9 febbraio 1996, n.144), è seguito
l’orientamento trasfuso nel Testo Unico dell’edilizia che ha compreso la
fattispecie nella categoria della "ristrutturazione" purché
"fedele" in quanto modalità estrema di conservazione dell’edificio
preesistente nella sua consistenza strutturale, essendosi ritenuto che "la
ricostruzione di un preesistente fabbricato senza variazione o alterazione
della superficie, volumetria e destinazione d’uso, non incide sul carico
urbanistico già esistente e non è pertanto assoggettato ad oneri né al rispetto
degli indici sopravvenuti (Cons. St.,
V, 10 agosto 2000, n.4397).

9.- In recepimento
degli indirizzi giurisprudenziali formatisi in materia, il TU dell’edilizia (6
giugno 2001, n.380) ha ricompreso
tra gli interventi di ristrutturazione edilizia "quelli consistenti nella
demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico quanto
a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche
dei materiali, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento
alla normativa antisismica".

L’art.1, co.6, l. 443/2001 ha ricompreso
tali interventi tra quelli ammissibili previa denuncia di inizio
attività, sostanzialmente considerando l’intervento "conservativo" e
non "nuova costruzione".

L’art.1 del
decreto legislativo 27 dicembre 2002, n.301 ha
modificato l’art.3, in parte qua, eliminando la
locuzione "fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a
sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche di
materiali a quello preesistente" sotituito da
"ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello
preesistente" (art.1, lett.a).

La demolizione e ricostruzione ha, quindi, assunto una tipicità legislativa che ne fa una
figura autonoma nell’ambito della più ampia categoria della ristrutturazione
edilizia, identificabile ove demolizione e ricostruzione mantenga sagoma e
volumetria della preesistente costruzione.

Ciò, tuttavia, non consente di ritenere
degradata ad intervento edilizio minore la ristrutturazione (solo perché
operata mediante ricostruzione "con la stessa volumetria e sagoma" ex
d.lgv. 301/2002), dovendosi ritenere implicito anche
nel concetto di ristrutturazione quale delineato dal suddetto
decreto legislativo, il rispetto degli standards che
attiene alla individuazione del bene sotto l’aspetto dell’inserimento della
costruzione nel territorio quale risulta disciplinato dall’attività pianificatoria del Comune.

10.- Ne consegue che, ai fini della
conformità urbanistica, laddove la ristrutturazione edilizia anche mediante
ricostruzione dell’edificio demolito, mantiene tutti i
parametri urbanistico edilizi preesistenti quali la volumetria, la
sagoma, l’area di sedime, il numero delle unità
immobiliari, la conformità urbanistica di riferimento è quella vigente
all’epoca della realizzazione del manufatto come attestata dal titolo edilizio,
e non quella sopravvenuta al momento della esecuzione dei lavori di
ristrutturazione.

In tal caso, infatti, è fatto salvo
in capo all’interessato, il diritto acquisito al mantenimento, conservazione e
ristrutturazione dell’immobile esistente, in quanto la legittimazione
urbanistica del manufatto da demolire si trasferisce su quello ricostruito.

Laddove la ristrutturazione comporti
interventi che mutino i parametri urbanistico- edilizi
già assentiti con il titolo originario, quali ad esempio, l’aumento del numero
delle unità immobiliari o il mutamento di destinazione d’uso è richiesta la
conformità alla disciplina urbanistica vigente al momento dell’esecuzione dei
lavori di ristrutturazione.

11.- In conclusione deve ritenersi
che quanto all’epoca assentito con il titolo
legittimante il fabbricato, costituisce la posizione giuridica acquisita dal
privato, una volta demolito il fabbricato da ricostruire che non può superare
il carico urbanistico esistente in termini di volumetria e sagoma, ma può
essere di minore impegno.

In altri termini, volumetria e sagoma
rappresentano lo standard massimo di edificabilità in sede di ricostruzione, ferma la
possibilità di utilizzarli in parte, ovvero con minore volumetria e superficie.

12.- A tale fattispecie si
contrappone la ristrutturazione edilizia senza demolizione che può portare
"ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, che
comporti(no) aumento di unità immobiliari, modifiche
del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che,
limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comporti(no)
mutamenti della destinazione d’uso".

Anche tali ultimi interventi sono
ammissibili tramite DIA, in alternativa al permesso di
costruire, giusta previsione dell’art.1, co.1, lett.b) d.lgv.301/2002
che ha esteso la DIA
agli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’art.10,
co.1, lett.c, come
integrato.

Si è venuta così a configuarare la c.d. "DIA allargata" (diversa
dalla DIA ordinaria per interventi minori e la Super DIA (per le nuove
costruzioni), evidenti manifestazioni dell’intento del legislatore di agevolare
al massimo gli interventi sul patrimonio edilizio esistente, dovuto alla
volontà di utilizzare per l’edificazione territori già urbanizzati e
ammodernare il patrimonio edilizio esistente spesso fatiscente.

13.- In tale contesto
normativo va collocato l’intervento de quo, dovendosi puntualizzare:

a) che non v’è modifica dell’altezza,
circostanza chiarita dalla difesa della ricorrente e non contestata dalla
difesa del Comune, trattandosi di fabbricato localizzato su strade tra le quali
vi è dislivello e risultando le altezze sulle diverse
strade identiche a quelle di cui al nulla osta 18203/68 (pari a mt. 13,60 su via Cavour) e al nulla osta 14.10.1967 (pari a
mt.12, 20 sul lato Via Cavallotti);

b) che né il fabbricato, né la zona del territorio in cui insiste è soggetto a vincoli di
interesse storico- artistico- paesaggistico ambientale.

Non sussiste, pertanto, violazione
dell’art.22, co.6, DPR
380/2001 come integrato dal d.lgv. 301/2002, norma
erroneamente richiamata nel provvedimento del Comune, atteso che si riferisce
ad ipotesi di immobile gravato da vincolo ex L. 490/99 mentre l’immobile de quo non è gravato da alcun
vincolo.

14.- Si sostiene da parte del Comune
che vi sarebbe modifica della sagoma.

Va osservato che l’intervento
progettato, malgrado lo svuotamento effettuato
all’interno del fabbricato, risulta rispettoso della precedente sagoma intesa
quale involucro esterno (contorno del fabbricato), essendo rispettate le mura
perimetrali e l’ingombro dell’edificio.

La modifica dei prospetti, sui quali
si è incentrata la difesa giudiziale dell’amministrazione
attiene alla facciata dell’edificio sicché non va confusa o compresa nel
concetto di sagoma che –come detto- indica la forma della costruzione
complessivamente intesa, ovvero il contorno che assume l’edificio. Ne consegue
che la previsione di balconi in luogo di finestre, essendo
relativa al prospetto non riguarda il concetto di sagoma.

I prospetti costituiscono, infatti,
un quid pluris rispetto alla
sagoma, attenendo all’aspetto esterno e, quindi, al profilo estetico
architettonico.

La difformità dei prospetti rispetto
all’esistente non rileva di per sé nella fattispecie in esame quale delineata dal legislatore, ma può essere indizio della
modifica dei parametri vincolanti, siano quelli fissati dalla legge (volumetria
e sagoma), siano quelli rivenienti dalla disciplina urbanistico –edilizia della
zona.

Né potrebbe sostenersi che la omissione del riferimento ai prospetti nella definizione
legislativa della ristrutturazione ex art.3, T.U.
380/2001 sia dovuta a mera dimenticanza, ovvero che il
concetto di sagoma comprenda anche il prospetto, atteso che nella diversa
fattispecie di ristrutturazione di cui all’art.10, TU
380/2001, i prospetti sono menzionati espressamente e separatamente dalla
sagoma.

Comunque, il provvedimento di diniego
impugnato, tra le cause ostative alla esecuzione dell’intervento tramite DIA,
non richiama anche le difformità dei prospetti, sicché il riferimento ai
prospetti costituisce una integrazione della motivazione del provvedimento
inammissibile, ove – come nel caso- operata dal difensore.

15.- Medesimo discorso vale per il
riferimento della difesa del Comune alla "galleria" che attraversa il
fabbricato collegando due strade, trattandosi, inoltre, di opera
interna non visibile dall’esterno.

16.- Il provvedimento del Comune
contesta che il progetto rientri nella fattispecie di cui all’art.3, TU 380/2001 in relazione alla
prevista riduzione di volumetria rispetto al fabbricato esistente e, per la
stessa ragione, contesta la non conformità dell’intervento progettato all’art.6.6 bis NTA del piano regolatore generale, che nelle zone
B3.4 di completamento, pur ammettendo gli interventi
di ristrutturazione edilizia, prescrive la non alterazione dei volumi esistenti
(il fabbricato realizzando sviluppa la volumetria di mc
16.682,44 a
fronte di mc. 13.800,56 costituente
il volume esistente).

La necessità del rispetto della
volumetria, nel contesto legislativo sopra delineato,
caratterizzato dalla eliminazione dalla definizione di ristrutturazione
edilizia dell’aggettivo "fedele ricostruzione" sostituito da
"ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma" induce a ritenere
che il legislatore abbia voluto impedire che attraverso la ristrutturazione
edilizia si determinasse un aumento di volumetria ovvero una diminuzione che
incidesse sulla sagoma del fabbricato.

Ne consegue che una riduzione di
volumetria che non influisca sulla sagoma e, quindi,
sull’aspetto esteriore del fabbricato, frutto di una diversa progettazione
degli interni rientri nel concetto di ristrutturazione ediliza
definito dal citato articolo 3, co.1, lett.d) T.U. 380/2001.

Per le medesime ragioni deve
ritenersi che la disposizione delle norme di piano regolatore non precludano la ristrutturazione edilizia ove la cubatura
risulti ridotta, essendo precluso, al contrario, l’aumento di cubatura.

Tale interpretazione della
disposizione delle NTA toglie pregio alla eccezione di
inammissibilità della censura per omessa impugnazione della norma di piano
regolatore.

17.- Quanto sin qui esposto evidenzia
la infondatezza dei rilievi del Comune che,
illegittimamente, ha impedito alla società ricorrente l’intervento edilizio di
ristrutturazione del fabbricato.

Consegue da ciò l’accoglimento del
ricorso con conseguente annullamento dell’atto impugnato.

18.- Le spese di giudizio possono
essere compensate tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale
per la Puglia – Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso in
epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Compensa spese e competenze di
giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bari, nella camera di
consiglio del 27.5.2004, con l’intervento dei Magistrati,

Amedeo Urbano Presidente

Doris Durante Consigliere est.

Raffaele Greco Referendario.

Depositata in data 22 luglio 2004.