Civile
La responsabilità della banca che paga un assegno non trasferibile.
La responsabilità della banca che paga un assegno non trasferibile.
Cassazione – Sezione prima civile – sentenza 18 febbraio-6 giugno 2003, n. 9103
Presidente Grieco – relatore Plenteda
Pm Maccarone – difforme – ricorrente Banco di Brescia San Paolo Cab Spa
Svolgimento del processo
Con atto 17 settembre e 16 ottobre 1990 la società Piarulli Legnami srl, con sede in Corato, esercente il commercio di legnami, convenne dinanzi al Tribunale di Trani la Banca di Bisceglie, la società Resinex Offshore srl di Iseo e Piacenza Cosimo e, premesso di avere fornito a quest’ultimo a fine maggio del 1990 una partita di legnami, per il prezzo di lire 24.517.249, pagato con un assegno di lire 28.650.000, tratto dalla società Resinex sulla agenzia di Iseo della Banca Credito Agrario Bresciano in favore del Piacenza, persona all’attrice non nota, per la quale aveva richiesto ed ottenuto dalla agenzia di Corato della Banca di Bisceglie – con cui intratteneva intensi rapporti commerciali ‑ il “benefondi”, a conferma di quello da essa ricevuto dalla trattaria, cui erano seguiti il 31.5.1990 l’accredito sul proprio conto corrente dell’assegno versato per l’incasso alla Banca di Bisceglie e il 5.6.1990 la comunicazione a quest’ultima della Agenzia di Iseo della Banca Credito Agrario Bresciano di avere pagato l’assegno; che solo dopo tale notizia essa aveva consegnato al Piacenza la merce, versandogli anche la differenza tra il prezzo e l’importo del titolo; che quindici giorni dopo la Banca di Bisceglie le aveva comunicato che l’assegno era stato restituito dalla trattarla con la motivazione che era contraffatto e che il relativo importo le era stato addebitato con valuta 2.6.1990; tutto ciò premesso, chiese che fosse dato atto che il 5.6.1990 la Banca di Bisceglie aveva regolarmente incassato l’assegno e che fosse dichiarato illegittimo l’addebito di lire 28.650.000; fosse accertato il suo credito per tale importo nei confronti del Piacenza e della società Resinex e, per l’effetto, fossero condannati in solido gli altri convenuti al pagamento di detta somma con valuta 3.6.1990.
La Resinex si costituì contestando la legittimazione attiva, perché l’assegno, contraffatto nell’importo, nel nome del prenditore e nella data di emissione, era non trasferibile e perché, comunque. nessun rapporto essa aveva avuto con il Piacenza.
La Banca di Bisceglie, incorporata nella Banca del Salento, che si costituì per essa, negò ogni responsabilità e chiese di chiamare in causa la Banca Credito Agrario Bresciano, per essere tenuta indenne in caso di soccombenza.
Quest’ultima, chiamata in giudizio, resistette deducendo di avere respinto l’assegno, perché contraffatto e perché negoziato in violazione dell’articolo 43 legge sul diritto d’autore.
Il tribunale con sentenza 21.12.1993 accolse la domanda e dichiarò valido l’accredito della somma portata dal titolo in favore della Piarulli; dichiarò la Banca Credito Agrario Bresciano tenuta a garantire la Banca del Salento per la metà dell’esborso gravante su quest’ultima e condannò il Piacenza ‑ che non si era costituito ‑ e la Banca del Salento alle spese processuali, che compensò tra la Piarulli e la Resinex e tra le banche.
Rinvenne la responsabilità della Banca bresciana, nel fatto che avesse dato il “benefondi” e pagato l’assegno il 5.6.1990, girato dal Piacenza nonostante la sua intrasferibilità; della Banca del Salento, per averlo accettato in pagamento dalla Piarulli, malgrado tale clausola, per avere dato assicurazioni con il “benefondi”ed avere accreditato il titolo sul conto corrente della cliente, salvo a procedere successivamente all’addebito; e della attrice, per avere dato causa all’operazione, apponendo prima dell’incasso la clausola “per conoscenza e garanzia”; ma, poiché le banche non avevano proposto domande riconvenzionali nei suoi confronti, il rapporto di garanzia, che avrebbe potuto essere fatto valere, non era stato dedotto, sicché l’accreditamento dell’assegno doveva restare fermo e legittimo.
I convenuti costituiti proposero appello ‑ resistito dalla Piarulli ‑ e la Corte di Appello di Bari con sentenza 18.12.1998, accogliendo quello della Banca del Salento e respingendo gli altri, dichiarò che la Banca di Credito Agrario Bresciano dovesse tenere indenne la prima per l’intero esborso nei confronti della Piarulli; condannò il Piacenza al pagamento delle spese di primo grado in favore di quest’ultima, mentre compensò interamente tra le parti quelle dell’appello.
Ha ritenuto la corte territoriale infondata la impugnazione del Credito Agrario Bresciano, rilevando che con la comunicazione del “benefondi” – una volta ricevuta dalla Banca del Salento la richiesta di informazioni sulla legittimità e possibilità di pagamento del titolo ‑ aveva implicitamente autorizzato tale banca a negoziare il titolo, assumendo così il rischio del pagamento; e poi pagandolo, con accreditamento alla Banca del Salento negoziatrice, una volta che era stato da essa ricevuto, aveva violato l’articolo 43 legge sull’assegno, il quale stabilisce che colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso risponde del pagamento. Responsabilità che trova il suo fondamento nella mancanza delle necessarie cautele, atteso che il Credito Agrario aveva omesso di indagare sulla identità del prenditore e sulla legittimità del titolo ‑ pur trattandosi di assegno non trasferibile, di importo cospicuo e pagato in sede diversa da quella propria e dell’emittente correntista ‑ svolgendo opportune indagini presso il suo correntista traente.
Quanto alla clausola “ per conoscenza e garanzia”, apposta dalla Piarulli, ha rilevato la corte barese, dopo avere escluso la responsabilità della Banca del Salento nel pagamento ‑ non essendo la contraffazione rilevabile ictu oculi o con i comuni mezzi di accertamento ‑ che la società aveva agito con la massima cautela, prima incaricando la Banca del Salento di cui era cliente di accertare la legittima Provenienza e regolarità dell’assegno, ottenendo dalla trattaria il “benefondi”, poi aspettando che la Banca del Salento le accreditasse l’assegno, prima di dare esecuzione alla vendita del legname e consegnare la merce al Piacenza; sicché la clausola predetta costituiva una limitata assunzione di responsabilità, circa la identità del Piacenza, e non una garanzia fideiussoria del pagamento a lui.
Ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi il Banco di Brescia San Paolo Cab spa , del
Gruppo Bancario Banca Lombarda, successore del Credito Agrario Bresciano, notificato alla Banca del Salento, alla Piarulli Legnami e al fallimento della società Resinex, intanto sopravvenuto.
Hanno resistito con controricorso la società Piarulli ‑ che ha anche depositato memoria ‑ e la Banca del Salento ‑ Credito Popolare Salentino, che ha proposto ricorso incidentale condizionato con un solo motivo, illustrato da memoria, nei confronti della Piarulli, la quale ha infine resistito a tale mezzo con controricorso, e del Banco di Brescia San Paolo.
Questa Corte all’udienza de118.5.2002 ha disposto la integrazione del contraddittorio nei confronti di Piacenza Cosimo ‑ con riguardo ad entrambi i ricorsi e della società Resinex con riguardo all’incidentale.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il Banco di Brescia San Paolo denunzia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 43 regio decreto 1736/33, in particolare l’errore della corte di merito di aver ritenuto, in applicazione dell’articolo 1992 Cc, esente da responsabilità la Banca del Salento, per avere pagato il titolo non trasferibile senza dolo o colpa grave nella identificazione del prenditore e responsabile esclusiva la trattaria, mentre l’articolo 43 cpv citato la responsabilità considera anche se manchi la colpa.
Con il secondo motivo sono denunziate la erroneità e contraddittorietà della motivazione e della interpretazione della clausola “ per conoscenza e garanzia”.
Osserva il ricorrente che essa non possa essere interpretata nel senso limitativo di conoscenza e garanzia circa la identità di Piacenza Cosimo, ma di assunzione di responsabilità nei confronti delle due banche; e ciò in quanto la prestazione era stata eseguita in favore di chi non era legittimato ad ottenerla, per il fatto che la somma era stata versata a persona diversa dal beneficiario e non inserita nella circolazione del titolo.
Pertanto, costituendo la clausola una vera e propria girata vietata, la Banca del Salento avrebbe dovuto essere ritenuta responsabile del pagamento alla Piarulli e questa responsabile nei confronti di due istituti di credito, tanto da comportare il rigetto della sua domanda.
Con il terzo motivo il ricorrente denunzia la contraddittoria ed erronea applicazione dell’articolo 1829 Cc, assumendo che il “benefondi”, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, non è autorizzazione a negoziare il titolo, ma mera informazione, priva del carattere della definitività , sulla esistenza di fondi sul conto del correntista.
Con il quarto motivo, infine, il ricorrente lamenta la insufficiente e contraddittoria motivazione sul presunto pagamento dell’assegno da parte sua. Esso, infatti, non aveva mai provveduto all’effettivo pagamento, tant’è che l’assegno era stato immediatamente restituito impagato alla Banca del Salento, con la dizione “titolo contraffatto”.
Con il ricorso incidentale condizionato la Banca del Salento – Credito Popolare Salentino denunzia la omessa motivazione e la mancata applicazione dell’articolo 1856 Cc. Rileva di avere con l’atto di appello prospettato che nell’ambito del rapporto di conto corrente si era realizzata la ipotesi di esecuzione di incarico per conto del correntista, prevista dall’articolo 1856 Cc, con l’accredito dell’importo del titolo rimesso per l’incasso, secondo le norme bancarie uniformi; sicché l’operazione di addebito trovava origine nelle clausole contrattuali e nella normativa in vigore.
Tali deduzioni, che non erano state considerate dalla corte territoriale, a fronte di altre argomentazioni, che avevano portato al suo esonero da responsabilità, la ricorrente incidentale ripropone al fine del rigetto della domanda attrice.
Del gravame la società Piarulli ha eccepito la inammissibilità sia perché la pretesa inter partes era stata transatta, sia perché il mezzo di gravame era stato proposto oltre l’anno e 46 gg. dalla pubblicazione della sentenza impugnata e nei confronti di parte diversa dalla ricorrente principale ‑ senza che fossero sussistite le ipotesi di cause inscindibili ‑ in funzione adesiva rispetto al ricorso principale, tanto da non consentire la proposizione tardiva.
Dei ricorsi va disposta la riunione, ai sensi dell’articolo 335 Cpc.
Il ricorso principale ‑ del quale senza ragione la Banca del Salento ha eccepito la inammissibilità, per difetto di autosufficienza, in ordine alla specificità dei motivi, che risultano, invece, chiaramente esposti, sia con riguardo ai capi e punti della sentenza impugnata, sia con riguardo alle argomentazioni poste a sostegno della censura ‑ si sviluppa su fronti doversi, giacché, mentre il primo motivo è rivolto al capo della decisione, che ha ritenuto esente da responsabilità l’istituto di credito negoziatore, il secondo addebita alla corte di merito di non ‑avere apprezzato adeguatamente la rilevanza della clausola “‘per conoscenza e garanzia” apposta sul titolo all’atto della negoziazione, che, al contrario di quanto ritenuto dalla decisione impugnata, aveva esposto a responsabilità quella banca, per avere illegittimamente pagato in forza di una girata contra legem, oltre allo stesso attore, cui il titolo era stato accreditato e che, sottoscrivendola, aveva assunto ogni rischio sulla corrispondenza del prenditore apparente con il beneficiario effettivo del titolo, si da privare di giuridico fondamento la sua domanda. Con il terzo e il quarto il ricorrente contesta il giudizio di responsabilità nei propri confronti, negando, da un lato, che “benefondi” abbia avuto rilevanza causale nell’evento dannoso e dall’altro che si sia realizzata la successiva condotta, di avere cioè provveduto al pagamento effettivo dell’assegno, da cui la banca negoziatrice aveva tratto argomento per l’accredito dell’importo alla società Piarulli.
Ritiene il collegio che l’ordine di trattazione delle questioni proposte debba essere invertito, prospettandosi in primo luogo necessaria la verifica dei profili di responsabilità della Banca ricorrente, nei termini individuati dalla sentenza impugnata e sottoposti a critica; quindi, quella della responsabilità concorrente della società attrice e dell’altro istituto di credito; ed infine, con l’esame del primo motivo ed in parte ancora del secondo, la valutazione della condotta di quest’ultimo, in relazione al disposto dell’articolo 43 legge assegno, di cui il ricorrente lamenta la violazione.
Ciò premesso, fondata appare la doglianza che attiene al “benefondi” (terzo motivo), dalla corte di merito giudicato elemento di responsabilità, per il fatto che la trattaria, così riscontrando la richiesta della banca negoziatrice, che la aveva interpellata per soddisfare la sollecitazione del cliente Piarulli – che l’assegno aveva ricevuto dallo sconosciuto Piacenza Cosimo – avesse assunto “il rischio di eventuale irregolarità o illegittimità” dell’operazione.
Il “benefondi”, che le banche comunicano tra loro, ha la chiara funzione ‑ come il termine stesso esprime e in difetto di specifici patti aggiuntivi tra i soggetti fra cui viene scambiato ‑ di assicurare la esistenza, nel momento in cui l’informazione è resa, di fondi presso la trattaria, congrui a coprire l’importo del titolo, emesso su quell’istituto, anche se in occasione della successiva sua negoziazione resta ferma la presunzione “salvo incasso” della avvenuta inclusione nel conto del credito corrispondente, giusta disposto dell’articolo 1829 Cc.
L’affermazione della corte di merito che esso svolga ed abbia svolto anche la funzione di “autorizzazione… a negoziare il titolo, con conseguente assunzione di ogni rischio circa il pagamento” è, di per sé, in astratto errata ed è in concreto apodittica, ove.nella specie, si sia ritenuto che quella portata abbia specificamente assunto, in difetto di esplicita indicazione delle circostanze che a quella comunicazione avessero assegnato anche il ruolo, da un lato (come la corte territoriale rileva), di “implicita autorizzazione alla negoziazione del titolo” e dall’altro di “conseguente assunzione di ogni rischio circa il pagamento”, in eccedenza e difformità rispetto a quanto il citato articolo 1829 stabilisce.
Sicché non è dalla circostanza che la successiva negoziazione sia stata preceduta dal “ benefondi” che la società Piarulli possa aver tratto fondamento alla stabilità dell’ accredito sul suo conto e sostegno alla pretesa nei confronti della Banca del Salento ‑ convenuta in giudizio insieme alla traente società Resinex Off-shore e al falso prenditore Piacenza Cosimo ‑ intesa a far dichiarare illegittimo l’addebito della somma prima accreditata; né possa da essa desumere la banca negoziatrice titolo giuridico alla garanzia nei confronti della trattaria.
Diverse sono le conclusioni in ordine alla successiva condotta del Credito Agrario Bresciano.
Al riguardo, la corte di merito ha rilevato che, ritenuto l’assegno, già accreditato dalla negoziatrice, quella banca lo ha regolarmente pagato a sua volta come risulta univocamente dal timbro apposto sul titolo “pagato” 5.6.1990 – pur trattandosi di assegno non trasferibile e risultato pagato a persona diversa dal prenditore originario (formalmente indicato nel nome di Piacenza Cosimo) a seguito di girata fatta alla Piarulli e non alla banca, in violazione dell’articolo 43 regio decreto 1736/33, secondo cui l’assegno con una clausola siffatta può essere pagato solo ad un banchiere per l’incasso e secondo cui chi lo paga a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso risponde del pagamento.
Ed ha quel giudice opposto alla difesa dell’ istituto trattario ‑ che la apposizione del timbro era avvenuta, senza che si fosse provveduto al reale accreditamento in favore della Banca del Salento, in quanto durante la “lavorazione” era stata accertata la falsità dell’assegno che rispetto a quanto già avvenuto” le conseguenti operazioni di contabilità all’interno della organizzazione bancaria non sono rilevanti e il titolo può ritenersi pagato nel momento in cui viene accettato e, ritenuto regolare, si dà –atto del pagamento con l’atto formale di apposizione del timbro pagato sul titolo, incamerandolo, costituendo tali formalità, all’esterno, sicura prova dell’avvenuto reale pagamento”.
Ha poi rilevato ‑ posto che, per stabilire se banchiere, in sede di pagamento dell’assegno non trasferibile ad un possessore diverso dal legittimo prenditore, possa andare esente da responsabilità, sia necessario accertare se egli abbia adottato la dovuta diligenza nella identificazione del possessore del titolo e valutare le modalità di detta identificazione “in relazione agli accorgimenti e alle cautele suggerite dal luogo e dal tempo dell’adempimento, dall’importo del titolo, dalla natura dei documenti esibiti dal prenditore e da ogni altra circostanza del caso” ‑ che il Credito Agrario Bresciano nessuna cautela e diligenza aveva adottato e che, pur trattandosi di assegno non trasferibile, pagato a persona diversa dal prenditore, nessuna indagine prima del pagamento avesse espletato circa la di lui identificazione e in ordine alla legittimità del titolo, sebbene l’assegno fosse di cospicuo importo e fosse stato pagato in sede diversa da quella propria e dell’emittente correntista.
Ha, così, concluso che il divieto di cui all’articolo 43 dovesse esplicare nei confronti della trattaria piena efficacia, con conseguente responsabilità per l’incauto pagamento, ancor più per il fatto che prima del pagamento nessuna indagine tempestiva. era stata espletata presso il suo correntista emittente, circa l’origine e la legittimità del titolo, pur avendo dovuto avere delle perplessità a riguardo, a causa del pagamento a persona diversa dall’intestatario e pur trattandosi di assegno intrasferibile.
Con il quarto motivo il Banco di Brescia San Paolo Cab muove alla sentenza impugnata l’addebito di avere motivato in modo insufficiente e contraddittorio in ordine al pagamento dell’assegno da parte sua, deducendo che essa non aveva “mai provveduto ad alcun reale ed effettivo pagamento, risultando altresì documentalmente che l’assegno è stato immediatamente restituito impagato alla Banca del Salento con la dizione e motivazione titolo contraffatto”.
Ma la doglianza è priva di fondamento ed è persino inammissibile, laddove non coglie, e dunque non sottopone a censura.la vera portata della statuizione, che non ha tanto considerato se le operazioni poste in essere fossero state idonee al pagamento, in quanto estintive delle ragioni di credito della Piarulli e liberatorie della posizione della banca negoziatrice ‑ ché, come lo stesso ricorrente rileva, ciò avrebbe eliminato in radice la controversia, lasciando semmai margini perché ne insorgesse una diversa fra trattaria e traente – quanto la circostanza di avere dato atto del pagamento, come la timbratura nel modo che si è detto aveva rivelato, così rassicurando la negoziatrice del buon esito della operazione, tanto da attivare la fase ulteriore rimasta sino a quel momento sospesa, della conferma dell’accredito dell’assegno, resa nota alla propria cliente Piarulli, che, a sua volta, acquisita quella consapevolezza il 5.6.1990, procedette il giorno successivo alla consegna della merce al Piacenza.
Tali circostanze di fatto esposte nella narrativa della sentenza impugnata e ribadite negli atti difensivi della società Piarulli ‑ f . 8 del controricorso al ricorso principale e f. 12 della memoria difensiva ex articolo 378 Cpc, in cui si afferma che dell’avvenuto pagamento la Banca bresciana aveva dato notizia alla Banca del Salento, la quale, poi, lo aveva riferito al proprio cliente ‑ non sono state minimamente contestate, nemmeno in questa sede, dal momento che l’istituto ricorrente limita la propria difesa alla portata di quella annotazione a timbro sul retro dell’assegno, omettendo di considerare che ad avere determinato gli eventi successivi prima dell’ accertamento della contraffazione, compiuto ben 15 giorni dopo e solo dopo la denunzia della emittente, era stata la conoscenza che banca negoziatrice e terzo avevano avuto di quella formalità, costituente, come la sentenza impugnata bene ha evidenziato, “ all’esterno sicura prova dell’avvenuto reale pagamento”.
Il fatto che il motivo di ricorso sia circoscritto esclusivamente a tale profilo dispensa da ulteriori valutazioni sulla illegittimità ‑ presupposta ‑della condotta omissiva della banca trattaria, in ordine alla quale la sentenza impugnata ha ampiamente motivato e sulla quale è mancata qualunque censura.
Quanto alla doglianza, oggetto del secondo motivo, che afferisce alla clausola “per conoscenza e garanzia”, l’addebito di contraddittorietà ed erroneità della motivazione e di erroneità della interpretazione è privo di consistenza.
La sentenza impugnata ha ritenuto che la clausola riferita alla girata dell’apparente prenditore non avesse altro significato che quello letterale e che, pertanto, equivalesse alla attestazione della Piarulli di conoscere il Piacenza e di garantirne la identità, si da non comportare assunzione di garanzia circa la sua solvibilità e di responsabilità nei confronti della banca negoziatrice e di quella trattaria, per il case di mancato buon fine dell’assegno La interpretazione non merita le censure proposte, non risultando contraria ai canoni ermeneutici generali, di cui manca una specifica indicazione ‑ con i quali, invece, non risulta conforme affatto quella proposta ‑ la motivazione offerta si appalesa adeguata sul piano logico e giuridico.
Vero è che, in luogo di costituire una semplice identificazione del prenditore, che avrebbe esposto il soggetto che l’attestava, la clausola assunse, ex post, la valenza di una girata, in quanto il titolo non fu pagato al Piacenza ‑ o a lui accreditato ‑ sotto la garanzia della sua identità che la Piarulli aveva prestato, ma fu, in modo anomalo, accreditato a quest’ultima, trasformando di fatto quella attestazione in girata e consentendo al titolo non trasferibile una altrettanto anomala circolazione.
Condotta questa che, però, non è addebitabile alla società Piarulli, la quale si limitò a quella identificazione e quella identificazione correttamente compi posto che i fatti successivi hanno dimostrato essere stata veritiera ‑ e che intese legittimamente conseguire il risultato economico delle liquidità del titolo negoziato; ma alla banca negoziatrice, che trasformò quella operazione in girata vietata, non volendo pagare l’assegno al Piacenza, prima di avere avuto le conferme dalla trattaria, restando così responsabile, come lo sarebbe stata in quest’ultimo caso, del pagamento “a persona diversa dal prenditore”, secondo la comminatoria dell’articolo 43 cpv legge assegno.
La censura che il Banco di Brescia San Paolo Cab, successore del Credito Agrario Bresciano, propone a riguardo con il secondo motivo, integrata dai rilievi dedotti con il primo, merita, dunque, di essere accolta, per ciò che attiene alla Banca del Salento ‑ Credito Popolare Salentino, non essendo condivisibile l’assunto della sentenza impugnata che nel comportamento dell’istituto di credito non sia ravvisabile “ nessuna negligenza e forma di responsabilità”.
A fronte di una fattispecie, come quella in esame, non conta prendere posizione sulla natura della clausola di non trasferIbilità in funzione dell’area dei soggetti che essa tutela, non essendo in discussione omissioni connesse alla mancata rilevazione della contraffazione, per la quale cono stati prima identificati gli elementi di responsabilità della trattaria.
È, infatti, estranea al tema controverso la costruzione di una responsabilità senza colpa, alla quale fa richiamo il ricorrente principale (Cassazione, 1098/99, in contrasto con un precedente indirizzo ultratrentennale), che si è ritenuto di rinvenire, in deroga al generale principio che è liberatorio il pagamento fatto in buona fede al creditore apparente ( articolo 1189 Cc), nella speciale disciplina dell’adempimento introdotta dall’articolo 43 legge sul diritto d’autore, la cui ratio è di tutelare il prenditore, oltreché l’autore della clausola, contro il rischio di smarrimento, distruzione e sottrazione “essendo in tale senso intesa la funzione pratica della clausola “non trasferibile”, nella comune opinione di chi la utilizza e così registrata anche nel lavori preparatori del decreto legge 2283/23, che introdusse la clausola stessa nel nostro ordinamento con l’articolo 5 e stabilì che l’assegno non trasferibile non potesse essere pagato che alla persona che lo ha ricevuto” (così Cassazione citata 1098/99).
Se il disposto dell’articolo 43 comma 1 – che fa divieto di pagare l’assegno Nt a persona diversa dal prenditore e a lui di girarlo, se non ad un banchiere per l’incasso; con la ulteriore specificazione che le girate apposte nonostante il divieto si hanno per non scritte” ‑ esprime la sua valenza in termini generali, nel senso che in ogni caso è nulla, perché contra legem, la girata successiva alla clausola, non sembra tuttavia, esservi dubbio che, in riferimento al secondo comma dell’articolo 43 e alla sua portata espansiva, in termini di responsabilità del solvens, soggetti tutelati siano emittente e prenditore e che un problema di buona fede di chi adempie, anche in tale fattispecie, abbia ragione di essere posto solo con riguardo ad un ipotetico conflitto tra banca trattaria e banca negoziatrice e tra entrambe ed uno dei soggetti tutelati dall’articolo 43 cpv, il quale, stabilendo che colui che paga un assegno non trasferibile risponde del pagamento, lascia supporre la persistenza all’anomalo pagamento del rapporto cartolare nei termini e tra i soggetti preesistenti.
Pertanto, se alla fattispecie del pagamento, considerata dalla citata norma deve ritenersi estranea la condotta posta in essere dalla banca negoziatrice, non identificandosi essa con un pagamento indebito, perché eseguito a soggetto diverso da colui il cui interesse la norma protegge, avendo il comportamento della Banca del Salento realizzato, piuttosto, la violazione del primo comma dell’articolo 43, in danno di persona, peraltro, non legittimata alla riscossione, ma a ciò abilitata per fatto dell’istituto di credito ‑ che aveva, ad una clausola indifferente ai fini della circolazione, quale quella della “conoscenza e garanzia”, attribuito la valenza di trasferire credito e legittimazione alla sua esazione ‑ la fonte della responsabilità è di natura contrattuale, inerendo al rapporto di mandato tra la Piarulli e la Banca, di cui la prima era cliente (l’incarico all’incasso fu della Piarulli e non dell’apparente prenditore), e il titolo è la colpa, mentre la condotta illegittima risulta essere quella contraria al disposto dell’articolo 43 primo comma che, vietando la girata dopo la clausola di cui si tratta, addebita a chi l’abbia realizzata l’obbligo del risarcimento del danno.
E la colpa della banca negoziatrice, posti così i termini della questione, va rinvenuta nel fatto di ave re posto in essere, nella esecuzione dell’incarico di incassare l’assegno, una attività in violazione delle norme sulla circolazione del titolo, pur nella consapevolezza che la mandante non fosse abilitata alla riscossione, e nell’avere accreditato l’importo del titolo, omettendo tutti gli accertamenti necessari alla verifica del suo buon esito, oltreché in termini di copertura, cui potevano avere giovato il preventivo “benefondi”, ottenuto con l’interpello della trattaria, e soprattutto il successivo riscontro positivo di solvibilitá della traente, anch’esso attraverso la comunicazione del “pagato” di quella banca, anche in termini di assenza di anomalie nella circolazione, che, vanificando il pagamento, ove fossero emerse, avrebbero esposto, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 43 cpv legge sul diritto d’autore, come poi esposero, la società mandante alla perdita di quelle risorse; e ciò dopo averla determinata, attraverso la rassicurazione che l’operazione aveva conseguito il suo effetto, a consegnare le merci, oggetto della vendita, all’apparente prenditore del titolo, la cui esecuzione era stata sospesa proprio in attesa delle verifiche che la banca negoziatrice avrebbe dovuto compiere; verifiche puntuali e diligenti, che ancora più si imponevano ‑ sebbene vi fosse stato l’invio del pagato” da parte della trattaria (Cassazione 12425/00, in motivazione), a cagione della clausola di intrasferibilità e della emissione dell’assegno da soggetto e in favore di soggetto non conosciuti ed estranei all’ambiente in cui l’operazione si era realizzata e in considerazione delle particolari esperienze e professionalità di una impresa bancaria, che avrebbe dovuto renderla ancor più avveduta, per gli affidamenti che, in ragione della sua qualità, il cliente aveva in lei riposto.
Il ricorso va dunque accolto, con rinvio, avuto riguardo al quarto, al secondo, ‑ limitatamente alla parte che attiene alla responsabilità della banca negoziatrice – e al primo motivo, in ordine al quale il giudice di rinvio dovrà attenersi al principio di diritto così formulato la girata per l’incasso di un assegno non trasferibile ad un banchiere diverso dal trattario, identificata nella clausola per conoscenza e garanzia, apposta dal proprio cliente dopo che il titolo è stato girato dal prenditore apparente, è illegittima, perché viola l’articolo 43 primo comma legge sul diritto d’autore ed obbliga la banca negoziatrice, nella esecuzione del mandato conferito, alla osservanza dei doveri di diligenza e cautela in ordine alla verifica della correttezza e regolarità della emissione e circolazione del titolo pervenutole, la cui violazione determina responsabilità risarcitoria, congiuntamente a quella della banca trattaria, la cui comparazione ha rilievo in sede di graduazione delle incidenze causali di ciascuna nella produzione dell’evento”.
Del ricorso incidentale della Banca del Salento Credito Popolare Salentino, va, infine, dichiarata la inammissibilità, per non essere stata eseguita la ordinanza 8.5.2002 di questa Corte, che aveva disposto la integrazione del contraddittorio nei confronti di Piacenza Cosimo e della società Resinex.
Il giudice di rinvio, che va identificato nella Corte di Appello di Bari, altra sezione, provvederà anche alle spese del giudice di cassazione.
PQM
La Corte riunisce i ricorsi; accoglie per quanto di ragione il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Bari anche per le spese del giudizio di cassazione.