Imprese ed Aziende

Wednesday 07 May 2003

La relazione annuale della CONSOB. COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETA’ E LA BORSA. INCONTRO ANNUALE CON IL MERCATO FINANZIARIO. DISCORSO DEL PRESIDENTE LUIGI SPAVENTA MILANO, 6 MAGGIO 2003

La relazione annuale della CONSOB

COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETA E LA BORSA. INCONTRO ANNUALE CON IL MERCATO FINANZIARIO. DISCORSO DEL PRESIDENTE LUIGI SPAVENTA MILANO, 6 MAGGIO 2003

SOMMARIO

La reazione ai misfatti

Il mercato unico europeo

Le società quotate

Gli investimenti delle famiglie, il listino, le obbligazioni

I mercati e gli intermediari

Signor Presidente della Repubblica, Signori Ministri dellEconomia e della Funzione Pubblica, Autorità, Signore, Signori Ci onora la rinnovata partecipazione del Presidente della Repubblica alla presentazione di questa relazione al mercato finanziario. Gli esprimo il ringraziamento della Commissione per questo segno di attenzione, a cui aggiungo una nota di personale e calda gratitudine per una presenza, oggi, che mi permetto di considerare come conferma di un interesse autorevole e amichevole allattività che sto per concludere.

Ringrazio il Presidente e il Consiglio damministrazione di Borsa Italiana per averci nuovamente ospitato in questa sede.

La reazione ai misfatti

1. Un mercato forte sopporta gli shocks: li metabolizza e riprende il suo percorso. Così avvenne dopo la crisi asiatica, dopo quella russa, dopo quella di un grande fondo di investimento. Un mercato intrinsecamente debole trova invece negli accadimenti imprevisti occasioni di ulteriore debolezza. L11 settembre non toccò le variabili fondamentali; rappresentò anzi una prova di resistenza e di flessibilità del sistema finanziario. La guerra in Iraq si è conclusa in tempi brevi, senza effetti sugli approvvigionamenti di petrolio. Eppure, si è dato peso solo alle cattive notizie, trascurando quelle buone. Nelle borse a una prolungata e a volte precipitosa caduta è seguita una fase priva di tendenza e caratterizzata da elevata volatilità. Prevale lincertezza e gli investitori, sfiduciati, non trovano voglia e occasioni per scommettere su una svolta duratura.

Forse non hanno torto: non si è pienamente compiuta la correzione degli eccessi precedenti; non si intravedono segni di una ripresa solida, che susciti aspettative più favorevoli di profitto; il trasferimento dei rischi di credito operato dalle banche e le vicissitudini dei sistemi pensionistici privati potranno ancora fare vittime; la vista del museo degli orrori societari, che continua ad aggiungere pezzi di varia provenienza alla sua già ricca collezione, induce i risparmiatori a dubitare dei conti delle imprese. Quando allincertezza macroeconomica si aggiunge la sfiducia microeconomica, leffetto deprimente è assicurato.

2. Negli Stati Uniti vi erano buone ragioni per quella sfiducia; ve ne sono meno oggi.

Divenne chiaro in pochi mesi che la storia di Enron come eccezionale mela marcia era una fola. Con la fine delleuforia di borsa ci si accorse che le mele marce erano troppe: le numerose frodi societarie venute poi alla luce risultarono anche peggiori di quelle di Enron. Divenne anche chiaro che allorigine di quelle frodi vi erano vizi e debolezze di sistema: distorsioni nella struttura degli incentivi; vanificazione dellefficacia dei controlli interni; acquiescenza e conflitti dinteresse nella professione dei revisori; dolo e conflitti dinteresse nelle banche dinvestimento; inefficacia dellautoregolamentazione; insufficienze della regolazione e della vigilanza.

Ma la reazione pubblica americana a questi sfacciati attentati alla buona fede degli investitori, e dunque allintegrità dei mercati, e dunque allo stesso funzionamento di un sistema capitalistico che ha le sue radici nei mercati finanziari, è stata immediata e dura. I giudici e i regolatori hanno già ottenuto dalle banche di affari non solo il pagamento di somme cospicue in via di oblazione, da destinare in parte al finanziamento della ricerca indipendente, ma anche una riorganizzazione interna per prevenire i conflitti dinteresse. Le borse hanno inasprito i requisiti per lammissione alla quotazione. Soprattutto, il Congresso ha prodotto in pochi mesi lintervento legislativo più penetrante sulla disciplina del settore mobiliare dopo il Securities Exchange Act del 1934. La legge Sarbanes-Oxley investe il governo societario, linformazione contabile, i requisiti dei revisori, un controllo pubblico sulla qualità della revisione, i tempi e i modi dellinformazione su fatti rilevanti e della valutazione dei risultati di bilancio, i doveri degli analisti finanziari. Sono stati introdotti obblighi rigorosi e cogenti per gli amministratori e in particolare per quelli responsabili del controllo interno e sono state inasprite le sanzioni, di natura penale, a loro carico. In numerosi casi le disposizioni delegano allautorità di vigilanza lattuazione regolamentare dei principi enunciati: la SEC in conseguenza sta riscrivendo e integrando i suoi codici.

La nuova legislazione americana ha ricevuto critiche di segno opposto. Da un lato, se ne è messa in dubbio lefficacia; dallaltro si è eccepito che la foga di una reazione non meditata agli scandali ha prodotto un eccesso di interventismo.

Quando si considerino alcune specifiche misure, si può trovare del vero in entrambi i punti di vista. Si deve tuttavia convenire che nellinsieme la legge Sarbanes-Oxley e lattività regolamentare della SEC hanno rafforzato i presidi posti a protezione degli investitori e costituiscono un punto di riferimento per la legislazione degli altri paesi.

3. Non si ravvisa nei paesi europei pari ansia di riforma, nonostante alcune iniziative legislative intraprese sullonda degli eventi americani. Pur se lEuropa non ha mancato di dare qualche rilevante contributo al museo degli orrori, è un fatto che il numero e la dimensione dei casi emersi sono stati minori che negli Stati Uniti. Nei regimi di proprietà concentrata prevalenti nellEuropa continentale la hybris manageriale ha meno possibilità di produrre danni, mentre la sottrazione di valore agli azionisti di minoranza avviene in forme più discrete e meno clamorose. Si è anche constatato che per qualche verso le regole e le pratiche di vigilanza europee sono più efficaci di quanto lo fossero quelle americane prima della nuova legge: la revisione contabile e le regole di consolidamento sono due esempi. Ma è bene mettere da parte qualsiasi compiacimento si sia intimamente provato per le sventure altrui: oggi lEuropa deve confrontarsi con i nuovi standard adottati negli Stati Uniti.

Per lintanto, la riforma americana pone allEuropa altri problemi. La nuova legge ha conseguenze extra-territoriali, in quanto si applica anche a emittenti stranieri quotati negli Stati Uniti (e in alcuni casi anche a società europee controllate da società americane). Le possibili incompatibilità fra legislazione americana e legislazioni europee si manifestano soprattutto con riferimento allobbligo di registrazione delle società di revisione presso il nuovo organismo di controllo americano, ai poteri di questo sui revisori stranieri, alle funzioni e ai requisiti degli audit committees, agli obblighi dellamministratore delegato. La Commissione europea e i singoli paesi hanno intrapreso una serrata trattativa per vedere riconosciuta, almeno in alcuni casi, lidoneità di regole europee, che, pur se diverse nella forma, sono di massima equivalenti nella sostanza ai fini della protezione dellinvestitore: per esemplificare, in Italia vi è già un controllo pubblico sullattività di revisione e non vi è differenza di compiti e requisiti fra il collegio sindacale e un audit committee. Su alcune questioni la SEC ha già accettato le ragioni europee; resta ancora aperta la questione della sovrapposizione dei controlli sulle società di revisione.

Anche se le trattative andranno a buon fine, il tempo comunque è maturo e loccasione propizia per introdurre in Italia alcune necessarie innovazioni sulla revisione contabile, anche seguendo i suggerimenti espressi da una commissione nominata dal Ministro dellEconomia e delle Finanze: quanto meno si auspica che il Ministero di Giustizia adotti il regolamento, atteso da cinque anni, sui requisiti dindipendenza delle società di revisione.

Il mercato unico europeo

4. La fragilità della costruzione istituzionale dellEuropa non ha impedito progressi notevoli, e in parte inattesi, nellattuazione del piano di azione per la costruzione di un mercato unico europeo dei servizi finanziari.

Nel 2002 sono stati approvati il regolamento sui principi contabili internazionali e le direttive sui contratti di garanzia finanziaria, sulle vendite a distanza, sugli abusi di mercato, sui conglomerati finanziari. Entro il 2003 saranno certamente approvate la direttiva sui fondi pensione e quella sulla modernizzazione delle disposizioni contabili; probabilmente quella sui prospetti.

Anche la direttiva sulle offerte pubbliche dacquisto e quella sui servizi di investimento potrebbero andare in porto prima del rinnovo del Parlamento europeo nel 2004. E stata presentata dalla Commissione la direttiva sugli obblighi di trasparenza degli emittenti di titoli quotati.

La procedura divisata dal rapporto Lamfalussy, sancita dal Consiglio europeo di Stoccolma del 2001 e successivamente dal Parlamento europeo, ha cominciato ad operare. Ladozione delle misure tecniche di attuazione delle direttive, elaborate dal Comitato europeo delle autorità di vigilanza (CESR) e proposte dalla Commissione, è affidata a un Comitato dei valori mobiliari, composto da rappresentanti degli Stati Membri, senza procedura di co-decisione:

si spera che in quella sede non si riproducano le divisioni che hanno sovente ritardato le decisioni del Consiglio.

5. Riemerge periodicamente la proposta di istituire un regolatore unico europeo: se ne dovrebbe offrire la base giuridica, che oggi manca, in unapposita disposizione della nuova costituzione europea. Ma non è affatto ovvio che sia questa, almeno oggi, la soluzione migliore per assicurare coerenza delle regole nello spazio finanziario europeo. Un percorso più graduale e più flessibile pare consigliabile, anche in coerenza con la tendenza verso un decentramento dei controlli che si va affermando in altri campi a livello comunitario.

Le funzioni assegnate al CESR dal Consiglio di Stoccolma, seguendo anche in questo caso le indicazioni del rapporto Lamfalussy, individuano questo percorso. Il CESR deve definire linterpretazione e verificare il recepimento della legislazione comunitaria; indicare alle regolazioni nazionali indirizzi coerenti e fissare principi comuni e verificarne lattuazione nei contenuti e nella pratica.

Unazione convinta e condivisa dei regolatori degli Stati membri in questa direzione consentirebbe di rimuovere gli ostacoli che la frammentazione delle regole e delle pratiche di vigilanza frappone allintegrazione. Ne risulterebbe una desiderabile ma non sempre desiderata intrusione nellautonomia delle autorità nazionali, che dovranno accettare, senza resistenze nazionaliste o protezioniste, i vincoli che derivano dal loro inserimento nel mercato europeo dei servizi finanziari.

6. Le direttive approvate e quelle che lo saranno imporranno importanti innovazioni negli ordinamenti nazionali. La direttiva sugli abusi di mercato offre un esempio di particolare rilievo per lItalia.

Nel nostro sistema labuso di informazioni privilegiate e laggiotaggio sono reati perseguibili penalmente. La Consob, se non sollecitata da un pubblico ministero, trasmette allautorità giudiziaria gli esiti delle indagini compiute di propria iniziativa. Nei suoi accertamenti può compiere ispezioni ed esigere la trasmissione di dati e notizie solo quando si tratti di soggetti vigilati; può disporre, ma non imporre, laudizione di altri soggetti. Lefficacia preventiva e repressiva dellattuale sistema è modesta. Vi sono difficoltà obiettive: in Italia come in altri paesi europei è sempre difficile collegare lautore dellabuso alla fonte dellinformazione privilegiata. Ma si deve anche notare che i poteri della Consob sono limitati e che il processo penale è inevitabilmente lento nel suo svolgimento e nella sua conclusione.

La nuova direttiva sancisce lobbligo di sanzione amministrativa per gli abusi di mercato e prevede che allautorità di vigilanza competente siano assegnati poteri ispettivi, informativi e di intervento assai più penetranti. Gli Stati Membri possono, ma non devono, imporre anche sanzioni penali. Si dovrà, in conseguenza, riscrivere un intero capo del Testo Unico della Finanza. Il legislatore e il regolatore saranno dunque chiamati ad affrontare problemi di non poco conto: disegnare un sistema di sanzioni amministrative che, come chiede la direttiva, siano “efficaci, proporzionate e dissuasive”; valutare lopportunità di mantenere le sanzioni penali e, se del caso, definirne il rapporto con quelle amministrative; individuare il soggetto che irroga le sanzioni, considerando la preferenza della legge comunitaria, delle intese di cooperazione e della prassi internazionale ad assegnare questo compito ad unautorità amministrativa indipendente; ridisegnare non solo i poteri, ma anche la organizzazione della Consob, al fine di separare la fase istruttoria da quella di decisione sul procedimento sanzionatorio.

Le società quotate

7. In Italia è stata attuata una riforma che rende più moderno il nostro diritto societario, in linea con le esigenze del mercato e gli obblighi comunitari. Per le società quotate, soggette al regime speciale previsto dal Testo Unico della Finanza, vi sono alcune apprezzabili innovazioni.

Migliorano le regole di trasparenza, soprattutto in materia di conflitto dinteresse degli amministratori e di relazioni di gruppo. Il previo deposito delle azioni per la partecipazione alle assemblee si trasforma da obbligo generale in previsione facoltativa degli statuti, con termini accorciati e modalità semplificate:

si agevola così la partecipazione dei soci minoritari e soprattutto degli investitori istituzionali. Viene liberalizzata la possibilità di emettere obbligazioni. La disciplina per le società quotate è opportunamente estesa alle società con titoli diffusi.

Pone invece problemi la nuova disciplina penale. Le soglie quantitative, qualitative, oggettive, soggettive introdotte per la sanzionabilità delle false comunicazioni sociali sono causa di incertezze, anche per le eventuali denunce della Consob. La modifica del reato di aggiotaggio su strumenti finanziari, concepita come una mera razionalizzazione, è stata intesa in sede applicativa come una restrizione delle fattispecie rilevanti: non resisterà alla nuova direttiva.

Se si vuole che il rimedio penale intervenga solo in ultima istanza, ritenendosi che non sia sempre il più adatto a contrastare gli illeciti societari e di mercato, devono essere disponibili sanzioni amministrative severe e rimedi civilistici efficaci. In Italia le prime sono miti e i secondi poco efficienti, nonostante le innovazioni introdotte dal Testo Unico. Lazione sociale di responsabilità è complessa nelle procedure, difficile, perché deve essere intentata da soci in possesso di almeno il 5 per cento del capitale sociale, costosa per le spese di tutela legale e per i tempi di risoluzione delle controversie.

Si rileva inoltre che la perseguibilità dufficio del reato di false comunicazioni sociali soltanto per le imprese quotate aumenta la specialità della disciplina applicabile a queste e potrebbe ridurre la propensione alla quotazione.

8. La nuova normativa richiede unopera di coordinamento con il Testo Unico della Finanza.

Nei nuovi modelli di amministrazione e controllo alternativi a quello vigente le funzioni del collegio sindacale vengono attribuite a un consiglio di sorveglianza o a un comitato di controllo interno al consiglio damministrazione: i componenti del primo sono eletti dallassemblea; quelli del secondo, nominati dal consiglio damministrazione, non possono svolgere funzioni esecutive nella società e devono possedere i requisiti dindipendenza richiesti per i sindaci. Oggi il collegio sindacale delle società quotate ha rilevanti compiti di vigilanza e obblighi di segnalazione alla Consob delle irregolarità riscontrate. Pur se la nuova legge enuncia un principio generale di applicabilità ai nuovi soggetti deputati al controllo di tutte le norme compatibili, vè almeno una questione che merita un più preciso chiarimento normativo.

A norma del Testo Unico gli statuti delle società quotate devono consentire una rappresentanza delle minoranze nel collegio sindacale. Mancando una esplicita previsione, ci si chiede se questa disciplina valga anche per il consiglio di sorveglianza e per quello di controllo interno, alternativi al collegio sindacale: ove così non fosse, si compirebbe un deprecabile passo indietro rispetto al Testo Unico.

Lelezione assembleare o il possesso di requisiti formali di indipendenza degli amministratori possono offrire (ma, come si è visto negli Stati Uniti, non sempre offrono) una garanzia agli azionisti minori in sistemi a proprietà diffusa, come quelli anglosassoni, ove non prevalgano partecipazioni di controllo. La offrono molto meno quando, come in Europa continentale e segnatamente in Italia, larga parte delle società è controllata di diritto o di fatto da soci maggioritari. In definitiva, sarà sempre il controllante a scegliere gli amministratori che lo dovrebbero controllare: non bastano la legittimazione assembleare o il possesso di requisiti formali per evitare la sostanziale dipendenza dei secondi dal primo. La presenza di rappresentanti delle minoranze offre un presidio più efficace ai diritti degli azionisti: lassociazione dei gestori dei fondi la chiede alle società del MIB30 per i consigli damministrazione, raccomandando anche che le minoranze designino il presidente del collegio sindacale o del consiglio di sorveglianza.

9. Lintroduzione negli statuti di clausole che consentano la rappresentanza delle minoranze e la stessa liberalizzazione dei tempi e dei modi di deposito delle azioni per partecipare alle assemblee offrono agli azionisti minoritari unopportunità. Per coglierla, questi devono essere presenti e attivi nelle assemblee. Non lo sono in Italia: i sindaci di minoranza, pur previsti in tutti gli statuti, sono presenti in meno di un quarto delle società quotate.

Gli azionisti minoritari in condizione di contare e di esercitare i loro diritti non sono quelli individuali, anche perché da noi la raccolta di deleghe è un istituto consentito ma quasi mai praticato. Potrebbero e dovrebbero attivarsi gli investitori istituzionali. Ma unindagine sulle assemblee ordinarie di approvazione del bilancio 2001 delle prime cinquanta società quotate rivela che la partecipazione dei fondi italiani, con una quota media di possesso vicina al 5 per cento, è stata di appena lo 0,5 per cento del capitale sociale e dell1 per cento di quello presente; lassenteismo è stato massimo nelle assemblee delle banche e delle società finanziarie. La presenza alle assemblee straordinarie è più elevata; ma sindaci e amministratori vengono designati nelle assemblee ordinarie, che comunque rappresentano un momento importante per lespressione di un giudizio sulla gestione. In confronto, la partecipazione dei fondi esteri è stata assai maggiore. Si apprezzano gli sforzi dellassociazione di categoria per indurre i fondi italiani a un maggiore attivismo: resta tuttavia limpressione che la loro dominante matrice bancaria non sia estranea ai peccati di omissione assembleare.

10. Gli obblighi di informazione e di trasparenza assumono particolare importanza in un sistema in cui la proprietà è concentrata ed è pertanto debole la voce degli azionisti minoritari, lattivismo degli investitori istituzionali è modesto, le tutele giurisdizionali sono poco efficaci e comunque costose. Come diceva un grande giudice americano, per prevenire le patologie dei mercati non vi è miglior disinfettante della luce del sole. La legislazione italiana sulla trasparenza è fra le più avanzate; le prescrizioni regolamentari e la pratica di vigilanza dedicano cura particolare alladempimento dei doveri di informazione continua e periodica da parte degli emittenti.

Con recenti innovazioni di regolamento si sono imposti obblighi di pubblicità per operazioni societarie rilevanti con parti correlate, in potenziale conflitto con gli interessi degli azionisti, e di comunicazione mensile delle operazioni compiute dalle capogruppo sui titoli quotati emessi da società del gruppo.

La soglia per la comunicazione obbligatoria della partecipazione in una società quotata, fissata al 2 per cento del capitale, è più bassa che in ogni altro paese e inferiore al limite del 5 per cento indicato dalla proposta di direttiva sulla trasparenza. Recenti vicende societarie hanno palesato lopportunità di perfezionare la disciplina vigente. Con modifiche regolamentari, i tempi della diffusione dellannuncio saranno opportunamente ridotti; potrebbero essere diminuiti gli intervalli di variazione degli acquisti al di sopra del 2 per cento di cui si deve dare comunicazione; la nozione di partecipazione, che già include il diritto ad un acquisto futuro, può essere ampliata per includervi altri contratti derivati di recente diffusione. Compete al legislatore, se lo ritiene, ridurre la soglia del 2 per cento a un livello ancora più basso.

11. La Consob esige sovente dagli emittenti quotati una integrazione delle informazioni da rendere in assemblea, per assicurarne la completezza e ladeguatezza. In altre occasioni si chiede alle società di correggere i dati contabili contenuti nei documenti di periodo: le modifiche apportate hanno evitato lattivazione dei poteri di impugnativa di bilancio.

La fine delleuforia degli anni novanta fa emergere per alcuni emittenti incertezze sulla possibilità di continuità aziendale e situazioni di evidente sofferenza patrimoniale. Le società di revisione che rifiutano la certificazione o esprimono pesanti riserve fanno il loro dovere: lautonomia e lindipendenza del loro lavoro non devono essere condizionate dalle proteste dei soggetti interessati.

La Consob ha imposto alle società quotate in condizioni critiche lobbligo di comunicare mensilmente al pubblico notizie aggiornate sul loro andamento: ve ne sono sinora dodici.

Un recente regolamento europeo obbliga le società quotate a redigere dal 2005 i propri conti consolidati in conformità con i principi contabili internazionali (International Financial Reporting Standards): si raggiunge così il duplice fine di migliorare la qualità dellinformazione e di armonizzarla nellambito del mercato europeo.

Agli Stati membri viene lasciata la facoltà di estendere quellobbligo anche ai bilanci non consolidati e alle società non quotate. Si deve auspicare che questa facoltà venga esercitata, quanto meno per i bilanci dimpresa, anche per garantire una effettiva comparabilità dellinformazione finanziaria nel caso, ad esempio, di emittenti che non redigano conti consolidati. Ne seguirà la necessità di un adattamento della normativa nazionale, soprattutto per quanto riguarda le implicazioni di natura tributaria. Non risulta che il regolamento europeo preveda principi contabili adattati al settore merceologico in cui limpresa opera: si tratta di una singolare innovazione introdotta in Italia con riferimento alle società di calcio.

Facendo seguito ad una richiesta formulata dal Consiglio e dal Parlamento europeo, il CESR ha adottato alcune importanti regole generali per rendere più efficace e più omogeneo fra i diversi paesi il controllo amministrativo sulla qualità dellinformazione contenuta nei conti delle società quotate e nei prospetti informativi pubblicati in Europa. Il modello di vigilanza in base al rischio suggerito dal CESR rappresenta il punto di riferimento per un accordo anche con le autorità americane.

12. I compiti di vigilanza della Consob sugli emittenti di titoli quotati sono precisamente definiti dal Testo Unico. Accade tuttavia che si chieda alla Consob di intervenire o di esprimersi su materie che non sono di sua competenza; e neppure sono di competenza delle autorità di vigilanza dei mercati in altri paesi.

Per esemplificare, non è compito della Consob esprimersi sulla congruità dei rapporti di concambio per fusioni o acquisizioni: dopo la delibera assembleare, per impugnare le valutazioni peritali ci si deve rivolgere al tribunale. In generale, il compito di dirimere le controversie fra gli azionisti e gli amministratori spetta al giudice ordinario, a cui del resto si indirizza anche la Consob quando esercita i suoi ben definiti poteri di impugnativa.

Né è certamente compito della Consob esprimersi sul merito tecnico, industriale, sistemico o politico di pur controverse operazioni societarie, o di battaglie intraprese per mutare gli assetti di potere, non infrequenti in un sistema chiuso come quello italiano. La Consob deve accertare che quelle operazioni avvengano e che quelle battaglie si svolgano nel rispetto delle regole e deve intervenire quando le regole non siano osservate: nulla di meno, ma anche nulla di più.

Gli investimenti delle famiglie, il listino, le obbligazioni

13. Nellultimo quinquennio dello scorso secolo le famiglie italiane, deluse dalla caduta dei rendimenti dei titoli di Stato e attratte da un rialzo dei mercati apparentemente inarrestabile, aumentarono drasticamente la propria esposizione al rischio, sino a raggiungere in brevissimo tempo i livelli dei paesi più avanzati. Il peso delle azioni quotate italiane sulla consistenza della loro ricchezza finanziaria si quadruplicò, quello dei fondi comuni aumentò di quasi cinque volte, e di sei volte quello dei fondi azionari; si raddoppiò il peso delle obbligazioni, si ridusse a un terzo quello dei titoli di Stato. Nel complesso, linvestimento in attività prive di rischio passò da poco meno dell80 per cento nel 1995 a circa il 50 per cento nel 2000.

Quanto fu rapida la conversione agli investimenti rischiosi, tanto è stata dolorosa, e rilevante nei suoi effetti, la sferzata del tracollo dei mercati, con una caduta delle quotazioni del 45 per cento in due anni. Fra la fine del 2000 e il settembre 2002 il peso sulla ricchezza finanziaria delle azioni quotate italiane si è ridotto a un terzo, quello dei fondi azionari si è dimezzato: queste variazioni sono conseguenza in parte maggiore del calo delle quotazioni; ma in parte non piccola (fra un terzo e un quinto) sono dovute a disinvestimenti. La esposizione ad attività rischiose è quasi tornata al livello del 1995.

14. Sul versante delle imprese, la caduta dei mercati e il conseguente aumento del costo del capitale non solo ha drasticamente ridotto le offerte di azioni di società di nuova quotazione, ma ha dato incentivo ad offerte di acquisto in vista di cancellazioni dal listino. Nel triennio 2000-2002 il saldo fra le risorse raccolte con nuovi collocamenti e quelle restituite con acquisti finalizzati alla cancellazione è stato negativo per oltre 8 miliardi di euro. Il numero di società quotate sul mercato telematico azionario, cresciuto sino al 1999, si è di nuovo ridotto nel biennio successivo, rimanendo costante lo scorso anno.

Il minor numero di presenze in Europa resta così una caratteristica peculiare dei nostri listini di borsa. Per altri aspetti i mutamenti sono stati modesti. Le società di nuova quotazione hanno ringiovanito il listino: ma il grosso della capitalizzazione è ancora dovuto a quelle più anziane e, fra le meno anziane, a quelle privatizzate. La quota del flottante è aumentata: ma ancora supera di poco la metà della capitalizzazione ed è notevolmente inferiore, soprattutto per le grandi società, a quella di ogni altro paese, anche nellEuropa continentale; le società non controllate di diritto o di fatto sono solo 32, sulle 231 quotate sul mercato telematico azionario. Di rado si ricorre a offerte di scambio per realizzare operazioni di acquisizione, che in altri paesi hanno contribuito a diluire le partecipazioni dei principali azionisti. Il doppio conteggio, dovuto alla presenza nel portafoglio delle società quotate di partecipazioni in altre società quotate, pur se di minor rilievo rispetto a pochi anni fa, riguarda ancora un quinto della capitalizzazione: recenti operazioni di accorciamento delle catene di controllo miglioreranno questa situazione e ridurranno il rapporto tuttora singolarmente elevato fra capitale controllato e capitale posseduto.

15. Pur con qualche progresso, la qualità dei nostri listini resta dunque insoddisfacente. Di ciò non si può dare colpa alla qualità tecnica dei mercati di negoziazione, che, grazie a importanti e tempestive innovazioni, sopporta con vantaggio il confronto internazionale: gli spread sono relativamente bassi ed il rapporto fra scambi e capitalizzazione è relativamente elevato. Il problema vero risiede nella persistenza di una scarsa propensione alla quotazione delle imprese italiane, le cui cause si rinvengono a loro volta in alcune caratteristiche della nostra struttura finanziaria e industriale. Dominano ancora banche inclini al finanziamento tradizionale, ma meno disposte o meno preparate (come risulta da studi fatti per Borsa Italiana) a offrire i servizi preliminari alla quotazione. Le imprese sono piccole e riluttanti ad aumentare la loro dimensione. Si privilegia il controllo familiare e il ricorso allautofinanziamento. Ci si arrocca in settori tradizionali, ove si richiede un modesto impegno di investimenti per linnovazione e lo sviluppo e dunque vi è minore necessità di capitale esterno di rischio. In conseguenza, i benefici ottenibili dalla raccolta di capitale sono modesti in rapporto ai costi della quotazione e agli obblighi da essa derivanti.

16. Anche in Italia, forse a motivo della congiuntura delle borse, comincia ad acquistare rilievo il private equity, quasi una terza via fra banche e mercato. Il suo contributo alla crescita delle imprese dipende dalle connotazioni che esso assume.

E modesto, quando i capitali, raccolti in aree ricche ove vi è sovrabbondanza rispetto alle opportunità o ai desideri di investimento nelle imprese, sono destinati allacquisto di partecipazioni di riferimento in società quotate: quei capitali, nati dalla produzione, vengono per così dire finanziarizzati. Linvestimento di fondi privati nel capitale di promettenti imprese medie non quotate, per migliorarne la gestione, favorirne la crescita e, se del caso, ottenerne la quotazione è un modello assai più interessante di private equity, che favorisce lo sviluppo industriale e sperimenta nuove forme di governo societario.

In questo secondo caso le immobilizzazioni sono necessariamente di lunga durata e a rischio elevato: più adatte alla partecipazione di consistenti investitori qualificati che alla raccolta diffusa di fondi presso piccoli risparmiatori, i quali non possono né sanno intervenire nella scelta delle imprese da capitalizzare. Tanto più ciò è vero, quando la matrice bancaria del gestore di investimenti in imprese non quotate può essere foriera di conflitti dinteresse.

17. In fuga dai titoli di Stato e poi, nellultimo biennio, anche dalle azioni di società quotate, i risparmiatori italiani hanno indirizzato flussi consistenti del proprio risparmio verso lacquisto netto di obbligazioni: oltre 180 miliardi di euro fra il 1995 e il 2000, oltre 130 nel biennio successivo. Si tratta in maggioranza di obbligazioni bancarie, ma con una crescita notevole delle obbligazioni estere e, nellultimo biennio, di quelle emesse da imprese non bancarie. Questo comparto pare rappresentare un approdo naturale e alternativo a quello azionario per risparmiatori poco esperti e avversi al rischio: si tratta a volte solo di unapparenza.

Le obbligazioni non bancarie, oltre a essere solitamente poco liquide, sono a rischio di insolvenza dellemittente: ne dovrebbero dar conto, allemissione, il prospetto informativo e il rating attribuito da agenzie specializzate, pur se, naturalmente, la situazione può cambiare e il rating può essere rivisto nel corso della vita del titolo. In Italia il grosso degli acquisti, che avviene presso gli sportelli bancari, riguarda titoli non quotati sul mercato domestico. Le emissioni di obbligazioni industriali italiane sono per lo più di modesto ammontare e dato anomalo rispetto al resto dellEuropa – metà di esse (un quinto in termini di volumi) sono prive di rating.

I risparmiatori italiani sono stati colpiti pesantemente dallinsolvenza di un debitore sovrano e in misura minore da quella di un debitore industriale. In altri paesi, anche piccoli, le insolvenze industriali hanno riguardato importi ben maggiori e quote più elevate delle emissioni complessive Il compito di prevenzione dellautorità di vigilanza in questi casi non è facile. Quando si accerta se il risparmiatore sia stato reso edotto del rischio assunto in contropartita della promessa di rendimenti elevati, ci si trova il più delle volte di fronte ad una messe di moduli firmati (passivamente) per accettazione. Losservanza puramente formale delle regole di condotta non basta tuttavia a escludere violazioni passibili di sanzione: lobbligo dellintermediario di conoscere le caratteristiche e i rischi dei prodotti e di informarne la clientela dovrebbe infatti essere maggiore proprio quando il deposito e la consegna di un prospetto informativo non sono prescritti. In relazione a recenti episodi di insolvenza sono in corso controlli accurati sul comportamento degli intermediari.

Per quanto compete alla Consob, la regolamentazione verrà modificata al fine di introdurre procedure che offrano alla clientela informazioni più adeguate sui rischi dellinvestimento, soprattutto nel caso di obbligazioni prive di rating e, come tali, esposte statisticamente a una maggiore probabilità di insolvenza.

Il comparto delle obbligazioni bancarie pone problemi di natura diversa.

Negli ultimi anni la quota di emissioni strutturate, che contiene una importante componente derivata, è fortemente aumentata rispetto a quella delle obbligazioni tradizionali (con o senza clausola di rimborso anticipato), sino ad avvicinarsi a un terzo del totale. Trattandosi a volte di prodotti assai complicati (che sfuggono alla disciplina sulla sollecitazione, come tutte le obbligazioni bancarie), ci si chiede se linformazione resa al risparmiatore sia adeguata. Non sempre la risposta è positiva: il costo dellingegneria finanziaria può avere come contropartita non tanto la gestione del rischio nellinteresse dellinvestitore, quanto la traslazione a suo carico del rischio dellintermediario. Lo stesso vale per alcune forme innovative di gestione del risparmio.

La Consob dedicherà spazio sul suo sito allinformazione sulle caratteristiche dei prodotti finanziari più complessi e, come tali, più problematici:

lo si è già fatto per le obbligazioni reverse convertible, le cui emissioni si sono azzerate. Una direttiva europea di prossima approvazione prevede che lobbligo di prospetto sia esteso anche alle obbligazioni bancarie.

I mercati e gli intermediari

18. La tecnologia e la concorrenza provocano grandi mutamenti nella struttura e nei modi di funzionamento dei mercati e degli intermediari e nelle stesse distinzioni tradizionali tra funzioni degli uni e degli altri. Si moltiplicano, si frammentano e competono i luoghi virtuali di negoziazione: i sistemi di scambio multilaterale si aggiungono alla borsa; soprattutto allestero, gli intermediari si promuovono essi stessi a mercati; i grandi investitori aspirano ad essere controparti dirette nel mercato, senza essere intermediati. Questa è la forza delle cose, che è opportuno disciplinare, ma che sarebbe vacuo contrastare con la regolamentazione. Non sappiamo del resto quale sarà a medio termine lesito di questi processi: potrebbe anche trattarsi della fase di un ciclo di distruzione creatrice, che vedrà alla fine, fra mercati e intermediari, solo pochi e forti sopravvissuti.

La prima vittima di questa fase, per lintanto, è stata la nozione di concentrazione degli scambi. Già ora la concentrazione è solo parziale: ne sono esenti, in Italia, le transazioni ai blocchi, quelle compiute da investitori non residenti, quelle di cui i clienti autorizzano lesecuzione a condizioni migliori su mercati non regolamentati. La coesistenza di una pluralità di mercati regolamentati e di questi con sistemi di scambio alternativi svuoterà il requisito di concentrazione di possibili contenuti operativi: tanto riconosce il progetto della seconda direttiva sui servizi di investimento, da cui è assente qualsivoglia riferimento alla concentrazione.

Venendo meno la concentrazione, rischia di vanificarsi la possibilità di accertare e sanzionare il rispetto dellobbligo di miglior possibile esecuzione degli ordini del cliente. Come si può mantenere, ad esempio, la presunzione di adempimento di quellobbligo in caso di esecuzione sul mercato regolamentato (ossia, finora, in borsa), quando i mercati regolamentati sono più duno e coesistono con sistemi di scambio alternativi? Daltra parte, come è possibile accertare che la singola transazione sia avvenuta a condizioni non meno favorevoli di quelle offerte su altri sistemi di scambio, trascurando fra laltro i costi di ricerca sia per lintermediario sia per il cliente? La stessa direttiva si trova in imbarazzo, quando cerca di definire i requisiti della best execution in una lista che è al tempo stesso incompleta e sovrabbondante.

Ai fini della regolamentazione, conviene forse mutare limpostazione del problema. Si deve esigere anzitutto una piena trasparenza delle proposte di negoziazione al dettaglio in tutti i mercati: si agevola in tal modo larbitraggio e si offre agli intermediari sia la possibilità di assicurare la migliore esecuzione degli ordini, sia lincentivo a farlo, per non esporsi alle proteste di clienti che siano messi in grado di confrontare i prezzi quotati sui diversi mercati. Correttamente la direttiva, mentre consente agli intermediari di “internalizzare” gli ordini facendosi essi controparte, impone a quelli che lo fanno di renderli pubblici in anticipo. Le rumorose proteste contro tale disposizione paiono dettate dalle temute conseguenze sui costi e profitti di alcuni grandi intermediari stranieri, piuttosto che da motivazioni di carattere generale.

Ottenuta una soddisfacente trasparenza delle quantità e dei prezzi, lattenzione della vigilanza sulla qualità dellesecuzione in una situazione di frammentazione dei luoghi di negoziazione deve spostarsi dai mercati agli intermediari. Piuttosto che imporre regole o presunzioni rigide, il regolatore dovrà considerare con rinnovata attenzione le procedure di esecuzione degli ordini, per valutarne ladeguatezza anche con riguardo alla scelta del luogo di negoziazione.

19. Nel Testo Unico si parla di mercati regolamentati, al plurale, e non di borsa, al singolare. I regolamenti della Consob avevano tradotto il plurale in singolare. Il diritto comunitario vigente disciplina solo la “ammissione alla quotazione ufficiale” e non distingue fra ammissione alla quotazione e ammissione alle negoziazioni: lo fa la nuova direttiva sui servizi dinvestimento. In Italia, il solo mercato regolamentato oggi esistente dispone insieme lammissione alla quotazione e alle negoziazioni. In Inghilterra lammissione alla quotazione è sottratta ai mercati, che possono ammettere a negoziazione tutti i titoli ammessi a quotazione da unautorità pubblica. In Germania e in Belgio è prevista lammissione alle negoziazioni su mercati regolamentati diversi da quello ufficiale anche senza richiesta dellemittente.

La Consob ha da poco mutato i suoi regolamenti. Dal prossimo 1o luglio potranno essere riconosciuti altri mercati regolamentati e vigilati dalla Consob, ove i titoli quotati da Borsa Italiana potranno essere ammessi a negoziazione senza richiesta dellemittente. Borsa Italiana, a cui va riconosciuto lindubbio merito di aver creato un mercato moderno ed efficiente, in linea con la migliore esperienza internazionale, non ha, comprensibilmente, gradito questa innovazione.

Osservo tuttavia che a lungo andare la concorrenza dà sempre buoni frutti: anche la concorrenza fra mercati, soprattutto quando evita che la privatizzazione di un monopolio pubblico dia luogo a un monopolio privato.

Si comprendono le ragioni che inducono Borsa Italiana a chiedere la quotazione di se stessa, soprattutto in vista di matrimoni e alleanze internazionali.

La Consob non ha alcuna obiezione a questo desiderio di quotazione. Trova oggi una difficoltà nella possibilità di realizzarlo: non rinviene base di legge per assumersi essa compiti di quotazione e di vigilanza, posto che non è pensabile che Borsa quoti se stessa e vigili su se stessa. Uninnovazione legislativa potrebbe risolvere questo problema.

20. Le società di intermediazione mobiliare paventano gli effetti di alcune novità contenute nel progetto di direttiva sui servizi di investimento. In esso si consente alle imprese di assicurazione di essere controparti dirette nei mercati; si lascia agli Stati Membri la facoltà di ammettere come controparti dirette anche i fondi di investimento, i fondi pensione e le loro società di gestione.

La disintermediazione potrebbe consentire ai gestori del risparmio una riduzione dei loro costi di transazione, a beneficio (si spera) della clientela: per questa ragione, la possibilità di essere controparti dirette nel mercato merita valutazione positiva in termini di benessere collettivo. Non possono trascurarsi daltra parte alcuni effetti negativi sullindustria dei servizi dinvestimento, e in particolare sulle imprese minori. Queste potrebbero essere messe fuori mercato dalla riduzione di fatturato, con un conseguente aumento della concentrazione. In alternativa, la ulteriore diminuzione dei ricavi da commissioni potrebbe indurre le società dintermediazione a garantirsi una sopravvivenza intensificando pratiche di trading infra-giornaliero o di negoziazioni incrociate con chiusura immediata, o comportamenti nocivi per il mercato, e come tali sanzionabili, quali le improprie cancellazioni degli ordini o il front running: sono pratiche e comportamenti già oggi troppo diffusi, divenuti più frequenti in coincidenza con il peggioramento della redditività degli intermediari.

Un aumento della concentrazione nel settore dellintermediazione mobiliare potrebbe ridurre il pluralismo dei servizi di analisi e di ricerca offerti agli investitori. Prima di chiedersi se questo sia un danno, ci si deve interrogare sullaffidabilità e sullindipendenza di quei servizi. La Consob fu prima a documentare la frequentissima mancanza di quei requisiti e, compatibilmente con una legge che ignora la figura degli analisti, ad assumere iniziative regolamentari, nei limiti consentiti dalla mancanza di analoga regolamentazione in altri paesi. Gli scandali societari dellultimo biennio hanno aperto gli occhi di tutti sulla gravità e sulla diffusione del problema.

Negli Stati Uniti la SEC ha stabilito nuove regole sia nellambito di un patteggiamento complessivo con le imprese di investimento sia con un regolamento dello scorso febbraio. Alcuni paesi europei si muovono nella stessa direzione. La direttiva europea sugli abusi di mercato prevede norme di correttezza e piena trasparenza dei conflitti dinteresse, anche con riferimento ai compensi degli analisti. Lorganizzazione internazionale delle commissioni di vigilanza (IOSCO) emanerà alcuni principi, a cui dovrebbero ispirarsi le legislazioni nazionali, riguardanti la trasparenza, le regole di condotta degli analisti, i loro compensi e la loro qualificazione professionale, le procedure degli intermediari. In esito a queste iniziative, le normative nazionali dovranno convergere verso un comune quadro regolamentare.

In Italia, il legislatore dovrà provvedere una base normativa allattività regolamentare. Sarà comunque importante il contributo dei soggetti interessati.

LAssociazione italiana degli analisti finanziari ha di recente aggiornato e migliorato il proprio codice, prevedendo, in caso di violazione, censure anche pubbliche. Si tratta di uniniziativa responsabile, apprezzabile, ma anche impegnativa, che dovrà essere verificata nel rigore della sua attuazione. Una autoregolamentazione efficace consente una regolazione pubblica meno invadente e meno onerosa, sia per il mercato che la deve subire sia per il regolatore che la deve attuare.

Il Testo Unico della Finanza ha assegnato alla Consob nuove responsabilità; altre deriveranno dalla legislazione europea. Lattività di vigilanza e di regolamentazione deve confrontarsi con le innovazioni dei mercati e dellindustria finanziaria. Cresce il numero di soggetti vigilati; aumenta linvestimento dei risparmiatori in attività rischiose. Si fanno più numerose le patologie potenziali:

per evitarle, occorrono controlli preventivi, continui e sistematici. Gli impegni europei e internazionali si fanno pressanti.

In altri paesi, dopo le recenti vicende societarie, sono aumentate le risorse destinate alla vigilanza dei mercati. Non così in Italia. Fra il 2001 e il 2003 i trasferimenti dello Stato alla Consob si sono ridotti di oltre 7,5 milioni di euro.

La Consob, dal 1995, può imporre contributi ai soggetti vigilati. Alla riduzione dei trasferimenti statali lIstituto ha fatto fronte nella misura del possibile con il contenimento della spesa, ottenuto con adeguati strumenti di pianificazione e di controllo sullimpiego delle proprie risorse. Ma non ha potuto evitare un ulteriore aumento dei contributi a carico del mercato, passati da meno del 40 per cento del preventivo di entrata negli anni 1997-98 a oltre il 50 per cento nel biennio 2000-2001, a quasi il 64 per cento nel 2003.

Non è dato programmare levoluzione futura della composizione delle entrate, poiché gli stanziamenti triennali del bilancio statale subiscono poi riduzioni impreviste in relazione alla congiuntura della finanza pubblica. Una maggiore certezza sarebbe di giovamento sia allIstituto, sia ai contribuenti privati, che hanno il diritto di conoscere quanta parte degli oneri della vigilanza essi sono chiamati a pagare. Sono concepibili, come insegna lesperienza degli altri paesi, modelli diversi di finanziamento dellattività di vigilanza: è importante che se ne scelga uno e ci si attenga ad esso con coerenza.

La Consob, che sta per compiere trentanni, fu la primogenita nella prolifica famiglia delle cosiddette autorità amministrative indipendenti: primogenita, ma non certo favorita. Non gode di privilegi che il legislatore attribuì alle sue creature più giovani; sopporta ancora alcuni vincoli che si ritenne di imporre nella prima sperimentazione.

Alla sua nascita la Consob era poco più che un dipartimento dellallora Ministero del Tesoro. Si affrancò da questa situazione solo dopo un decennio, quando, dotata di personalità giuridica, ottenne di poter assumere personale dallesterno. Ma non riuscì a liberarsi da altri lacci burocratico-amministrativi:

una struttura di carriere rigida e frammentata in comparti poco permeabili, che è difficile modificare; la necessità di ottenere dalla Presidenza del Consiglio un visto di esecutività per qualsiasi decisione organizzativa di qualche rilievo. Prassi legate alle sue origini e radicatesi nei regolamenti di organizzazione riportano alla sede collegiale decisioni che potrebbero essere meglio assunte a livello esecutivo.

Non riesco a comprendere i vantaggi di questi vincoli. Ne percepisco i costi:

ostacoli alle possibilità di reclutamento, al riconoscimento delle professionalità, alla flessibilità organizzativa, allinnovazione.

Eppure, la flessibilità, lo sviluppo delle professionalità, la capacità di adattamento al nuovo sono requisiti particolarmente importanti per unautorità chiamata a sorvegliare la realtà proteiforme dellindustria finanziaria, che ha funzioni e poteri diversi da quelli di altre autorità indipendenti.

Occorre comprendere il funzionamento e lo sviluppo dei mercati, per meglio vigilarli e impedirne le patologie. Con essi conviene intrattenere un colloquio continuo e trasparente, anche per meglio elaborare soluzioni regolamentari efficienti. Una regolamentazione moderna rispetta un principio di proporzionalità fra costi amministrativi e risultati; esprime norme in grado di affrontare la sostanza dei problemi; non ingabbia il vigilante e i vigilati nellapplicazione pedissequa di minute regole formali. Lazione di vigilanza deve individuare di volta in volta le aree ove si manifestano rischi maggiori, per concentrarvi selettivamente le risorse a disposizione. Oggi, con mercati che non conoscono confini, unautorità nazionale deve confrontarsi con un mondo più vasto:

soprattutto deve parlare europeo. Ci si chiede in qual modo una geometria universale della autorità amministrative indipendenti possa tener conto adeguatamente di queste peculiarità.

Ritengo che in questi anni, nonostante i vincoli organizzativi, la cultura e la prassi della Consob si siano evolute nella giusta direzione. Se così è, ne rendo merito anzitutto ai miei colleghi della Commissione, passati e presenti, con cui ho trascorso cinque anni in comunanza di intenti, di reciproco rispetto e, quel che più conta, di autonomia di giudizio. Rendo altrettanto merito a quanti lavorano nellIstituto: persone di grande preparazione; sottoposte a ritmi di lavoro intenso, perché il mercato esige sempre risposte urgenti; dedite al pubblico servizio; convinte che la completa indipendenza da ogni potere è il patrimonio della Consob e il loro.

Unistituzione moderna e capace di affrontare i mercati ad armi pari nel perseguimento dei suoi compiti: questo sempre più la Consob deve divenire, adeguando le sue regole e le sue procedure. Sono certo che saprà farlo.