Lavoro e Previdenza

Thursday 21 December 2006

La formazione dei lavoratori in materia di sicurezza e igiene può essere delegata dal datore di lavoro a collaboratori esperti.

La formazione dei lavoratori in materia di sicurezza e igiene può essere delegata dal datore di lavoro a collaboratori esperti.

Cassazione Sezione terza penale (up) sentenza 12 ottobre-20 dicembre 2006, n. 41609

Presidente Vitalone Relatore Onorato

Pg Salzano Ricorrente Annesi

In fatto e in diritto

1. Con sentenza del 5 maggio 2005 il Tribunale monocratico di Roma:

– ha condannato Antonella Annesi alla pena di 2000 euro di ammenda, con i doppi benefici di legge, avendola giudicata colpevole dei reati previsti e puniti dagli articoli 21, 22 e 89 D.Lgs 626/94 (capi a e b della imputazione), perché quale amministratore unico della Sitea Italia Spa aveva omesso di informare adeguatamente il lavoratore dipendente Andrea De Rinaldis sui rischi per la sicurezza e la salute, e di fornire al medesimo una adeguata formazione in materia di sicurezza e igiene del lavoro, relativamente alle sue mansioni e al suo posto di lavoro, in particolare sulluso delle scale;

– ha assolto la stessa Annesi perché il fatto non sussisteva dal reato di cui agli articoli 4 lettera c) e 389 lettera c) Dpr 547/55, contestandole al capo c) perché aveva omesso di vigilare, attraverso un preposto, sulla corretta procedura di lavoro seguita dal dipendente De Rinaldis nelluso di una scala a libro adoperata per la installazione di alcuni punti luce sul soffitto dello stabilimento; e dal reato di cui allarticolo 590, commi 1, 2 e 3 Cp, contestandole al capo D perché, per colpa e in particolare per violazione delle suddette norme antinfortunistiche, aveva cagionato lesioni gravi guaribili in oltre 40 giorni (frattura scomposta del polso destro) al dipendente De Rinaldis, il quale, mentre installava un punto luce sul soffitto utilizzando una scala a libro alta circa tre metri, perdeva lequilibrio cadendo a terra. In Roma il 7 giugno 2002.

Al riguardo il giudice monocratico ha osservato:

– non sussisteva il reato sub D, perché la caduta del De Rinaldis era stata causata da una improvvisa perdita di equilibrio, mentre eseguiva il suddetto lavoro su una scala munita di gommini antisdrucciolo e tenuta ai piedi dal suo collega di lavoro Fabrizio Cruciali: non sussisteva quindi alcun nesso causale tra la violazione delle norme antinfortunistiche di cui ai capi A e B e le lesioni personali;

– non sussisteva neppure il reato sub C, giacché alla esecuzione del menzionato lavoro era presente Fabrizio Cruciani, che per la sua più alta qualifica e maggiore esperienza svolgeva il ruolo di preposto, addetto alla vigilanza;

– sussistevano invece le contravvenzioni sub A e B, giacché dal verbale dellultima riunione del 18.1.2002, dedicata alle informazioni antinfortunistiche, il De Rinaldis non risultava presente. I colloqui informali successivi che, secondo alcuni testi a difesa (in particolare Scanu e Russo), erano intervenuti col dipendente sulla materia non erano sufficienti a escludere i reati, giacché occorreva la prova non solo che se nera parlato ma anche di come e di che cosa sera parlato, e inoltre occorreva dimostrare quando se nera parlato, giacché gli obblighi di formazione e di informazione prevenzionale richiedono un adeguato aggiornamento, in modo da consentire ai lavoratori di acquisire le tecniche antinfortunistiche più moderne e di mantenere viva la loro attenzione per la sicurezza e la salute del lavoro.

2 – Limputata ha presentato personalmente ricorso, chiedendo lannullamento della sentenza sulla base di due motivi.

2.1 – Col primo motivo deduce erronea applicazione degli articoli 21 e 22 D.Lgs 624/94, giacché il giudice monocratico ha ritenuto integrati i reati sol perché il De Rinaldis non era presente, per motivi personali, alla riunione informativa del 18.1.2002, senza considerare che lobbligo informativo può essere assolto anche fuori dalle sedi formali.

Al riguardo la sentenza impugnata non ha adeguatamente valutato che lo stesso De Rinaldis, alludienza del 20.12.2004, dichiarò di essere stato informato verbalmente dal capotecnico Scanu e dal collega Cruciali, che lavevano in particolare ragguagliato sulluso delle scale; che il rappresentante per la sicurezza aziendale, Marco Morini, escusso alla udienza del 1.2.2005, aveva dichiarato che nella riunione indetta il venerdì seguente al predetto 18.1.2002 egli aveva personalmente reso edotto il De Rinaldis sugli argomenti affrontati nella riunione precedente (pagg. 41 e 42 trascr.); che siffatte circostanze erano state confermate dal teste Viozzi, direttore tecnico commerciale e marito della imputata (udienza 1.2.2005, pagg. 52 e ss.), e dalla segretaria Russo (pag. 60 ud. 1.2.2005).

Sottolinea infine la ricorrente che il datore di lavoro può legittimamente delegare gli obblighi di informazione e formazione prevenzionale a personale dipendente, affidabile nella soggetta materia.

2.2 – Col secondo motivo la ricorrente lamenta mancanza e manifesta illogicità della motivazione, sia laddove la sentenza impugnata ha ritenuto la sussistenza dei reati A e B in base a un esame sommario e incompleto degli elementi probatori, ignorando le doglianze difensive, sia in ordine alla dosimetria della pena.

3 – Giova premettere che ai sensi del D.Lgs 626/94 il datore di lavoro deve provvedere a che i lavoratori siano informati sui rischi per la sicurezza e la salute a cui sono sottoposti in relazione alle mansioni svolte (articolo 21, comma 1, lettera a) e c)); e deve assicurare che i lavoratori ricevano formazione prevenzionale adeguata con riferimento alle loro specifiche mansioni (articolo 22, comma 1).

I verbi adoperati dal legislatore (provvedere, assicurare) indicano chiaramente che il datore di lavoro può assolvere (e generalmente assolve) i suoi obblighi anche tramite terze persone competenti e in particolare attraverso le figure tipiche dei suoi collaboratori aziendali in materia di sicurezza e igiene del lavoro.

Inoltre, la formazione prevenzionale deve essere impartita in occasione della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie (articolo 22, comma 2 letto c)); e deve essere periodicamente ripetuta in relazione alla evoluzione dei rischi o allinsorgenza di nuovi rischi (articolo 22, comma 3).

Sotto questi ultimi profili, la pubblica accusa non ha provato – comera suo onere – e anzi non ha neppure prospettato che, per le mansioni svolte dal De Rinaldis, erano state introdotte nuove attrezzature di lavoro, ovvero erano insorti nuovi rischi o si erano aggravati quelli preesistenti.

Alla luce dei principi suddetti il giudice di merito doveva verificare se limputata direttamente o tramite i suoi collaboratori – aveva regolarmente assolto i suoi obblighi di informazione e formazione del lavoratore dipendente De Rinaldis. Egli però ha esercitato il suo compito secondo criteri giuridicamente impropri.

Infatti, sia dalla impugnata sentenza, sia dagli atti specificamente indicati nel ricorso (ex articolo 606 lettera e)) Cpp, come novellato dallarticolo 8 della legge 46/2006), risulta che il De Rinaldis, pur non essendo stato presente alla riunione informativa del 18.1.2002, era stato poi reso edotto sugli argomenti trattati dal rappresentante per la sicurezza aziendale, Marco Morini (secondo la deposizione testimoniai e dello stesso Morini); e inoltre che anche il capotecnico Scanu e il collega di lavoro Crociali avevano riferito al De Rinaldis del contenuto della riunione, in particolare ragguagiandolo sulluso delle scale (v. deposizione testimoniale dello stesso De Rinaldis).

Resta così provato che il De Rinaldis fu informato sulle precauzioni antinfortunistiche per luso delle scale; mentre manca del tutto la prova – che incombeva alla pubblica accusa – che egli non abbia ricevuta una adeguata formazione prevenzionale in relazione alle sue mansioni. Nonostante queste risultanze probatorie, il giudice ha ritenuto ugualmente la sussistenza dei residui reati contestati, genericamente osservando che mancava la prova di che cosa e come era stato detto al lavoratore. Ma una volta acquisito che il De Rinaldis era stato comunque ragguagliato sul corretto uso delle scale, il giudice doveva semmai accertare quale altra informazione o formazione prevenzionale il Pm imputava al datore di lavoro di non aver impartito.

Inoltre, il giudice di merito non poteva esigere un aggiornamento delle informazioni antinfortunistiche (quando), dal momento che mancava (la prova di) un qualsiasi presupposto per tale aggiornamento, come la introduzione di nuovi attrezzi o la evoluzione del rischio.

In buona sostanza, la sentenza impugnata ha accertato la sussistenza dei residui reati contestati sub A e B in base a criteri giuridici erronei, mentre già risultava agli atti che il fatto non sussisteva, o mancava del tutto la prova che il fatto sussistesse.

Il motivo sulla pena (peraltro fondato) resta assorbito.

PQM

La corte suprema di cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non

sussiste.