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Thursday 26 November 2020

La famiglia di fatto ed il contratto di convivenza: brevi note

La Corte Costituzionale, a metà degli anni 80 circa, ha riconosciuto la convivenza more uxorio quale formazione sociale ove l’individuo può svolgere la sua personalità, e come tale l’ha ritenuta meritevole di tutela ai sensi dell’art. 2 della Carta Costituzionale laddove si afferma che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità
In seguito al riconoscimento della rilevanza costituzionale della convivenza di fatto e della famiglia di fatto, la giurisprudenza ha riconosciuto ai conviventi una serie diritti che le norme di legge attribuivano solo ai coniugi: per esempio fin dal 1988 anche il convivente cui sono stati affidati i figli in seguito alla cessazione della convivenza può, come il coniuge separato, subentrare nel contratto di locazione intestato all’ex compagno; dal 1998, sempre per intervento della Corte Costituzionale, la casa familiare, in presenza di figli minorenni o non economicamente autosufficienti, viene assegnata la genitore affidatario anche se non coniugato; la Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento da illecito anche al convivente more uxorio del defunto; e ha considerato la dazione di beni e denaro al convivente more uxorio come l’adempimento di un dovere morale e sociale e pertanto non esigibile, né ripetibile.
Le aperture della giurisprudenza, che dovendo valutare i casi concreti della vita delle persone, è senz’altro più vicina alle trasformazioni sociali rispetto a quanto non sia il legislatore hanno indotto quest’ultimo ad intervenire sia sul piano dell’unione tra i conviventi, che sul piano della genitorialità e dei diritti dei figli.
La legge 20.05.2016, n.76, cosiddetta Cirinnà, ha disciplinato le Unioni Civili (cioè le unioni tra persone dello stesso sesso di cui non parleremo stasera) e le Convivenze.
La legge del 2016 ha cercato di regolamentare, per chi voglia ufficializzare la convivenza, uno stato di fatto in cui due persone si trovano. E’ comunque sempre possibile che due conviventi non intendano registrare la loro convivenza pur avendo formato una famiglia.
Per incominciare, definisce cosa si intenda per “conviventi di fatto”: sono tali due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale (di sesso diverso o dello stesso sesso), non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da un matrimonio o da un’unione civile.
La prova richiesta dalla legge per attestare la convivenza è “lo stato di famiglia”

Ma quali sono i diritti del convivente previsti dalla legge 76/2016?
1)    in caso di malattia o di ricovero i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita di assistenza nonché di accesso a tutte le informazioni personali previste per i coniugi e i familiari;
2)    ciascun convivente di fatto può designare (in forma scritta o se non è possibile alla presenza di un testimone) l’altro quale suo rappresentante in caso di malattia, per le decisioni in materia di salute; in caso di morte per la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie
3)    diritto di abitazione del convivente superstite nella casa di comune residenza, di proprietà del defunto, da due a cinque anni (il coniuge, vedovo, ha il diritto di abitazione a vita nella casa coniugale)
4)    successione nel contratto di locazione
5)    può essere nominato amministratore di sostegno, curatore o tutore dell’altro convivente nei casi di legge;
6)    ha diritto al danno da fatto illecito in caso di decesso del convivente coi parametri utilizzati per il coniuge;
7)    in caso di cessazione di convivenza il giudice può stabilire un assegno alimentare a favore del convivente che versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento
8)    il convivente di fatto ha gli stessi diritti riconosciuti al coniuge dall’ordinamento penitenziario

Il legislatore del 2016 ha in pratica deciso di raccogliere in norme giuridiche le aperture che nel tempo la giurisprudenza aveva riconosciuto alla famiglia di fatto.
Dal punto di vista patrimoniale la L. 76/2016 lascia ai conviventi la scelta se disciplinare o meno i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune.
Per farlo devono sottoscrivere un contratto di convivenza, da redigere in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da notaio o da un avvocato.
Il professionista che ha ricevuto l’atto deve, entro 10 giorni, trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe.

Contenuto del contratto
–       indicazione della residenza
–       modalità di contribuzione alla necessità della vita in comune (potranno essere disciplinati il sistema di intervento alle spese comuni; il carico della attività domestica ed extradomestica; le condizioni di uso della casa familiare indipendentemente dalla proprietà)
–       scelta del regime della comunione dei beni

Il regime patrimoniale può essere modificato con le stesse modalità per la redazione del contratto
Il contratto non può essere sottoposto a termine o condizione
E’ nullo se redatto da uno o entrambi i conviventi che siano ancora uniti in matrimonio con altri, siano parte di un’unione civile o abbiano un altro contratto di convivenza registrato; è nullo se redatto da persona minorenne o interdetta.
L’inadempimento di uno dei conviventi alle obbligazioni assunte nel contratto da diritto all’altro di adire il giudice per ottenere l’adempimento.

Il contratto di convivenza si risolve per:
–       accordo delle parti o recesso di uno solo dei conviventi (redatto per iscritto nelle forme di cui alla redazione del contratto). In caso di recesso unilaterale, il convivente cui viene notificato ad opera del professionista che redige l’atto, ha 90 giorni per lasciare l’abitazione;
–       matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona
–       morte di uno dei contraenti

Non è possibile prevedere obblighi che attengano alla sfera personale dei contraenti, come l’obbligo di fedeltà o di assistenza durante una malattia.
Alcuni ritengono che sia possibile anche prevedere un assegno di mantenimento o un diritto alla ripetizione delle somme prestate durante la convivenza per il caso di rottura della stessa.

È bene ricordare che il convivente NON ha diritti successori nei confronti dell’altro. Per attribuirglieli è necessario redigere testamento.

Avv. Elena Buscaglia