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La differenza tra ristrutturazione edilizia e il risanamento conservativo.
La differenza tra
ristrutturazione edilizia e il risanamento conservativo.
T.A.R. TOSCANA – FIRENZE –
SEZIONE II – Sentenza 31 gennaio 2006 n. 249
G. Petruzzelli Pres. – V.
Fiorentino Est.
Soc. Sani Frigo (Avv. A. Cecchi)
contro il Comune di Empoli (Avv. C. Narese)
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
REGIONALE
PER LA TOSCANA
– II^
SEZIONE –
ha
pronunciato la seguente:
S E N T E N Z A
sul
ricorso n. 3016/1993 proposto dalla
Società Sani
Frigo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dall’avv. Alessandro Cecchi ed elettivamente domiciliata presso lo studio
di tale difensore in Firenze, Via Masaccio n. 179;
c o n t
r o
– il Comune di Empoli,
in persona del Sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e
difeso dall’avv. Calogero Narese ed elettivamente domiciliato presso lo studio
di tale difensore in Firenze, Via dell’Oriuolo n. 20;
P E R L ‘
A N N U L L A M E N T O
dei
seguenti atti, nella parte in cui sono stati determinati gli oneri di
connessione edilizia ovvero la misura dell’oblazione, ai sensi dell’art. 13
della L. n. 47/1985:
a) concessione edilizia n.
15/1991, rilasciata il 14 gennaio 1991, con la quale sono stati quantificati i
seguenti oneri:
– L. 24.744.000= quali oneri di urbanizzazione primaria (ridotti a L. 6.631.000=
per lo scomputo concesso di L. 18.113.000= per opere di urbanizzazione
direttamente realizzate dalla ricorrente);
– L. 6.226.000=, quali oneri di urbanizzazione secondaria;
L. 1.612.000=, quale contributo
sul costo di costruzione;
b) provvedimento sindacale n.
9984 del 5.10.1992, nonché concessione edilizia n.
21/1993, in variante alla precedente (e a sanatoria), rilasciata il 22.1.1993,
con la quale sono stati quantificati i seguenti oneri:
– L. 94.448.000= quali oneri di urbanizzazione primaria (ridotti a L. 57.685.000=
per lo scomputo concesso di L. 36.763.000= per opere di urbanizzazione
direttamente realizzate dalla ricorrente);
– L. 23.378.000=, quali oneri di urbanizzazione secondaria;
L. 1.481.000,
quale contributo sul costo di costruzione;
c) ordinanza sindacale n. 4427
del 5.12.1992 (sempre relativa alla concessione edilizia in sanatoria di cui al
punto b), con la quale è stata quantificata
l’oblazione in complessive L. 129.550.000=, così ripartita:
– L. 96.289.000=, quali oneri di urbanizzazione primaria,
– L. 23.322.000=, quali oneri di urbanizzazione secondaria;
– L. 9.244.000=, quale contributo
sul costo di costruzione;
nonché
per l’annullamento di ogni atto presupposto, connesso e conseguente, anche se
incognito,
N O N C H É
P E R L’ A
C C E R T A M E N T O
delle
somme effettivamente dovute per il rilascio delle concessioni edilizie di cui
sopra,
E P E R L A C O N D A N N A
del
Comune di Empoli a restituire alla ricorrente le somme indebitamente percepite,
oltre interessi legali. Il tutto con vittoria di spese di lite.
Visto il ricorso e la relativa
documentazione;
Visto l’atto di costituzione in
giudizio del Comune intimato;
Viste le memorie prodotte dalle
parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, alla
pubblica udienza del 15 giugno 2005 – relatore il Consigliere Vincenzo
Fiorentino -, l’avv. A. Cecchi per la parte ricorrente
e l’avv. Franceschetti delegato da C. Narese per l’Amministrazione
resistente;
Ritenuto e considerato in fatto
ed in diritto quanto segue:
F A T T
O
In data 14 gennaio 1991 il Comune
di Empoli rilasciava alla società Sani Frigo la
concessione edilizia n. 15/1991, relativa a lavori di ristrutturazione di
edificio industriale ubicato alla via Lucchese n. 157, nel territorio comunale,
dietro pagamento della somma di L. 6.631.000, a titolo di oneri di
urbanizzazione primaria, della somma di L. 6.226.000 per oneri di
urbanizzazione secondaria e di L. 1.612.000 a titolo di contributo sul costo di
costruzione.
La società, avendo realizzato
lavori difformi da quelli assentiti presentava il 3 aprile 1991 istanza di concessione edilizia in sanatoria, ai sensi
dell’art. 13 della L. 28 febbraio 1985 n. 47; istanza accolta con provvedimento
n. 21, del 22 gennaio 1993.
Il Comune
ritenendo che le difformità realizzate dovessero, per la loro rilevanza,
qualificarsi, rispetto al progetto in origine assentito, quali interventi di
ristrutturazione edilizia di tipo D) dell’allegato A della L. Reg. n. 59
del 21 maggio 1980, commisurava gli oneri per il rilascio della concessione in
sanatoria, nonché l’importo dell’oblazione ai sensi
dell’art. 13 della L. 28 febbraio 1985 n. 47, alle tariffe previste dalla L.
Reg. 30 giugno 1984 n. 41, per la ristrutturazione di tipo D3.
Con provvedimento n. 9984, del 5
ottobre 1992, i suddetti contributi venivano così
quantificati: a) oneri di urbanizzazione primaria L. 50.619.000; b) spese di
urbanizzazione secondaria L. 23.378.000; c) contributo sul costo di costruzione
L. 1.481.000.
L’importo dei contributi veniva rettificato con provvedimento n. 9984, del 19
dicembre 1992; in particolare gli oneri di urbanizzazione venivano elevati a L.
57.685.000.
Con provvedimento n. 4427, del 5
dicembre 1992, l’oblazione veniva determinata in L. 129.550.000.
Con atto notificato il 18
settembre 1993 e ritualmente depositato la società impugnava le suindicate
determinazioni deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi:
– Violazione e/o comunque falsa applicazione dell’art. 31 lett. c della L. 5 agosto
1978 n. 457; conseguente erronea applicazione degli oneri di concessione e
dell’oblazione.
l’Amministrazione
avrebbe inesattamente ritenuto che gli interventi assentiti con la concessione
in sanatoria fossero "ristrutturazione edilizia" di cui all’art. 31
lett. d) della L. 5 agosto 1978 n. 457; dovendo invece ricondursi alla
categoria dei lavori di "restauro e risanamento conservativo2 di cui alla
lett. c dello stesso art. 31 e in quanto tali esenti dal pagamento dei
contributi di concessione.
– violazione e/o comunque falsa applicazione della L. reg. 21 maggio 1980 n.
59 (allegato A); conseguente erronea applicazione della L. Reg. 30 giugno 1984 . 41 ed erronea determinazione
degli oneri di concessione e dell’oblazione.
L’operato
del comune intimato risulterebbe errano anche nell’eventualità che i lavori
realizzati dovessero qualificarsi di ristrutturazione edilizia, in quanto,
comunque, inesattamente ricondotti, tra le tre tipologie di interventi di
ristrutturazione individuate nell’allegato A9 alla L. Reg. 21 maggio 1980 n.
59, agli interventi di ristrutturazione edilizia di tipo D3 per la quale
tipologia, la tabella C1, allegata alla L. Reg. 30 giugno 1984 n. 41, prevede,
ai fini della determinazione degli oneri concessori il coefficiente 0,8, laddove,
secondo la prospettazione, di parte ricorrente, tali lavori, per le loro
caratteristiche, sarebbero dovuti essere ricondotti ai lavori di
ristrutturazione di tipo D1, con conseguente applicazione del coefficiente 0,2,
o, in via subordinata, a quelli di ristrutturazione di tipo D2, con
applicazione del coefficiente 0,5.
Con il ricorso
la società ricorrente, avendo provveduto al pagamento degli oneri di
concessione e dell’oblazione, chiedeva altresì l’accertamento delle somme
effettivamente dovute a tale titolo e la condanna del comune alla restituzione
delle somme da questo indebitamente percepite, oltre interessi legali.
Si costituiva, con atto
depositato il 17 maggio 1994, il comune intimato resistendo.
La causa veniva
trattenuta per la decisione, sulle memorie delle parti, alla pubblica udienza
del 15 giugno 2005.
D I R I
T T O
Come delineato
in fatto, con il primo mezzo di gravame la società ricorrente, nel dolersi dei
provvedimenti con i quali il Comune intimato ha determinato gli oneri nonché
l’oblazione per il rilascio di concessione edilizia in sanatoria, ai sensi
dell’art. 13 della L. 28 febbraio 1985 n. 47, per lavori eseguiti in difformità
a quelli assentiti con concessione n. 15, del 14 gennaio 1991, ne deduce
l’illegittimità per violazione e falsa applicazione dell’art. 31 lett. c) della
L. 5i agosto 1978 n. 457 e conseguente erronea applicazione della L. Reg. 30
giugno 1984 n. 41 ed erronea determinazione degli oneri di concessione e
dell’oblazione.
Sostiene in particolare parte
ricorrente che l’Amministrazione avrebbe inesattamente ritenuto che gli interventi assentiti
con la concessione in sanatoria fossero riconducibili alla categoria dei lavori
di ristrutturazione" di cui all’art. 31, lett. d) della L. 5 agosto 1978
n. 457; dovendo invece qualificarsi come restauro e risanamento
conservativo", ai sensi della lett. c) dello stesso art. 31, ed in quanto
tali esenti dal pagamento dei contributi di concessione.
L’assunto è infondato.
Secondo la definizione di cui
all’art. 31, lett. c) della suindicata legge 5 agosto 1978 n. 457 gli
interventi di restauro e risanamento conservativo, sono "quelli rivolti a
conservare l’organismo edilizio e ad assicurare la
funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto
degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso ne
consentano destinazione d’uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono
il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi accessori e degli
impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi
estranei all’organismo edilizio".
In sostanza si tratta della
conservazione dell’elemento formale dell’edificio;
questo, infatti, non deve perdere la sua forma originaria (pur dovendosi
depurarla da superfetazioni estranee), ma può essere internamente modificato
per renderlo più funzionale, anche con nuova destinazione d’uso compatibile ai
suoi caratteri, pur con riorganizzazione dello spazio interno, mantenendosi
però sempre le leggibilità dell’originario assetto, e con introduzione degli
elementi tecnici più aggiornati.
Per converso, l’art. 31 lett. d)
della stessa legge, definisce "interventi di ristrutturazione edilizia,
quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme
sistematico di opere che possono portare ad un
organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi
comprendono il ripristino e la sostituzione di alcuni
elementi costitutivi dell’edificio, la modificazione e l’inserimento di nuovi
elementi ed impianti".
Tale definizione è stata
riportata pedissequamente nella lett. D, dell’allegato A della L. Reg. 21
maggio 1980 n. 59.
Mettendo a raffronto le due
ipotesi normative si rileva come la differenza degli interventi di
ristrutturazione rispetto a quelli di restauro e
risanamento conservativo sia, in sostanza da ricercarsi nella differenza del
risultato finale dell’intervento nei riguardi dell’edificio preesistente.
Non è, infatti, elemento
caratteristico il mezzo, ossia il lavoro di consolidamento nel primo caso, di
sostituzione delle strutture nel secondo, in quanto il rinnovo degli elementi
strutturali è ammesso anche nel primo caso, mentre la modifica estetica è
ammessa (sia pure con lieve entità) sia nel primo che nel secondo caso,
dovendosi in sede di restauro eliminare le superfetazioni.
L’elemento differenziatore è da
ritenere costituito dal fatto che nella ristrutturazione il risultato può
portare ad un edificio anche in tutto diverso dal precedente.
Mentre nel caso di restauro e
risanamento conservativo il risultato va inteso e valutato nel complesso, e non
nelle singole parti, per cui l’edificio deve restare
il medesimo soprattutto come forma, sia pure con modifiche non rilevanti
architettonicamente.
In tali termini, relativamente alle differenze esistenti tra le due tipologie
di interventi, si è sistematicamente espressa la giurisprudenza (cfr., per
tutte, Cons. St. V Sez. 2 luglio 1994 n. 807).
Quanto sopra delineato
è di tutta evidenza, come le opere oggetto dell’istanza di sanatoria, avendo
comportato, come risulta dagli atti di causa (cfr. in
particolare la relazione tecnica del progettista redatta il 18.2.1992; doc. 2
depositato dal comune intimato il 25 maggio 2005), la riorganizzazione interna dei
due capannoni preesistenti, mediante tramezzature interne e modifiche delle
aperture, per rendere il primo di tali capannoni (posto ad est del complesso
immobiliare) funzionale all’attività di commercio di autoveicoli,
e destinare parte del secondo capannone (posto ad ovest del complesso) al
commercio all’ingrosso di veicoli industriali, mantenendone solo per la parte
residua, la precedente destinazione d’uso (lavorazione del pesce) siano
riconducibili ad interventi di ristrutturazione edilizia, ed in quanto tali
soggette al pagamento del contributo di concessione.
Asseverato che l’intervento
edilizio "de quo" è soggetto a contributo occorre ora esaminare le
questioni sollevate con il secondo mezzo di gravame che attengono al
"quantum" di tale contributo.
Innanzitutto va accertato se
correttamente il comune intimato ha compreso i lavori oggetto
della concessione in sanatoria nella ristrutturazione edilizia di categoria D3.
In merito occorre richiamare
quanto già delineato sulle caratteristiche di tali lavori;
caratteristiche che consentono " a contrario" di affermare che la
valutazione seguita dal comune intimato non è condivisibile.
Classificare D 3 un intervento
che, pur nella importante riarticolazione interna, ha
mantenuto intatti gli elementi architettonici e prospettici dei due capannoni,
ed ha comportato una parziale modifica della destinazione che non ha inciso sui
volumi e le superfici preesistenti, equivale ad alterare gli ineludibili
rapporti e differenziazioni (qualitative e quantitative) che le tre distinte
categorie di ristrutturazione, previste dalla L. reg. 21 maggio 1980 n. 59,
implicano.
Nella ristrutturazione di tipo
D3, infatti, deve essere necessariamente presente una profonda modifica degli
elementi strutturali orizzontali dell’edificio, che può portare anche allo
svuotamento dell’involucro e, secondo la giurisprudenza prevalente, anche la
completa demolizione e ricostruzione dell’immobile interessato della
ristrutturazione.
Nulla di tutto ciò è avvenuto nel
complesso immobiliare di che trattasi.
Ciò, tuttavia, non significa che
l’intervento sia da considerare di tipo D1, come in
via subordinata sostiene parte ricorrente: ciò in quanto la ristrutturazione di
tale tipo non ammette recuperi funzionali che conducano a modifiche di
destinazione d’uso.
Ritiene, quindi, il Collegio che
l’intervento oggetto degli oneri di concessione e dell’oblazione corrisposti
dalla società ricorrente al comune sia da ascrivere
alla ristrutturazione edilizia di tipo D2, avendo, come già delineato,
l’intervento inciso sulla preesistente destinazione dei due capannoni.
Il ricorso va quindi accolto
nella parte relativa all’errata qualificazione
dell’intervento edilizio.
Ciò comporta che il comune dovrà
procedere ad un nuovo conteggio che dovrà tenere conto, ai fini della
determinazione degli oneri di concessione e
dell’oblazione, delle peculiarità proprie della ristrutturazione edilizia di
tipo D2.
L’Amministrazione
va, quindi, condannata a restituire alla parte ricorrente le differenze
risultanti da tale conteggio.
Su tali differenze spettano gli
interessi legali dalla data della domanda fino al soddisfo.
Le spese ed onorari di causa
possono essere compensati.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Toscana, Sezione II^, definitivamente pronunciando sul ricorso
in epigrafe, lo ACCOGLIE nei termini di cui in motivazione;
spese ed
onorari di causa compensati;
Ordina che la presente sentenza
sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, il 15
giugno 2005, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di
Consiglio, con l’intervento dei signori:
Dott. Giuseppe PETRUZZELLI –
Presidente
Dott. Vincenzo FIORENTINO –
Consigliere rel. est.
Dott. Stefano TOSCHEI – Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 31
GENNAIO 2006