Penale
La Corte Costituzionale amplia i casi di risarcimento per ingiusta detenzione.
La Corte Costituzionale amplia i casi di risarcimento per ingiusta detenzione.
Corte costituzionale sentenza 8-16 luglio 2004, n. 230
Presidente Zagrebelsky Relatore Mezzanotte
Ritenuto in fatto
La Corte dappello di Palermo, chiamata a decidere sulla domanda con la quale una persona – tratta in arresto in forza di ordinanza di custodia cautelare in carcere per reati in tema di stupefacenti, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo il 14 gennaio 1998, e poi prosciolta da quegli stessi reati con sentenza irrevocabile emessa dal Tribunale di Palermo il 7 ottobre 1999, con la quale era stato dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti per ostacolo di precedente giudicato – aveva chiesto il riconoscimento della equa riparazione per lingiusta detenzione sofferta dal 14 gennaio 1998 all8 ottobre 1999, ha sollevato, in riferimento agli articoli 2, 3, 13 e 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dellarticolo 314 del Cpp, nella parte in cui non consente il riconoscimento di unequa riparazione anche a chi abbia subito un periodo di custodia cautelare per un fatto dal quale sia stato poi prosciolto ai sensi dellarticolo 649 Cpp.
La Corte premette che larticolo 314, comma 1, Cpp stabilisce che chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto ad unequa riparazione per la custodia cautelare subita qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave. Ai sensi del comma 2, poi, lo stesso diritto spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile sia accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli articoli 273 e 280 Cpp. Le medesime disposizioni si applicano anche, in forza del comma 3, alle persone nei cui confronti sia pronunciato provvedimento di archiviazione ovvero emessa sentenza di non luogo a procedere.
Questi essendo i presupposti per il riconoscimento del diritto allequa riparazione, il giudice a quo rileva che lipotesi sottoposta al suo esame non rientra in alcuna di quelle previste dal citato articolo 314. Non nella previsione del primo comma, giacché tale disposizione presuppone che il soggetto sottoposto a custodia cautelare sia stato liberato dallaccusa nel merito, con una delle formule espressamente indicate; e neanche in quella del secondo comma, ancorché essa si riferisca al prosciolto per qualsiasi causa, in quanto in tale caso occorre pur sempre una decisione irrevocabile che accerti lillegittimità della custodia cautelare sofferta per difetto di una o più delle condizioni stabilite dagli articoli 273 e 280 Cpp, decisione che nella specie non sussiste.
Risulterebbe dunque evidente, ad avviso del remittente, la ingiustificata disparità di trattamento tra chi abbia subito custodia cautelare e sia stato poi prosciolto con una delle formule di cui al primo comma, e chi invece abbia subito un provvedimento restrittivo per un reato in ordine al quale sia stato in precedenza giudicato e abbia addirittura già scontato la pena detentiva inflitta con una precedente sentenza di condanna. Né, osserva il giudice a quo, la fattispecie potrebbe essere ricondotta nella previsione dellarticolo 314 Cpp, quale risultante a seguito della sentenza 310/96 di questa Corte, che ne ha dichiarato la illegittimità costituzionale nella parte in cui non prevede il diritto allequa riparazione anche per la detenzione ingiustamente patita a causa di erroneo ordine di esecuzione, in quanto la privazione della libertà personale non è avvenuta in base ad un ordine di esecuzione erroneo, per essere stato adottato sullerrata premessa che la sentenza di condanna fosse diventata definitiva, ma in base ad unordinanza di custodia cautelare divenuta illegittima solo ex post, per effetto della sentenza irrevocabile di proscioglimento emessa perché per lo stesso fatto limputato era già stato giudicato con sentenza di condanna divenuta irrevocabile.
La medesima disposizione, ad avviso del remittente, contrasterebbe anche con gli articoli 2, 13 e 76 Cost.. Sotto questultimo profilo, perché, come è già stato rilevato nella citata sentenza 310/96, larticolo 2 della legge di delegazione 81/1987 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per lemanazione del nuovo Cpp), nel prevedere che il nuovo codice si sarebbe dovuto adeguare alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dallItalia, imponeva di evitare ogni discriminazione tra le due situazioni delineate, in quanto la Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con legge 848/88, stabilisce, allarticolo 5, il diritto alla riparazione in favore della vittima di arresto o di detenzioni ingiuste, senza distinzioni di sorta.
Quanto al contrasto con gli articoli 2 e 13 Cost., la Corte dappello rileva che listituto dellequa riparazione costituisce espressione del principio solidaristico che ispira lintera Costituzione, con la conseguenza che la limitazione del suo ambito di applicabilità comporterebbe anche unillegittima compressione di quel principio, lasciando inoltre priva di ristoro una violazione della libertà personale, che larticolo 13 vuole inviolabile.
Né, prosegue il remittente, potrebbe ritenersi che larticolo 314 Cpp sia applicabile nel caso di specie in forza di uninterpretazione analogica, non sussistendo tra le ipotesi in esame la eadem ratio, nellun caso vertendosi in ipotesi di accertata innocenza, nellaltro di responsabilità penale per la quale sussiste un impedimento a procedere per effetto della preclusione processuale di cui allarticolo 649 Cpp. E neanche potrebbe trovare applicazione listituto della riparazione dellerrore giudiziario, di cui allarticolo 643 Cpp, mancando, nella specie, un giudizio di revisione. Del tutto ininfluente sarebbe infine la disciplina posta dalla legge 117/88 (Risarcimento dei danni cagionati nellesercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile di magistrati) dal momento che larticolo 14 di tale legge prevede espressamente che le disposizioni in essa contenute non pregiudicano il diritto alla riparazione in favore delle vittime di errori giudiziari e di ingiusta detenzione.
Quanto alla rilevanza, il giudice a quo ne afferma la sussistenza, non essendo possibile giudicare sul merito della richiesta di riparazione senza risolvere pregiudizialmente il dubbio di legittimità costituzionale.
Considerato in diritto
1. Oggetto del presente giudizio di legittimità costituzionale è larticolo 314 del Cpp, censurato nella parte in cui non consente il riconoscimento di unequa riparazione anche a chi abbia subito un periodo di custodia cautelare per un fatto dal quale sia stato poi prosciolto ai sensi dellarticolo 649 dello stesso codice.
Ad avviso della Corte dappello di Palermo, tale disposizione contrasterebbe, innanzitutto, con larticolo 3 della Costituzione, perché determinerebbe una disparità di trattamento tra chi abbia subito custodia cautelare e sia poi prosciolto con una delle formule di cui al primo comma del medesimo articolo 314 (perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato), e chi invece abbia subito un provvedimento restrittivo per un reato in ordine al quale sia stato in precedenza giudicato e abbia addirittura già scontato la pena detentiva inflitta con una precedente sentenza di condanna.
Inoltre, sarebbe violato larticolo 76 Cost., in relazione allarticolo 2 della legge 81/1987 e allarticolo 5 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con legge 848/55, in quanto tra i principî e criteri direttivi della delega per lapprovazione del nuovo Cpp vi era quello delladeguamento alle convenzioni internazionali ratificate dallItalia e, tra queste, la citata Convenzione, la quale, allarticolo 5, stabilisce appunto il diritto alla riparazione in favore della vittima di arresto o di detenzioni ingiuste, senza distinzioni di sorta.
Secondo il giudice a quo, risulterebbero infine violati larticolo 2 Cost., in quanto listituto dellequa riparazione costituisce espressione del principio solidaristico che ispira lintera Costituzione, e larticolo 13 Cost., perché risulterebbe priva di ristoro una violazione della libertà personale, garantita ad ogni individuo in termini di inviolabilità.
2. La questione non è fondata, nei termini di seguito precisati.
Essa muove da una non condivisibile interpretazione della disposizione censurata, e precisamente dellarticolo 314, comma 2, Cpp. Se invero può convenirsi con il remittente allorquando esclude che lipotesi sottoposta alla sua cognizione e consistente nella emissione di una ordinanza di custodia cautelare per un fatto per il quale il destinatario del provvedimento restrittivo è già stato giudicato e ha addirittura scontato la pena inflitta con precedente sentenza di condanna possa essere ricondotta alla previsione di cui allarticolo 314, comma 1, Cpp, stante la tassatività delle ipotesi di proscioglimento nel merito in quella disposizione considerate quale presupposto per il diritto allequa riparazione, non è invece condivisibile la conclusione del giudice a quo per quanto riguarda laffermata impossibilità di ricondurre la fattispecie al suo esame tra quelle per le quali larticolo 314, comma 2, configura la possibilità della riparazione per lingiusta detenzione.
La disposizione da ultimo citata prevede che il diritto allequa riparazione spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile sia accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli articoli 273 e 280 Cpp. Il remittente ha ritenuto che, nella specie, difetterebbe la condizione che consente di integrare la fattispecie e precisamente la decisione irrevocabile, consistente unicamente, secondo la sua prospettazione, in una pronuncia che accerti lillegittimità della custodia cautelare sofferta per difetto di una o più delle condizioni stabilite dagli articoli 273 e 280 Cpp.
Orbene, posto che, come ritenuto anche dalla Corte di cassazione a sezioni unite (sentenza 20/1993), «in alcune ipotesi la illegittimità della misura cautelare, ai sensi del secondo comma della disposizione citata, può risultare in modo implicito, e tuttavia evidente, dalla stessa sentenza definitiva di merito», non vi è ostacolo a ritenere che tra queste ipotesi debba rientrare anche quella in cui venga accertato, con sentenza irrevocabile, che la custodia è stata disposta in relazione ad un fatto per il quale sia già intervenuto un giudicato. È indubbio, infatti, che larticolo 649 Cpp, nel prevedere che «limputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 69, comma 2, e 345» e nel disporre che, «se ciò nonostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, enunciandone la causa in dispositivo», configuri una preclusione allesercizio dellazione penale (sentenza 27/1995).
Se dunque si accerti, con sentenza irrevocabile, che lazione penale non poteva essere esercitata perché preclusa da precedente giudicato, non può non concludersi che anche la misura cautelare disposta per il medesimo fatto per il quale limputato era già stato giudicato risulta priva dei requisiti che ne legittimano ladozione, stante levidente nesso di strumentalità dellazione cautelare rispetto allazione penale. Non si vede infatti alcuna differenza tra lipotesi della misura emessa in presenza di scriminanti o nei confronti di persona non punibile (articolo 273, comma 2, Cpp in riferimento allarticolo 314, comma 2) che sia stata poi prosciolta, rispetto al caso di chi abbia subito custodia cautelare per un reato, ad esempio, non procedibile o per il quale, comunque, lazione penale non poteva essere esercitata, come nella specie. Invero, pur se non espressamente previsto, appare indubitabile che, ove dopo ladozione della misura emerga che per lo stesso fatto lindagato è già stato giudicato, la forza espansiva del ne bis in idem operi anche agli effetti cautelari, imponendo, quindi, limmediata revoca della misura, perché, appunto, sono risultati mancanti i relativi presupposti di legittimità: vale a dire lassenza di condizioni ostative allesercizio della relativa azione (penale e cautelare ad un tempo).
Del resto, questa Corte, con specifico riferimento agli articoli 2 e 13 Cost., ha più volte posto in luce il fondamento squisitamente solidaristico della riparazione per lingiusta detenzione ed ha chiarito che, in presenza di una lesione della libertà personale rivelatasi comunque ingiusta con accertamento ex post, in ragione della qualità del bene offeso, si deve avere riguardo unicamente alla oggettività della lesione stessa (sentenze 446/97, 109/99, 284/03). Ove quindi, con sentenza irrevocabile, si accerti che per il medesimo fatto per il quale è stata disposta la custodia cautelare vi era una preclusione da giudicato, devono ritenersi sussistenti i requisiti cui larticolo 314, comma 2, Cpp subordina linsorgenza del diritto alla riparazione: una decisione irrevocabile che, dichiarando la preclusione derivante da precedente giudicato, implicitamente accerta la illegittimità della misura cautelare disposta in relazione ad unazione penale che non poteva essere iniziata o proseguita.
Una conferma in tal senso si rinviene nella sentenza di questa Corte 284/03, nella quale, sia pure con riferimento alla diversa ipotesi dellordine di esecuzione emesso in relazione ad un reato per il quale lindagato era già stato giudicato allestero, ove aveva addirittura espiato la pena, si è chiarito che in sede di riparazione per la detenzione che si assume ingiustamente sofferta per duplicazione della pena è assorbente laccertamento della identità del fatto e dellavvenuta espiazione, proprio per quel fatto, di una pena detentiva. Si può quindi affermare che, come in quella ipotesi il giudice della riparazione era soltanto tenuto a verificare, con valutazione ex post, se la pena indicata nellordine di esecuzione non fosse già stata espiata, in tutto o in parte, allestero, e ciò proprio perché in tale caso quella pena, sin dallinizio, non poteva essere posta in esecuzione nella sua interezza, così, nel caso di applicazione di una misura cautelare per un fatto per il quale si accerti successivamente, con sentenza irrevocabile, che per quel medesimo fatto limputato era già stato giudicato, il giudice della riparazione dovrà limitarsi, con accertamento necessariamente ex post, a prendere atto che, con lazione penale, neanche lazione cautelare poteva essere iniziata o proseguita per preclusione da giudicato.
PQM
La Corte costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dellarticolo 314 del Cpp, sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3, 13 e 76 della Costituzione, dalla Corte dappello di Palermo, con lordinanza indicata in epigrafe.