Imprese ed Aziende

Thursday 10 November 2005

La chiusura settimanale degli esercizi pubblici è obbligatoria.

La chiusura settimanale degli
esercizi pubblici è obbligatoria.

Tribunale Amministrativo
Regionale per il Piemonte, Sezione prima, sentenza n. 2941/2005

Il TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
REGIONALE PER IL PIEMONTE

Prima Sezione

composto
dai magistrati:

– Alfredo GOMEZ de AYALA –
Presidente

– Roberta VIGOTTI – Consigliere

– Richard GOSO – Referendario,
estensore

ha
pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul
ricorso n. 661/2002, proposto dalla HAMBURGER CO. S.r.l., in persona del
procuratore speciale pro tempore A. M., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giacomo Alemani e Paolo Cisa Asinari di Grésy,
elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Torino, via Lamarmora
n. 39;

contro

il
Comune di BIELLA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dagli avv.ti Marco Siniscalco e Riccardo Montanaro,
elettivamente domiciliato in Torino, via del Carmine n. 2, presso lo studio
legale Siniscalco-Montanaro;

avverso

la
comunicazione prot. n. 8431, emessa in data 13 marzo
2002, con cui il Comune di Biella, relativamente all’esercizio Mc Donald’s sito
in Biella, Corso San Maurizio ang. Corso Europa, ha comunicato "come non
sia possibile autorizzare l’apertura dell’esercizio pubblico di tipologia a) …
per tutti i giorni della settimana, in quanto, non essendo stata espressamente
abrogata la legge 425 del 1.6.1971 "Chiusura settimanale dei pubblici
esercizi", ai sensi dell’art. 1 della medesima, gli esercizi pubblici
debbono osservare la chiusura per una intera giornata nel corso di ogni
settimana, secondo i turni predisposti dal sindaco", nonché avverso ogni
ulteriore provvedimento ad esso presupposto ovvero con esso collegato o
conseguente,

nonché,
con motivi aggiunti di ricorso,

avverso

– la comunicazione prot. n. 25040, emessa in data 3 luglio 2003, con cui il Comune di
Biella ha dichiarato che "… Per quanto sopra si ritiene tuttora valida e
operativa la normativa relativa alla chiusura settimanale e pertanto la Società
in indirizzo è da ritenersi non autorizzata a non rispettare detto obbligo di
chiusura. Si resta pertanto in attesa di conoscere il
giorno scelto dalla Società in indirizzo per la chiusura settimanale";

– tutti gli ulteriori
provvedimenti ad esso presupposti ovvero con esso collegati o conseguenti.

Visti gli atti e i documenti
depositati con il ricorso;

Visti i motivi aggiunti di
ricorso;

Visto l’atto di costituzione in
giudizio del Comune di Biella;

Viste le memorie difensive delle
parti;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla
pubblica udienza del 12 ottobre 2005 il referendario Richard Goso;

Uditi i difensori intervenuti,
come da verbale di udienza;

Rilevato e considerato in fatto e
in diritto quanto segue:

FATTO

La Società ricorrente ha aperto
in Biella un esercizio per la somministrazione di alimenti
e bevande sotto l’insegna "Mc Donald’s".

Ricevute le prescritte
autorizzazioni, con nota del 18 febbraio 2002 l’esponente comunicava al Comune
di Biella gli orari di esercizio e precisava che,
trascorsi settanta giorni, non avrebbe effettuato il turno di riposo
settimanale.

In
risposta a tale comunicazione, il Comune di Biella, con il provvedimento in
data 13 marzo 2002 qui impugnato, non autorizzava l’apertura dell’esercizio per
tutti i giorni della settimana, ritenendo tale comportamento in contrasto con
l’art. 1 della legge 1 giugno 1971, n. 425.

In seguito, la Società
interessata comunicava nuovamente al Comune di Biella, con nota del 12 agosto
2002, la propria intenzione di non effettuare il
giorno di chiusura settimanale, incontrando un nuovo divieto espresso dall’Ente
locale con nota del 21 agosto 2002.

Infine, a seguito di un
provvedimento della Camera di Commercio di Biella che aveva archiviato gli atti
relativi a un verbale di accertamento a carico della
ricorrente, il Comune di Biella, con provvedimento dirigenziale prot. n. 25040 del 3 luglio 2003, impugnato con motivi aggiunti di
ricorso, ribadiva ulteriormente la propria opposizione all’intenzione della
Società di non osservare il turno settimanale di chiusura dell’esercizio
pubblico.

Il gravame proposto avverso i provvedimenti suindicati si fonda su un solo
motivo, relativo all’asserita abrogazione dell’obbligo di chiusura
infrasettimanale previsto dall’art. 1, L. n. 425/1971 ad
opera dell’art. 8, V comma, L. n. 287/1991.

Sulla scorta di tale censura, la
ricorrente chiede che sia disposto l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

Si è costituito in giudizio il
Comune di Biella, sostenendo l’infondatezza
del ricorso e chiedendone il rigetto.

Successivamente,
l’esponente produceva in atti la deliberazione di Giunta n. 198 del 22 marzo
2005 con la quale il Comune di Biella, pur confermando la propria volontà di
pervenire alla definizione della problematica attraverso la pronuncia
dell’organo giurisdizionale, decideva di conformarsi all’interpretazione più
"liberista" fatta propria da altre amministrazioni comunali e
indicava al competente dirigente di settore, quale orientamento
dell’amministrazione, di non ritenere più obbligatoria la chiusura settimanale
dei pubblici esercizi siti nel territorio comunale.

La ricorrente desumeva dal
documento di cui sopra la sopravvenuta carenza di
interesse dell’amministrazione alla prosecuzione del giudizio e chiedeva che,
in conseguenza, fosse dichiarata l’improcedibilità del ricorso.

Nell’imminenza della pubblica
udienza, le parti hanno depositato memorie difensive; il Comune di Biella, in
particolare, contesta l’eccezione di improcedibilità
di cui sopra, asserendo di conservare tuttora interesse alla decisione del
ricorso.

Infine, chiamato all’udienza del
12 ottobre 2005, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1) La Società Hamburger Co. a r.l., titolare di un esercizio pubblico per la
somministrazione di alimenti e bevande sotto l’insegna Mc Donald’s, contesta la
legittimità dei provvedimenti con i quali il Comune di Biella non le ha
consentito l’apertura dell’esercizio per tutti i giorni della settimana,
fondando il diniego sul disposto dell’articolo 1 della legge n. 425 del 1971.

La ricorrente contrasta tali
determinazioni, sostenendo che il citato articolo 1 è stato implicitamente
abrogato dall’articolo 8 della legge n. 287del 1991.

L’ordinamento
vigente, ad avviso della deducente, non prevederebbe pertanto l’obbligo di
chiusura settimanale degli esercizi pubblici, con conseguente
illegittimità dei dinieghi opposti dal Comune di Biella.

2) E’ necessario soffermarsi, in
via preliminare, sull’eccezione di improcedibilità
proposta dalla ricorrente.

Essa sostiene, come accennato
nelle premesse in fatto, che l’Amministrazione
resistente avrebbe perso interesse alla prosecuzione
del giudizio a seguito dell’adozione della deliberazione di Giunta n. 198 del
22 marzo 2005, mediante la quale ha ritenuto di conformarsi all’indirizzo più
"liberista" fatto proprio da altre amministrazioni comunali e
indicato al competente dirigente di settore, quale proprio orientamento, di non
ritenere più obbligatoria la chiusura settimanale dei pubblici esercizi siti
nel territorio comunale.

L’eccezione deve essere respinta
per due ordini di motivi.

In primo luogo, perché, come
rilevato dall’Amministrazione resistente,
l’atto deliberativo in parola condiziona espressamente il proprio orientamento
all’eventuale decisione contraria del giudice adito, così confermando
l’interesse dell’Amministrazione alla
decisione nel merito del ricorso.

Ma, soprattutto, deve rilevarsi
come la deliberazione de qua costituisca mero atto di indirizzo
mediante il quale la Giunta comunale di Biella ha comunicato al competente
dirigente comunale il proprio orientamento in materia (né potrebbe essere
altrimenti, stante la demarcazione normativamente stabilita tra poteri di
indirizzo, attribuiti agli organi elettivi del comune, e compiti di gestione,
rimessi ai dirigenti e funzionari responsabili di servizio).

Non risultando
in atti successive determinazioni dirigenziali comportanti la rimozione dei
precedenti dinieghi, se ne deve desumere che i provvedimenti impugnati
conservano tuttora inalterate, nonostante l’atto di indirizzo della Giunta, la
propria validità ed efficacia.

Anche
sotto questo profilo, pertanto, permane l’interesse del Comune di Biella alla
decisione del ricorso.

Deve essere quindi respinta
l’eccezione di improcedibilità proposta dalla Società
ricorrente.

3) Ciò premesso, è opportuno,
prima di procedere allo scrutinio dei motivi di
ricorso, richiamare le disposizioni legislative che regolano la materia.

La legge 1 giugno 1971, n. 425,
prevede l’obbligo di chiusura settimanale dei pubblici esercizi, stabilendo,
all’articolo 1, che gli esercizi (di cui sono dettagliatamente elencate le
singole tipologie) dove si somministrano per il consumo cibi o bevande "debbono osservare la chiusura di una intera giornata nel
corso di ogni settimana, secondo turni predisposti a norma dell’articolo
5"; quest’ultima disposizione attribuisce il potere di fissare i turni
obbligatori di chiusura al sindaco, "sentito il parere delle
organizzazioni provinciali degli esercenti e dei lavoratori, della camera di
commercio e degli enti turistici locali".

La successiva legge 25 agosto
1991, n. 287, recante "Aggiornamento della normativa sull’insediamento e
sull’attività dei pubblici esercizi", disciplina, all’articolo 8, l’orario
di attività dei pubblici esercizi.

Il primo comma prevede che
"il sindaco, sentite le associazioni di categoria maggiormente
rappresentative e l’azienda di promozione turistica nonché
le associazioni dei consumatori e degli utenti maggiormente rappresentative a
livello nazionale, determina l’orario minimo e massimo di attività, che può
essere differenziato nell’ambito dello stesso comune in ragione delle diverse
esigenze e caratteristiche delle zone considerate".

"E’ consentito
all’esercente", prosegue il capoverso dell’articolo 8, "di
posticipare l’apertura e anticipare la chiusura dell’esercizio fino a un massimo di un’ora rispetto all’orario minimo stabilito
e di effettuare una chiusura intermedia dell’esercizio fino al limite massimo
di due ore consecutive".

Il terzo comma prevede l’obbligo
dell’esercente di comunicare preventivamente al comune l’orario adottato e di
renderlo noto al pubblico; il comma successivo sottrae all’applicazione della
disciplina dei commi precedenti particolari tipologie di esercizi.Il
quinto comma, infine, è la disposizione di specifico interesse in questa sede:
"il sindaco, al fine di assicurare all’utenza,
specie nei mesi estivi, idonei livelli di servizio, predispone, sentite le
organizzazioni di categoria interessate nonché le associazioni dei consumatori
e degli utenti maggiormente rappresentative a livello nazionale, programmi di
apertura per turno degli esercizi di cui alla presente legge. Gli esercenti
devono rendere noti i turni al pubblico mediante l’esposizione, con anticipo di
almeno venti giorni, di un apposito cartello ben
visibile".

4) Merita anche soffermare
l’attenzione sull’articolo 1 della legge 287 del 1991 che ne definisce l’ambito
di applicazione e, al terzo comma, statuisce:
"Sono abrogati la legge 14 ottobre 1974, n. 524 e l’articolo 6 della legge
11 giugno 1971, n. 426".

L’articolo 1 della legge n.
425/1971, sul quale l’Amministrazione resistente
ha fondato i dinieghi contestati, non risulta
espressamente abrogato dalla legge n. 287/1991 né da altre disposizioni
successive.

5) Può ora procedersi allo
scrutinio delle doglianze proposte dalla ricorrente che, come accennato nelle
premesse in fatto, sono incentrate sull’asserita abrogazione implicita
dell’articolo 1 della legge n. 425/1971 che prevedeva l’obbligo di chiusura
settimanale degli esercizi pubblici.

Sostiene la deducente che detto
obbligo sarebbe stato "contraddetto e
annullato" dal fatto che il sindaco, ai sensi del quinto comma
dell’articolo 8 della legge n. 287/1991, possa stabilire programmi di apertura
per turno degli esercizi pubblici.

A sostegno della propria tesi
l’esponente richiama alcuni pareri e circolari del competente dicastero che
confermerebbero l’avvenuta abrogazione della legge n. 425/1971 in quanto
l’articolo 8 della legge n. 287/1991, "per come è
formulato, disciplina l’intera materia dei limiti temporali di svolgimento
dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande": sarebbe
conseguentemente "superata la legge n. 425 del 1971", con il
risultato che "l’operatore ha, oggi, la facoltà e non l’obbligo di
chiudere l’esercizio un giorno alla settimana" (circolare 8.4.1998 n. 525259 del Ministero dell’industria, del commercio e
dell’artigianato, Direzione generale del commercio, delle assicurazioni e dei
servizi, Divisione II).

6) Le sopra esposte
argomentazioni non sono condivise dal Collegio il quale ritiene, invece, che
l’entrata in vigore della legge n. 287/1991 non abbia comportato il venir meno
dell’obbligo di chiusura settimanale dei pubblici
esercizi previsto dall’articolo 1 della legge n. 425/1971.

Militano in favore di tale
conclusione argomenti diversi che possono riassumersi come segue:

6.1) in primo luogo, deve aversi
riguardo alla lettera della legge.

Non si può omettere di rilevare,
infatti, che l’articolo 1 della legge n. 287/1991, al comma 3, ha
esplicitamente disposto l’abrogazione dell’intera legge 14 ottobre 1974, n. 524
(recante la disciplina degli esercizi pubblici di vendita di alimenti
e bevande) e dell’articolo 6 della legge 11 giugno 1971, n. 426 (relativo ai
requisiti professionali per poter intraprendere l’attività di somministrazione
al pubblico di alimenti e bevande in sede fissa).

Tale disposizione, invece, non fa
menzione alcuna della legge 1 giugno 1971, n. 425, relativa alla chiusura
settimanale dei pubblici esercizi.

E’ incontrovertibile, pertanto,
che il legislatore del 1991, pur intervenendo espressamente su talune fonti in
materia di esercizi pubblici di somministrazione di
alimenti e bevande, non ha inteso incidere in modo esplicito sulla disciplina
dei turni obbligatori di chiusura degli esercizi medesimi prevista dalla legge
del 1971.

6.2) Occorre quindi verificare
se, come sostenuto dalla ricorrente, l’abrogazione della legge n. 425/1971, non
disposta espressamente dal legislatore, possa essersi realizzata implicitamente
per effetto dell’entrata in vigore della successiva legge n. 287/1991.

Tale risultato si
verifica, giusta la previsione dell’articolo 15 delle preleggi, nel caso
di incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perchè la nuova
legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore.

Quanto all’ipotesi di abrogazione per incompatibilità, essa ricorre quando fra
le due leggi si verifica una contraddizione tale da renderne impossibile la
contemporanea applicazione.

Equivale a dire che si verifica l’abrogazione tacita di una legge per
incompatibilità con la successiva qualora dall’applicazione della nuova legge
non possa che derivarne l’inosservanza della precedente.

Poste tali precisazioni, si deve
escludere che le leggi di cui ci si occupa si pongano in rapporto di reciproca
incompatibilità.

La disposizione che impone al
sindaco di predisporre programmi di apertura per turno
dei pubblici esercizi, infatti, non comporta all’evidenza alcuna contraddizione
rispetto all’obbligo di osservare il turno di chiusura settimanale.

In altre parole, nessuna ragione
logica si frappone alla predisposizione, da parte dell’autorità comunale, di
programmi di apertura degli esercizi pubblici che
tengano conto dell’obbligo di osservare la chiusura di una intera giornata nel
corso di ogni settimana.

Deve parimenti escludersi,
inoltre, che l’abrogazione tacita dell’articolo 1 della legge n. 425/1971 possa
essere stata determinata dalla presunta "riscrittura" della materia ad opera della legge n. 287/1991.

Perché
possa ritenersi venuto meno l’imperio della vecchia legge non espressamente
abrogata né incompatibile con la successiva non è sufficiente, infatti, che si
susseguano in una determinata materia disposizioni legislative diverse,
eventualmente ispirate a nuovi criteri informatori,
essendo invece necessario che la nuova legge regoli integralmente la materia
già disciplinata dalla prima.

Ciò premesso, è agevole rilevare
come la legge 287 del 1991 non si sovrapponga perfettamente alla precedente,
poiché, pur dettando una nuova disciplina dei limiti temporali di apertura degli esercizi pubblici, nulla prevede in ordine
alla chiusura settimanale dei medesimi.

In assenza di nuove disposizioni
che escludano espressamente l’obbligo della chiusura
settimanale o che dettino una disciplina diversa al riguardo, dovrà pertanto
ritenersi la perdurante vigenza della regolamentazione di cui alla legge del
1971.

In conclusione, deve rilevarsi
come, secondo la corretta applicazione dei principi sulla successione delle leggi
nel tempo, il più volte citato articolo 1 della legge n. 425/1971 non sia stato abrogato, né espressamente né in modo tacito,
dalla successiva legge n. 287/1991, cosicché entrambe le fonti concorrono oggi
a disciplinare l’orario giornaliero di attività dei pubblici esercizi.

6.3) E’ anche significativo
rimarcare l’obiettiva diversità dei fini considerati dal legislatore del 1991,
rispetto alla ratio sottesa alla previsione dell’obbligo di chiusura
settimanale.

Infatti, mentre la legge del
1991, imponendo la predisposizione di programmi di apertura
per turno dei pubblici esercizi, si prefigge lo scopo di assicurare un’offerta
di servizi adeguata all’utenza, la previsione contenuta nell’articolo 1 della
legge n. 425/1971 appare innanzitutto tesa a tutelare il diritto dei lavoratori
al riposo settimanale.

Quest’ultimo istituto costituisce
tuttora un valore fondamentale che non può considerarsi obliterato
per effetto dell’apertura al libero mercato che, come sottolineato dalla
ricorrente, ha caratterizzato la più recente legislazione in materia.

Ne costituisce riprova, per fare
riferimento a un settore affine, l’articolo 11 del
decreto legislativo n. 114 del 1998 che, pur attuando un’ampia
"deregulation" degli orari di apertura degli esercizi di vendita al
dettaglio, mantiene in vigore l’obbligo di chiusura domenicale e festiva.

7) In conclusione, risulta tuttora in vigore l’obbligo di chiusura settimanale
previsto dall’articolo 1 della legge n. 425/1971 (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez.
II ter, 26.11.1997, n. 1892).

Il Comune di Biella, pertanto, si
è legittimamente opposto alla volontà comunicata dalla ricorrente di non
osservare detto turno di chiusura.

Il ricorso è quindi infondato
e deve essere respinto.

Sussistono comunque
giusti motivi, in relazione alla peculiarità delle questioni affrontate, per
disporre la compensazione delle spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, prima sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall’Amministrazione.

Così deciso in
Torino nella camera di consiglio del 12 ottobre 2005.

IL PRESIDENTE
L’ESTENSORE

f.to. A.
Gomez de Ayala F.to R. Goso

Depositata in Segreteria il 18
ottobre 2005