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La Cassazione ribadisce i confini di applicazione della revocazione in tema di prevenzione reale
In tema di prevenzione reale, il proposto ed il terzo che abbia partecipato al procedimento, qualora intendano ottenere la revoca del provvedimento definitivo di confisca, sono tenuti a presentare istanza di revocazione nei limiti ed alle condizioni di cui all’art. 28 d.lgs 159/2011, essendo invece loro preclusa l’instaurazione di un incidente di esecuzione ex art. 666 c.p.p., sia pur di ottenere la revoca soltanto parziale della confisca stessa; l’incidente di esecuzione è un rimedio generale del quale può giovarsi unicamente il terzo che non abbia partecipato al procedimento per non essere stato messo nelle condizioni di farlo.
(Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 33146/20; depositata il 25 novembre)
È peraltro ammissibile l’istanza di revocazione ex art. 28 D.Lgs. 159/2011 presentata nella Corte d’Appello incompetente poiché, in applicazione del principio generale del favor impugnationis, l’istanza deve essere trasmessa al giudice competente, individuato ai sensi dell’art. 633 c.p.p. in quello risultante dalla regola dell’art. 11 c.p.p..
Così ha stabilito la Corte di Cassazione (sentenza n. 33146/20, depositata il 25 novembre), ribadendo i confini di applicazione del rimedio della revocazione della confisca, come disciplinato dall’art. 28 del codice antimafia, e riaffermando il principio del favor impugnationis in materia.
La vicenda. La Corte d’Appello di Napoli, Sezione Specializzata per le Misure di Prevenzione, dichiarava inammissibile l’istanza ex art. 28 d.lgs. 159/2011 di revoca di confisca dei beni proposta dal ricorrente, statuendo la propria incompetenza ai sensi dell’art. 633 c.p.p., in base al quale la competenza a decidere nel giudizio di revisione e, dunque, analogamente in quello di prevenzione è in capo alla Corte d’Appello individuata ex art. 11 c.p.p.
Nel caso di specie, veniva individuata la Corte d’Appello di Roma.
La statuita inammissibilità derivava dalla ritenuta sussidiarietà della facoltà prevista dall’art. 582, comma 2, c.p.p. rispetto ad espresse differenti disposizioni di legge che impongano l’inammissibilità dell’impugnazione nel caso in cui sia presentata nella cancelleria di un giudice incompetente.
Il ricorrente adiva dunque la Suprema Corte, per tramite del difensore, lamentando che l’istanza fosse stata erroneamente ricondotta dalla Corte d’Appello all’istituto della revocazione previsto dal codice antimafia, mentre invece era da qualificarsi quale incidente di esecuzione, in ragione di un difetto originario dei presupposti applicativi emerso da un elemento sopravvenuto.
Tra “stabilizzazione” del giudicato e garanzie. Gli Ermellini hanno ritenuto corretta la qualificazione operata dalla Corte d’Appello di Napoli.
L’attuale impianto normativo in tema di misure di prevenzione, disciplinato dal nuovo codice delle leggi antimafia, impone che, una volta esperiti i rimedi ordinari, la revoca della confisca possa essere ottenuta soltanto mediante l’istituto della revocazione ex art. 28 d.lgs. 159/2011.
La norma, peraltro, prevede tassativamente i casi di esperibilità del suddetto rimedio.
Partendo da tali presupposti, il Supremo Collegio ha focalizzato la propria attenzione sulla specificità del gravame di cui all’art. 28, riservato ai soli provvedimenti applicativi di misura patrimoniale della confisca di prevenzione, sottolineando come in tal modo il legislatore abbia inteso svincolare tale istituto dall’ambito di operatività dei rimedi in punto di misure di prevenzione personali, qualificate da maggiore instabilità del giudicato.
Attesa dunque l’evidente finalità “stabilizzante” della normativa in punto di confisca, ammettere la possibilità, come ipotizzato dalla difesa, dell’applicabilità dell’incidente di esecuzione, minerebbe irrimediabilmente il principio del giudicato, che conferisce stabilità alle decisioni giudiziarie.
Detto principio risulterebbe infatti già ampiamente bilanciato dall’istituto della revocazione, finalizzato a garantire agli interessati la possibilità di reagire alle imposizioni di misure ablatorie.
Conseguentemente, la Corte ha statuito che il rimedio esperibile, in caso di prospettazione di vizi del provvedimento di confisca definitivo, non può che essere, nel sistema attuale, quello dell’art. 28 d.lgs. 159/2011 che, tuttavia, non può che essere limitato alla revocazione della confisca complessivamente stabilita, non può afferire a una porzione di beni sui quali è stato disposto il provvedimento ablatorio e deve essere motivato dal sopravvenire di un novum decisivo agli effetti dell’ammissibilità della domanda di revisione del giudicato.
Pertanto il ricorso non è risultato meritevole di accoglimento, avendo richiesto il ricorrente la revocazione parziale della confisca definitiva, non consentita dalle norme vigenti, ed essendo precluso il rimedio ex art. 666 c.p.p..
Il favor impugnationis…non invocato. Gli Ermellini, peraltro, a completamento della composita analisi operata in sentenza, non hanno mancano di muovere una critica all’orientamento della Corte d’Appello di Napoli con riguardo all’applicabilità del principio del favor impugnationis, richiamando peraltro quanto sancito dalle Sezioni Unite nella sentenza 13199/2016.
L’applicabilità delle regole previste in punto per l’istituto della revisione al rimedio della revocazione si pone quale interpretazione orientata nel senso di un ragionevole contemperamento tra il favor impugnationis in materia di confisca e i valori che sottendono il giudicato, da intendersi in chiave più favorevole al diritto del ricorrente di vedere risolta la sua situazione di impugnazione nel più breve tempo possibile.
Tuttavia, il ricorrente, nel caso di specie…non ha proposto alcuna doglianza in merito.
Di conseguenza, in mancanza di motivo specifico, il Supremo Collegio, pur delineando l’applicabilità del principio suddetto e fornendo esatta soluzione, non ha potuto che rigettare il ricorso, in quanto formulato unicamente circa la qualificazione del rimedio esperibile in tema di confisca di prevenzione.
Avv. Claudio Bossi